Quella di dare ai protagonisti (e comprimari) dei fumetti i volti di famosi attori e attrici del cinema è una pratica che viene da lontano.

Già il Gim Toro di Andrea Lavezzolo ed Edgardo Dell’Acqua si rifaceva al Tyrone Power del film Il figlio della furia, richiamandone non solo le fattezze del viso ma addirittura la tenuta “marinara” con la caratteristica magliette a righe.

IL VIZIETTO DI DARE AI FUMETTI LE FACCE DEGLI ATTORI

Il padre di Romina fu preso a modello anche per una serie dell’Intrepido, Il Cavaliere Ideale, realizzata pittoricamente da Alvaro MairaniGino Pallotti.

 

Nel periodo di grande fortuna degli albi nel formato striscia un altro divo statunitense viene trasformato in fumetto portandosi dietro anche il nome, o quasi: da James Dean viene trasformato in James Dyan. Ed è ancora Edgardo Dell’Acqua a dargli vita con la sua svelta ed efficace matita.

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Il protagonista di Gioventù bruciata tornerà solo molti anni più tardi a riempire vignette per mano di Milo Manara (e poi Luigi Piccatto) che, su testo di Raffaele D’Argenzio, dona le sue fattezze a Chris Lean sul Corrier Boy.

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Negli anni sessanta un attore francese viene ripetutamente scelto come protagonista di fumetti: Jean Paul Belmondo. Prima in Francia: nel 1963 Joseph Gillain, in arte Jijé, e Jean Giraud (il futuro Moebius) ne fanno il protagonista di una nuova serie partorita dall’effervescente fantasia di Jean-Michel Charlier, il tenente Blueberry di Fort Navajo.

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Solo tre anni più tardi, in Italia, Sandro Angiolini si ispira sempre a Bebel (Belmondo) per le fattezze di uno dei primi tascabili erotici che tiene a battesimo le Edizioni 66 di Renzo Barbieri, Goldrake, agente segreto con più d’un debito verso James Bond.

 

Una dozzina di anni dopo tocca al giapponese Buichi Terasawa scegliere “il brutto più affascinante del cinema francese” per interpretare il fantascientifico Cobra, personaggio caratterizzato da un’arma molto particolare, la Psycho-Gun, collegata direttamente al suo cervello.

Prima di Chris Lean, altri settimanali popolari avevano usato volti di famosi attori per i loro personaggi. Su Intrepido, Antonio Toldo per la serie Qui commissario Norton aveva utilizzato quello di Alain Delon.

Mentre i fratelli Graziano e Claudio Cicogna chiedono a Giovanni Freghieri e poi ad Alberto Castiglioni di dare le fattezze di Humphrey Bogart all’investigatore privato Sorrow.

Sono invece i fratelli Paolo e Piero Montecchi a dare il volto di Paul Newman e quello di Audrey Hepburn rispettivamente ai giornalisti Jean Jois e Florence Bonnet, protagonisti della serie Paris Jour.

Ancora uno dei Cicogna crea la serie Western Family, dove il fenomeno raggiunge vette insuperabili: il disegnatore Rancho, in collaborazione con Santilli, si appoggia pesantemente alle foto per realizzare le tavole, e praticamente tutti i personaggi hanno il volto (e anche il corpo) di famosi attori.

(Molte delle immagini seguenti sono rubacchiate al sito Comic cargo team del “nostro” Arcangelo Stigliani).

Molti altri autori si sono ispirati ad attori per creare le fattezze dei loro personaggi. Galleppini pare aver guardato a Gary Cooper per Tex, ma l’ha “interpretato” a modo suo, sì che è difficile riconoscervi il protagonista di Mezzogiorno di fuoco.
Idem per Zagor e Diabolik, entrambi nati pensando a Robert Taylor, ma fatti propri dai disegnatori.
Anche Magnus per Alan Ford afferma di essersi ispirato a Peter O’Toole, ma il risultato è piuttosto creativo.

I tascabili erotici dagli anni sessanta agli ottanta hanno attinto abbondantemente a volti noti del cinema e della tivù.
Milo Manara all’evocativo Montatore aveva dato il faccione di Lando Buzzanca, re della commedia sexy, usato poi anche da Leone Cimpellin per Jonny Logan (una buona “copia” di Alan Ford, che pur essendo tascabile non era erotico).
Belfagor aveva il volto di Vittorio Gassman, Lando quello di Adriano Celentano, Vartan l’indiana bianca dell’omonima cantante e showgirl Sylvie Vartan. Mentre Umberto Sammarini nel fantascientifico Alika si diverte a infilare ogni genere di volti noti, persino dell’allora presidente del consiglio Aldo Moro.

