Nel cinema degli anni ottanta c’era una costante ricerca di “bellezza”. In questo senso, le attrici davano un contributo non da poco: i fotogrammi rimasti impressi in maniera indelebile nella memoria sono innumerevoli. Alcuni dei quali vedono protagoniste Jennifer Connelly e Virginia Madsen.

Nata a Chicago, Virginia Madsen, “occhi azzurro oceano”, esordisce nel film di John Lewis Carlino Class (id.), del 1983.
Segue il ruolo della principessa Irulan, figlia maggiore dell’imperatore Shaddam IV nel kolossal di fantascienza Dune (id.), diretto nel 1984 da David Lynch e prodotto da Dino De Laurentiis.
Il suo personaggio, pur non avendo molto spazio nelle oltre due ore di film, compare in primo piano nella splendida scena d’apertura. Certamente una delle immagini indelebili di cui sopra.

 

Se Dune può essere considerato un film tra i più rappresentativi del decennio, lo è anche quello che segna il debutto di Jennifer Connelly su un set cinematografico.
Nata a New York, ma di origine irlandese, inizia come modella lavorando nella pubblicità. Nel 1983, durante un viaggio in Inghilterra, viene notata dallo staff dei Duran Duran, che le fa prendere parte appena dodicenne al video musicale del brano The Union of the Snake.
Nel frattempo partecipa all’audizione per C’era una volta in America (Once Upon a Time in America), in un periodo nel quale c’era l’abitudine di lanciare attrici in età acerba (l’undicenne Brooke Shields nel 1976, le quattordicenni Diane Lane e Sophie Marceau rispettivamente nel 1979 e nel 1980).
Il regista Sergio Leone la sceglie e così entra a far parte del grandioso cast di una pellicola destinata a entrare nella storia del cinema.
Il suo personaggio, Deborah, è una ballerina della quale è innamorato fin da ragazzino il protagonista, Noodles (Robert De Niro). Il film la segue, come gli altri personaggi, dalla giovinezza all’età matura. Perciò la Connelly compare solo nella parte iniziale, mentre Deborah adulta viene interpretata da Elizabeth McGovern.
Il personaggio ha una centralità evidente nella narrazione: è il ricordo di Deborah tredicenne che balla a sollecitare la struggente rievocazione di Noodles.

 

L’importanza del personaggio di Deborah in C’era una volta in America è tale che per la splendida colonna sonora del film il maestro Ennio Morricone ha composto un brano dedicato al suo personaggio, intitolato appunto Deborah’s Theme.

 

Se in Dune compariva per pochi minuti, una parte decisamente più corposa Virginia Madsen la ottiene nel film Electric Dreams (id., sempre del 1984), prodotto da Richard Branson per la Virgin.
La favola tecnologica di Steve Barron, in quegli anni tra i più importanti registi di videoclip, ha pregi visivi (una consuetudine negli anni ottanta), anche grazie al direttore della fotografia Alex Thomson, e una storia quantomeno curiosa: due giovani vicini di casa, l’architetto Miles e la violoncellista Madeline, si amano, ma devono fare i conti con il computer di lui, Edgar, a sua volta invaghitosi della ragazza.

https://www.youtube.com/watch?v=aVE8taDWmMc

 

