Edgar J. Hoover è preoccupato per il destino del Bureau of investigation, l’ufficio di investigazione da lui diretto. All’inizio il Bureau si occupava di prostituzione, ma poi Hoover aveva diversificato i compiti.

Il problema è che gli Stati Uniti sono un paese federale, dove ogni Stato, come il Texas o la California, rivendica con orgoglio la propria autonomia. Così gli agenti di polizia non possono sconfinare dal loro territorio e i criminali ne approfittano.

Il Bureau di Hoover, in teoria, potrebbe agire in tutta l’Unione, ma a condizione che vengano commessi reati “federali” (per esempio, un’auto rubata in uno stato e condotta in un altro), ma in pratica le autorità locali non chiedono mai il suo intervento.

Hoover non osa prendere iniziative per paura di irritare i politici locali e perdere il posto. Però, se va avanti così, il suo ufficio verrà chiuso perché non serve a niente. Ci vorrebbe l’occasione giusta per mostrare le sue capacità.

Questo John Dillinger di cui parlano i giornali, un rapinatore con l’abitudine di passare da uno Stato all’altro, sembrerebbe un caso perfetto. Gli uomini della sua banda, per farlo evadere, hanno pure ammazzato uno sceriffo…

John Dillinger
John Dillinger

 

John Dillinger nasce a Indianapolis, capitale dello stato dell’Indiana, nel 1903. Il padre, Wilson, fa il droghiere ed è un uomo rigoroso. La madre Molly quasi non fa in  tempo a conoscerla, perché muore quando lui non ha ancora quattro anni e, quando lui ne compie nove, il padre si risposa con Lizzie.

Crescendo, John Dillinger si fa notare per piccoli furti e atti di bullismo nei confronti dei bambini più piccoli. Non cambia il suo brutto carattere nemmeno quando lascia prematuramente la scuola per andare a lavorare nell’officina di un meccanico.

Allora il padre decide di trasferirsi in campagna con la famiglia, nella cittadina di Mooresville, sperando che il trasferimento serva a rendere John più calmo. Si sbaglia: nel 1922 il figlio viene arrestato per furto d’auto e torna in libertà solo grazie alla matrigna, che convince il derubato a ritirare la denuncia.

Il ragazzaccio non demorde e, non molto tempo dopo, picchia il proprietario di un negozio di alimentari per derubargli 50 dollari. Un tizio, passando di lì, lo riconosce e lo denuncia alla polizia. John Dillinger viene condannato a una pena variabile dai 10 ai 20 anni, a seconda di come si comporterà in prigione.

Nella prigione statale dell’Indiana, a Michigan City, Dillinger viene a contatto con i professionisti del crimine, dai quali impara i rudimenti del mestiere. “Appena uscirò da qui sarò il più fottuto dei bastardi”, promette minaccioso ai compagni di cella.

Grazie al padre, che raccoglie firme per una petizione in suo favore, lascia il carcere nel maggio del 1933, dopo nove anni e mezzo di prigione. John non lo sa, ma ha davanti a sé solo un anno di vita.

Dillinger è fuori da appena un mese quando, insieme ai sei uomini con i quali ha formato una banda, rapina una banca. Poi ne assalta un’altra in agosto, entrambe nello stato dell’Ohio. Riconosciuto e catturato, Dillinger torna in prigione.

I complici non lo abbandonano. Tre di loro, Pete Pierpoint, Russel Clark e Charles Makley, il 12 ottobre si presentano nel carcere di Lima (Ohio), dov’è recluso. Sostengono di essere ufficiali di polizia che devono estradare Dillinger nell’Indiana. Lo sceriffo Jess Sarber chiede di vedere i documenti, ma, per tutta risposta, Pierpot gli spara al petto.

Una volta evaso, John Dillinger torna nell’Indiana con la banda. Anche se fino a quel momento c’è stato solo un morto, si tratta di uno sceriffo e questo basta alle autorità dell’Ohio per accettare “l’intromissione” di Edgar Hoover, il direttore dell’Ufficio di investigazione. L’unico che può condurre le ricerche nello Stato confinante dell’Indiana, dove si sono rifugiati gli assassini.

