Luigi Cozzi (Busto Arsizio, 1947) è una delle figure più poliedriche e dinamiche della fantascienza italiana: scrittore, saggista, sceneggiatore, regista cinematografico, biografo e altro ancora.

Nel 1962 crea a Milano la prima fanzine italiana, Futuria Fantasia, dove pubblica i primi racconti. Contemporaneamente collabora al periodico mensile Futuria, che chiude dopo quattro numeri (da settembre a dicembre 1964).

Futuria viene pubblicata a Milano da Zillitti e curata da Franco Enna (pseudonimo di Francesco Cannarozzo), un altro autore storico della fantascienza italiana. Cozzi tiene su Futuria una rubrica che si chiama La Fanzine.

Tra i primi racconti di Luigi Cozzi ce ne sono alcuni scritti “a quattro mani” con Ugo Malaguti, come Tiro al piccione (1965), più volte antologizzato in Italia, tradotto in Urss e in altri Paesi. La storia è una personale rivisitazione della social sf americana dei vari Sheckley, Pohl-Kornbluth, Tenn, Knight, molto seguita a quei tempi dai lettori.

A tutto questo si affiancano altre collaborazioni per Galassia e l’SFBC (ed. La Tribuna, Piacenza), I Romanzi del Cosmo (ed. Ponzoni), Proxima, le edizioni Fanucci (vecchia gestione), Robot e Nova Sf.

Successivamente Luigi Cozzi si interessa di musica per il settimanale Ciao 2001, e dal 1969 si trasferisce a Roma, dove comincia a occuparsi di cinema. Gira alcuni cortometraggi con una cinepresa 8 mm., nei quali crea da sé gli effetti speciali e affida alla sorella tutte le parti: alla fine ne realizza quasi una trentina.

Nello stesso anno, ispirandosi molto liberamente al celebre racconto di Frederik Pohl Il tunnel sotto il mondo, Cozzi realizza il film omonimo. È la sua opera cinematografica più anticonvenzionale e sperimentale, che presenta al VII Festival del cinema di fantascienza a Trieste.

Costa solo quattro milioni di lire e la gira in quattro giorni: “Praticamente il costo dell’acquisto e dello sviluppo della pellicola 16 mm., in quanto nessuno dei miei collaboratori venne pagato”.
Tra questi c’è Alfredo Castelli, futuro creatore di Martin Mystère, che scrive la sceneggiatura. C’è anche Sergio Zaniboni, futuro disegnatore di Diabolik, che mette a disposizione alcuni suoi disegni.

IL CINEMA FANTASTICO DI LUIGI COZZI

Su questo film Luigi Cozzi ha detto: “Il libro di Pohl mi piacque talmente che lo convinsi a lasciarmelo usare come soggetto del mio film d’esordio. Il racconto parla di un uomo che si risveglia in una città dove tutti i giorni sono uguali (nel film è un ipotetico 32 luglio – NdA) e gli uomini continuano a ripetere all’infinito le stesse azioni: non esiste né presente né futuro e l’unica realtà dinamica è la pubblicità. Il protagonista si accorge a poco a poco che la realtà è plagiata e controllata da grandi managers pubblicitari e, sorpresa finale, scopre che la città è di fatto una struttura miniaturizzata e l’umanità formata da piccolissimi androidi sfruttati a piacimento dalla volontà suprema del Sistema. Era una realtà bellissima che anticipava quella di Essi vivono ma, dati gli esigui mezzi a nostra disposizione, irrealizzabile: fummo così costretti a modificare la storia, che ne risultò estremamente semplificata, senza tuttavia cambiare il titolo… tanto Pohl non ha avuto nulla da ridire!”.

