Per qualche ragione, i lettori di Batman iniziarono sin dall’inizio a nutrire un certo affetto per Joker, un personaggio negativo che dovrebbe destare tutt’altro sentimento.
Capita che un certo villain abbia il favore del pubblico, e che nelle cerchia dei “cattivi fascinosi” faccia la parte del leone. Del resto venivano apprezzati anche alcuni avversari di Dick Tracy, che, come quelli dell’eroe incappucciato, erano vittime di qualche deformità.
Forse accade perché dentro ognuno di noi c’è un reietto bisognoso d’affetto.

Joker è addirittura popolare come Batman: la sua faccia, con il caratteristico ghigno e i capelli verdi, è un marchio di successo quanto il pipistrello simbolo dell’eroe. Migliaia di gadget, t-shirt, adesivi eccetera, portano la sua immagine.

Vediamo, allora, la storia di questo pluriomicida simbolo di caos e disordine.

 

La genesi del Joker

Generalmente, la paternità del Joker è attribuita a Bob Kane, Bll Finger e Jerry Robinson, sebbene la loro versione dei fatti non collimi.
Per la sua immagine pare che l’ispirazione dello sceneggiatore a Bill Finger sia venuta dall’interpretazione di Conrad Veidt nel film L’Uomo che Ride, adattamento del romanzo omonimo di Victor Hugo.

JOKER, IL FASCINO DEL MALE
Conrad Veidt nel film “L’Uomo che Ride” (1928)

 

Jerry Robinson, il disegnatore della storia d’esordio, ritiene invece che l’ispirazione provenga dal jolly di un mazzo di carte da gioco.
Robinson afferma che voleva creare un villain originale ed esotico, che divenisse per Batman quello che il professor Moriarty è per Sherlock Holmes.

Sia come sia, Joker esordisce nell’aprile 1940 su Batman n. 1 (mentre l’eroe incappucciato era uscito per la prima volta l’anno precedente nell’albo antologico Detective Comics).

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In questa storia Joker annuncia tramite la radio dove colpirà e chi sarà la vittima, a cui ruberà la sua collezione di inestimabili gioielli (un modus operandi che ricorda quello del meno sanguinario ladro gentiluomo Arsenio Lupin).

Utilizzando l’ingegno e l’abilità nel travestimento, Joker riesce nei suoi intenti uccidendo diversi collezionisti tramite un gas che deforma i volti delle vittime, dando ai cadaveri un ghigno che ricorda il proprio.
Batman e Robin riescono comunque a fermarlo, non senza fatica.

Nelle intenzioni originali, il Joker sarebbe dovuto morire al termine della storia, ma l’editor Withey Ellsworth, intuendo le sue potenzialità, chiese agli autori di cambiare il finale facendo del Joker un nemico ricorrente.
Inutle dire che si è trattato di una mossa felice, dato il successo che il personaggio avrà nel corso degli anni…

A dimostrazione che si trattava di un avversario su cui l’editor puntava molto, Joker appare in ben nove episodi dei primi 13 numeri di Batman.

In seguito l’avversario del Dinamico Duo viene “ammorbidito”, passando da spietato assassino a un personaggio più buffo e colorato, un “giocherellone” che usa gadget a sua immagine per compiere i crimini. Oppure elaborati giocattoli, quali sigari esplosivi, carte da gioca affilate e fiori finti che spruzzano acido.

Nella seconda metà degli anni cinquanta la malvagità di Joker viene ulteriormente ridimensionata in ossequio alle nuove regole censorie del Comics Code, che impediscono ai fumetti di avere morti, sangue e violenza.

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Negli anni sessanta il Joker fa la sua apparizione nel telefilm Batman di Adam West, dove a prestargli il volto è Cesar Romero.

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Di nuovo assassino

Negli anni sessanta Joker scompare per molti anni, dato che agli autori sembra non abbastanza realistico per il nuovo corso di Batman.

Finché negli anni settanta lo sceneggiatore Denny O’Neil e il disegnatore Neal Adams decidono di trasportarlo in atmosfere più drammatiche rispetto a quelle delle decadi precedenti.
Nell’episodio “La vendetta del Joker in cinque atti”, il clown del crimine torna a mietere vittime e a terrorizzare Gotham (Batman n. 251 del 1973)

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Joker vuole vendicarsi di alcuni suoi ex complici. Riesce a ucciderne ben quattro e poi tenta di far uccidere Batman da uno squalo in un grande acquario.