Hoover è anche l’unico, in America, a disporre delle moderne tecnologie europee in grado di rinvenire anche le più lievi impronte digitali, per questo riesce a identificare i tre banditi che hanno liberato John Dillinger e diffonde le loro foto in tutti gli Stati.

Nel frattempo, Dillinger avrebbe escogitato un geniale piano. Si presenterebbe in numerose banche fingendo di essere il rappresentante di una compagnia che fabbrica dispositivi di sicurezza.

I vari direttori di banca sarebbero ben lieti di mostrare i loro dispositivi a quell’esperto per avere un parere. E Dillinger, prima di esprimersi, mostrerebbe tutta la sua coscienziosità prendendo nota di ogni particolare. Poi se ne andrebbe ammettendo, tra la soddisfazione del direttore di turno, che i sistemi d’allarme installati sono effettivamente a prova di rapina.

Almeno, questo è quello che si racconterà quando John Dillinger sarà diventato una leggenda. In realtà, la banda si limita a entrare nelle banche, puntare le pistole, farsi dare i soldi e scappare con il malloppo.
Nel giro di pochi mesi, le banche rapinate sono 9. Oltre che nell’Indiana e in Ohio, vengono messi a segno anche colpi in Wisconsin e nell’Illinois.

John Dillinger viene accusato di avere ucciso un poliziotto con una raffica di mitra durante una di queste rapine, ma poi si scoprirà che il vero responsabile è il socio Charles Makley.
Tra un colpo e l’altro, la banda si prende alcune settimane di vacanza nella calda Florida.

Ormai la stampa non parla d’altro che di John Dillinger, che diventa il criminale più famoso della storia degli Stati Uniti. Edgar Hoover, prendendo in prestito un’espressione degli antichi romani, lo definisce “nemico pubblico”.

Le acque si fanno agitate e, alla fine del 1934, Dillinger e compagni decidono di scappare in Messico. Mentre aspetta di oltrepassare la frontiera, la banda alloggia nell’Hotel Congress di Tucson, in Arizona. Destino vuole che nell’albergo scoppi un incendio e i banditi vengano tratti in salvo dai pompieri.

Alcuni complici di Dillinger offrono una manciata di dollari ai vigili del fuoco affinché rientrino nelle camere invase dal fumo per prendere i loro bagagli. Ma un pompiere riconosce alcuni membri della banda dalle foto che aveva visto su un giornale e avverte la polizia locale. Gli agenti arrestano separatamente, uno a uno, tutti i malviventi, prendendo per ultimo John Dillinger.

In seguito, i complici Pierpoint e Makley verranno condannati a morte per i due omicidi, mentre gli altri della banda riceveranno pene variabili fino all’ergastolo.
John Dillinger, invece, estradato nell’Indiana e incarcerato a Crown Point, pochi giorni dopo costruisce una pistola finta con un pezzo di legno e la tinge con il lucido di scarpe: la punta contro il suo secondino, si fa aprire la cella e scappa.

A John Dillinger bastano tre giorni di libertà per innamorarsi di una ragazza, Evelyn “Billie” Frechette, ballerina di locali equivoci, e per mettere insieme una nuova banda alleandosi con “Baby Face” Nelson, un delinquente sanguinario.

Dillinger organizza due rapine in South Dakota e una terza nello Iowa. Il 30 marzo 1934, l’uomo che ha affittato la casa alla banda di Dillinger e alla bella Frechette, comincia a sospettare chi siano in realtà quei tizi dall’aria patibolare.

A differenza del pompiere di Tucson, che aveva avvertito la polizia del luogo, l’uomo si rivolge direttamente al Bureau di Hoover, offrendogli finalmente l’occasione di agire. I “federali” circondano l’edificio, ma i banditi se ne accorgono e aprono il fuoco.

Mentre gli agenti vanno a nascondersi, i criminali scappano in direzioni diverse. Uno viene ucciso, alcuni vengono catturati e altri riescono a fuggire. Tra questi ultimi c’è anche John Dillinger, che però rimane ferito a una gamba.

