Secondo le dottrine yoga ci sono diverse modalità di pensiero (1). Quella visiva o basata su altre sensazioni dirette (tattili, uditive eccetera), sarebbe usata nella prima infanzia e nei sogni. Quella del linguaggio astratto e razionale, delle parole insomma, diventerebbe invece dominante nella vita da adulti, o almeno in quella che conduciamo da svegli.

Quindi, per dirla con il linguaggio psicanalitico, un linguaggio basato sulle immagini può essere particolarmente adatto a restare in contatto con la parte di noi che releghiamo nell’inconscio, quando ci distacchiamo dal nostro io infantile per indossare le nostre maschere di adulti razionali.
Ogni fumetto è in fondo una storia immaginaria espressa più nel linguaggio dei sogni che in quello discorsivo o scritto della vita da svegli, non deve quindi stupire se fin dalle origini molti fumetti sono stati ambientati direttamente nel mondo dei sogni.

 

Dal medioevo a Sigmund Freud

Già un codice del XII secolo illustrava un sogno del re Enrico I d’Inghilterra, in cui delegazioni di contadini, cavalieri ed ecclesiastici, si lamentavano con lui nei propri rispettivi interessi. Una chiara manifestazione interiore dei problemi che possono assillare un governante, oggi come allora costretto a scegliere tra le esigenze dei molti che contano poco e quelle dei pochi che contano molto.

I SOGNI NEI FUMETTI DA LITTLE NEMO A DYLAN DOG

Nell’antico codice le figure dei personaggi sognati invadono tutto lo spazio delle vignette, rivolgendosi al re che dorme. Invece, nelle opere di certi grandi disegnatori del Settecento e dell’Ottocento, come Rowlandson e Topffer, appaiono i precursori delle nuvolette del pensiero tipiche dei fumetti, solo che invece di parole contenevano i sogni dei personaggi addormentati; evidentemente era chiaro anche per questi autori che chi sogna pensa direttamente per immagini.

Una “tavola a fumetti”, ambientata quasi del tutto in un sogno, fu pubblicata sul giornale comico ungherese Fidibusz verso la fine dell’Ottocento, con il titolo “Sogno di una Governante Francese”. Mostra appunto una governante che fa fare pipì a un bambino contro un muro, ma il rivolo aumenta fino ad allagare la strada, in cui iniziano a navigare imbarcazioni sempre più grandi.

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Quando diventa un mare attraversato da transatlantici, la governante si sveglia e sente piangere il bambino, che evidentemente ha bisogno di essere cambiato.
Il sogno disegnato fu inserito da Freud ne “L’Interpretazione dei sogni”, il saggio che nel 1899 segnò l’inizio della psicanalisi e delle esplorazioni dell’interiorità che hanno caratterizzato il Novecento.

Freud usò quel “fumetto” per illustrare la sua teoria dei sogni basata sulla soddisfazione dei desideri (per poter dormire la governante si illude di risolvere la situazione in sogno, finché l’illusione non si fa insostenibile), ma il disegnatore aveva già capito tutto, nella sua modalità di pensiero visiva, senza bisogno di scrivere né di leggere, le 450 pagine del libro di Freud.

Freud ha tentato di tradurre, nel linguaggio degli adulti e della veglia, conoscenze che il nostro io onirico sembra possedere da sempre, in una modalità di pensiero non verbale. È un peccato che “L’Interpretazione dei Sogni” non abbia contenuto altre pagine disegnate, ne avrebbero certo reso il contenuto più chiaro, e forse anche più corretto sotto certi aspetti, ma a parte le difficoltà pratiche, probabilmente l’esigenza di Freud era di mettere sotto controllo le pulsioni oniriche, più che di viverle abbandonandosi ad esse con gioia.

La capacità d’immergersi nei sogni ed esprimersi nel loro linguaggio godendone i frutti, è una cosa più da artisti che da scienziati e, nei fumetti, questa esplorazione sarebbe stata intrapresa dal loro primo grande pioniere, Winsor McCay.

 

Winsor McCay e la saga di Nemo

La prima serie di Winsor McCay sui sogni fu “Dreams of the Rarebit Fiend” (Sogni del fanatico del Rarebit) (2), pubblicata a partire dal 1904 con lo pseudonimo di Silas.

Ogni tavola illustra un incubo di un diverso personaggio, che si sveglia nell’ultima vignetta, proprio come la “governante francese”. Qui però i sogni sono provocati da indigestioni di Welsh Rarebit, un piatto tipico gallese a base di formaggio.

Sono quasi sempre incubi terrificanti e la fantasia dell’autore si scatena nell’invenzione di situazioni folli. I sognatori sono minacciati, inseguiti, schiacciati, uccisi, fatti a pezzi, o comunque frustrati nelle loro aspirazioni, che anche quando sembrano realizzarsi alla fine si ritorcono contro di loro.

Al di là del puro divertimento, si intravedono in questi sogni le insicurezze che l’uomo moderno nasconde sotto l’apparente tranquillità della vita borghese, tra residui di ipocrisie ottocentesche e innovazioni a cui stenta ad abituarsi (come pericoli ricorrono treni, tram, automobili e anche prodotti di bellezza).

La zitella che fugge davanti a troppi spasimanti, o l’impiegato che rimpicciolisce di fronte al principale, manifestano le contraddizioni di chi rinuncia a realizzarsi perché non si sente all’altezza della situazione.

Nonostante la somiglianza tra i suoi “sogni” e quello “della governante francese”, è difficile che McCay conoscesse il giornale Fidibusz o il libro di Freud, che all’inizio vendette solo poche centinaia di copie.

Probabilmente, il risveglio dell’interesse verso i sogni era dovuto a una precisa necessità dell’uomo “civilizzato” che, dopo essersi disfatto troppo alla leggera del proprio “mondo magico”, cercava ora di ritrovarlo dentro di sé.

Il capolavoro con cui McCay regalò al pubblico un mondo di sogni magici e solari è la serie “Little Nemo in Slumberland” (Piccolo Nemo nella Terra dei sogni) (3), iniziata nel 1905 e disegnata in un prezioso stile liberty, arricchito dalle grandi possibilità di colorazione di cui all’epoca soltanto il New York Herald poteva disporre.

Il bambino protagonista, Nemo appunto, ogni volta sogna di viaggiare verso la principessa della terra dei sogni. Ogni volta il re Morfeo gli invia un diverso personaggio come guida, e ogni volta Nemo si sveglia, a fine pagina, prima di essere giunto a destinazione.

