IL GOMMAGE DELICATO CON LA FARINA DI RISO

Ecco come arrivare al gommage delicato partendo da alcune libere associazioni di idee sulla farina.

Anni fa, facendo zapping alla tv, mi sono imbattuta in un programma della Gialappa’s Band, in cui venivano commentati una serie di provini di aspiranti partecipanti a vari programmi televisivi (non è mia abitudine saltare da un canale all’altro, ma quella sera stavo sfuggendo a una trasmissione stile Oroscopone). Capitata in questa divertente carrellata di personaggi atipici, la mia attenzione è stata attirata da un musicista, Mauro Petrarca, il quale si definiva “poeta cimiteriale“, probabilmente rifacendosi ad antichi presunti colleghi ossianici, e si presentava con un brano musicale di sua composizione intitolato “Questa non è farina del nostro Isacco”. La canzone narrava la storia di un truffatore alimentare, il quale tentava di spacciare il proprio prodotto come proveniente da tale Isacco. Isacco, da quello che si riusciva a capire, doveva essere qualcuno rinomato per la qualità della sua farina, cosa che aveva subito svelato la colpevolezza del malandrino.
Una trama piuttosto curiosa, soprattutto prendendo atto che, in musica, la farina non sia esattamente un argomento molto gettonato, a differenza di ciò che succedeva nelle fiabe, dove si sprecavano setacci, mulini e mugnai: cose che per anni hanno rappresentato qualcosa di vago e sconosciuto nelle menti di noi bambini. Personalmente, non avevo nemmeno idea di cosa fosse un mugnaio. Dei panettieri sapevo della loro esistenza, ma non potevo dire di averli mai visti: l’unica cosa che avevo capito era che lavoravano in un laboratorio, occupandosi di un prodotto proveniente da un mulino.
Tuttavia, negli anni ottanta, a parte il Mulino Bianco negli spot e sulle scatole delle merendine, non era frequente, specialmente nella città di Riccione dove abitavo, imbattermi in una di queste costruzioni. L’unico presente, peraltro chiamato “Molino”, era una specie di costruzione avveniristica sullo stile del Centre Pompidou di Parigi. Non a caso, per me, il Centre Pompidou ha sempre rappresentato una sorta di evoluzione del molino di Riccione. Si trattava di un edificio di tre piani dotato di una grande vetrata, che lasciava intravedere i macchinari destinati all’intero ciclo produttivo. Rispetto al romanticismo del Mulino Bianco, ricordava una struttura ospedaliera conglobata in una sorta di enorme apparecchiatura ortopedica, anche se qualcuno aveva pensato di ingentilire il giardino antistante con un numero imprecisato di statue di gesso, tipo Discobolo di Mirone, e una serie di siepi scolpite a forma di animali. Indubbiamente originale, ma nulla a che vedere con i mulini del Gatto con gli stivali o il Lupo e i sette capretti.

L’unica precedente occasione in cui avevo sentito parlare di farina legata alla musica, si era verificata leggendo un’intervista al gruppo musicale Pitura Freska, da cui avevo appreso che uno dei componenti del complesso svolgeva, oltre a quella di musicista, l’occupazione di rappresentante di farine, ma si trattava di una informazione puramente biografica.
Nei giorni successivi mi sono ritrovata a pensarci per due motivi.
Intanto, sono particolarmente legata alla farina, quella di riso per essere precisi, in quanto parte integrante dei miei rituali quotidiani di cura della persona, poi perché proprio qualche giorno dopo ebbi la curiosa occasione di imbattermi in una famiglia con due bambini piccoli, uno dei quali era stato battezzato con l’insolito nome di Isacco. Nonostante non ci fosse nulla di comico (il nome Isacco rievoca prove e sacrifici biblici) non riuscivo a trattenere un imbarazzante sorriso sotto gli occhi insospettiti dei genitori.

Tempo dopo mi è capitato, in un gruppo social, di partecipare a una discussione sulle innumerevoli caratteristiche e proprietà della farina di riso. Intervenendo, ho segnalato un utilizzo per me quotidiano, che ha suscitato sorpresa e incredulità. Al di là dell’aspetto alimentare, questo prodotto presenta una consistenza tale da poter essere utilizzato come gommage delicato, adatto per il viso e tollerato anche dalle pelli sensibili. Non essendo un’esperta in materia ho attinto questa mia conoscenza da un manuale di consigli di bellezza orientali, sulle raccomandazioni e i rimedi delle nonne giapponesi riguardo a bellezza e salute. Era un vecchio opuscolo allegato negli anni novanta a una rivista femminile.

Scrivo qui di seguito queste preziose informazioni così recuperate sulla farina di riso, precisando che è opportuno utilizzare farina biologica di elevata qualità, tipo quella di tal Isacco, ma, si spera, regolarmente acquistata…

 

Gommage delicato alla farina di riso 

Il lavaggio quotidiano alla farina di riso, utilizzabile come gommage delicato, si riconduce alle abitudini degli abitanti del Giappone, i quali, già nell’antichità, scoprirono le proprietà del riso e dell’acqua utilizzata per il suo lavaggio per pulire i piatti, fare il bagno e risciacquare i capelli. Dato che i giapponesi hanno una encomiabile propensione al riciclo, i loro consigli sono, oggi più che mai, preziosi. Si erano accorti che, grazie a una serie di semplici accorgimenti, la loro pelle diventava sempre più bella, idratata e trasparente, e anche i capelli, trattati con l’acqua di riso, ne guadagnavano in pulizia, nutrimento e lucidità.

È sufficiente stemperare un cucchiaio di farina di riso in poca acqua tiepida e mescolare il tutto, al fine di ottenere una morbida crema.

La crema va poi stesa sul viso e massaggiata non troppo energicamente, soprattutto nel caso di cute particolarmente sensibile.

A quel punto è necessario risciacquare e asciugare bene il viso, prima di stendere la consueta crema idratante.

Il trattamento va ripetuto quotidianamente.

È possibile eseguirlo al mattino, anche se impegni e vita frenetica rendono preferibile la scelta delle ore serali.

La pelle ne guadagna in morbidezza e purezza, diventando con il tempo più liscia e quindi ricettiva ai successivi trattamenti, nonché tale da essere truccata facilmente.

 

 

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