Altre difficoltà di questo debutto sono così sintetizzate: “Innanzitutto la scarsa professionalità degli attori che, spesso e volentieri, non si presentavano sul set, poi l’operatore rimandava in continuazione in quanto occupato in film più importanti, costringendomi a continue modifiche della sceneggiatura: ricordo che fui addirittura costretto a far recitare le parti del falso profeta, del nazista e del killer tutte ad Alberto Moro proprio per mancanza di altre persone! Ciononostante ritengo di aver dimostrato di saper realizzare in appena tre giorni e mezzo un lungometraggio di settanta minuti, calcando furbescamente la mano sull’incomprensibilità per mascherare l’inconsistenza della storia e l’assoluta mancanza di mezzi. Tutt’al più il film può essere visto come l’allucinazione del protagonista che viene ucciso dal killer appostato sul campanile della cattedrale, anche se poi certi critici, come quello di Paese Sera, si sono scervellati per trovarvi eventuali significati occulti che non c’erano!”.

Alla fine Cozzi e Castelli non rientrano nelle spese sostenute, però qualche soldo lo fanno, grazie alle presentazioni ai piccoli festival, alle proiezioni in alcune sale e alla vendita dei diritti alla televisione.

Luigi Cozzi, grazie a un’intervista fatta per Ciao 2001, diventa amico di Dario Argento e con lui scrive Quattro mosche di velluto grigio (1971), la storia di un batterista che crede di aver ucciso involontariamente una persona ed è perseguitato da uno psicopatico che uccide i suoi conoscenti.
Cozzi si fa venire l’idea del medaglione a forma di mosca, che dà il titolo al film, e dell’incidente finale.

Il giovane regista collabora con Dario Argento anche a Le cinque giornate (1973) e lavora ad alcune scene che si svolgono all’interno del Duomo di Milano. Cozzi avvia con il celebre regista un sodalizio di lavoro che non si è mai interrotto.

Luigi Cozzi è un regista che viene dal giornalismo. Personalmente l’ho conosciuto come collaboratore di Ciao 2001, settimanale che tutti noi ragazzi degli anni settanta abbiamo letto perché era l’unico giornale che parlava delle cose che ci interessavano (belle attrici un po’ svestite, cinema e soprattutto musica).

Cozzi prosegue con la sua grande passione per la fantascienza traducendo per Mondadori i romanzi della serie Urania che negli anni settanta avevano un certo successo. Dario Argento convince Cozzi a lasciare il giornalismo per potersi dedicare a tempo pieno al cinema.

Così Cozzi firma un episodio per la serie televisiva La porta sul buio, nel 1971, intitolato Il vicino di casa, che è stato l’episodio inaugurale, oltre a scrivere Testimone oculare, diretto da Roberto Pariante.

Subito dopo gira un proprio film, L’assassino è costretto ad uccidere ancora (1975), in quattro settimane con un budget di 40 milioni di lire. Si tratta di un thriller di impronta argentiana che viene sponsorizzato ai produttori proprio dall’autore di Profondo Rosso.

Prima di tornare alla fantascienza, il regista firma nello stesso anno il film erotico La portiera nuda, genere a lui poco congeniale, ma accetta di farlo perché in cambio gli promettono che avrebbe sceneggiato un film di fantascienza in realtà mai realizzato.

Il film stenta a decollare soprattutto per l’inesperienza di Irene Miracle, inadatta al ruolo sexy. “Rivedendolo adesso ho potuto rivalutarlo, in quanto aveva una sua originalità nel volersi distinguere nel vasto filone della commedia sexy in voga negli anni settanta, anche perché di veramente spinto non c’era niente! Se lo rapportiamo alle commedie di oggi, appare come una cosa da educande, altro che sexy…”, ha detto Luigi Cozzi in un’intervista.

 

Luigi Cozzi dirige pure un lacrima movie sull’onda del successo de L’ultima neve di primavera (1973) di Raimondo Del Balzo, il suo film strappalacrime si intitola Dedicato a una stella con Pamela Villoresi e Richard Johnson. Cozzi lo ritiene uno dei suoi migliori lavori ed è vero perché storia e interpretazione sono davvero ottimi.

Dedicato ad una stella è il suo primo successo nazionale e internazionale. Cozzi accetta di dirigerlo soprattutto perché è la storia di un musicista e lui adora la musica. In questo periodo il regista fonda la Bbc assieme a un altro appassionato di fantascienza, Renato Barbieri, un organismo che ha lo scopo di recuperare e conservare i classici del cinema di genere altrimenti introvabili o destinati a cadere nell’oblio.

IL CINEMA FANTASTICO DI LUIGI COZZI

Verso la fine del 1976, Cozzi sogna di fare un film di fantascienza “classico, gradevole, spaziale, spettacolare… breve, come li amo”. Conosce Armando Valcauda, realizzatore di effetti speciali e trucchi per i Carosello, specializzato nella tecnica della dynamation, meglio conosciuta come “passo uno”. Tecnica che permette di ottenere l’animazione muovendo passo dopo passo l’oggetto che si vuole vedere in movimento, fotografandone i singoli spostamenti.

I due realizzano una bobina dimostrativa con alcune sequenze (una nave spaziale, inserita anche nel film finale), un disegno di Giuseppe Festino (illustratore del periodico Robot) e la sceneggiatura del film.

Un piccolo produttore si fa dare il materiale e propone il progetto a un collega francese, legato agli americani, Nat Wachsberger. La prima risposta è negativa, ma poi il successo di Star Wars (1977) di George Lucas,+ rimette le carte in gioco e Wachsberger si fa risentire.

Il produttore chiede a Luigi Cozzi “di scrivere una storia in cui ci fossero molti, veramente molti mostri, come ne Il mondo perduto, ma pure un’avventura spaziale del tipo Guerre stellari.

Per l’occasione Cozzi si nasconde dietro lo pseudonimo di Lewis Coates, “su esplicita richiesta del produttore, il quale pretendeva un nome americano per la regia”. Star Crash (in Italia Scontri stellari oltre la terza dimensione) è un film dai molteplici colori e non c’è angolo del suo universo a esserne esente (eccetto il pianeta Diamondia, tutto crateri e nebbia).

“Intendevo creare una rappresentazione astratta di un universo interamente immaginario e irreale. Star Crash è dunque e soprattutto un sogno popolato di strane e colorate immagini. È un viaggio attraverso le dimensioni del fantastico e dell’impossibile, con dei pianeti rossi, verdi e blu, delle astronavi dorate o dei colori dell’arcobaleno. È un film di colori e sui colori”, sostiene Cozzi.

Il film è una fiaba, costruita su una serie innumerevole di omaggi ai classici della fantascienza e dell’avventura. Citazioni che vanno dai “mostri dell’Id” de Il pianeta proibito al combattimento con lo scheletro de Il settimo viaggio di Sinbad, all’omaggio all’autore Murray Leinstein, il cui nome appare su una delle astronavi, fino al Golem. Oltre alla ricreazione delle atmosfere evocate nelle copertine dei volumetti della serie Galassia e Cosmo.

Il film trascura tranquillamente la verosimiglianza scientifica (perché non interessa al regista) ed è sorretto dalla divertita interpretazione degli attori. Le musiche sono di John Barry, autore delle colonne sonore di 007.

“La realizzazione è stata ancora una volta avventurosa (un anno e mezzo di fatica pazzesca!), piena di compromessi e di rinunce. Alla fine il film è venuto completamente diverso da come l’avevo sognato”, dice Cozzi.

Gli interni vengono ricostruiti a Cinecittà, mentre gli esterni sono girati in varie parti d’Italia. Per la fuga dalla prigione di Stella Star, Cozzi sceglie il delta del Po, vicino a Ferrara. Per il pianeta Diamondia, le pendici dell’Etna. Le scene nelle caverne vengono girate alle grotte di Castellana, presso Bari. Le spiagge del pianeta delle Amazzoni sono quelle calabresi, vicino Tropea. Per la sequenza del pianeta ghiacciato, Cozzi, che voleva i panorami delle Alpi, si deve accontentare del Monte Terminillo.

Costo finale del film: tra il miliardo e seicento milioni e i due miliardi di lire. “Che, per un film italiano, era già una grossa cifra, ma per farlo bene di miliardi ne sarebbero serviti almeno quattro”, dice il regista.

 

Il film, distribuito dalla American International Pictures di Roger Corman, incassa sedici milioni di dollari negli Stati Uniti, dove ottiene anche buone critiche.
Nonostante tutto il regista è soddisfatto del risultato e in una recente intervista ha detto: “Fare un film di fantascienza poi, per un appassionato come me, è stato un po’ come realizzare un antico sogno. Credo che Star Crash sia stato il primo film italiano di fantascienza moderna e io ci tenevo a evitare di utilizzare lampadine per fare le stelle o astronavi giocattolo! Volevo tante astronavi e tanti pianeti! Il cast era strepitoso, da Caroline Munro a David Hasselhoff e poi il grande Joe Spinell. Le musiche furono affidate a John Barry, l’autore delle soundtracks di James Bond. I produttori mi diedero fiducia, ma sono sicuro che inizialmente non avrebbero immaginato un tale successo da un regista quasi esordiente. Li ho davvero stupiti!”.

Cozzi torna alla fantascienza nel 1980 con Contamination, conosciuto anche col titolo Alien arriva sulla terra, nel quale si racconta di un’invasione aliena tramite baccelli verdi. Naturalmente è cosciente il riferimento a Invasion of the Body Snatchers (Invasione degli ultracorpi, 1956), di cui era stato fatto un remake da Philip Kaufmann nel 1978.

Il film è apprezzato pure da Quentin Tarantino, costa quattrocento milioni di lire e viene girato in cinque settimane. In Italia lo hanno visto in pochi ma è un cult in tutto il mondo e la tiepida accoglienza ricevuta è dovuta solo al fatto che la produzione è italiana.

Inizialmente il film doveva essere ambientato ad Haiti e Cozzi per fare i sopralluoghi rimane un mese a Santo Domingo, dove collabora alla stesura di alcune sceneggiature per Aristide Massaccesi, che aveva bisogno di nuovi spunti per i suoi film del periodo dominicano.

“Il mio film alla fine lo girammo in Colombia, con mezzi inferiori alle previsioni e oggi è considerato un cult per la contaminazione di fantascienza, splatter e gotico”, dice Cozzi.

Un altro genere dove Cozzi dà il meglio di sé è il neo peplum fantastico, con due film come Hercules (1983) e Hercules II (1984). Dobbiamo parlare di neo-peplum perché siamo fuori tempo per il peplum classico, ma Lou Ferrigno (il celebre Hulk televisivo) è credibile nei panni dell’eroe mitologico.

 

La cosa originale è che l’Ercole di Cozzi se la deve vedere con un mondo fantascientifico fatto di mostri meccanici, centauri e mosconi giganti. Hercules II è un film di montaggio che utilizza scene scartate nella prima pellicola e alcune sequenze girate per I magnifici dieci gladiatori di Bruno Mattei, che in quel film non sono mai state inserite. È un bel fiasco che però va ricordato per i buoni effetti speciali e per il montaggio paziente e certosino.

La collaborazione con la Cannon fa diventare Cozzi il pioniere del rinato successo del peplum. E pensare che tutto comincia da una sceneggiatura di Bruno Mattei per Hercules che non era piaciuta al produttore Golan!
Il produttore si rivolge a Cozzi che in sole tre settimane rimette “le cose a posto” e come premio ottiene la direzione del film.

Il commento di Luigi Cozzi è entusiasta: “Tanto per non cambiare realizzai il film in breve tempo perché Lou Ferrigno era già sotto contratto quando fui chiamato e per evitare che la sua paga salisse alle stelle lavorai con dei ritmi serrati. Realizzai anche un sequel esclusivamente per sperimentare alcuni sofisticati effetti speciali, ovviamente a scapito della sceneggiatura che era quasi inesistente. Non credo che in Italia sia stato realizzato un film fantasy con così tanti effetti innovativi! Fu un vero film di ricerca, d’avanguardia. Anche in questo caso si sente molto la mia mano nel film che, invece di riprodurre fedelmente le gesta di Ercole le propone in chiave fantascientifica, con Ferrigno che lotta nello spazio, mostri elettrici e scontri stellari”.

Due collaborazioni importanti riguardano il Sinbad di Enzo G. Castellari (1985 – 1988), film scritto da Cozzi, girato da Castellari e poi completamente rimontato e riadattato. Castellari ne aveva fatto un film televisivo di sei ore e invece Cozzi lo riduce a un’ora e mezza, inserendo la figura della narratrice Daria Nicolodi e della bambina (sua figlia Giada) che ascolta la fiaba.

Cozzi scrive anche Shark: rosso nell’oceano, che viene girato da Lamberto Bava nel 1984, pure se avrebbe dovuto essere un suo film con caratteristiche diverse a livello di effetti speciali.

Nel 1987 Cozzi collabora a Giallo Argento, serie di brevissimi film televisivi con quiz finale all’interno di una trasmissione condotta da Enzo Tortora. Cozzi gira nove episodi della serie sotto la guida di Argento che inserisce nel gruppo anche Lamberto Bava.

La Rai costringe i registi ad addolcire alcune sequenze ritenute troppo forti ed esplicite, dopo la messa in onda del primo telefilm di Luigi Cozzi L’impronta dell’assassino, con Brett Halsey e Mirella d’Angelo.

Ricorda Cozzi: “Non avevano avuto il tempo di visionarlo prima della messa in onda altrimenti lo avrebbero sicuramente tagliato. C’era una sequenza in cui un’attrice veniva infilzata da un paio di forbici nel collo e un’altra che finiva col viso su un braciere. Era un po’ fortino, ma bastò una telefonata del capo di Rai Due, che si congratulava con noi, per mettere tutto a posto. In un attimo, tutti i dirigenti che mi guardavano male, vennero ad abbracciarmi e a dirmi che avrei potuto fare ciò che volevo. Dopo fui io ad addolcire gli episodi perché ritenni di poter fare bene anche senza esagerare. Nell’episodio Giallo Natale, tenni a battesimo Asia Argento che era poco più di una bambina. Comunque anche se si trattava di thriller, misi la mia firma in un episodio (Il taxi fantasma) che vedeva in campo dischi volanti e una bella ragazza che in realtà era un’aliena”.

Lamberto Bava dirige i primi sei episodi, ma poi deve lasciare la serie per girare Le foto di Gioia e quindi subentra Cozzi per dirigere i restanti nove e ha l’opportunità di avere nelle vesti di special guests attori come Corinne Clery, Daria Nicolodi e Howard Ross.

“Dario Argento si occupava anche di brevissimi episodi intitolati Gli incubi. Alla messa in onda di uno di questi minifilm (Nostalgia punk), durante il quale erano evidenti le immagini di budella che fuoriuscivano dal ventre di una ragazza, la Rai tornò a chiedere di “piantarla”! In questo caso anche Dario dovette adeguarsi…”, conclude Cozzi.

Luigi Cozzi chiude la carriera con lo scadente Paganini Horror (1989), film disastro per via di una produzione che economizza su tutto, pure se può contare su attori come Daria Nicolodi e Donald Pleasence.

Il regista lo definisce “un film travagliato” che contiene già nel titolo un errore colossale, perché non è un film dell’orrore, ma un film sulla rotondità del tempo con aspetti metafisici. La pellicola doveva essere girata in Colombia come Contamination, con lo stesso produttore.

Invece il copione passa da una scrivania a un’altra fino ad arrivare a De Angelis, che decide di risparmiare sui costi, e quindi molte delle cose previste dalla sceneggiatura vengono tagliate.

Paganini Horror vive di passaggi televisivi e di un buon esito commerciale in videocassetta, vista anche l’importante presenza di Daria Nicolodi e Donald Pleasence. Molti degli effetti speciali del film rimandano alla fantascienza, mentre alcuni omicidi (come quello della starlet televisiva Luana Ravegnini) sono tipicamente da thrilling.

“In teoria la fantascienza e l’ignoto avrebbero dovuto essere l’arma vincente del film. Purtroppo molte scene carine non sono state girate, come quando alcuni protagonisti cercano di salvare un compagno precipitato in un burrone e si trovano al cospetto di uno scheletro che li assale e altre che adesso non ricordo. In più lavorammo con un budget talmente ridicolo da non poter realizzare gli effetti come avremmo voluto. Già dalla fine degli anni ottanta i produttori iniziarono ad aver paura di investire su di un film horror o thriller, figuriamoci sulla fantascienza!”, dice Cozzi.

 

In Paganini Horror torna ancora una volta la musica: infatti è la storia di una band tutta al femminile che decide di arrangiare in chiave rock un misterioso e maledetto spartito di Paganini. Daria Nicolodi collabora alla sceneggiatura del film anche se “quello che poi è andato sugli schermi ha poco a che vedere con l’originale storia che avevamo scritto”, spiega il regista.

Nel 1988 Cozzi collabora al film horror Nosferatu a Venezia e inizialmente dovrebbe occuparsi solo di effetti speciali.

“Dopo un solo giorno di riprese, il regista Caiano litigò con Klaus Kinski e la regia passò al produttore Augusto Caminito, che, essendo esordiente in quel ruolo, mi pregò di aiutarlo. Comunque fu una bolgia totale, con Kinski che talvolta pretendeva di dirigersi da solo rifiutando qualsiasi direzione. Aveva un carattere particolare, il grande Klaus. Talvolta era una persona adorabile, ma bastava poco per farlo andare su tutte le furie e poi era letteralmente ossessionato dal sesso. Durante le riprese del film nacque la love story con la giovanissima Debora Caprioglio. Kinski saltava addosso a tutte le attrici ed ebbe più di una storia galante nell’arco delle riprese del film…”, ricorda Cozzi.

The Black Cat, noto anche come De profundis, è un fantahorror del 1989 ma non è mai uscito nelle sale. Luigi Cozzi lo definisce “un film di fantascienza che ricorda Carrie, lo sguardo di Satana: c’è una giovane donna dotata di incredibili poteri psicocinetici che viene accusata di essere una strega e, per difendersi, lancia razzi, fa muovere gli oggetti e influenza la realtà a livello planetario”. L’ultimo film di Cozzi non è una nuova versione del classico di Poe, già rivisto da Fulci e da Argento.

“Il titolo mette fuori strada, ma fui costretto a usarlo perché il distributore americano aveva già venduto un pacchetto di film tra cui uno intitolato The Black Cat e quindi dovetti accettare il consiglio, se volevo realizzare il film. In realtà si tratta di una storia di fantascienza con una forte componente paranormale, vicina a Carrie, ma per essere coerente con il titolo, mi trovai obbligato a far comparire saltuariamente e senza alcuna ragione un bel micetto nero. Erroneamente è stato accomunato anche a Suspiria, ma non c’è nulla dell’opera di Dario nel mio film, se non un piccolo omaggio nella scena in cui un attore cita il film. Nel cast figurano nuovamente Caroline Munro e Brett Hasley, che già avevano collaborato con me, oltre che Florence Guerin che veniva da alcuni film erotici di successo come La Bonne di Samperi e Profumo di Giuliana Gamba (assistente di Joe D’Amato)”, dice Cozzi.

Il regista dà la sua spiegazione sul fatto che il film sia rimasto inedito in Italia.

“Tra il 1989 e il 1990, proprio durante la lavorazione di questo film, cambiarono alcune leggi sul cinema e da allora un film può uscire solo se ha la vendita televisiva garantita! Questo è l’ennesimo affronto che i dirigenti televisivi hanno perpetrato al mondo del cinema, costringendo gli addetti ai lavori a cambiare orizzonte e facendo fallire tante case di produzione. Basta pensare a un film di Lucio Fulci e Joe D’Amato per la televisione, ai veri film di Deodato, prima che facesse I ragazzi del muretto, di Lamberto Bava prima di dedicarsi a Fantaghirò e del Soavi ante fiction. Il periodo d’oro di noi registi del fantastico è durato fino a quando abbiamo potuto lavorare indipendentemente dalla televisione: se c’era, tanto di guadagnato, altrimenti andava bene ugualmente. Dato che nella mia carriera ho sempre svolto molteplici attività, sempre inerenti alla fantascienza, e non mi sono limitato a essere esclusivamente un regista, oggi posso permettermi di dedicarmi ad altro”. Ecco il motivo per cui Cozzi ha smesso di fare cinema. Non è più libero di dire le cose che vuole e prima di vendersi alla televisione ha scelto di dedicarsi ad altri interessi.