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Poi i sogni iniziano a svolgersi a puntate e, alla fine di ognuno di essi, il protagonista arriva sempre un po’ più vicino alla principessa, nonostante i sabotaggi dell’invidioso pagliaccio Flip.

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È significativo che Flip sia nipote dell’Aurora, quindi in relazione col mondo della veglia; infatti come molti suoi abitanti è avido, egoista, disonesto… e sciocco.

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Le puntate scorrono al ritmo di una pagina a settimana e dopo nove mesi Nemo raggiunge la principessa, ma non è un finale, è solo l’inizio di avventure sempre più fantastiche, come se quei nove mesi di gestazione lo avessero portato a una sorta di rinascita nel mondo dell’inconscio, dopo il travaglio iniziale.

Perfino Flip diventa suo amico, in una ideale riconciliazione con la sua controparte negativa, e insieme ripartono continuamente verso nuove meraviglie. Anche se incontra sul suo cammino ostacoli bizzarri e spaventosi, dal palazzo di ghiaccio di Jack Frost alle selvagge Isole di Canditi e dalla Sala della Sbronza alla Terra delle Scimmie, il bambino riesce sempre a superarli, a differenza degli adulti fanatici del Rarebit, e, a differenza del libro di Freud, il successo di Little Nemo fu immediato.

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Ben presto ne fu tratto uno spettacolo di Broadway, oltre a ispirare la pubblicazione di album e cartoline a lui dedicate. Evidentemente nel piccolo Nemo era facile per tutti ritrovare quella parte del proprio io ancora simile a un bambino, che ha bisogno di cercare nei propri sogni una parte perduta di sé stesso.

A questo proposito, è interessante notare che il nome del giovane eroe in latino significa Nessuno. Potrebbe essere ispirato a Ulisse (che disse di chiamarsi Nessuno) o al capitano Nemo, entrambi esplorarono territori considerati inaccessibili, navigando il primo fino agli Inferi e il secondo nelle profondità sottomarine. Analogamente il loro piccolo omonimo percorre luoghi nascosti sotto la soglia della coscienza, e del resto, proprio per questo tipo di corrispondenze, sia le acque che gli Inferi sono considerati simboli dell’inconscio.

Inoltre “Nemo”, nel senso di Nessuno, potrebbe rappresentare un po’ tutti gli uomini qualunque, tipici cittadini della moderna società industriale, che all’inizio del Novecento in uffici e fabbriche cominciavano a sperimentare un sempre maggiore senso di alienazione, a cui reagirono proprio immergendosi in quelle fantasie che scrittori, cineasti e disegnatori presero a fornire loro in dosi sempre più massicce.

Poiché nella finzione Nemo è nato nel 1900 (all’inizio ha cinque anni), Oreste Del Buono ipotizzò che rappresentasse proprio il XX secolo (4), l’epoca dei piccoli Nessuno insomma, di cui certe caratteristiche si intravedono già in alcuni dei sogni creati da McCay.

In una sequenza, per esempio, Nemo deve ricorrere come unica speranza a dei colpi di bacchetta magica, per rendere più vivibili le povere condizioni degli abitanti di una baraccopoli. In un’altra intraprende un lungo viaggio in aerostato e visita, tra l’altro, un pianeta Marte “globalizzato” sotto un ferreo regime di proprietà privata, dove non si può parlare se non si hanno soldi per comprare le parole, né respirare se non ci si può pagare l’aria.

Nel mondo dei sogni del 1910, il piccolo Nemo ha il buon senso di andarsene da lì, mentre da noi ci sono voluti quasi altri cento anni per cominciare ad accorgersi di quanto sia pericoloso stabilirsi definitivamente su quel pianeta.

Dopo il viaggio su Marte, i successivi voli in aerostato di Nemo lo portano a visitare in sogno le meraviglie d’America, dal Parco di Yellowstone alle cascate del Niagara e da New York a Chicago, mentre gli elementi fantastici lasciano il posto a disegni minuziosi e realistici delle metropoli statunitensi.

Apparentemente, avviandosi verso i dodici anni, e quindi alla pubertà, il personaggio sembrava cominciare a perdere la capacità di sognare sul serio, finché nel 1911 fu spodestato dalle pagine a colori del supplemento domenicale e, con una serie di tavole in bicromia relativamente semplici, incentrate su un fiore magico che dà la parola agli animali, la prima parte della saga di Nemo ebbe termine.

Il motivo era che l’autore, già diviso tra altri impegni nei settori del nascente cartone animato e del music-hall, era passato a un editore concorrente, il potente William Randolph Hearst, che lo utilizzò soprattutto come illustratore e vignettista satirico, mentre per il New York Herald continuava a portare avanti soltanto la serie dei “Dreams of the Rarebit Fiend”.

Dopo alcuni mesi, McCay riprese Little Nemo per il suo nuovo editore, con il titolo “In the Land of Wonderful Dreams” (Nella Terra dei sogni meravigliosi), ma questo secondo ciclo, nuovamente ambientato nel più fantasioso regno dei sogni e in cui il pagliaccio Flip aveva un ruolo predominante, durò meno di tre anni e nel 1914 la serie fu interrotta definitivamente.

Prima della sua chiusura, i sogni di Nemo portarono lui e i suoi amici in altri luoghi incantati, come la città di Mamma Oca, l’isola nel cielo, la terra dei Lillipuziani e la terra degli antidiluviani. In quest’ultima avventura, McCay disegnò tra l’altro vari lucertoloni giganti, che anticipavano le fattezze di quello che sarebbe stato il suo successivo personaggio: Gertie il dinosauro.

Il quale debuttò ufficialmente nel 1915, non nei fumetti ma nei cartoni animati. In seguito McCay si dedicò soprattutto ai film d’animazione, rinunciando a brevettare molte sue innovazioni per donare all’umanità una nuova forma di espressione che potesse essere usata a scopi educativi.

I sogni su carta però non morirono. A parte un trascurabile tentativo di ripresa di Little Nemo negli anni trenta (5), a firma di un fantomatico R. Winsor McCay Junior, molti altri personaggi dei fumetti vissero intere avventure o parte di esse nel regno dell’inconscio.

 

Piccoli visionari

Si è detto che la modalità di pensiero visiva è tipica dell’infanzia, e infatti, anche senza nessun bisogno di addormentarsi, tanti bambini delle strisce hanno messo in scena il proprio mondo interiore facendo ciò che i bambini fanno meglio: sognare ad occhi aperti.