Nel 1985 Jennifer Connelly è sul set di un altro importante regista italiano. Proprio attraverso il suo maestro Sergio Leone, Dario Argento arriva a lei: “Leone mi ha fatto vedere il primo montaggio di C’era una volta in America, e appena ho notato quella ragazzina, la Connelly, sono rimasto incantato, sono tornato subito in America e l’ho scritturata” (Roberto Pugliese, Dario Argento, Il Castoro Cinema, novembre-dicembre 1986).
Phenomena inizia con una ragazza (interpretata da Fiore, figlia del regista) che perde l’autobus e comincia a vagare per le montagne svizzere. Giunge in una casa abbandonata, vede qualcosa di orribile e cerca di fuggire. Ma viene raggiunta e aggredita, prima con un paio di forbici, poi ghigliottinata con il vetro di una finestra. Non è la prima ragazza a essere uccisa.
La polizia e un entomologo paralitico indagano. Studiando le mosche che depositano le uova nei cadaveri, il professore può risalire al giorno dell’omicidio. Egli è convinto che un feroce assassino continui ad aggirarsi per quelle montagne e che, se non verrà fermato, ucciderà ancora.
Intanto arriva in un severo collegio Jennifer, che ha uno strano rapporto con gli insetti. È anche sonnambula e una notte, per una serie di circostanze, giunge a casa dell’entomologo. Sapendo dell’esistenza di un assassino, Jennifer è terrorizzata dall’idea di incontrarlo mentre vaga di notte intorno al collegio.
Chiede alla sua compagna di stanza di aiutarla, ma sarà proprio costei a essere uccisa dopo un fugace incontro con il suo ragazzo. Jennifer trova un guanto dell’assassino pieno di larve di una mosca, la grande sarcofaga, che si nutre di cadaveri.
L’entomologo le chiede di investigare per scoprirne l’identità, aiutata proprio da un esemplare della mosca, e Jennifer scopre che la responsabile degli omicidi è la segretaria del collegio, madre di un bambino-mostro frutto di una violenza sessuale subita in gioventù.
Phenomena dimostra ancora una volta quanto sia forte la componente erotica nei film di Argento, soprattutto in quelli degli anni ottanta. I riferimenti sessuali sono continui e la scena dell’insetto che si eccita al contatto con Jennifer è piuttosto esplicativa.
Come ha scritto Mariuccia Ciotta su Il Manifesto, “La bellezza della Connelly si dirada in primi piani alternati a particolari di alucce e antenne vibranti”.

 

Labyrinth – Dove tutto è possibile (Labyrinth), del 1986, in un certo senso ripropone la Connelly come “adolescente in pericolo” quale è in Phenomena, anche se qua prevale il fiabesco, che in Dario Argento era sotteso.
Il film diretto da Jim Henson (tra le altre cose, inventore dei Muppet) è il risultato di un formidabile connubio di talenti artistici. Oltre a Henson, il produttore George Lucas, lo sceneggiatore Terry Jones, il già citato direttore della fotografia Alex Thomson, il disegnatore e costumista Brian Froud e, naturalmente, David Bowie in veste di attore e autore delle canzoni.
Di tutto ciò, Jennifer Connelly rappresenta davvero la ciliegina sulla torta. In questo fantasy alla Lewis Carroll, interpreta la giovane Sarah che, stanca di dover accudire il fratellino Toby, invoca il malvagio re degli gnomi, Jareth, affinché lo porti via.
Pentita, la ragazza per ritrovare il bambino si avventura in un mondo magico e popolato di strane creature. Dopo l’uscita del film, Jennifer Connelly viene definita “l’adolescente d’oro del cinema”.
D’altronde, sia il regista che Bowie hanno avuto parole lusinghiere nei suoi confronti. “È un’attrice brillante, intelligente, che sa farsi dirigere bene” (Jim Henson). “Oltre a essere bellissima, è davvero una brava attrice, ed è un piacere lavorare con leiCi si dimentica che ha solo 14 anni. Insomma, è molto matura” (David Bowie).

 

Virginia Madsen appare molto seducente (a partire dalla locandina) nel sottovalutato giallo Slamdance – Il delitto di mezzanotte (Slam Dance, 1987) di Wayne Wang, anche se viene assassinata quasi subito e appare solo in alcuni flashback.
A Los Angeles un pittore, sposato e separato dalla moglie, viene accusato dell’omicidio di una misteriosa ragazza, Iolanda, con cui aveva una relazione. Il regista si dissociò dalla versione rimontata dalla casa di produzione, e il film non ebbe fortuna dal punto di vista commerciale.
A tal proposito, in una dichiarazione rilasciata in quello stesso anno, l’attrice spiegò i motivi delle sue scelte artistiche: “Ho deciso di salire lentamente la scala verso il successoPreferisco andare piano per poter controllare meglio le parti che mi offrono, il grado di maturità che ho raggiunto”.

