Chiamiamolo fumetto, non graphic novel, termine abusato e poco corretto (tutte le graphic novel sono fumetti anche se non tutti fumetti sono graphic novel), usiamo il simpatico appellativo italiano.
E infatti si chiama Fumetto – I Comics made in Italy la grande mostra fino al 27 febbraio allo Wow Spazio Fumetto, il museo del fumetto di Milano in viale Campania 12 (museowow.it) dedicata a più di un secolo di fumetto italiano.

“La mostra nasce dal desiderio di fare una specie di permanente al Museo”, dice il direttore del museo Luigi F. Bona.
“Certo, siamo consapevoli che per una vera permanente ci vorrebbe l’intero Palazzo Reale. Ma abbiamo comunque cercato di allestire una mostra che potesse fornire una buona conoscenza della storia del fumetto italiano. Si parla molto dei personaggi Marvel, dei fumetti giapponesi (i manga), ma sembra che il fumetto italiano, con poche eccezioni come Tex, Diabolik e Dylan Dog, sia marginale. E invece non è affatto così. E lo abbiamo chiamato fumetto, usando il temine più usato, più pratico e davvero nostro”.

È una mostra con personaggi inaspettati: uno dei punti di riferimento è Gandolin (al secolo Luigi Arnaldo Vassallo, 1852-1906), fra i fondatori del quotidiano Secolo XIX di Genova, del quale fu il direttore dal 1896.

“Gandolin era un grandissimo giornalista, ma anche un autore a tutto tondo”, continua Bona, “illustrava i propri servizi, creava dei ‘pupazzetti’ (e Il Pupazzetto era il nome della rivista fatta interamente da lui). Con il suo modo di disegnare ha influenzato autori come il celebre Yambo.

IL FUMETTO ITALIANO CELEBRATO AL MUSEO

I giornalini per bambini (Il Pupazzetto era rivolto agli adulti) nascono a fine Ottocento, ispirandosi alle pubblicazioni straniere, e spesso vengono coinvolte donne che all’epoca potevano occuparsi quasi solo di moda e di bambini. Una data fondamentale è 1908, con la nascita del Corriere dei Piccoli, nato da un progetto di Paola Lombroso Carrara, figlia del noto antropologo.

“Quelli del Corriere dei Piccoli, anche se al posto delle nuvolette hanno le filastrocche in rima baciata, amatissime dai bambini, anche da quelli di adesso, sono fumetti a tutti gli effetti”, aggiunge Bona.

Nella mostra sono esposte decine di tavole originali (molte del super collezionista milanese Giovanni Nahmias) scelte in modo accurato, da storie importanti o per la loro particolarità, come quelle senza la tradizionale scansione in vignette dell’Amleto di Gianni De Luca o strabordanti di particolari come quelle di Jacovitti.

Non è un certo un caso che Zagor, il giustiziere della foresta di Darkwood creato dall’editore Sergio Bonelli e dal disegnatore genovese Gallieno Ferri, sia rappresentato da una gag del messicano Cico, autentico coprotagonista della serie, non semplice spalla comica.

A proposito di graphic novel, uno dei primi romanzi a fumetti (espressione più adatta) è, nel 1967, Una ballata del mare salato, con la prima apparizione di Corto Maltese: una sorta di alleanza tra le due più importanti Repubbliche marinare: lo scrive e disegna il veneziano Hugo Pratt a Genova, sulla rivista Sgt. Kirk, pubblicata da Florenzo Ivaldi, grande fan dell’autore al quale aveva offerto un appartamento vicino alla centralissima via XX Settembre.

IL FUMETTO ITALIANO CELEBRATO AL MUSEO

Nella mostra le tavole si alternano a delle specie di edicole che mostrano le migliaia di pubblicazioni italiane e i loro formati.
L’Italia è stata davvero fondamentale per il fumetti, la prima a creare il cosiddetto fumetto nero, con il capostipite Diabolik in formato tascabile; la prima con i romanzi a fumetti come La rivolta dei racchi di Guido Buzzelli e la già citata Ballata di Pratt; la prima con le riviste di fumetto colto a partire da Linus, in edicola dal 1965 con la collaborazione di Umberto Eco.

IL FUMETTO ITALIANO CELEBRATO AL MUSEO

“In parte siamo ancora importanti e potremmo tornare a esserlo”, conclude Bona, “gli autori li abbiamo, mancano un po’ gli editori. Ancora adesso le vendite non sono affatto male rispetto a tanti altri Paesi, ma non dobbiamo stare a sentire gli editori che si lamentano sempre. Sergio Bonelli, grande editore, già nel 1971 mi parlava di crisi per i suoi Tex e Zagor. Il primo ha (per ora) superato i settant’anni in edicola, il secondo ha appena festeggiato i sessanta”.

 

 

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