Il 16 febbraio 1990 moriva a New York Keith Haring.

A distanza di trent’anni, il nome e lo stile di Keith Haring fanno parte del patrimonio culturale della fine del XX secolo, e il tratto pieno di energia che caratterizza le sue opere è entrato nella nostra memoria collettiva.

Fin dall’infanzia, l’arte fa parte della vita di Haring: “Disegno da quando avevo quattro anni. Ho imparato grazie a mio padre, fumettista dilettante, che per intrattenermi disegnava animali inventati. Benché non mi abbia mai consigliato di intraprendere una carriera artistica, mi ha sempre incoraggiato a continuare a disegnare durante i miei anni di scuola”.

Quando arriva il momento di prendere il volo alla Scuola di Arti Visuali di New York, Haring si cimenta in differenti discipline, con una curiosità nutrita da una costante voglia di imparare che si tradurrà in un approccio trasversale all’arte, ma il disegno rimarrà sempre la sua forma espressiva prediletta.

“Fare il più possibile e più velocemente possibile.
Sono certo che ciò che sopravviverà alla mia morte
è importante abbastanza da meritare il sacrificio degli
agi e del tempo libero.
Il lavoro è tutto ciò che ho e l’arte è più importante della vita”

Fin dalle prime opere, i suoi tratti sono rapidi e precisi, vigorosi e espressivi, semplici e sfavillanti.

Disegna e dipinge motivi astratti: bambini, delfini, televisori, cani, sagome e anche dischi volanti. Trasfigura le immagini che permeano la sua epoca per rappresentare, con il segno, lo spirito dei tempi.

16 febbraio 1990 moriva a New York Keith Haring

 

Una grande mostra, organizzata dalla Tate di Liverpool, ora al Bozar di Bruxelles, offre l’occasione per assistere anche a dibattiti, proiezioni, attività educative, conversazioni e performance che aiutano il pubblico a conoscere meglio la sua opera. Ma anche le sfide ancora attuali nella nostra società contemporanea, quali la discriminazione etnica e sessuale, l’arte urbana, la cultura Lgbt.

 

Arte in movimento

Keith Haring si immerge nella cultura della New York alternativa, dove personaggi come Kenny Scharf, Madonna, Grace Jones o Jean-Michel Basquiat trovavano il loro habitat naturale prima di diventare celebri. La sua arte invade i luoghi pubblici, cambiando l’aspetto e il modo di vivere lo spazio urbano.

In particolare, i trasporti pubblici diventano una allegoria dell’arte in movimento. Ricoperti dai suoi segni tipici, così riconoscibili, gli spazi solitamente riservati solo alla pubblicità, questi anonimi luoghi di passaggio e di spostamenti intra-urbani assumono una nuova identità.

“La gente ha diritto all’arte… l’arte è per tutti”.

16 febbraio 1990 moriva a New York Keith Haring

 

Keith Haring artista e attivista

Artista consapevole, Keith Haring lotta contro la discriminazione etnica e sessuale, il crack, la corsa agli armamenti nucleari, realizzando murales in spazi pubblici e istituzioni, orfanotrofi e ospedali.
Quando gli viene diagnosticato l’Aids crea una fondazione che porta il suo nome, dedicata ai giovani e ai bambini svantaggiati e alla lotta contro la malattia che lo porterà via nel 1990, all’età di 31 anni.

“L’arte dovrebbe essere qualcosa che libera l’anima,
stimola l’immaginazione e incoraggia le persone ad andare avanti”

 

Pop Art e Club 57

Keith Haring organizzò performance e mostre nei luoghi più d’avanguardia dell’underground newyorkese, come il Mudd Club o il Club 57.
Keith aveva una capacità straordinaria di fare suoi e trasformare gli spazi per modellarli e piegarli alla sua visione. Dal 1982 in poi i suoi lavori vengono esposti sempre più spesso in mostre internazionali e nel 1986 apre il SoHo Pop Shop, dove è possibile acquistare magliette e poster raffiguranti le sue opere.

“Se mercificare l’arte significa metterla su una maglietta che può comprare anche un ragazzo che non può spendere 30mila dollari per un quadro, io sono favorevole alla mercificazione”

16 febbraio 1990 moriva a New York Keith Haring

 

Keith Haring è un artista leggendario, espressione unica nella scena newyorkese degli anni novanta. Amico e collega di Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat, la sua arte ha giocato un ruolo fondamentale nella controcultura del tempo, creando uno stile immediatamente riconoscibile.
Celebre per i suoi disegni iconici, cani ringhianti, neonati gattonanti, dischi volanti, Haring vuole che la sua sia un’opera d’arte pubblica, diffusa e distribuita attraverso i media e gli spazi pubblici.

