In un articolo precedente (qui) abbiamo analizzato le “peggiori trovate” della Marvel nella prima metà degli anni novanta, quando, per adeguarsi alla moda lanciata dalla concorrente Image, aveva snaturato il suo parco personaggi con modifiche drastiche al look e alle personalità.

La risposta da parte dei fan non fu positiva, per cui tra la fine degli anni novanta e l’inizio del decennio successivo la Marvel fece un passo indietro e tornò alle origini, aggiornando sì il proprio parco eroi ma restando fedele alla tradizione.

In questo articolo vedremo, appunto, come la Marvel si riprese da quel periodo negativo.

LA PREMESSA

Negli anni novanta andavano fortissimo l’Uomo Ragno e gli X-Men, e anche un personaggio minore come Ghost Rider se la cavava. Viceversa, gli eroi più tradizionali come i Vendicatori e i Fantastici Quattro stentavano, relegati a fanalino di coda nelle classifiche delle vendite.

Il processo di rinnovamento in stile Image, come abbiamo detto, non fu assolutamente di aiuto. Così nel 1997 si ricorse a una soluzione estrema denominata La Rinascita degli Eroi.

Fu un’operazione senza precedenti, in quanto gli eroi Marvel classici (Cap, Thor, Iron Man, Hulk e i Fantastici Quattro) subirono un reboot, ossia le loro vite ricominciavano da zero in una dimensione parallela, raccontati da alcuni degli autori più trend dell’epoca: Jim Lee, Rob Liefield, While Portacio…

Dopodichè, un anno dopo, nel 1998 sarebbero tornati nell’universo narrativo canonico e le loro serie sarebbero ripartite come Volume 2.

CAPITAN AMERICA  

Forse quella di Capitan America era una serie che non necessitava di un vero rinnovamento, perché lo aveva già cominciato verso la fine del nel 1995, quando Mark Waid era subentrato a Mark Gruenwald ai testi.

Waid aveva attualizzato il Capitano grazie anche ai disegni dinamici di Ron Garney, dando un taglio netto al passato. Rispetto alla gestione precedente aveva rinunciato allo staff di Vendicatori e di partner giovani che orbitavano attorno a Cap, rendendolo meno paternalista e ringiovanendone l’immagine, anche nella pettinatura e nell’abbigliamento di Steve Rogers.

Mark Waid aveva recuperato Sharon Carter, storica comprimaria degli anni settanta, inserendo il tutto in atmosfere da techno-thriller in stile Tom Clancy.

IL RITORNO ALLE ORIGINI DELLA MARVEL



Nel 1997 il discusso passaggio a Jeph Loeb e Rob Liefield aveva interrotto un percorso narrativo amato dai fan e elogiato dalla critica, motivo per cui al termine della “Rinascita degli Eroi” fu naturale riconsegnare il personaggio alla coppia precedente.

Il duo riprese da dove aveva lasciato, con Cap al centro di intrighi politici, terroristi, mettendo in discussione la propria figura e la società americana.

Cap si scontra con il Teschio Rosso e il Cubo Cosmico, con l’Hydra e addirittura con un’invasione di skrull. Il tutto senza il suo celebre scudo, perso in mare durante una missione e sostituito momentaneamente da uno triangolare che richiama quello sulla copertina del primissimo numero di Captain America Comics del 1941.

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Inoltre, Waid e Garney nel 1998 raddoppiano occupandosi di Captain America: Sentinell of Liberty, seconda serie dedicata al Capitano ambientata nel passato, che rivisita alcuni ricordi di Cap in chiave moderna.

I VENDICATORI

La serie dei “più potenti eroi della Terra” era davvero ridotta male. I Vendicatori in quel periodo erano lontano anni luce dall’essere il “dream team” degli eroi, dando spazio nella loro formazione a personaggi ai margini dell’universo Marvel, specie durante la gestione di Bob Harras.

Ancora peggio andò, come abbiamo visto, quando con il crossover noto come La Traversata cercarono di rendere il team alla stregua degli eroi prodotti dalla Image.