Già l’anno seguente alla nascita di Little Nemo, nel 1906, apparve l’affascinante serie di tavole “Wee Willie Winkie’s World” (Il Mondo del Piccolo Willie Winkie) (6) dell’artista tedesco Lyonel Feininger.

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La serie parla di un bambino che vede gli elementi dei paesaggi attorno a sé trasformarsi nella sua fantasia in creature straordinarie e a volte inquietanti, usando un linguaggio a metà tra l’illustrazione e il fumetto.

Dal 1933 uscirono sui quotidiani americani le strisce di Dickie Dare (7), creato da Milton Caniff. Era inizialmente un ragazzino che immaginava di entrare nei libri che leggeva, al fianco di eroi come Robin Hood, ma per soddisfare i desideri d’evasione dei lettori in modo più convincente dovette poi essere trasformato nel protagonista di avventure “reali”, vissute al fianco di un personaggio adulto in carne ed ossa, e in questa forma più convenzionale, la serie, proseguita da altri autori, sopravvisse fino al 1961.

Tra il 1942 e il 1943 fu la volta di Barnaby di Crockett Johnson (8), un bambino che realizza i propri desideri incontrando dei personaggi fantastici: un fato padrino pasticcione, un folletto invisibile, un cane parlante, un fantasma pauroso eccetera.

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Quando ne parla nessun adulto gli crede e i suoi genitori lo portano anche da uno psichiatra, ma nonostante tutti i tentativi di “curarlo”, a vincere è sempre la vitale fantasia del bambino che si impone sulla banalità del mondo dei grandi, tirando dalla sua anche la bambina dei vicini, non ancora abbastanza condizionata a negare l’evidenza dell’immaginazione.

Dagli anni cinquanta, nei Peanuts di Charles Schulz (9), tra tanti bambini che discutevano come adulti, la funzione di fantasticare come un bambino fu affidata al cane Snoopy. Appaiono reali anche per il lettore sia i suoi cambiamenti di forma quando imita questo o quell’animale, sia i colpi di mitragliatrice del Barone Rosso che perforano la sua cuccia/aereo, quando immagina d’essere un asso della I Guerra Mondiale.

Come nel caso di Barnaby o di Willie Winkie, nella dimensione visiva del fumetto l’immaginazione smette di essere invisibile per interagire liberamente col mondo fisico.

Negli anni sessanta, abbiamo poi la fervida immaginazione di Felipe, uno degli amici della Mafalda di Quino (10). Alla minima occasione si distrae dai suoi noiosi doveri di studente e si perde in più gratificanti fantasticherie, che lo vedono compiere grandi imprese nelle vesti di vari eroi in costume.

Si tratta di un comprensibile desiderio di espressione e di affermazione di sé stessi, in una società che fin dalle elementari abitua i futuri cittadini ad avere la creatività e l’iniziativa di tanti piccoli robot immagazzinatori di dati ed esecutori di calcoli.

Anche nelle strisce umoristiche degli anni ottanta ritroviamo bambini perseguitati dalle proprie fantasie o che le padroneggiano. Nella serie “Bloom County” di Berke Breathed (11), il piccolo Binkley dispone di un intero sgabuzzino di incubi, da cui appena allenta la sorveglianza possono uscire le creature più bizzarre: una metafora dei tentativi spesso destinati al fallimento di tenere a bada le proprie più profonde paure o aspirazioni.

Tra i bambini di questa serie, Binkley incarna in effetti la più totale emotività, mentre la razionalità tecnologica è rappresentata dal piccolo afro-americano Oliver, che non parla con dei mostri interiori come fa Binkley, ma col proprio computer, e riesce a influenzare l’esistenza stessa delle cose attraverso la realtà virtuale o dei calcoli matematici.

Invece in “Calvin and Hobbes” di Bill Watterson (12), la sfrenata immaginazione del protagonista trasforma in eccitanti avventure qualunque evento che, volente o nolente, gli tocca vivere.
I SOGNI NEI FUMETTI DA LITTLE NEMO A DYLAN DOGI giochi di fantasia di Calvin si sovrappongono continuamente alla realtà fisica, assumendo un’innegabile consistenza. Spesso al suo posto sono rappresentati con vivida intensità quegli animali o personaggi che si immagina di essere. Lo stesso comprimario Hobbes, mentre agli occhi degli adulti è una tigre di pezza, per Calvin è una vera tigre ragionante e parlante, con cui ingaggia spettacolari zuffe.

Alcuni sogni di questi visionari, data anche la loro giovane età e limitata esperienza di vita, si ispirano a tematiche o generi narrativi preesistenti, opportunamente rielaborati e deformati, un’operazione questa che può essere compiuta su qualunque tipo di storia.

 

Ispirazioni letterarie

Qualunque racconto, poema, fiaba o romanzo, può essere trasformato in sogno, quando in un fumetto se ne vuole dare una versione alterata, parodistica o satirica.
Tra gli esempi si possono citare varie storie degli autori Disney italiani, a partire dalla prima parodia scritta da Guido Martina, con i disegni di Angelo Bioletto: “L’Inferno di Topolino” (13). Un vero e proprio poema a fumetti in cui Topolino e Pippo, addormentatisi leggendo la Divina Commedia, sognano di rivivere il viaggio di Dante all’Inferno, con tanto di terzine di endecasillabi a rime incatenate, opportunamente riscritte in chiave comica.

Sogno per antonomasia della letteratura mondiale, il “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare è un titolo parafrasato in vari fumetti, dagli anni settanta in poi. Nell’episodio di Magnus e Bunker “Sogno d’una notte di mezzo inverno” (14), lo scalcinato agente segreto Alan Ford sogna di essere l’elegante ed efficiente membro di una facoltosa organizzazione alla 007.

Invece nell’episodio di Hugo Pratt “Sogno di un mattino di mezzo inverno” (15), le creature fatate riunite a Stonehenge reclutano il marinaio Corto Maltese per fermare un tentativo di invasione dell’Inghilterra.

In seguito anche Dylan Dog ha avuto il suo “Incubo di una notte di mezza estate” (16), anch’esso iniziato a Stonehenge. Mentre l’autore giapponese Tsukasa Hojo, nel breve racconto “Sogno di fine estate” (17), parla di una ragazza in coma che in sogno rivede sé stessa bambina e scopre l’origine dei suoi cattivi rapporti col padre.