Con la fidanzata si rifugia nella casa del padre, a Mooresville, dove rimane fino alla guarigione. Ma quando Billie esce di casa per andare a Chicago a trovare un amico, viene subito scoperta e arrestata in un bar: la giovane non tradisce Dillinger, il quale in quel momento sta aspettando la compagna proprio fuori dal locale. Naturalmente, si dilegua subito.

Riformata la banda con “Baby Face” e soci, John trova un nascondiglio provvisorio in una zona isolata del Wisconsin. I banditi minacciano la famiglia che li ospita, ma uno di loro riesce comunque a spedire una lettera al procuratore che Chicago, che avverte Edgar Hoover.

Arrivano venti agenti federali, che stavolta aprono subito il fuoco contro l’edificio della banda, ma uccidono per sbaglio tre innocenti mentre i criminali riescono a scappare. Non si sta mettendo bene per Hoover e le sue ambizioni: il mito di Dillinger, invece, sale alle stelle.

Di lui si raccontano tante storie. Per esempio, che vesta sempre in maniera impeccabile e che quando rapina una banca bruci i registri contabili dove sono segnati i debiti della povera gente in difficoltà. Esagerazioni e invenzioni: non è Robin Hood e nemmeno un elegantone spavaldo.

Dopo l’ennesima fuga, John Dillinger rapina una banca dell’Ohio, ma durante quest’ultimo colpo in uno scontro a fuoco rimangono uccisi tre membri della banda. Ci rimettono le penne anche un paio di poliziotti sebbene, fino all’ultimo, Dillinger non uccida mai nessuno personalmente.

Il 30 giugno 1934 Dillinger rapina una banca nell’Indiana, con altri morti da entrambe le parti: sta diventando una carneficina. Forse per questo motivo, a luglio, Dillinger decide di rimanere tranquillo per un po’, sentendosi al sicuro nella grande Chicago.

Ma i federali, esaminando le tracce di sangue su un’auto rubata nella metropoli, capiscono che Dillinger si trova lì. Hoover manda Melvin Purvis, il suo agente migliore, per organizzare una ricerca in grande stile.

Il 22 luglio 1934, Purvis viene a sapere da un’immigrata romena, Ana Cumpanas, tenutaria di un bordello, che il “nemico pubblico” sta girando la città con una prostituta, Polly Hamilton.

Minacciandola di rimandarla in Romania, Purvis convince la Cumpanas a indossare un vistoso abito rosso-arancio, in modo che lui e i suoi uomini possano pedinarla facilmente mentre va alla ricerca di Polly e del suo amico.

La tenutaria entra in un cinema, il Biograph Theater, dove sa che Polly porta spesso i clienti. Li trova proprio qui e fa un segno a Purvis, il quale apposta i suoi all’esterno, aspettando la fine del film.

All’uscita, gli agenti puntano le pistole su John Dillinger ordinandogli di arrendersi. Lui affonda la mano nella tasca per estrarre la pistola, ma viene colpito da una pioggia di proiettili.
Muore così, a 31 anni, il rapinatore più famoso d’America.

Nel 1935, Edgar J. Hoover può aggiungere una parola al nome del corpo di polizia che dirige: da questo momento si chiamerà Federal bureau of investigation, la cui sigla è Fbi.

Finalmente i federali potranno indagare in tutti gli Stati Uniti senza dover chiedere il permesso alle autorità locali. Per motivi mai chiariti, l’agente Melvin Purvis si dimette e morirà in circostanze misteriose anni dopo.

A John Dillinger verranno dedicati numerosi film, nei quali viene rappresentato come il personaggio fantasioso dei giornali sensazionalistici. Fa eccezione la pellicola del 2009, Nemico pubblico – Public Enemies, di Michael Mann, nel quale Johnny Depp interpreta Dillinger come l’uomo grigio che, in realtà, era.

 

(Immagine in apertura dell’articolo tratta dal film Nemico Pubblico)

 

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Di Sauro Pennacchioli

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