Per cui tra il 1998 e il 1999 a occuparsi della squadra venne chiamato Kurt Busiek, autore esperto di continuity Marvel, e George Perez, eccezionale nel disegnare pagine con tanti personaggi, che si era già occupato della serie negli anni settanta (vedasi la “Saga di Korvac” scritta da Jim Shooter, un classico dei Vendicatori)

Anche loro diedero un colpo di spugna a quanto accaduto negli anni passati, ripristinando come prima cosa una formazione composta dagli eroi più popolari della serie. Oltre alla celebre “triade” composta dai big Cap, Thor e Iron Man, riportarono in squadra Occhio di Falco, Scarlet, la Visione a cui unirono anche due eroi classici ormai da anni messi ai margini come Wonder Man, resuscitato dopo essere stato ucciso nel primo albo della disgraziata serie Force Works  e Ms Marvel, che da anni era relegata al ruolo di comprimaria.

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Non di rado alla squadra si univano altri Vendicatori illustri, come Pantera Nera, Quicksilver, Golia e Wasp.

La cura Busiek-Perez rivitalizzò la serie, riportando i Vendicatori alle atmosfere degli anni d’oro con nemici che richiamavano le storie degli anni settanta, come quelle con lo Squadrone Supremo, il Sinistro Mietitore con la Legione dei Non Morti e soprattutto il robot Ultron. A questi si mescolavano le tensioni interne come i problemi d’alcolismo di Carol Danvers, le tensioni amorose tra Scarlet, Visione e Iron Man, le intemperanze di Occhio di Falco e così via.

Sempre a Busiek, ma su disegni di Carlos Pacheco, si deve Avengers Forever, miniserie di successo che vede i Vendicatori di passato, presente e futuro alle prese con Kang il conquistatore, viaggiatore del tempo e avversario storico della squadra.

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I Vendicatori classici salvarono la serie recuperandone lo spirito. Tuttavia la dirigenza non fu mai del tutto entusiasta delle vendite, tanto che nel 2004, quando l’affidarono a Brian Michael Bendis, permisero a questi di rivoltare completamente la squadra, andando a formare i Nuovi Vendicatori, che riportarono i Vendicatori in cima alle classifiche di vendita.

Busiek e Perez però furono autori di quello che è ritenuto il miglior crossover della storia dei Vendicatori, ossia l’indimenticabile incontro / scontro con la Justice League della Dc Comics.

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IRON MAN

Sempre Kurt Busiek si occupa di rilanciare Iron Man, uno degli eroi maggiormente colpiti dalla crisi creativa dei primi anni novanta.

Avevamo lasciato Testa di Ferro con la pessima decisione post La Traversata, quando un Tony Stark adolescente prese il posto di quello classico, sacrificandosi per salvare la propria squadra.

La scelta editoriale era pessima, infatti durante La Rinascita degli Eroi Tony Stark era tornato ad essere adulto: sotto la gestione di Scott Lodbel e While Portacio il personaggio divenne un industriale freddo, calcolatore e cinico. Solo dopo essere stato in pericolo di vita, ed essersi salvato diventando Iron Man, riscopre l’idealismo di un tempo reinventandosi come eroe.

Il pubblico risponde bene al nuovo/vecchio Tony Stark e, quando l’eroe venne riportato nell’universo canonico, torna a essere un adulto a capo delle Stark Industries, dimenticandosi del breve e sciagurato periodo da teen ager.

Il Tony Stark disegnato da Sean Chen ha ora un look più giovanile, con una pettinatura alla moda e un pizzetto che prende il posto dei baffetti alla Clark Cable. Non è più un mercante d’armi, ma una sorta di Bill Gates alle prese con le innovazioni tecnologiche informatiche unendosi a partner nipponici, come la Fujikawa (all’epoca il Giappone sembrava essere il colosso economico con cui dover fare i conti).

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Busiek inoltre torna alle origini, salutando il cast di comprimari di David Michelinie e Len Kaminski del decennio precedente e recuperando Pepper Potts e Happy Hogan, gli aiutanti di Stark durante le primissime storie di Iron Man.

Iron Man divenne una sorta di James Bond in storie di spionaggio, e non mancavano gli avversari tecnologicamente all’avanguardia che cercavano di superare la potenza dell’armatura di Stark.