https://www.youtube.com/watch?v=KTQrJHT13rg

 

Le carriere di Jennifer Connelly e Virginia Madsen si incrociano nel 1990, quando interpretano The Hot Spot – Il posto caldo (The Hot Spot), uno degli ultimi noir americani degni di questo nome, tratto da un romanzo di Charles Williams.
Harry (Don Johnson) giunge in una cittadina del Texas, dove trova lavoro come venditore d’auto. Il suo scopo è quello di svaligiare la banca, ma le cose si complicano quando intreccia una relazione con Gloria, la giovane impiegata della concessionaria, e con la moglie del proprietario, Dolly.
L’ottima regia di Dennis Hopper riesce nella non facile impresa di dare nuova linfa agli stereotipi del genere, soprattutto accentuando il lato erotico della vicenda e spogliando con generosità le due attrici. Le quali danno il meglio nei ruoli a loro più congeniali.
La Connelly è la tipica ragazza americana acqua e sapone, ma con un passato che vuole nascondere, mentre Virginia Madsen dagli occhi lancia lampi seducenti interpretando la dark lady pronta a tutto, anche a uccidere il consorte.

 

In Tutto può accadere (Career Opportunities), una gradevole commedia del 1991 scritta dallo specialista in film adolescenziali John Hughes e diretta da Bryan Gordon, Jennifer Connelly è Josie, la figlia del proprietario del grande magazzino nel quale lavora Jim. Il ragazzo ne è innamorato, ma si rende conto di non avere alcuna possibilità con lei.
Un giorno, però, i due restano chiusi nel negozio. Nonostante si tratti di una pellicola romantica e brillante, non mancano le sottolineature sexy del personaggio della Connelly.

 

Dopo gli anni novanta Virginia Madsen recita in film di grandi registi come Francis Coppola (L’uomo della pioggia, del 1997) e Robert Altman (Radio America, del 2006). Ma uno dei suoi ruoli che resta maggiormente impresso lo interpreta magistralmente nel notevole Candyman – Terrore dietro lo specchio (Candyman).
Tratto dal racconto di Clive Barker “Il Proibito”, e diretto da Bernard Rose, il film è un horror in confezione extra-lusso, che può avvalersi oltretutto delle musiche di Philip Glass.
Helen sta preparando la tesi di laurea su un fantasma vendicativo che infesta il ghetto di Harlem, chiamato Candyman. Indagando, scopre a proprie spese che per evocarlo bisogna ripetere cinque volte il suo nome davanti a uno specchio. A quel punto Candyman comincia a perseguitarla, commettendo degli orrendi delitti di cui viene accusata Helen.

 

Tra i vari film interpretati da Jennifer Connelly spicca il noir fantascientifico Dark City (id.), scritto e diretto nel 1998 da Alex Proyas.
Interessante più per la vicenda, piuttosto intricata e ambientata in una metropoli sempre buia da cui è impossibile uscire, che non per le scelte espressive adottate da Proyas.

 

Lo stesso discorso vale per il film di Joel Schumacher Number 23 (The Number 23), nel quale Virginia Madsen interpreta Agatha, moglie di Walter, che di mestiere fa l’accalappiacani.
Quando Agatha gli regala un libro, intitolato Number 23, per il suo compleanno, Walter comincia a esserne ossessionato, ritrovando nelle situazioni raccontate dal protagonista del libro analogie con la sua vita.
Mentre il mondo reale nel quale vive il protagonista è messo in scena con intelligenza da Scumacher, le situazioni del libro risultano girate in modo mediocre. A cominciare proprio da come viene visualizzato il secondo personaggio interpretato dalla Madsen, la bruna Fabrizia.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *