Anni fa “leggevo” a un bambino un libro del magico disegnatore giapponese Mitsumasa Anno, poco conosciuto in Italia, ma di livello internazionale e pluripremiato.

Ho virgolettato leggevo perché di testuale il libro contiene solo un messaggio iniziale dell’autore, poi comincia la storia illustrata di un viaggio che Anno fece per davvero, girando l’Europa centrale negli anni tra il 1963 e il 1975, annotando e registrando le sue impressioni, per dare poi alla luce My Journey, che in Giappone uscì nel 1977 e in Italia fu pubblicato per la prima volta da Emme Edizioni nel 1978, con il titolo di Il viaggio incantato.

Per il bambino era un libro inesauribile: ogni volta che lo aprivamo, anche per me era una fonte continua di sorprese, particolari non visti, novità nascoste. La storia si svolge attraverso quadri a doppia pagina in cui compare sempre il protagonista, spesso in modo quasi introvabile, cioè il viaggiatore a cavallo che attraversa campagne, villaggi, foreste, cittadine, piazze con gente in festa o alle prese con le loro faccende quotidiane.

Ogni quadro un intero universo continuativo in cui i particolari, alcuni dei quali provenienti da dettagli contenuti in opere di pittori celebri, incitano fantasia e curiosità a scoprire quello che ci sta dietro, provocando una partecipazione attiva nel “lettore” al punto che, a distanza di anni e riparlandone col bambino che oggi è un giovane uomo, entrambi ricordavamo con un piacere raro i mille viaggi fatti insieme. Ogni volta diversi.

GLI EMAKI RACCONTATI DA MARCO MILONE
Marco Milone: Per un’introduzione agli emaki (Mimesis Edizioni, giugno 2020)

Quando ho aperto il saggio di Marco Milone, Per un’introduzione agli emaki, mi è tornato in mente Il viaggio incantato.
Ripensandoci a posteriori ho capito perché: Mitsumasa Anno è, in un certo senso, il discendente moderno di una tradizione grafico-pittorico-letteraria giapponese antica, così originale da non trovare un riscontro o un parallelismo nella storia artistica europea o comunque occidentale.

L’emakimono, o emaki, è “un’opera di narrativa illustrata e orizzontale, sviluppatasi tra l’undicesimo e il sedicesimo secolo in Giappone. Tipico di quel paese, l’emakimono unisce testo e immagini, ed è disegnato, dipinto o stampato su un rotolo orizzontale che constava di una lunga striscia di carta munita di un asse di legno o di avorio”, così scrive il saggista nell’introduzione.

Kako Genzai E-Ingakyo (Sutra illustrato delle cause e degli effetti nel passato e nel presente). Periodo Nara, Ottavo secolo
GLI EMAKI RACCONTATI DA MARCO MILONE
Kako Genzai E-Ingakyo (Sutra illustrato delle cause e degli effetti nel passato e nel presente). Periodo Nara, Ottavo secolo. Particolare

Gli emaki variano da una altezza tra i ventidue e i cinquantadue centimetri, ma in media si aggirano intorno ai trentacinque. Possono essere formati da uno o più rotoli: il più lungo esistente consta di ben quarantotto rotoli raggiungendo quasi mezzo chilometro di lunghezza.

Mostrano una successione di eventi, dando modo al pubblico lettore di non doversi limitare alla visione di una singola tavola (come quando ci fermiamo a contemplare un quadro), ma di srotolare la striscia osservando man mano la cronologia temporale narrativa. La parte testuale, avendo una risonanza poetica e letteraria, veniva tracciata da esperti calligrafi.

Tomo no dainagon ekotoba, o altrimenti chiamato Ban dainagon ekotoba (Rotolo illuminato del grande consigliere Tomo no Yoshio o Storia del Ban dainagon). Periodo Heian
GLI EMAKI RACCONTATI DA MARCO MILONE
Tomo no dainagon ekotoba, o altrimenti chiamato Ban dainagon ekotoba (Rotolo illuminato del grande consigliere Tomo no Yoshio o Storia del Ban dainagon). Periodo Heian
Genji monogatari emaki, versione illustrata di “Il racconto di Genji” di Murasaki Shikibu. Periodo Heian

Questa tradizione singolare è nata in India e arriva in Giappone, attraverso la Cina, intorno al sesto o settimo secolo in concomitanza con il buddismo.

I primi emaki giapponesi sono influenzati da quelli cinesi, siamo nel periodo Nara. A partire dal periodo Heian (794-1185), gli emaki giapponesi assumono una loro originalità illustrando temi diversi, concentrando la narrazione sulla vita quotidiana, “trasmettendo dramma, umorismo, e romanticismo”, di contro a quelli cinesi improntati alla narrazione di temi spirituali.
Con il passare del tempo i soggetti si diversificheranno in seguito all’avvento dei nuovi guerrieri Kamakura e delle sette buddiste.