La commedia originale di Shakespeare ha ispirato un albo di Sandman di Neil Gaiman e Charles Vess (18), primo fumetto a vincere nel 1991 un premio letterario, il World Fantasy Award, come miglior storia fantasy breve. Qui la compagnia di Shakespeare recita davanti alle fate che hanno ispirato il testo e la finzione degli attori si alterna ai commenti dei veri personaggi.

Tra i molti adattamenti di romanzi della collana a fumetti americana Classics Illustrated, quasi mai pubblicati in Italia, c’è stato almeno un lungo sogno, quello che Lewis Carroll fece vivere ad Alice nel suo secondo romanzo del 1871, “Through the Looking-Glass” (Attraverso lo specchio).

L’adattamento del 1990 è del disegnatore Kile Baker, che ne ha trasformato il testo in una sorta di dialogo teatrale, affidando alle sole immagini la descrizione delle azioni sceniche (una caratteristica peculiare di questo autore è quella di non usare nuvolette, per i dialoghi, ma di collocarli fuori dalle vignette).

Tra i sogni letterari trasposti a fumetti c’è anche “The Nightmare” (L’incubo), una storia appartenente al ciclo di Tarzan scritta da Edgar Rice Burroughs nel 1917.
Il racconto è stata adattato per immagini una prima volta da Joe Kubert nel 1972 (19) e una seconda da Burne Hogarth nel 1976 (20).

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Nel breve episodio, Tarzan mangia per la prima volta della carne cotta e un’indigestione gli provoca un incubo in cui deve affrontare le strane belve viste nelle illustrazioni di un libro, un’esperienza che, con qualche difficoltà, aiuta il giovane uomo scimmia a distinguere le figure immaginarie da quelle materiali.

Con questo racconto lasciamo il sogno visto come fonte di gioia e fantasia, per addentrarci nell’ambito dei sogni opprimenti detti in inglese “nightmare” (giumenta della notte) e che in italiano prendono nome dal latino “incubus” (che giace sopra), termine che indicava un tempo spiriti e demoni notturni.
Entrambe le espressioni sottintendono come il sognatore si senta impotente e trascinato da immagini inconsce che non riesce a controllare.

 

Incubi del terrore e signori dei sogni

I sogni diventano spesso incubi nei fumetti brevi senza protagonista fisso, forma tipica degli albi horror americani diffusi nella prima metà degli anni cinquanta. Nel primo numero di Weird Science del 1950 apparve un racconto disegnato da Wally Wood, “Dream of Doom” (Condannato ai Sogni) (21), il cui protagonista passa continuamente da un sogno all’altro, scambiandolo ogni volta per la realtà e senza mai svegliarsi veramente.

Simile a una storia degli anni sessanta di Archie Goodwin e Alex Toth, per la rivista Creepy (Zio Tibia), “Brusco Risveglio” (22), solo che qui il protagonista è minacciato nei sogni da un uomo armato di coltello, che poi si ritroverà di fronte davvero…

C’è un rapporto ambiguo tra sogno e realtà anche in una storia comica di Bonvi per Off-Side, “… Incubo” (23), in cui l’autore stesso incontra uno strano mostro e crede di sognare, finché è l’uomo a svanire e il mostro a svegliarsi.

Questo rovesciamento in cui si intuisce la propria possibile irrealtà, il poter dipendere da fantasie altrui, si ritrova in una storia horror degli anni ottanta di Bruce Jones e John Bolton, “Tu, Illusione” (24), in cui una coppia comprende troppo tardi di far parte del sogno di un vicino.

Tra i personaggi degli albi americani che hanno visitato il mondo degli incubi, possiamo citare il Dottor Strange creato da Steve Ditko e Stan Lee (25). Si tratta di un vero e proprio mago, capace tra l’altro di entrare nei sogni altrui con il proprio “corpo astrale”.

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Fin dalla sua prima avventura del 1963, Dottor Strange si è scontrato con il minaccioso Incubo, una personificazione delle paure che perseguita i dormienti dando forma ai loro rimorsi e, non soddisfatto di dominare i sogni, elabora piani per impadronirsi del mondo della veglia, in pratica un demone inconscio che tenta di venire prepotentemente alla luce.

Più ingenue erano le storie oniriche del Sandman degli anni settanta (26), rivisitazione di un vecchio personaggio in cui si mescolavano elementi supereroistici e fiabeschi, realizzata tra gli altri da Joe Simon e Jack Kirby ispirandosi all’Omino della sabbia, lo spirito che addormenta i bambini nel folclore nordico.

Questo eroe fu raffigurato come uno sciocco che ricopriva abusivamente il ruolo di Sandman in un episodio di “Sandman Master of Dreams” (Sandman il Signore dei sogni) (27), una versione dalle atmosfere tenebrose che lo sceneggiatore inglese Neil Gaiman realizzò dal 1989 al 1996, con la collaborazione di validi disegnatori.

Chi dà il titolo alla serie è qui il vero e proprio signore assoluto del mondo onirico, chiamato anche Sogno o Morfeo, che regna su tutti i personaggi, i mostri o gli dèi che popolano l’inconscio collettivo nelle diverse culture, ma spesso lascia il ruolo di protagonisti delle storie a coloro che visitano il suo regno sognando.

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Tra queste persone, provenienti da qualunque epoca e luogo della Terra, non mancano i folli, i visionari o i maniaci omicidi. I quali, anzi, costituiscono una discreta percentuale dei viaggiatori abituali del Sogno.

L’originalità, il livello letterario della serie (piena di citazioni colte) e il suo conseguente successo, hanno permesso di riproporla più volte in volumi che ne raccolgono i vari cicli.

Alla fine della saga di Sandman, altri ripresero i personaggi da dove Gaiman li aveva lasciati, in una serie intitolata “The Dreaming” (Le Terre del Sogno) (28). Qui si esplora ancora quello sterminato paese che ha per unici limiti la fantasia, si chiariscono fatti mitici poco noti e si accenna a ulteriori misteri e segreti, oltre a quelli già svelati nella serie madre.

Vive spesso nei sogni anche il famoso indagatore dell’incubo creato da Tiziano Sclavi nel 1986, ovvero Dylan Dog, che alla fine di molte storie ha il dubbio di aver immaginato tutto. Fin dal doppio finale del n. 1, il sogno è sempre stato un espediente molto usato (e anche un po’ abusato) in questa serie, allo scopo di stupire continuamente il lettore.

