Non ricorderò Luciano De Crescenzo, appena scomparso, parlando delle sue cose migliori che in questi giorni potrete trovare senza problemi in molti altri articoli. Al contrario ricorderò De Crescenzo attraverso il suo lavoro più insensato, almeno in apparenza: il fumetto Raffaele, pubblicato in volume da Mondadori nel 1978. Curioso che un uomo così brillante da saper spiegare in due minuti la filosofia antica o l’arte moderna sia inciampato in un’opera così modesta. A dire il vero già nella introduzione l’autore mette le mani avanti: “Sfogliando questo libro sul banco di un libraio, sicuramente qualche lettore si domanderà se l’autore è la stessa persona che ha scritto Così parlò Bellavista […].Vuoi vedere che è un bidone?, penserà qualcuno più diffidente. Quattro disegnini messi insieme per sfruttare un precedente successo editoriale?“. Be’, diciamo la verità, il sospetto viene. Segue la descrizione del personaggio fatta sempre da De Crescenzo, un omino forse ispirato al Ferd’nand di Mik: “Raffaele è un poveraccio […] timido, introverso, malinconico e vive una vita allucinante in una città qualsiasi, una di quelle città dove le persone come lui vengono calpestate […] perché nessuno riesce ad accorgersi di loro”. Questo Raffaele come fumetto è proprio debolee. Ma non è per malignità gratuita che oggi ricordo De Crescenzo con il suo piccolo inciampo letterario. La scrittura e il disegno, pur semplici, mostrano conoscenza del linguaggio fumettistico, e mi piace pensare che questa conoscenza oggi in via di dimenticanza sia stata essenziale nel costruire quell‘umorismo elegante e gentile con cui De Crescenzo ha regalato libri e film che meritano di essere ricordati tra la migliore cultura pop del Novecento. (Testo copyright © 2019 Andrea Antonini, Berlino; immagine di apertura, il segnalibro allegato al volume da cui sono tratte le immagini, Luciano De Crescenzo, “Raffaele”, Mondadori, Milano, 1978). Navigazione articoli MATITE BLU 147 PV – A PALLA
sì, di suo non è tra le cose peggiori in assoluto, ma è una questione di contesto: siamo nel 1978, sta finendo un decennio che ha visto fumetti formidabili la maggior parte dei quali non ha avuto l’onore del libro rllegato, sempre che sia un onore; “Così parlò Bellavista” non è ancora così conosciuto (il film uscirà nel 1984), ma è comunque un romanzo popolare notevole e di successo; “Raffaele” è un fumetto che se avessi scritto e disegnato io sarebbe stato scartato da qualsiasi rivista o sarebbe finito come eccipiente; penso sia da considerare un lecito, leggero e inopportuno capriccio di De Crescenzo, niente di più; Rispondi
Ok, avevo un po’ frainteso l’argomentazione di partenza. Cionondimeno, mi sembra un capriccio di qualità abbastanza elevata per reggere il confronto (grafico e testuale) con tante cose che uscivano all’epoca. Rispondi
Mi sono imbattuto per caso in questo post: poco importa se sia stato pubblicato un anno fa, mi va comunque di dire la mia. Conosco questo libro, avendolo acquistato parecchi anni fa, e, sebbene non sia certo lavoro migliore di Luciano De Crescenzo, all’epoca non mi dispiacque affatto. In effetti il personaggio descritto è rimasto impresso nella mia memoria e ritengo che, al di là del valore del libro, De Crescenzo sia riuscito con questa sua creatura, alla costante ricerca insoddisfatta dell’amore, a trasmettere qualcosa al lettore. Rispondi