Può capitare di decidere, una domenica mattina, di fare un giro a Porta Portese, al mercatino delle pulci più famoso della capitale (e forse d’Italia) che dista pochi km da casa mia. Così, senza un motivo apparente e senza una necessità impellente. Nessun acquisto programmato o altro.

E può capitare di non portarsi appresso tutto il portafoglio visto che già me l’hanno fregato due volte (bastardi!!), ma solo dei contanti: 150 euro, per la precisione! Può anche capitare (ma questo onestamente è più raro) di soffermarsi tra i vari banchi improvvisati e di incappare su una grande serigrafia di Riccardo Mannelli (cm 50 x 70) appoggiata in qualche modo su un muretto, e di fermarsi a chiedere informazioni.

Mi risponde un tipo sulla sessantina, baffuto, magrolino, camicia sbottonata, un po’ trascurato, più basso di me; e mi accenna che ne ha vendute almeno 5/6 e che questa rimasta è l’ultima. Gli chiedo se ha altre cose, anche di altri autori, e mi dice: “Aspetta mo che je do un’occhiata”. Si china su un grosso sacco di juta e tira fuori una cartella sudicia con vari cartoncini.
“Questo è uno Scòzzari; conosci?”
“Come no…” rispondo. È una matita di una donnina procace piena di lentiggini: “Non male.”
“Poi c’avrei pure due Pazienza” riprende.
Lo guardo basito con effetto rallenty
, con le sue parole che mi diventano eco, come nelle scene clou di certi film. Cioè, fammi capire – penso – hai degli originali di Andrea Pazienza e me lo dici così??

Dissimulo l’entusiasmo da vero attore navigato e gli rispondo con sufficienza: “Boh, vabbè… fa vedè…”. Si guarda a destra e sinistra (?) e poi apre la cartellina, e mi spiattella sotto gli occhi una tavola del grande Paz e una sua vignetta in bianco e nero 15 x 15 cm. La vignetta mi interessa poco (sì, lo so, sarà un grave errore…), ma vengo subito attratto dalla tavola abbastanza grande: circa 25 x 35 cm.

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Mi avvicino e la guardo attentamente, me la rigiro scrupolosamente sotto e sopra come fosse una reliquia e, per certi versi, un po’ lo è. Le condizioni di conservazione sono pessime, la tavola ha preso acqua e in molti punti il tratto del pennarello Grinta si è acquerellato (foto dett. 1) rovinando il disegno.

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foto dett. 1

Osservo attentamente il lavoro perché all’inizio ho qualche sospetto: non sarà l’ennesimo “pacco” del solito furbetto che ti rifila la fregatura spacciata per originale?! Riesamino l’opera e faccio mente locale di ogni indizio. Il cartoncino è ingiallito (quindi non è recente) e l’ultimo riquadro in basso a destra è stato incollato storto con il biadesivo. (foto dett. 2)

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foto dett. 2

Uno dei baloon è manomesso con un ritaglio posticcio sempre incollato, con una parola che sostituisce quella sottostante.  Dietro il personaggio in alto, nella prima vignetta, c’è una nuvola nera. In realtà, se la si osserva attentamente, si intravvede un mezzo busto di un altro personaggio successivamente oscurato. (foto dett. 3)

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foto dett. 3

Osservo in maniera feticista l’oggetto e noto anche che, nel terzo riquadro, il testo stava per iniziare accanto alla spalla del 3° personaggio; poi, evidentemente, Andrea ha preferito spostare il dialogo più in basso… e infatti iniziano entrambi per “co…”.
Noto poi, fuori tavola in basso a sinistra, uno sticker adesivo col numero 5 a matita (foto dett. 4) con la data “Bologna, 19 ottobre”; e immagino quindi che sia una micro serie di poche pagine di cui, per lo meno, ne devono esistere altre 4 precedenti e una conclusiva (visto che questa è sospesa).

