Johnny Mnemonic, o magari Johnny Mnemonico come conosciuto da noi nell’antologia La notte che bruciammo Chrome, è un racconto di una ventina di paginette che William Gibson tirò giù nel 1981.

Era ‘na roba infognante Johnny Menomic, era la sostanza primigenia di ciò che da lì a breve sarà il cyberpunk. Genere codificato dallo stesso William Gibson, tra l’altro, con il successivo Neuromante.

“Johnny Mnemonic? No. Mi chiamo Johnny. Johnny… e basta”.

 

JOHNNY MNEMONIC E WILLIAM GIBSON

Era pionieristico il racconto Johnny Mnemonic, pieno di avveniristica immaginazione e di idee. Si poteva scorgere Il fantasma dentro la macchina, il saggio psicofilosofico di Arthur Koestler sulla dualistica relazione tra mente e corpo sul concetto di olone. La dicotomia del transumanesimo, “l’uomo che rimane umano, ma che trascende se stesso” grazie alla tecnologia.

Tecnologia, d’altronde, che dovrebbe migliorarci. Innalzare le nostre vite a un livello superiore. E invece ci rende schiavi, drogati, consapevoli ma indifferenti al degrado e allo squallore che va di pari passo con il progresso. (Ci potrei attacca’ la pippa per ore con ‘sta roba).

Viceversa, il film di Johnny Mnemonic è, inoppugnabilmente, la prova che non tutte le ciambelle possono riuscire con il buco, se vogliamo metterla in questo modo. Se proprio vogliamo essere seri, questo film non meriterebbe neanche un secondo di analisi seria. Per il semplice fatto che a Johnny Mnemonic mancano proprio i presupposti per essere preso sul serio.

“Siamo un’economia fondata sull’informazione. Lo insegnano anche a scuola”.

 

 

Curioso ma anche abbastanza semplice capire perché i lavori di William Gibson non abbiano goduto di un’ampia trasposizione filmica. I piovigginosi agglomerati urbani al neon tipo Blade Runner potevano facilmente essere riprodotti. I viaggi nel cyberspazio descritti nelle storie di Gibson, anche per le descrizioni piuttosto scarne, no. In un romanzo è l’immaginazione che fa il 90% del lavoro. Per un film, invece, non puoi contare su questo.

Però la diffusione crescente di internet negli anni novanta e la crescita esponenziale della relativa cultura high-tech diedero di riflesso una certa rilevanza al cyberpunk. Qualcuno direbbe che ha preso una piega mainstream.

Così Robert Longo, pittore/scultore/fotografo/chitarrista/artista a titolo generico, che aveva ottenuto alcuni successi pure come regista di videoclip per band come New Order, Megadeth e Rem, assieme a William Gibson si mise in testa di poter tirare fuori dalle venti pagine di Johnny Mnemonic un capolavoro del cinema.

JOHNNY MNEMONIC E WILLIAM GIBSON

 

Solo che, di studio in studio a presentare il loro progetto, Gibson e Longo venivano subito accompagnati alla porta con un sottofondo di risate alle spalle. E mi pare pure normale, se vai in giro a chiedere un milione e mezzo di dollari per fare un film. Con quella somma al massimo ci paghi il catering per la troupe. Infatti, come disse poi lo stesso Robert Longo, fu solo quando ne chiesero una trentina che iniziarono a essere presi sul serio.

In questo caso, a prenderli sul serio fu la Sony Pictures. Lanciatissima, all’epoca, sulla scia dell’interesse del pubblico verso la tecnologia generica. Solo che, come dire, la Sony ci credeva, ma senza troppa convinzione. Sony Pictures puntava a un pubblico quanto più vasto possibile. Puntava, appunto, al mainstream.

Nel film siamo nel 2021. Anno in cui la maggior parte della popolazione globale è vittima di un virus chiamato “Tremore Nero”. Johnny (Keanu Reeves) è un corriere mnemonico, cioè un tizio che contrabbanda dati immagazzinandoseli direttamente in testa, grazie a una specie di hard disk cerebrale. Di base, la sua capacità d’archiviazione è di circa ottanta gigabyte ma, grazie a un duplicatore, può arrivare fino a centosessanta giga.

 

Johnny, però, è stanco di quella vita. Anche perché per fare spazio all’hard disk ha dovuto rinunciare a una parte della sua memoria. Tutta la sua infanzia, a essere precisi. Vorrebbe recuperarla, ma l’operazione costa uno sproposito. Perciò Ralfi (il suo agente?) gli propone un ultimo lavoro, con il quale guadagnerà tanto da potersi permettere l’operazione di recupero.