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La versione di O’Neil e Adams pone, di fatto, il primo tassello del Joker “moderno”.
Ad essa si aggiunge l’interpretazione che ne fanno lo sceneggiatore Steve Englehart e il disegnatore Marshall Rogers nell’episodio “Il pesce che ride”, del 1978, in cui Joker deforma chimicamente alcuni pesci dando loro il suo celebre ghigno ed esigendone il copyright.

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Il funzionario dell’ente sui diritti d’autore gli dice che questo è impossibile, e allora Joker lo mette sulla sua lista nera: se entro mezzanotte non procederà, verrà eliminato.
A nulla serve l’intervento di Batman e della polizia, il Joker riesce a ucciderlo entro l’ora stabilita (come nel primo episodio di Kane, Finger e Robinson del 1940).

In questo arco narrativo Englehart delinea l’imprevedibile psicologia del Joker, la personalità e la follia che saranno d’ispirazione agli autori negli anni successivi.

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In particolare, Joker mostra come la sua rivalità con Batman lo ispiri. E che non ci sarebbe gusto a ucciderlo… altrimenti come si divertirebbe, dopo?

Questo tratto della sua personalità verrà ripreso anni dopo anche nel film Il Cavaliere Oscuro, in cui Joker (interpretato magistralmente dal compianto Heat Ledger) farà un discorso simile durante la scena dell’interrogatorio al commissariato di polizia.

 

Il Joker dagli anni ottanta

Joker è l’antitesi di Batman. I due sono contrapposti in tutto.
Batman è tenebroso, Joker colorato e vistoso.
Il primo è razionale, il secondo folle.
Batman è serio, Joker sghignazza perennemente.
Il primo è rappresentante dell’ordine, il secondo un nichilista agente del caos.
Sopratutto Batman non uccide, mentre Joker si diverte a uccidere.

Sul finire degli anni ottanta gli autori tratteggiano Batman in modo sempre più tenebroso e drammatico, premendo l’acceleratore sulla strada tracciata da Dennis O’Neil nel decennio precedente.
I nuovi autori spingono Joker ancora più in fondo nel baratro della follia.

Il primo a rivisitare a fondo il suo mito è Alan Moore, l’autore di Watchmen.
Nel 1988 lo sceneggiatore inglese scrive, su disegni di Brian Bollard, “The Killing Joke”. Per quanto discussa, forse è la storia più iconica del personaggio, dove viene narrata una probabile origine del Joker.

Nessuno fino a quel momento aveva accennato al passato di Joker, a prima che il suo volto fosse deturpato. Gli autori ritenevano che non sapere nulla lo rendesse più misterioso e di conseguenza ne aumentasse il fascino.

La narrazione di “The Killing Joke” è su due livelli. Racconta l’ennesima fuga di Joker dal manicomio di Arkham e l’ennesimo crimine, il tutto intervallato da flashback (in bianco e nero) sul suo passato.

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Alan Moore mostra come in precedenza fosse un uomo grigio e triste, un cabarettista mancato con una moglie incinta che vive in miseria.
Per poter provvedere al mantenimento della famiglia accetta di collaborare al furto in uno stabilimento chimico presso cui aveva lavorato in precedenza.
Poco prima del colpo, però, sua moglie muore in un incidente domestico.

In questo stato psicologico di lutto, il futuro Joker partecipa comunque al furto, utilizzando l’alias di Cappuccio Rosso, ma l’inaspettato arrivo di Batman sventa il colpo.
Nel darsi alla fuga, precipita in una vasca di prodotti chimici che rendono la sua faccia bianca come il latte e i capelli verde smeraldo.

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La vista in una pozzanghera del suo nuovo volto rende l’uomo completamente folle.
Joker sostiene che la differenza tra lui e le persone normali stia tutta lì, nell’aver avuto “una brutta giornata”. Secondo lui basta solo un brutto giorno a spingere l’uomo più retto nella follia.

Per dimostrare la sua tesi, Joker spara a bruciapelo a Barbara Gordon, la figlia del commissario di polizia (e segretamente Batgirl), rendendola paraplegica. Per poi rapire suo padre e mostrargli le foto del suo gesto.