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foto dett. 4

E nel frattempo penso tra me: belli, però, quei tempi “pionieristici” senza Photoshop o diavolerie varie, dove i testi si facevano a mano direttamente sulla carta, adattando gli spazi e i volumi strada facendo, improvvisando, a occhio e senza possibilità di grosse correzioni (a parte bianchetti o striscette adesive posticce). Era tutto più naif e “sporco”, ma anche incredibilmente “vero”. Gli originali degli autori moderni invece sono cose tristissime: tutti passaggi intermedi, disegni incompleti o assemblati da diversi originali, perlopiù fatti con la tavoletta grafica, colorati, privi di baloon o lettering; tutti aggiunti e colorati POI col computer, con milioni di sfumature e combinazioni possibili ma, indubbiamente, senza “quella poesia” che si respira qui.
Belli sì, ma in confronto a questa tavola che trasuda “umanità, sudore e polvere” non c’è paragone!

Osservo nuovamente il mio feticcio cartaceo, ma mi accorgo che della firma di PAZ nemmeno l’ombra. Nessun Andrenza, Pazzià, PAZZIK, Pazziè (o le decine di altri pseudonimi che usava)… niente di tutto questo!
Prendo tempo e chiacchiero col tipo per capire meglio la provenienza della tavola, da dove l’ha presa, ecc.
Mi dice che ha lavorato nella redazione de IL MALE in quegli anni, che ha conosciuto tutti i disegnatori e che è disegnatore anche lui, mostrandomi alcune sue tavole davvero strepitose.  Mi parla di Druillet, di Caza, Corben e tutto il gruppo di Metal Hurlant che ha conosciuto in Francia, e passiamo una mezz’oretta davvero piacevole, dove rivelo che anch’io sono “un collega” e che faccio vignette, e che ho un blog e via discorrendo.

A questo punto non ho dubbi: dev’essere un PAZ originale. Sarebbe davvero TROPPO riuscire a falsificare un tratto così, su carta ingiallita, col suo tipico lettering. Parliamo poi di prezzo. Parte alto, come al solito, io tratto, gli faccio vedere le tasche e gli unici 150 € che mi sono rimasti (culo davvero, visto che i due euro me li ero spesi al bar e in genere sono solito girare con molti meno soldi!!).
Mi guarda strano, tentenna, dice che la tavola vale molto di più e so che è assolutamente è vero.
Ma sono fuori da questi giri, io. Non conosco le quotazioni ufficiali, non sono un feticista incallito e il mio, semmai, è solo un Atto D’Amore per l’opera di un disegnatore che ho seguito con dedizione e affetto fino alla sua scomparsa, più di 25 anni fa.

Mi dice: “200, ultimo prezzo”. Gli rispondo: “Giuro, non li ho. Ti posso dare i miei occhiali da sole, in aggiunta. Nuovi costavano più di 30 euro eh?” e sorrido sornione, non sapendo che altro fare. Tentenna ancora un po’, poi aggiunge: “Vabbè, te lo do a 150 pjotte perché sei uno che apprezza e se ne intende. Anche Andrea te lo avrebbe dato, son sicuro, era un bravo ragazzo, pazzoide e simpaticissimo. Peccato ‘sta cazzo di eroina che….”. Non finisce nemmeno la frase, mi scuce le due banconote e ci salutiamo come fossimo vecchi amici.

E così, con questi “fottuti” 150 euro, mi sono portato a casa una piccola fetta di “sogno adolescenziale”.
Dicono che “tutto ha un prezzo” e il mio, in fondo, non è nemmeno costato ‘sta grossa cifra.

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Ho poi verificato la tavola: appartiene a “Le Straordinarie Avventure di Pentothal”, il lungo episodio uscito a puntate su “Alter Alter” nel 1977. Per la precisione, è la pagina 89 dell’edizione in volume della Milano Libri.

13 pensiero su “HO INCONTRATO ANDREA PAZIENZA A PORTA PORTESE”
  1. È bello sapere che queste meraviglie finiscono anche nelle mani di chi le sa apprezzare. Bella avventura e complimenti per il sedere !!!

  2. Ahuhah ahuhah… Gianluca, ma ti pare che non l’avrei già fatto io!?! Il tipo è sparito completamente… Aimé ??

    1. Ahuhah ahuhah… E secondo te una tavola ORIGINALE di Andrea Pazienza l’avrei rivenduta per soli 300€?!?
      Ma mi credi così PAZZO sul serio….?!? ????

  3. Conosco bene “PENTOTHAL” e ho visto subito che era quella tavola lì; hai fatto bene. 150 okay; trovo assurdi quelli che chiedono cifre folli (più’ di quelli che le pagano).

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