Alla Bonelli i primi a utilizzare questo espediente sono Tiziano Sclavi con Dylan DogClaudio Nizzi, che chiede allo staff dei disegnatori del neonato Nick Raider di dargli le fattezze di Robert Mitchum (già usato da Enrico Bagnoli per il personaggio di Nick Carbone su Corrier Boy). Da lì in poi saranno più d’uno i personaggi ricalcati sui volti di attori e attrici note.

Qui forse è il caso di aprire una parentesi.
Da qualche anno, diciamo dalla nascita di Martin Mystère, la casa editrice ha adottato un contratto. Un passo importante in un settore dove anche a editori corretti come Sergio Bonelli bastava una stretta di mano per risolvere i rapporti con gli autori, mentre altri semplicemente arraffavano diritti e pure tavole originali senza porsi alcun problema.

Il vento però sta cambiando, e in via Buonarroti si decide l’adozione di contratti scritti, per le nuove serie. Il compito di stilare il documento viene affidato ad Alfredo Castelli. Non c’è quindi da meravigliarsi se il contratto che ne è uscito “pende” dalla parte degli sceneggiatori: l’intera creazione delle nuove serie viene riconosciuta a chi l’ha scritta, e per le ristampe i diritti d’autore vengono divisi a metà tra sceneggiatore e disegnatore. Questo avrà qualche influenza sulla moltiplicazione di volti famosi tra i protagonisti delle nuove serie.

Se infatti in Ken Parker l’affiatassimo duo Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo decide di usare i lineamenti di Robert Redford per il protagonista (e poi, per gli altri personaggi, anche di Marilyn Monroe e persino di Rita Pavone), successivamente la scelta di ricorrere ad attori famosi per la realizzazione dei personaggi pare riflettere sempre più il desiderio dei creatori letterari di “far proprio” il loro eroe anche dal punto di vista grafico.

Come già accennato, succede con Dylan Dog, che oltre a utilizzare le fattezze di Rupert Everett per il protagonista, usa anche quelle del comico Groucho Marx per l’assistente dell’indagatore dell’incubo.

IL VIZIETTO DI DARE AI FUMETTI LE FACCE DEGLI ATTORI

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E quando Claudio Castellini ci mette molto del suo nel dar vita su carta a Nathan Never (dove comunque la comprimaria Legs nel nome e nelle fattezze è in tutto e per tutto la Weaver di “Alien”) e solleva il problema del diritto di creazione grafica, qualcosa sembra essere scattato nella testa degli sceneggiatori bonelliani che, nel caso della successiva Julia, impongono facce attoriali a tutti i protagonisti: Audrey Hepburn per la criminologa, Whoopy Goldberg per la sua assistente Emily Jones, John Malkovich per il tenente Alan J. Webb, John Goodman per il corpulento sergente e Nick Nolte per “l’occhio privato” Leonard “Leo” Baxter.
Un florilegio di volti noti, quasi a voler dire già a chi si è cimentato con i primi “studi grafici” della serie: “Tu non hai inventato niente!”.

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Sulla stessa strada si muove il Dampyr di Mauro Boselli e Maurizio Colombo: il protagonista è costruito sulle fattezze di Ralph Fiennes, Tesla su quelle di Annie Lennox, Caleb Lost si rifà a David Bowie, Amber a Nicole Kidman e il professor Foster a Michael Caine.

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Tra le serie nate all’inseguimento del successo di Dylan Dog merita la citazione il Gordon Link di Gianfranco Manfredi e Raffaele Della Monica che ha le fattezze di Kyle MacLachlan.

Come si vede, il fumetto popolare, per motivi diversi, ha attinto da sempre ai volti di attori e attrici per dar vita ai suoi protagonisti.

Sarà così anche nel settore librario dei graphic novel o la più forte impronta autoriale lo preserverà da questo “vizietto”?
Magari ci torniamo sopra un’altra volta.