Sul finale della storia Batman invita Joker a lasciare il crimine, o la loro faida finirà necessariamente con la morte di uno o dell’altro.
Joker non accetta, dicendo che per lui è troppo tardi e racconta una barzelletta.

La successiva apparizione del Joker è un’altra pietra miliare nella mitologia del personaggio.
Jim Starlin ai testi e Jim Aparo ai disegni, su Batman 426-429 del 1989, sono gli artefici di “Una morte in famiglia”. Storia in cui Jason Todd, il secondo Robin, va alla ricerca della madre perduta.
La ritrova nella dottoressa Sheila Haywood, un medico che lavora in un campo profughi in Etiopia.

La donna è ricattata dal Joker, anche lui sul posto dopo che il tentativo di vendere un missile Cruise ai terroristi è fallito.
Anzichè collaborare con il ritrovato figlio, la donna lo getta nella mani del temibile criminale, il quale lo percuote a morte con un piede di porco per poi farlo saltare in aria con la madre, che pure era stata sua complice.

Batman arriva troppo tardi, ormai Robin è morto (ne abbiamo parlato qui).
Joker ottiene forse la sua più grande vittoria, infliggendo a Batman la sua peggiore sconfitta, che lo perseguiterà a lungo.

Un altro autore che tratteggia un ritratto iconico di Joker è Frank Miller, nel suo celebre The Dark Knight return.

In un vicino futuro, dove Batman si è ormai ritirato, troviamo un Joker totalmente passivo, quasi in stato catatonico, senza alcun interesse per le imprese criminose, rinchiuso in un manicomio. Privo del suo antagonista, il clown del crimine pare aver perso ogni scopo nella vita, ma quando Batman riappare, torna a sorridere.

Questa ossessione per Batman, tanto da scuoterlo dallo stato di torpore in cui era caduto, approfondisce quanto sviluppato da Englehart quasi dieci anni prima.
Joker riesce a farsi ospitare in un talk show, dove utilizza il suo gas speciale per compiere una strage nello studio televisivo.

Quindi cerca di compiere un attentato dinamitardo alla fiera di Gotham, ma viene fermato da Batman e dalla nuova Robin, Carrie Kelly.

Il criminale si dà alla fuga in un luna park, e nel tunnel dell’amore (forse allusivo all’ossessione morbosa che il criminale nutre verso il Cavaliere Oscuro) si ha il confronto finale: nello scontro Batman arriva quasi sul punto di ucciderlo.
Joker decide di suicidarsi, provocandosi volontariamente la rottura del collo, lasciando così credere alle forze dell’ordine che sia stato il Cavaliere Oscuro a compiere il gesto e rendendolo ricercato per omicidio.
Alla fine, Joker ha avuto l’ultima risata.

Il Joker dunque ne esce con un’immagine molto diversa da quella spiritosa dei tempi di Cesar Romero.
L’aver mietuto vittime illustri, l’essere un enigma irrisolvibile persino per un genio come Batman, l’assenza totale di empatia e di qualunque sentimento umano non l’hanno reso solamente il nemico numero uno, ma lo ha anche riconfermato come icona tra i fan, che stravedono per lui.

Tanto che il clown del crimine non solo sarà una presenza fissa in quasi tutte le storie più importanti di Batman, ma avrà pure alcune miniserie personali (come quella di Brian Azzarello illustrata da Lee Bermejo).

Nel 1999, dopo il successo della serie animata del 1992 di Paul Dini e Bruce Timm, anche nei fumetti gli autori danno a Joker l’anima gemella Harley Quinn, una giovane psichiatra che decide di seguirlo nelle sue imprese criminali.

Nel corso dei decenni Joker di fatto diventa presenza fissa nelle storie di Batman.
Nelle saghe “Knightfall” e “Terra di nessuno”, da “Arkham Asylum” a “L’Uomo che ride”, da “Il lungo Halloween” a “Vittoria Oscura”, da Batman R.i.p.” a “Batman e figlio”, fino alla recente “Morte della famiglia” Joker fa sempre la sua comparsa con le inevitabili, letali, conseguenze.

Nel 2018, Geoff Johns riscrive il mito del Joker, facendo una rivelazione sconcertante: in “Three Jokers” scopriamo che non esiste un solo Joker ma, come dice il titolo… ben tre!

Per tutti questi anni, in tutte le storie che abbiamo letto finora, Batman non si è scontrato con un solo nemico. Tre uomini si sono alternati nel ruolo.