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In episodi come “Morgana” (29), disegnato da Angelo Stano, il gioco si fa così intricato da rendere impossibile distinguere il sogno dalla realtà e, in questi casi, tutto si svolge su un piano di evocazione poetica più che su una struttura narrativa chiara.

Ambientato quasi tutto nell’inconscio è anche l’episodio “Sogni” (30), disegnato da Giovanni Freghieri. Parla di un esperimento che fa vivere a un gruppo di persone lo stesso sogno, in cui ognuno affronta i propri complessi, perdendosi in un labirinto e subendo la persecuzione di un perverso giullare ispirato al Matto dei Tarocchi.

L’incubo sembra proseguire dopo il risveglio, rappresentando nelle intenzioni dell’autore la lotta contro il destino di chi cerca il proprio vero io. A parte l’introspezione psicologica dei testi, la dinamica è chiaramente ispirata al famoso ciclo di film horror che ha per protagonista lo spirito di Freddy Krueger, un assassino che colpisce fisicamente attraverso i sogni.

Prodotti in rapida successione tra il 1984 e il 1988, i quattro film della serie Nightmare ispirarono la rivista a fumetti “Freddy Krueger’s A Nigthmare on Elm Street” pubblicata dalla Marvel nel 1989.
La rivista conteneva, tra l’altro, l’episodio “Dreamstalkers” (Cacciatori di Sogni) (31), non un adattamento dei film ma una sorta di continuazione con altri personaggi.

Lo sceneggiatore Steve Gerber, coadiuvato dai disegni di Rich Buckler e Tony De Zuniga, e dalle elaborate chine di Alfredo Alcala, si ispirò al terzo film, il migliore della serie, sviluppandone i temi a livelli più alti e raccontando dettagliatamente il passato di Freddy, le sue origini e le sue efferatezze giovanili, compreso il motivo per cui uccide con lame fissate alle dita.

Particolarmente interessanti sono le tecniche per controllare i sogni usate dai protagonisti della storia, dei modi per spostarsi e interagire su un piano di realtà differente.

 

Altri mondi e fantasie erotiche

In certi casi sognare diventa un mezzo per entrare in altre dimensioni. Può accadere nei sogni disinibiti e ironici delle eroine sexy nate negli anni sessanta, a partire dalla capostipite, Barbarella di Jean-Claude Forest.


Nell’avventura “L’altra Luna” (32), Barbarella viene incaricata di risvegliare un esploratore spaziale in catalessi entrando nel suo inconscio. Attraverso di esso giunge in un altro universo e rinuncia alla propria missione stabilendosi in quel mondo, salvo essere costretta a tornare indietro quando il sogno si farà terribile.

Nell’ultima vignetta, ambientata nel mondo “reale”, ritrova il figlio che aveva concepito, partorito e allevato nell’universo “immaginario”, come dire che ciò che nasce e vive nei sogni può prendere forma anche nella realtà.

Nella saga di Neutron di Guido Crepax (33), atipico eroe intellettuale capace di paralizzare con lo sguardo, appare Valentina, destinata da lì a poco di sottrargli il ruolo di personaggio principale. Nel secondo episodio è rapita da un popolo di ciechi che vive nel sottosuolo tra mostri giganteschi, un’avventura leggibile simbolicamente come una discesa nell’inconscio.

Subito dopo per Valentina cominciano incubi persistenti e problemi psicologici, come se la terribile esperienza l’avesse segnata profondamente, portandola a vivere nei sogni più che nel mondo fisico.

Indulgendo al voyeurismo, l’autore illustrò questi sogni in storie a volte confuse, in cui spesso non accade molto di concreto, ma che segnarono l’inizio di un modo di fare fumetti basato su un immaginare istintivo che attinge dall’inconscio, anziché su narrazioni di tipo razionale.
Le didascalie furono pian piano abbandonate da Crepax, forse per non fornire interpretazioni univoche, estranee all’andamento onirico scelto.

Inizialmente influenzato da Crepax, il fumettista Roberto Bonadimani sviluppò un proprio stile personale trasportando ambienti irreali dai fitti tratteggi, vagamente simili a quelli delle storie di Valentina, in ambientazioni fantascientifiche.

Con la sua grafica originale, dinamica e precisa, Bonadimani realizzò tra l’altro il racconto “Eram nel Sogno” (34). Una storia poetica e paradossale in cui l’abitante di un mondo selvaggio sogna di essere un androide in viaggio su un’astronave e viceversa, di modo che, come in un noto aneddoto taoista (35), è impossibile stabilire chi esiste veramente, e neanche la morte di uno dei due permetterà di dissipare completamente il dubbio.

A volte anche nei romantici fumetti fantasy dello spagnolo Esteban Maroto la realtà si interseca e si confonde coi sogni.
In un episodio della serie “5 x Infinito” (36), la bella Aline, usando i suoi poteri mentali a livello del subconscio, viene imprigionata in un’altra realtà sognata da un essere misterioso, da cui potrà uscire solo provocando il risveglio del sognatore.

Un soggetto molto simile si ritrova in un episodio di “Manly il Guerriero” (37), un’altra serie di Maroto, ma qui alla fine si scopre che il sognatore era il protagonista stesso.
Anche il lungo racconto “Korsar” (38), in cui un condannato a morte fugge di prigione insieme a una schiava per vivere con lei una serie d’avventure, alla fine si rivela essere stato il sogno del protagonista in attesa dell’esecuzione.

Tra le più o meno riuscite sperimentazioni delle riviste italiane degli anni settanta, troviamo poi un’eroina femminile di nome Clyto (39), creata da Luigi Grecchi e Max Pistoglia,, protagonista di una storia in cui sperimenta visioni indotte dall’Lsd, percorrendo uno dopo l’altro i vari livelli di un viaggio per ampliare la coscienza.

Un altro autore che ha evocato molte situazioni oniriche (in cui la conoscenza delle droghe può aver avuto un ruolo…), è il francese Jean Giraud. Con la produzione che ha firmato dagli anni settanta con lo pseudonimo di Moebius ha creato storie basate su processi inconsci e ricche di surreali immagini visionarie.

Tra quelle in cui ha descritto veri e propri sogni ci sono “Missione su Centauri”, in cui un pilota nell’iperspazio si vede attaccato da mostri, “La Cittadella Cieca”, in cui un cavaliere affronta in sogno un compito impossibile, e “Incubo Bianco”, in cui un razzista vede impedite le sue violenze dalla reazione popolare, ma è soltanto un sogno… (40).
In “Uccisore di Mondi”, invece, un viaggiatore spaziale giunge sul pianeta del “fungo sacro” e se ne nutre incautamente con gravi conseguenze… (41)

Tra i fumetti che fecero tesoro della lezione grafica di Moebius, troviamo i veri e propri “trip” allucinogeni, spiegati come sogni, de “Le straordinarie avventure di Pentothal” di Andrea Pazienza (42).