 

 

14 pensiero su “IL VIZIETTO DI DARE AI FUMETTI LE FACCE DEGLI ATTORI”
  1. Per The Reporters e Chris Carella furono usati i volti di mia madre e mio padre. Bellissimi ed espressivi tutti e due. Due naturals. E’ solo l’insicurezza di chi progetta il fumetto che spinge la deriva verso facce note. Che poi spesso evidenziano antipatie e brutture. Perché se un difetto esalta un volto reale spesso ne fa una caricatura nel disegno. Esempi ci sono nelle serie Bonelli (Almeno tre di queste inguardabili).

    1. Grazie per la segnalazione. Dei Reporters ho un vago ricordo. Chi Carella, a quanto leggo, è rimasto allo stato di progetto.

    1. Giusto. Come ho fatto a dimenticarmene, visto che ne ho scritte diverse sceneggiature? Lo aggiungo subito, grazie.

  2. Io, però, sapevo che l’ispirazione per Zagor fosse Rock Hudson e non Robert Taylor. Mi sembra ne avesse parlato anche Bonelli in un’intervista, pur aggiungendo che poi Gallieno Ferri nel disegnarlo andò per la sua strada.

  3. Io ho letto da un paio di parti che era Robert Taylor… ma in fondo non ha molta importanza, visto che Ferri alla fine gli ha dato un volto “classico” raymondiano. 🙂

  4. Anche Giuseppe Bergman di Manara era Alain Delon. Ai tempi un critico francese l’aveva preso in giro dicendo che doveva aver faticato molto quando copiava le foto di Borsalino perchè doveva disegnare i capelli. Manara le donne non le copia, infatti sono tutte uguali, belle, ma uguali ma con gli uomini non ne può fare a meno. Nel Gaucho il protagonista è di nuovo James Dean e poi c’è anche Enrico maria Salerno.

    1. Vero. Però in un certo periodo copiava anche le donne. Quando disegnavo le Sexy Operette copiavo da fotoromanzi e fotoromanzi sexy, e mi è capitato di vedere disegni di Manara “ricalcati” dalle stesse foto che avevo usato anch’io. 🙂

  5. Marcello, c’è anche Fra Diavolo: fumetto soft porn liberamente ispirato al mio antenato che riprendeva le fattezze di Bud Spencer per uno dei protagonisti.

  6. Grazie per la citazione del blog.
    Ma intervengo per ricordare che negli anni settanta, sia nei fumetti della Lancio che della Universo spesso i protagonisti di storie libere (autoconclusive) avevano il volto di Franco Gasparri, all’epoca modello di figura maschile di successo. Icona dei fotoromanzi, protagonista della serie Jaques Douglas, e nei fumetti di Ken & Dan sempre della Lancio. Passato al cinema con la fortunata serie di Mark il poliziotto. Lo si vede in una delle tavole di Sorrow che hai scelto per l’articolo. Attore scomparso dalle scene a causa di un incidente invalidante. Il suo volto era talmente utilizzato che non si capiva più se avevi letto Il Monello o Lanciostory. Decisamente da non tralasciare.

  7. Anche Jerry Drake – secondo Sergio Bonelli – avrebbe dovuto essere un mix di James Coburn e Paul Newman, ma le covers di Ferri , secondo me senza volerlo, richiamano Peter Lawford o Patrick O’ Neal stilizzati. Sarà Diso nel tempo a donare a Mister No i suoi tratti caratteristici – volto triangolare , mento a punta, sorriso da simpatica canaglia, capelli ricci , chassis da peso piuma ed outfit stiloso – che possono avere qualche punto di contatto con Coburn. Il modello di riferimento può cambiare: il Napoleone di Ambrosini era sicuramente il Brando da Quemada in poi nella sua maxiserie da 54 numeri, ma ha qualcosa anche del Rutger Huer della leggenda del santo bevitore nella trilogia pubblicata nella collana Le Storie.
    Nick Raider partiva dal Ryan O’Neal di Driver l’imprevedibile. E’ mooolto Mitchum a partire dal primo dei due albi che disegna Milazzo.

  8. Martin Mystere non ha avuto modelli ufficiali ma Castelli in un’intervista del 2012 disse che si ispirò a “personaggi dei comics come Brick Bradford e Flash Gordon. Anche un po’ l’attore americano James Franciscus” Pure Nathan Never ha un volto non riconducibile ad attori precisi anche se l’aspetto generale del personaggio è di fatto ispirato a Rick Deckard di Blade Runner, interpretato da Harrison Ford. Qualcuno sa se editori diversi dalla Bonelli, italiani o stranieri, hanno fissato contratti diversi per dividere i diritti tra sceneggiatore e disegnatore?

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