Sempre più al passo con i tempi e gli sviluppi tecnologici, nel 2000 Iron Man venne alle prese con il millennium bug: la notte di capodanno, durante lo scontro con un villan, l’armatura venne colpita da un fulmine proprio allo scoccare della mezzanotte, quando il bug informatico entrava in corso. Tale sequenza di eventi rese l’armatura senziente, avviando con Stark una relazione tossica che sfocerà in una drammatica lotta tra uomo e macchina.

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THOR

Anche al dio del tuono occorreva un reset dopo alcune pessime annate. Thor aveva preso una strada in discesa, abbandonando le atmosfere mitologiche e divenendo un eroe urbano e fantascientifico. Anche la sua celebre parlata shakespeariana era venuta meno.

Nel 1998 arriva Dan Jurgens a occuparsi della testata. L’autore divenuto celebre per aver ucciso Superman, aiutato dai disegni del rampante John Romita Jr., riprende il Thor epico di un tempo, alle prese con la ricerca degli dei di Asgard, catturati dagli “dei oscuri” e che hanno raso al suolo la mitica città.

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Particolare non da poco, Jurgens e Romita forniscono a Thor una nuova identità mortale, il paramedico Jake Olson, ridandogli così le problematiche legate a una doppia vita, cosa che era venuta a mancare nella serie dopo che Tom De Falco aveva smesso di occuparsi del personaggio.

Thor torna al classico look con tanto di elmo alato, con il tradizionale modo di parlare aulico e alle prese con dei e demoni. Stessa sorte tocca a Ercole, il quale, come Thor, aveva subito un rinnovamento che lo aveva completamente snaturato, e che ora tornava alle origini facendo capolino nelle pagine del dio del tuono come ai tempi di Journey in to the Mistery.

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Inoltre, nel cast di comprimari arricchito di tanti nuovi personaggi, torna prepotente Jane Foster, la fidanzata di Thor creata da Stan Lee e Jack Kirby negli anni sessanta, aggiornata come una donna del nuovo millennio.

Nel corso del primo arco narrativo, Thor libera il padre Odino e gli altri dei norreni facendo tornare Asgard agli splendori di un tempo, ripristinandone il cast mitologico che aveva abbandonato da tempo la serie.

Curiosamente, quasi dieci anni dopo, nel 2007, Thor sarà nuovamente al centro di un rilancio editoriale, e lo sceneggiatore J. Michael Straczynski apporterà lo stesso approccio di Jurgens, ripristinando l’alter ego umano (nel suo caso Don Blake), la relazione con Jane Foster e il ritorno di Asgard e dei suoi dei, spariti dopo l’ennesimo Ragnarok.

DEVIL

Avevamo lasciato l’eroe cieco della Marvel con la discussa Caduta dal Paradiso di D.G. Chichester e Scott McDaniel, in cui Matt Murdock simulava la propria morte e cambiava anche il costume, passando da quello rosso classico ad uno blu scuro e corazzato.

Fortunatamente nel 1998 a rilanciarne la serie arriva Kevin Smith, l’irriverente regista di Clerks, che appoggiato dai disegni di Joe Quesada riporta le storie del Diavolo Rosso ai fasti di un tempo, grazie alla celebre saga Guardian Devil.

Qui Matt Murdock attraversa una crisi di fede quando, al centro di un complotto, si ritrova a dover difendere un neonato che viene prima fatto intendere trattarsi del nuovo messia, e in un secondo momento dell’Anticristo.



Riprendendo il tema della fede cattolica introdotto da Frank Miller, Devil riceve l’aiuto della madre, suor Maggie, che gli fa superare il difficile momento.

Il villain finale si rivelerà essere Mysterio, celebre avversario dell’Uomo Ragno. La storia è divenuta un cult a causa dell’uccisione di Karen Page, fidanzata storica di Matt Murdock, a opera di Bullseye, celebre avversario dell’Uomo senza Paura che era caduto in disuso.



Devil passerà nelle mani di Howard Mackie, che introduce il personaggio di Maya Lopez, destinato a diventare importante nel Marvel Universe, e soprattutto per aver riportato in auge Kingpin, nemesi del nostro eroe messo un po’ ai margini in quel periodo.

Ma il salto di qualità avverrà nel nuovo millennio, quando nel 2001 Brian Michael Bendis prende le redini della serie. Con Bendis al timore Daredevil torna a essere un titolo di punta, riportandolo alle atmosfere urban, stile poliziesco che avevano reso celebre il personaggio durante la gestione di Frank Miller.