A un’impostazione “psichedelica” si accompagnavano contenuti attualissimi di attivismo politico: la prima poteva riflettere le esperienze con le droghe dell’autore, che si ritraeva nel suo personaggio, il secondo dipendeva dalla sua partecipazione al movimento giovanile del ’77.

Pazienza avrebbe usato l’espediente del sogno anche nei suoi fumetti successivi per far agire il perfido Zanardi in ambientazioni alternative, come la I Guerra Mondiale o il Medioevo, o per permettere al cane da guerra cartaginese Astarte di tramandare ai posteri la sua storia (43).

Le fissazioni erotiche di eroine come Valentina si incontrarono con la struttura narrativa di Little Nemo quando, a partire dal 1984, Vittorio Giardino realizzò la raffinata serie di Little Ego (44), una ragazza un po’ complessata che nei propri sogni diventa estremamente disinibita, per poi sentirsi imbarazzata, ma anche maliziosamente compiaciuta, al pensiero che dovrà parlarne all’analista.

Al di là della gradevole ironia della serie e della protagonista, che in fondo non prende troppo sul serio i propri piacevoli incubi, viene sviluppato qui, forse ancor più che in Valentina, il tema di come i desideri repressi, soprattutto sessuali, possano trovare una naturale valvola di sfogo nelle fantasie inconsce dei sogni, in sintonia con le più classiche tesi freudiane.

Si può dire lo stesso per il romanzo a fumetti erotico degli anni novanta “City of Dreams” (45), scritto e disegnato da Brian Tarsis. Parla di persone che sognano di diventare dominatori o schiavi sessuali, nella dimensione onirica della città di Morrigan, dove le caratteristiche fisiche coincidono ovviamente con ciò che si sogna di essere.

Quando i loro più inconfessabili desideri sono soddisfatti, i sognatori tornano al mondo della veglia senza ricordare le piacevoli perversioni vissute, in accordo con le teorie sulla rimozione.

La storia, piena degli eccessi più sfrenati ma dalla narrazione grafica di qualità, descrive l’iniziazione sessuale di una ragazza vergine, che passa dai sogni alla realtà e viceversa. In storie come questa, è il mondo onirico stesso a essere visto come una vera e propria realtà parallela.

 

Vite parallele nella terra dei sogni

I sogni svolgono un ruolo importante anche nelle storie brevi realizzate da Vittorio Giardino negli anni novanta.
In “La rotta dei sogni”, un uomo in procinto di vendere la sua barca per necessità, grazie a un incubo comprende quale perdita sarebbe per lui e sceglie la felicità…

In “Restauri” un anziano professore d’arte, giunto in Italia per vedere le opere di Piero della Francesca, si limita a confrontarsi con loro nei suoi sogni.
Anche nei racconti “Il Maestro” e “Isola del Mito”, i sogni influenzano le decisioni dei personaggi, portandone alla luce desideri e timori e mostrando i rischi di certe scelte vitali (46).

Anche i più famosi personaggi americani ogni tanto visitano il mondo dei sogni. Nella serie “Legends of the Dark Knight” (Leggende del Cavaliere Oscuro), una collana di “storie adulte” dedicata a Batman, apparve nel 1995 “The Sleeping” (Il grande sonno) (47).

È una storia in tre parti scritta e disegnata da Scott Hampton, in cui Batman cade in coma per un incidente e si ritrova in una sorta di mondo inconscio, tra deserti rocciosi e fiumi sotterranei.
Qui la sua anima deve affrontare varie prove, per poter arrivare a gettarsi in un lago di fuoco e ricongiungersi al corpo. Durante il percorso incontra l’anima della sua controparte femminile, una ragazza mai vista prima, e scopre come poteva essere la loro vita insieme se entrambi avessero fatto scelte diverse.

Un’altra opera a fumetti basata sul rapporto interdipendente tra immaginazione e vita reale, è la serie Napoleone (48), creata da Carlo Ambrosini con un taglio psicologico e spessore letterario, dopo averne sperimentato alcuni elementi su storie di Dylan Dog.

Il protagonista, l’albergatore Napoleone di Carlo, parla abitualmente con tre suoi “prodotti psichici”, invisibili agli altri, che si direbbero rappresentare altrettanti aspetti della sua personalità: la romantica e possessiva Lucrezia, il posato e riflessivo Caliendo e il rude e indisciplinato Scintillone.

Nel corso di intriganti avventure noir, vissute parallelamente nel mondo concreto e in uno strampalato e burocratico inconscio collettivo, Napoleone ha modo di rendersi conto di non essere il solo ad avere a che fare con creature immaginarie, anche perché, aiutando i suoi amici della polizia di Ginevra, si trova spesso alle prese con “folli” ben più avanzati e pericolosi di lui.

In queste storie di Ambrosini e dei suoi collaboratori, certi temi introspettivi, a volte accompagnati da interpretazioni simboliche di miti antichi, sono abbastanza affini a quelli dei libri dello psicologo James Hillman, autore tra l’altro di “Il Sogno e il Mondo Infero”.

È invece legata a sentimenti tipici dell’adolescenza, espressi in termini fantastici e poetici, la serie Esp scritta da Michelangelo La Neve (49), pubblicata prima sull’antologico Intrepido e poi in una serie nel formato “bonellide”.

Nel penultimo episodio, “La mente è un mondo”, disegnato da Luigi di Giammarino, descrive un viaggio mentale nell’anima di una ragazza esiliatasi in un coma volontario.
Il suo io dovrà infine essere recuperato direttamente dall’inconscio collettivo in cui era tornato a immergersi. A parte qualche leziosità nei dialoghi, lo si può considerare l’episodio più affascinante della serie.

Simile nelle premesse, ma più profondo e interamente ambientato nella psiche di una persona, è il romanzo a fumetti “El Prolongado Sueno del Sr. T.” (Il lungo sogno del Signor T.) (50), dell’autore underground spagnolo Francesc Capdevilla, in arte Max, con quest’opera vincitore in patria del premio per la miglior sceneggiatura nel 1998.