Gli storici, in generale, hanno classificato gli emaki non per soggetto, ma per forma e sostanza, dividendoli a seconda se l’argomento sia laico (romanzi, leggende popolari, storie militari, rotoli sui poeti waka, relazioni su riti e cerimonie, dipinti e ritratti realistici, racconti popolari di fantasia) o religioso (illustrazioni di sutra o dottrine religiose, biografie di monaci buddisti o sacerdoti, storie dei templi, storie buddiste). Una terza categoria è rappresentata da opere eterogenee in cui c’è mescolanza di religione con narrativa convenzionale oppure di genere umoristico-popolare.

GLI EMAKI RACCONTATI DA MARCO MILONE
Heiji monogatari. Periodo Kamakura, seconda metà del tredicesimo secolo
Ippen Shōnin Engi. Periodo Kamakura

Poiché gli autori di emaki sono per lo più sconosciuti, in genere gli storici dell’arte (si pensa anche che un emaki nascesse dalla collaborazione di più artisti) suddividono e determinano la fonte autoriale in base all’ambiente dove l’artista operava, dando luogo alle seguenti principali categorie: dilettante/professionista, autore di corte o del tempio, aristocratico/di modeste origini.

Nel Giappone medievale ci sono anche degli atelier di pittori professionisti, che domineranno nel periodo Kamakura (1185-1333), susseguente al periodo Heyan, e dislocati accanto al palazzo, ai principali templi e santuari, oppure ospitati da personaggi influenti.
Mentre la produzione dei templi era destinata a essere copiata e riprodotta perché fosse esposta nei luoghi di culto, negli atelier di corte l’attenzione era concentrata sull’illustrazione di romanzi o documenti storici.

GLI EMAKI RACCONTATI DA MARCO MILONE
Kitano Tenjin Engi Emaki. Periodo Muromachi

Verso la fine del periodo Kamakura, gli emaki perdono importanza: gli artisti diventano manierati e prediligono la composizione tecnica all’aspetto creativo, ma nel periodo successivo, il periodo Muromachi (1336-1573), continueranno a esserci artisti che praticheranno quest’arte.

Dopo il quindicesimo secolo, nella pittura giapponese emergono due principali tendenze: la pittura antica della yamato-e (periodo Heyan) e la pittura cinese moderna, che nel corso del tempo si erano fuse. Dal punto di vista argomentativo predomina il profano.
Profano che raggiunge la sua massima espressione nella pittura fluttuante, l’ukiyo-e, caratteristica del periodo Edo (1600, trionfo di Tokugawa Ieyasu nella battaglia di Sekigahara – 1866/1869, restaurazione Meiji). Nel periodo Edo prevalgono numerose scuole, tra cui la scuola Kanō, di spirito confuciano, che diventa la scuola ufficiale.

Nel successivo periodo Meiji (1868-1912) la produzione di emaki continua: ci si avventura tra mostri leggendari e insoliti esseri umani, provenienti dalla tradizione leggendaria, per fare satira sugli occidentali che ormai si stanno insinuando.
In epoca moderna, nel Novecento, alcuni artisti hanno realizzato degli emaki, come Seison Maeda che nel 1974, tre anni prima di morire, si propose di cercare il suo stile di emaki attingendo alla tradizione, ma con la volontà di dare il suo contributo personale.

Buson yokai emaki. Periodo Edo
Buson yokai emaki. Periodo Edo

Nel saggio di Marco Milone, all’introduzione seguono tre capitoli in cui si narrano la funzione e la produzione dell’emaki, la sua storia, gli stili e le tecniche, oltre a un glossario in cui si illustra la terminologia originale. Poi comincia un viaggio che inizierà nel periodo Nara per arrivare fino al periodo Meiji, toccando per forza di cose anche i tempi e gli eventi storici che tanto influirono, come è naturale, nell’evoluzione di questa originale letteratura illustrata.

Mancava al repertorio italiano un meritevole saggio di questo tenore e approfondimento. Il cultore dell’universo nipponico lo troverà senz’altro un’utile guida per orientarsi e lo studioso un ottimo strumento di consultazione.
Si sente il desiderio di qualche illustrazione in più, ma il prezzo abbordabile non lo consente. Un saggio così potrebbe ben presentarsi in un formato in quarto, dove la grandezza avrebbe consentito una miglior resa iconografica. D’altronde son tempi grami per la cultura, però superabili benissimo attraverso una personale ricerca iconografica in Rete.

 

 

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