FANTASTICI QUATTRO

A dirla tutta, i Fantastici Quattro non sono mai usciti dalla crisi che li ha colpiti da quando John Byrne ha lasciato la serie a metà degli anni ottanta.

Da allora il Quartetto ha attraversato gestioni più o meno controverse, con cambi di formazione che ne hanno minato l’immagine di famiglia tradizionale.

Venne quindi chiamato Chris Claremont, il celebre sceneggiatore degli X-Men, a occuparsi della più vecchia testata della Marvel.

Claremont, che ricevette il testimone da Scott Lodbell, torna alla formazione base con Reed, Susan, Johnny e Ben Grimm. Fu un tornare alle origini, mettendo da parte molti dei cambiamenti che il gruppo aveva subito nel corso delle annate precedenti.



La Torcia Umana, per esempio, era stata condizionata dal suo matrimonio con Alicia Mastes che lo aveva reso un personaggio più maturo e riflessivo, ma da quando Tom De Falco aveva annullato le nozze, mostrando come la donna sposata da Johnny non fosse la vera Alicia ma una skrull chiamata Lyla, il nostro era tornato poco a poco a comportarsi come il don Giovanni immaturo e scanzonato dei primi tempi, riprendendo a sbefeggiare Ben Grimm, il quale era tornato a tormentarsi per il suo aspetto.

Il tutto succede mentre i loro costumi tornavano all’azzurro originale, dopo anni di nero, e riprendevano le lotte contro i villain storici come Diablo, il Pensatore Pazzo e l’immancabile Dottor Destino. Si cercava di tornare ai fasti di Lee & Kirby, sperando di replicarne i successi, ma senza fortuna.

Durante questo periodo fa la sua comparsa Valeria Richards. Inizialmente presentata come adulta e dichiaratasi figlia del Dottor Destino e Susan Richards venuta dal futuro, rivelazione che ovviamente sconvolse i quattro.
Presto però venne fuori la verità, ossia che in realtà è la figlia di Reed e Susan, e che Destino l’aveva aiutata a fare nascere. Questo perché, in un parto molto difficoltoso a causa dei raggi cosmici che avevano dato loro i poteri, Susan rischiava di morire e, vista l’indisponibilità di Reed, Johnny si vide costretto a supplicare l’aiuto di Von Doom.



Dottor Destino è il padrino della bambina, a cui dà il nome Valeria, e dichiara che è sotto la sua protezione.

Valeria è una ragazza prodigio che ha ereditato l’incredibile intelligenza del padre, ed è un personaggio tutt’ora rilevante nelle storie dei Fantastici Quattro.

IL PUNITORE

E il Punitore? Avevamo lasciato Frank Castle nella a dir poco pessima saga “Purgatorio”, dove era stato riciclato come sterminatore di demoni per conto degli Angeli del Paradiso.

Nel 2000 la Marvel corse ai ripari dando il personaggio a Garth Ennis e Steve Dillon, i celebri autori del grottesco Preacher.

Ennis si dimentica del breve periodo “mistico” del personaggio, come se non fosse mai esistito, e lo riporta alle atmosfere urbane che gli competono. Dona alle storie del Punitore il suo caratteristico stile satirico, condito da humor nero e scene splatter, condito da un linguaggio alla Quentin Tarantino.



La serie ha successo e vi viene basato un film nel 2004 con Tom Jane e John Travolta, oltre a un curatissimo videogame per la playstation 2.

La Marvel rinnova il contratto a Ennis per una nuova serie sull’antieroe Marvel, stavolta sotto l’etichetta Marvel Max, una linea editoriale creata dalla Marvel per dare agli autori maggiore libertà d’espressione, realizzando fumetti rivolti a un pubblico adulto.


E GLI ALTRI?

Com’erano messi gli altri personaggi alla fine del ventesimo secolo?

Hulk era tornato a essere l’incontrollabile mostro senza cervello, il famoso “Hulk Spacca”. Dopo un decennio in mano al bravissimo Peter David, che aveva analizzato profondamente tutta la psicologia del personaggio (qui), gli editor premettero affinché il Golia Verde tornasse alle origini, vanificando, almeno in parte, l’ottimo lavoro fatto fino a quel momento.

In mano prima a Paul Jenkis e poi a Bruce Jones, Bruce Banner tornerà a essere un fuggitivo braccato dalle autorità, incapace di controllare il suo potente alter ego, specie dopo la morte dell’amata Betty a causa delle radiazioni gamma emanate dal suo corpo.
Nel 2002, su queste tematiche, Brian Azzarello scriverà la miniserie Hulk: Banner, incentrata sulla caccia all’uomo dell’esercito ai danni del brillante scienziato. Autori di successo e anche alcuni cicli ben scritti, ma che a nostro parere sono andati a rovinare un personaggio che con Peter David aveva raggiunto il proprio equilibrio: non occorreva farlo tornare indietro di vent’anni.



L’Uomo Ragno era reduce della famigerata “saga del clone”, che dopo un successo iniziale era stato un suicidio editoriale quando gli autori misero in dubbio l’identità di Peter Parker, suggerendo che per vent’anni avevamo letto le avventure di un clone, e dichiarando che Ben Reilly era in realtà il vero Peter.

Occorreva dunque riaffermare l’autenticità del personaggio, eliminando ogni dubbio sulla legittimità di Peter e tornando alle atmosfere classiche. Howard Mackie e John Romita Jr. riportarono in vita zia May, uccisa da J.M De Matteis nel numero 440 di Amazing Spider-Man, e tornarono a far combattere l’Uomo Ragno con Norman Osborn, il Goblin originale, un richiamo alle storie di Stan Lee e Steve Ditko delle origini.

Nel 1998 John Byrne dà vita al contestato Chapter One, ossia la rivisitazione del primo anno di carriera del Ragno in chiave moderna, scelta che non riscosse il gusto dei lettori.

Per un vero rilancio editoriale di Spidey si dovrà aspettare il 2001, quando a occuparsi della sua serie arriverà J. Michael Straczynski, che, aiutato dalle matite del figlio d’arte John Romita Jr., riporterà le storie ai fasti di un tempo, fino alla contestata One More Day.



Infine gli X-Men: dopo essere stati abbandonati da Claremont nel 1991, le serie mutanti erano comunque rimaste tra le più vendute della Marvel. Passati dalle mani di Scott Lodbell e Fabian Nicezia, gli X-Men erano stati protagonisti di alcuni crossover di successo come L’Era di Apocalisse (1995) Onslaught (1996) e Operazione Zero Tollerance (1997)

Il 2000 è l’anno del primo film dedicato gli X-Men diretto da Brian Singer e con Hugh Jackman, cosa che spinge la Marvel a modificare la serie per adattarsi alla pellicola.

Arriva così Grant Morrison, che compie un’opera di modernizzazione. L’autore scozzese si concentra su un numero limitato di protagonisti (principalmente Ciclope, Bestia, Wolverine, il professor X, Jean Grey e Emma Frost) togliendo loro i costumi colorati e fornendoli di giubbotti di pelle nera come quelli del film.

In particolare la caratterizzazione di Emma Frost e le dinamiche tra lei, Scott e Jean, si rivelano una brillante intuizione, facendo dell’algida e altezzosa bionda uno dei personaggi di punta della serie.



Morrison sarà protagonista di altre saghe amate dai fan che segneranno la serie, come il bombardamento di Genosha da parte delle Sentinelle, l’apertura della scuola ai mutanti freak, rendendo la scuola Xavier più simile a un liceo americano che a un istituto privato ed esclusivo, e introducendo il misterioso Xorn, che si rivelerà essere Magneto infiltrato.

Tutti questi cambiamenti riporteranno le serie Marvel ad avere il consenso dei lettori, dopo che assurde scelte editoriali precedenti li avevano fatti allontanare dai loro amati personaggi.




3 pensiero su “IL RITORNO ALLE ORIGINI DELLA MARVEL”
  1. Non possiamo dimenticare i meravigliosi archi narrativi in particolare di Claremont-Byrne-Austin di fine anni 70 sulle pagine di Uncanny X-Men, né quelli di Frank Miller anche negli 80 su Daredevil. Pregevole anche Byrne su FF negli 80, e Simonson si Thor. Senza nulla togliere ai vari grandi artisti che hanno dato a più riprese nuova linfa al mito Marvel.

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