Immersosi inconsciamente in un lungo sonno catalettico, per reazione all’insopportabile banalità della propria vita, Cristobal T. incontra in sogno, uno dopo l’altro, dei personaggi misteriosi di cui ascolta le storie. Senza accorgersene si lascia svuotare di ogni sua certezza e alla fine arriva così a riconoscere, comprendere e accettare le altre parti di sé, i frammenti della sua personalità a cui aveva rinunciato per adattarsi a vivere in modo acquiescente e passivo.
Anche l’intenso espressionismo dei disegni è in sintonia con le atmosfere kafkiane della storia.

Esce invece dai confini di una singola psiche per addentrarsi in una fantastica esplorazione dell’immaginario collettivo la complessa serie Promethea (51), scritta da Alan Moore e disegnata da J. H. Williams III e Mick Gray a partire dal 1999.

È un viaggio attraverso i sogni e la magia, le idee e l’arte, la mitologia e la cabala, che si svolge per lo più nell’Immateria, un territorio mentale condiviso da tutta l’umanità, che sostiene e influenza il mondo materiale.

Promethea è la figlia di un mago egizio del V sec. d.C., inviata nell’Immateria per proteggerla dai cristiani. Diventa un’idea vivente, simbolo del potere della fantasia, appare in opere creative e si incarna fisicamente grazie ad artisti che, con l’immaginazione, ne proiettano le fattezze in altre persone o in loro stessi.

In una New York ipertecnologica, la giovane Sophie Bangs ne è l’ennesima manifestazione e deve difendersi da chi non vuole che influenzi la storia. Poi, con la scusa narrativa di ritrovare un defunto, Sophie si addentra sempre più nel mondo delle idee.

Risale verso i livelli più alti dell’Albero della Vita, mappa cabalistica del mondo immaginario e spirituale, e la serie diventa un meraviglioso percorso iniziatico, arricchito da sempre nuove sperimentazioni grafiche, che sintetizza e reinterpreta le simbologie delle antiche dottrine esoteriche.

A metà tra sogno e viaggio nell’aldilà, è infine il ciclo “Il Mondo di Coo” realizzato dal 2000 dal giapponese Hideji Oda (52).
Renei è una ragazzina di dodici anni che fa un sogno a puntate in cui il fratello morto le dice di chiamarsi Coo (Vacuità), un concetto zen che esprime la percezione con cui si raggiunge l’illuminazione (53).

Ogni volta che Renei si addormenta in uno dei due mondi si sveglia nell’altro e quando capisce di sognare la sua percezione delle cose cambia (“risveglio” è la traduzione letterale di “satori”, illuminazione), ma poi subentra il dubbio di quale dei due luoghi sia reale.

I disegni di Oda sono molto più realistici della maggior parte dei manga e questo accresce il senso di profondità delle storie. Nel sogno, con l’aiuto di Coo e altri personaggi bizzarri, Renei intraprende delle ricerche (di casa propria, del proprio padre morto), ma gli incontri con varie creature surreali diventano soprattutto una ricerca di sé stessa e dei modi per affrontare e superare paure, difficoltà e paradossi dell’esistenza.

 

Molte di queste opere a fumetti comunicano dunque messaggi di risveglio della coscienza, ricerche di soddisfazioni esistenziali, tentativi di conoscere meglio sé stessi attraverso un contatto più profondo con il proprio mondo interiore.

Spesso ci fanno notare che forse quel mondo non è soltanto il nostro, che in qualche modo può essere condiviso dagli altri. La fantasia può farci incontrare nelle immagini dei nostri sogni non solo le nostre piccole verità personali, ma anche una realtà più vasta, una realtà comune a tutti che va oltre la realtà apparente.

Queste opere fragili, fatte di carta e di linee, prive di una consistenza invadente nel mondo fisico, sembrano aver continuato a dirci, in modi sempre più espliciti, diretti e consapevoli, per tutta la durata del secolo del massimo materialismo… che non sono solo le cose materiali a esistere.

 

Note

1) Per esempio il libro di Ugo Plez “Il vero volto del Raja Yoga”, Meb Editrice, 1990.

2) Alcune tavole di “Dreams of the Rarebit Fiend” sono uscite in Italia sul n. 5 del 1975 della rivista Eureka e negli anni ottanta sul n. 1 della rivista Zodiaco. Un’ampia selezione è apparsa nel volume amatoriale “Sogni di un Divoratore di Crostini”, Editoriale Lo Vecchio, 1992.
Un’altra edizione in italiano ancora più completa è stata poi pubblicata nel lussuoso volume di grande formato “Dream of the Rarebit Fiend – Sogno di un Maniaco dei Crostini Gallesi”, Free Books, 2007.

3) Little Nemo uscì in Italia nel 1912 sul “Corriere dei Piccoli” (con il nome Bubi) e nel 1935 sul Topolino giornale. Nel 1969 la Garzanti ne ha pubblicato un volume, ristampato di recente, di cui alcune pagine furono proposte anche sul n. 55 di Linus. L’Editoriale Lo Vecchio ne ha pubblicato un’edizione amatoriale in 5 albi, tra il 1984 e il 1995. Nessuna delle due edizioni è integrale ed entrambe si fermano al 1910, mentre un volume della Taschen del 2000, distribuito anche in Italia, raccoglie tutte le tavole in inglese con i colori originali.

4) Oreste del Buono, “Oh, caro, dolce nessuno”, Linus n. 55 del 1969.

5) Alcune tavole del Little Nemo del 1935, di livello molto inferiore all’originale, furono pubblicate in Italia sul n. 6 del 1974 della rivista Alterlinus.

6) Tavole di “Wee Willie Winkie’s World” sono apparse in Italia con altre tavole dello stesso autore della serie “The Kin-der-kids”, nel volume “Lyonel Feininger”, Garzanti, 1974.

7) Le strisce di Dickie Dare realizzate da Caniff tra il 1933 e il 1934, in Italia sono state raccolte in un’edizione amatoriale da Comic Art, come n. 121 della collana “Magic Moments”.

8) Barnaby è uscito in Italia nel 1947 sulla rivista Il Politecnico e in seguito su Linus. La serie è stata raccolta negli Oscar Mondadori “Barnaby”, 1970, e “Barnaby e Mr. O’Malley”, 1976.

9) I Peanuts sono apparsi in Italia dal 1965 su Linus e poi in una lunga serie di volumi.

10) Le strisce di Mafalda sono state pubblicate in Italia nei volumi della Bompiani, sulla rivista Il Mago dal 1972, sulla rivista Eureka tra il 1983 e il 1984, e da molti altri editori.