Il Criminale, un Joker serio e pragmatico incontrato da Batman nel loro primo incontro (il Joker di Kane, Finger e Robinson di Batman n. 1 del 1940).

Il Clown, il Joker più teatrale ed egocentrico, quello che ha ucciso Jason Todd (il Joker della Silver Age).

Il Comico, il Joker più sadico e pericoloso che ha paralizzato Barbara Gordon in Killing Joke.

La storia è un susseguirsi di colpi di scena e di omaggi alle più celebri apparizioni di Joker, di cui non riveliamo nulla per non rovinare il piacere a chi deve ancora leggerlo.

Joker continua a tenere banco nelle storie di Batman. A più di 80 anni dall’esordio rimane il villain definitivo, adorato da generazioni di fan.

 

 

I volti del Joker al cinema

Essendo un personaggio fondamentale nella mitologia batmaniana, Joker è comparso in ogni media dedicato all’uomo pipistrello, dai cartoni animati ai videogiochi, dove spesso è stato doppiato da Mark Hammil, il Luke Skywalker di Star Wars.

Se di Cesar Romero abbiamo già parlato, citiamo anche la serie Gotham, un prequel delle origini di Batman, in cui l’attore Cameron Monaghan interpreta due gemelli, Jerome e Jeremiah Valeska, un folle personaggio che con tutta probabilità sarà destinato a diventare Joker.

La prima rappresentazione sul grande schermo avviene nel 1989, con il film Batman di Tim Burton, in cui il folle clown del crimine è interpretato dal formidabile Jack Nicholson. Con il suo ghigno mefistofelico che ha già fatto la fortuna di Shining è perfetto nel ruolo.

La sua origine è fedele a quella dei fumetti, con tanto di caduta nella vasca di composti chimici, l’utilizzo di giocattoli letali e il modus operandi teatrale ma inquietante. Versione che è ancora oggi una delle preferite dei fan del colorato villain.
Ci viene rivelato anche il vero nome, Jack Napier, sicario della mala e responsabile dell’omicidio dei Wayne.

Di altrettanto grande successo è l’interpretazione del 2008 di Heath Ledger, nel film di Christopher Nolan Il Cavaliere Oscuro.
Il suo Joker è più realistico rispetto a quello di Nicholson: il viso è truccato, non dovuto a bagni chimici, e il ghigno è stato volutamente deturpato da un coltello. Sebbene l’origine di quei tagli ci viene narrata in due modi totalmente differenti.
Il suo personaggio è più simile a quello di Alan Moore e Frank Miller. Compie molte vittime, tra cui l’amata di Bruce Wayne, Rachel Dawes, e sfigura Harvey Dent, il futuro Due Facce.

Molto meno fortunata è la trasposizione di Jared Leto, in Suicide Squad del 2019, che ci dà un Joker dallo stile gangsta, pieno di tatuaggi e con i denti di metallo.
La sua interpretazione non raccoglie il successo di quelle precedenti, forse anche per il suo scarso utilizzo nella pellicola.
Si dice che Leto possa tornare in un prossimo film dedicato a Batman.

Se finora questi attori hanno dato corpo a Joker nelle pellicole dedicate a Batman, di altro tipo è il Joker di Joaquin Phoenix, in quanto il suo film del 2019 è incentrato interamente sul clown del crimine.
Anche se non è detto che questo Joker sia il medesimo di Batman.

Il film del regista Todd Philips non è un vero e proprio cinecomic, ma un dramma umano che vede il timido e disturbato Arthur Fleck (Phoenix) affrontare una serie di delusioni e drammi personali, a cui l’indifferenza della società e l’alienante solitudine provata fanno sì che sprofondi sempre più nella follia.
Il film per atmosfere e temi ricorda Taxi Driver di Martin Scorsese.

Una curiosità: sia Joaquin Phoenix sia Heath Ledger hanno vinto l’Oscar per le loro performance nelle vesti del clown del crimine.
Il caso di un doppio premio Oscar per aver intepretato lo stesso personaggio in precedenza era avvenuto solo per Vito Corleone, a cui avevano dato corpo Marlon Brando ne Il Padrino e Robert De Niro nel sequel (De Niro curiosamente è presente anche nel Joker di Todd Philips).

L’ennesima dimostrazione del grande feeling che Joker ha presso il grande pubblico.

 

 

 

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