L’ultimo lavoro consiste nel trasportare un file da trecentoventi giga. Nonostante il peso sia quattro volte la sua reale capacità d’archiviazione, Johnny accetta lo stesso. Il problema è che tale sovraccarico causa inevitabilmente un’infiltrazione cerebrale. Quindi Johnny si trova con circa ventiquattro ore di tempo per rimuovere i dati, prima che il cervello gli si sciolga come gelatina.

Non voglio girarci attorno per poi ficcare a tradimento la solita, posticcia, retorica-tormentone di internet: “Eh, signora mia, il libro era meglio”. No, affanculo il libro. Anche a far finta non sia mai esistito il racconto omonimo, il leitmotiv di Johnny Mnemonic è improbabile. Oggi tanto quanto già nel 1995.

JOHNNY MNEMONIC E WILLIAM GIBSON

 

Nel film neanche una volta, esplicitamente o implicitamente, viene sottolineata una qualsiasi difficoltà o impedimento nel trasportare/contrabbandare dati su supporti fisici di qualsivoglia natura. Inoltre, i dati affidati a Johnny si trovano inizialmente su un mini-disc. Un mini-disc caricato su un lettore, al quale poi Johnny si collega con un cavo di connessione per trasferire i dati nel suo hard disk cerebrale.

In altre parole, il film ti sta bellamente sbattendo in faccia che il suo protagonista è perfettamente inutile. In quanto i mini-disc hanno una capacità di memoria enormemente superiore alla sua, e non c’è nessun motivo valido per cui preferirlo anziché trasportare i dati in altri modi. Per esempio con la fibra ottica, tanto per dire, dato che esiste già da fine anni settanta. Anche all’epoca sarebbe stato più veloce, facile e sicuro crittografare i dati e inviarli via modem, ma tant’è.

 

Uno potrebbe dire: d’accordo, il disco è meglio, ma preferisco il servizio mnemonico ché mi dà più sicurezza. Solo che l’intreccio si basa su due punti: da un lato, la corsa di Johnny contro il tempo per liberarsi del file prima che il sovraccarico gli sciolga il cervello. Dall’altro, tutti che lo inseguono per staccargli la testa e recuperare i dati.

Quindi, a quanto pare, per recuperare i dati basterebbe giusto tagliare la testa a Johnny. Oltretutto, siccome il genio s’è mandato in overdrive la brocca, se non dovesse riuscire in tempo a scaricare il file con la sua morte i dati andranno irrimediabilmente persi. Yeah, questo è il futuro, baby. Solo perché il setting del film è un contesto futuristico non significa necessariamente che logica e coerenza debbano essere buttate al cesso.

In virtù della sospensione del dubbio, si potrebbe sorvolare pure su questo. Se non fosse che Johnny Mnemonic è, in generale, quanto di più misero possa esserci. Equivalente narrativo della scodella di minestra elemosinata da Oliver Twist. Non è una trama ma un canovaccio, un trasferello applicabile più o meno ovunque.

JOHNNY MNEMONIC E WILLIAM GIBSON

 

Al protagonista che si mette in moto per “un’ultima corsa/ultimo giro/ultimo lavoro” viene affidato un carico da portare da punto A a punto B, che si scoprirà essere poi di valore enorme. Naturalmente c’è la bella ragazza a uso e consumo dell’eroe, cattivi un tanto al chilo e, dulcis in fundo, l’immancabile scontro finale ne “La fabbrica abbandonata”.

Dove fabbrica, sta per livello finale: quello in cui buoni e cattivi fanno acchiapparella almeno un quarto d’ora. Mentre qualunque cosa, ovviamente, esplode minimo ottanta volte. Johnny Mnemonic è, fondamentalmente, un beverone ipercalorico di derivazione e concetti riciclati da, sì e no, un centinaio di film.

Tra l’altro parliamo pur sempre di un racconto breve. A tirarcelo fuori, un film di un’ora e mezza (in realtà, molto di più) da venti paginette. Perciò Johnny Mnemonic film si ritrova inevitabilmente saturato di cose e robe. Tipo la Nerve Attenuation Syndrome, il famigerato Tremore Nero, per dire. Un’idea, su carta, pure interessante a essere onesti.

 

Peccato poi sia solo l’ennesimo muro di gomma contro cui il film si schianta. Non ha uno sviluppo pratico. È un pretesto che fa da semplice contrappunto sullo sfondo. Queste sono cose che, per quanto uno si sforzi a guardarle in un altro modo, non cambieranno mai.