La grande conoscenza di personaggi e ambienti della fantascienza italiana dei primordi ha consentito a Cozzi di scrivere, negli anni 1980-1981, Storia della fantascienza italiana, quasi tremila pagine di interviste ad autori, disegnatori, editori, curatori.
L’opera analizza cinquant’anni di fantascienza italiana, un lavoro meritorio e prezioso, per un settore della cultura che oggi rischia la perdita della memoria storica.

Cozzi è anche ottimo narratore e la sua scrittura si caratterizza per uno stile scorrevole ed evocativo, per toni lievi che però scavano in profondità, e per tematiche che mescolano spesso tra loro fantascienza, fantasy, horror e fantastico.

Per le Edizioni Il Foglio che dirigo Luigi Cozzi ha scritto Un incubo per Nora, racconto inserito nell’antologia La stagione della follia, ma molte altre sono le storie meritevoli di attenzione, come un gruppo di brevi racconti basati su altrettante figure femminili dalle peculiarità insolite.

 

FILMOGRAFIA DI LUIGI COZZI

Il tunnel sotto il mondo – The Tunnel Under the World (1968) (sci – fi)
Quattro mosche di velluto grigio (1971) soggettista, co-sceneggiatore e assistente alla regia di Dario Argento (giallo)
La porta sul buio (1972) serie TV – episodio Il vicino di casa (giallo)
Le cinque giornate/Five Days in Milan (1973) co-sceneggiatore – regia di Dario Argento (drammatico)
L’assassino è costretto a uccidere ancora/The Killer Strikes Again (1975) regista (giallo)
La portiera nuda/The Naked Porter (1975) regista (commedia sexy)
Dedicato a una Stella/Stella (1976) regista (drammatico)
Star Crash (1979) regista (sci-fi)
Contamination (1982) regista (sci-fi)
Hercules (1983) regista (fantasy)
Hercules 2 (1983) regista (fantasy)
Shark: rosso nell’oceano/Devouring Waves (1984) soggettista e co-sceneggiatore – regia di Lamberto Bava (horror)
Phenomena (1985) effetti speciali ottici – regia di Dario Argento (horror)
Opera (1987) aiuto regista di Dario Argento (giallo)
Giallo (1987/88) programma TV – Turno di notte –serie di quindici minifilm televisivi – nove diretti da Luigi Cozzi: L’impronta dell’assassino, Ciak si muore, Sposarsi e un po’ morire, Delitto in rock, L’evasa, La casa dello Stradivari, Giallo Natale, Via delle streghe e Il taxi fantasma.
Paganini Horror (1988) – regista (horror)
Nosferatu a Venezia/Vampire in Venice (1988) co-sceneggiatore, direttore della seconda unità – regia di Augusto Caminito (horror)
Sinbad of the Seven Seas (1989) soggetto e nuovo montaggio – regia di Enzo G Castellari (fantasy)
The Black Cat (1990) regia (horror)
Two Evil Eyes (1990) direttore seconda unità – regia di Dario Argento e George Romero (horror)
Dario Argento maestro dell’orrore (1991) – regia (documentario)
La sindrome di Stendhal (1996) – direttore seconda unità – regia di Dario Argento (giallo)
Sick – O – Pathics (1996) attore – regia di Brigida Costa e Massimo F. Lavagnini

 

 

Gordiano Lupi è autore di “Cozzi Stellari”, pubblicato da Profondo Rosso

 

 

 

 

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