 

Keith Haring e i fumetti

Alcune opere di Keith Haring hanno fatto uso di sequenze narrative, rendendolo una specie di artista di fumetti-pantomima, ricchi di azioni mute, caratterizzate da una successione di gesti e di atteggiamenti che raccontano una storia e ci fanno comprendere senza equivoci il messaggio dell’artista.

haring
The Blueprint Drawings

 

L’opera di Keith Haring ha tratto ispirazione dall’arte cosiddetta “minore”, come graffiti, fumetti e cartoni animati.
Keith era fermamente convinto che i personaggi dei comics e dei cartoon potessero essere soggetti artistici, come dimostra il personaggio ricorrente del “bambino radiante”, che è in un certo senso la sua firma. Molti dei suoi disegni e dipinti sono composti da riquadri che ricordano molto la struttura del fumetto.

In alcuni casi le immagini contenute in questi riquadri sembrano scollegate le une dalle altre. Altri quadri possono essere invece letti come una sequenza narrativa. Nell’opera “Fashion Moda”, si vedono un uomo bianco e uno nero combattere. Il bianco colpisce il nero con un bastone, ammirando con compiacimento la propria arma senza rendersi conto che un enorme muro sta per schiacciarlo.

 

Un disegno simile, del 1983, raffigura ancora una volta due uomini che corrono sulle scale per afferrare un bastone. Tre riquadri messi uno accanto all’altro mostrano come uno dei personaggi colpisca l’altro con il bastone, poi un altro spezza l’arma sul ginocchio e nella quarta immagine due uomini si abbracciano.
Haring ha usato immagini dei fumetti anche nei ritratti. Il suo quadro “Andy Mouse” (1985) è sia un omaggio ad Andy Warhol sia a Topolino, descrivendoli come una sorta di incrocio genetico.

 

Il resto di questo disegno composto da quattro riquadri, raffigura enormi banconote, che rappresentano la fama e la ricchezza globale di entrambi i personaggi. Lo stesso anno Haring dipinge anche un autoritratto, con le parole “eh eh eh” e piccole linee accanto alla sua testa per indicare il tremore, esattamente come si fa nei fumetti.

haring

 

Nous, Tintin

Nel 1987 Haring illustra la copertina di “Nous, Tintin”, un libro che rende omaggio a Hergé con albi “impossibili” di Tintin realizzati da vari artisti.
Haring realizza anche una copertina del celebre fumetto belga per una storia intitolata “Tintin in Haringland”. Il libro contiene anche i contributi di Gilles Bachelet, François Berthoud, Enki Bilal, Annick Blavier, Bode Bodart, Alberto Breccia, Max Cabanes, Silvio Cadelo, Lorenzo Mattotti, José Muñoz e tanti altri. La prefazione è del regista Wim Wenders.

haring fumetti tintin

 

Il disegno di Haring fu originariamente dipinto su un container vicino a un surf club di Knokke, in Belgio. Quando il club fu sciolto, il container per molti anni finì in un magazzino, dimenticato da tutti. Decenni dopo, a un dipendente fu ordinato di bruciare il contenitore e gettarne i resti. Riconosciuto lo stile di Haring, l’opera è stata salvata dalla distruzione. Il 17 maggio 2017 è stata venduto all’asta per 1 milione di euro a un anonimo offerente.

 

Arte sequenziale

Haring ha anche usato l’arte sequenziale per rendere più chiari i propri messaggi. Un poster del 1982 per il disarmo nucleare utilizza due immagini, una sopra l’altra. La primo mostra una esplosione atomica, mentre quella sotto le persone che vivono in pace l’una con l’altra.

Uno dei suoi manifesti anti-apartheid mostra una enorme figura nera tenuta al guinzaglio da un minuscolo oppressore bianco, che rappresenta la maggioranza nera del Sudafrica tenuta sotto il dominio bianco. Nel pannello successivo il gigante nero riesce a liberarsi.

KEITH HARING TRA POP-ART E FUMETTI

 

 

Di Tuzzo

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