Come non cambierà mai quell’area da poverinos che Johnny Mnemonic ha appiccicata addosso. Trenta milioni saranno pure trenta milioni (millemila volte la somma che Gibson e Longo chiedevano inizialmente, figuriamoci). Ma sono comunque l’equivalente di uno sputo in mano per realizzare, a metà anni novanta, un film di fantascienza mainstream che non sembri un film di Steven Seagal qualsiasi, da serata Friday in Action su Spike.

Non mi piace pontificare. Riempirsi la testa di e se e ma forse, è praticamente come dare battaglia ai mulini a vento. In nessun modo, Johnny Mnemonic può essere considerato un buon film. Così è, e così resterà per sempre.

JOHNNY MNEMONIC E WILLIAM GIBSON

 

Eppure, nonostante i tanti difetti, i set dall’aspetto posticcio, la cgi incredibilmente primitiva anche per gli standard dell’epoca, la sua ridicola visione del futuro, nonostante tutto non riesco a non amare Johnny Mnemonic. Guilty pleasure? Sicuramente. Ma la questione è legata anche a ciò che, diciamo intrinsecamente, rappresenta questo film.

In pratica, di Johnny Mnemonic esistono tre versioni: due reali e una ipotetica. La prima è la standard cut, quella che più o meno tutti conosciamo, più corta ed edita per il mercato occidentale. L’altra invece, è la Japanese cut per il mercato asiatico. Dove il film è uscito prima, e ha un minutaggio superiore per tutte le scene con Takeshi Kitano, piazzato lì da Sony per vendere il film in Giappone.

 

Di preciso non so dove finisca la realtà e inizi la paraculaggine, sta di fatto che William Gibson più volte ha tenuto a sottolineare che il primo cut, quello approssimativo, prima che la produzione iniziasse a fare taglia e cuci e a spingere per infilarci cose sempre più assurde (sparatorie, inseguimenti, esplosioni), fosse molto più divertente e più alternativo.

Per esempio, in una intervista (in inglese) su SuicideGirls del 2003, Daniel Robert Epstein chiedeva a Gibson cosa fosse andato storto con Johnn Mnemonic. Scherzando, forse non troppo, sul fatto che la colpa fosse di Dolph Lundgren (nel film interpretava lo Street Preacher, un personaggio assolutamente sopra le righe a tratti involontariamente comico).
Gibson ha risposto: “Darei la colpa a Sony, piuttosto. Nessuno è riuscito a vedere il film girato da Robert Longo. Longo ha girato la sceneggiatura che ho scritto e di cui ero felice. La tragedia con Johnny Mnemonic è che abbiamo provato a girare un film d’azione ironico, inerente fino a un certo punto ai classici film di fantascienza. Non stavamo cercando di realizzare un film mainstream con Keanu Reeves”.

JOHNNY MNEMONIC E WILLIAM GIBSON

 

Vallo a sapere qual è la verità. Mutatis mutandis, Johnny Mnemonic è la prova che, in fondo, tutti siamo umani. Le qualità che ognuno di noi può avere non sono soggette a una specie di proprietà transitiva: se uno è bravo in una cosa, non è detto che lo sia altrettanto in un’altra. E comunque, anche così, Johnny Mnemonic rimane un film irresistibilmente divertente.

Da cui traspare, perfettamente, la potenza di certe idee. Tutte cose che, alla fine, portano a chiederti come sarebbe potuto essere il film così come venne immaginato da Gibson e Longo. Oltretutto, ci sono molti film che hanno un grande debito, in un modo o nell’altro, verso Johnny Mnemonic.

Matrix, Nirvana, Strange Days, tanto per dirne alcuni. Sono direttamente mutuati da lui. Così, se Johnny Mnemonic non è riuscito a dare il via a una serie di film basati sulle opere di William Gibson, almeno ha dalla sua l’avere offerto tanti elementi su cui molti altri autori hanno potuto basarsi, offrendo, paradossalmente, uno sguardo su ciò che Johnny Menominc avrebbe potuto essere. Questa è un’altra cosa che non può essere cambiata.

Ebbene, detto questo credo che sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

Johnny Mnemonic

Titolo originale:
Johnny Mnemonic
Regia:
Robert Longo
Produzione:
Don Carmody
Sceneggiatura:
William Gibson, b
asata su “Johnny Mnemonic” di William Gibson
Starring:
Keanu Reeves, Dolph Lundgren, Takeshi Kitano, Ice-T, Dina Meyer
Casa di produzione:
Alliance Communications
Distribuzione:
TriStar Pictures, Alliance Atlantis, 20th Century Fox, Mdp Worldwide
Data di uscita:
26 maggio 1995

 

 

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