11) Le strisce di “Bloom County” sono uscite in Italia su Linus dalla metà degli anni ottanta e nei libri dedicati al personaggio del Pinguino Opus, i più recenti sono della Baldini & Castoldi, 1997/1998.

12) Le strisce di “Calvin and Hobbes” sono uscite in Italia sulla rivista Linus dalla fine degli anni ottanta e in una serie di volumi editi prima da Milano Libri e poi da Panini Editori.

13) “L’Inferno di Topolino”, uscito a puntate su Topolino tra il 1949 e il 1950, fu ristampato nel n. 1 de “I Classici di Walt Disney”. Una versione rimontata in formato album è apparsa nel 1971 nei “Grandi Classici Disney”, nel 1992 e nel 1998 ne “Le Grandi Parodie”.

14) Alan Ford n. 23, Editoriale Corno, 1971.

15) “Sogno di un mattino di mezzo inverno” è stato pubblicato nel 1973 sulla rivista francese Pif e in seguito nell’antologia di Corto Maltese “Le Celtiche”, prima edizione italiana Mondadori.

16) Dylan Dog n. 36, Bonelli Editore, 1989.

17) “Sogno di fine estate” è stato pubblicato in Italia da Star Comics nel 2000, nell’antologia “Ciliegi in Fiore”, secondo albo della serie Hojo World uscito come n. 5 della collana Point Break.

18) “A Midsummer Night’s Dream”, da Sandman Master of Dreams n. 19 del 1990, è stato pubblicato in Italia dalla Comic Art su Sandman n. 6 del 1994 e inserito dalla Magic Press nel volume di Sandman “Le Terre del sogno”, da non confondere con l’omonima serie.

19) “L’Incubo” disegnato da Joe Kubert è uscito in Italia nel 1974 su Tarzan Gigante n. 17 della Cenisio ed è stato ristampato nel 2004 su Tarzan n. 7 delle Edizioni If.

20) Il racconto “L’incubo” illustrato da Burne Hogarth è stato pubblicato sul volume “Jungle Tales of Tarzan”, edizione italiana “Tarzan della Giungla”, Mondadori, 1983.

21) “Condannato ai sogni” è uscito in Italia su Fantascienza Horror n. 1, Edizioni B.S.D., 1991.

22) “Brusco risveglio” è apparso in Italia nel volume “Le Spiacevoli Notti di Zio Tibia”, Oscar Mondadori, 1969, e sul n. 2 dell’edizione italiana della rivista Creepy , Edizioni Elfo, 1985.

23) “… Incubo” è uscito all’inizio degli anni settanta sulla rivista Off-Side, ed è stato ristampato nelle antologie “Bonvi”, Editoriale Corno, 1975, e “Incubi di Provincia”, Mondadori, 1981.

24) “Tu, Illusione” è stato pubblicato in Italia nell’antologia “Zombies!”, Glenat Italia, 1993.

25) Il Dottor Strange in Italia è apparso dal 1970 sugli albi dell’Editoriale Corno L’Uomo Ragno, Hulk e i Difensori, I Fantastici Quattro, I Difensori. Negli anni novanta sugli albi della Play Press Silver Surfer, Thor e in due album della serie Play Special. Le prime storie sono state ristampate da Comic Art nel 1994 in un volume della collana Grandi Eroi Marvel. Più di recente la Marvel Italia ha pubblicato una testata del Dottor Strange di breve durata.

26) Le storie di questa versione di Sandman di Jack Kirby sono state pubblicate in Italia alla fine degli anni settanta, in appendice all’albo Kamandi dell’Editoriale Corno.

27) I 75 albi americani di “Sandman Master of Dreams” (più uno special) sono stati raccolti in dieci volumi. In Italia la Comic Art ha pubblicato i primi 31 albi dal 1991 al 1995 sui periodici “Horror”, “Dc Comics Presenta” e “Sandman”; la Magic Press lo ha pubblicato dal 1996 sulla rivista “Il Corvo Presenta” e nella serie completa dei volumi.

28) “Le Terre del Sogno” appare in Italia nella collana Vertigo Book, Magic Press, dal 2001.

29) Dylan Dog n. 25, Bonelli Editore, 1988.

30) Dylan Dog Speciale n. 7, Bonelli Editore, 1993.

31) “Nightmare: Dreamstalkers” è stato pubblicato in Italia da Play Press nel 1990.

32) L’episodio di Barbarella “L’Altra Luna” in Italia è stato pubblicato a puntate sulla rivista Linus dal n. 10 del 1977 al n. 4 del 1978 e ristampato in volume dalla Milano Libri nel 1979.

33) La serie Neutron, poi ribattezzata Valentina, è uscita a puntate su Linus e i suoi supplementi dal n. 2 del 1965; è stata ristampata in volumi a partire da “Valentina”, Milano Libri, 1968.

34) “Eram nel Sogno” è uscito sull’antologia di Bonadimani “Cittadini dello Spazio”, Nord, 1977.

35) “… Zhuang Zhou sognò che era una farfalla (…) si risvegliò e si accorse con stupore di essere Zhuang-zi. Non seppe più allora se era Zhou che sognava di essere una farfalla, o una farfalla che sognava di essere Zhou”, dal testo classico taoista “Zhuang-zi”, attribuito all’omonimo filosofo cinese vissuto alla fine del IV secolo, edizione italiana Adelphi, 1982.

36) Lanciostory n.° 35 del 1978.

37) Alter Alter n. 7 del 1977.

38) Korsar in Italia è uscito a puntate nel 1979 sulla rivista Corrier Boy ed è stato ristampato nell’antologia Maroto, n. 3 della collana “I Grandi Protagonisti del Fumetto Mondiale”.

39) Clyto è stata pubblicata a puntate sulla rivista Eureka, nel 1975.

40) Tre storie reperibili in “L’Arte di Moebius”, n. 37 de “I Classici del Fumetto di Repubblica”.

41) “Uccisore di Mondi” è stato pubblicato in Italia sul n. 38 della rivista Totem del 1984.

42) “Le Straordinarie Avventure di Penthotal” furono pubblicate a puntate sulla rivista Alter Alter a partire dal n. 4 del 1977, e ristampate in volume dalla Milano Libri nel 1982.

43) “Zanardi at the War”, “Zanardi” medievale e “Storia di Astante”, le ultime due incompiute per la morte dell’autore, sono uscite su Comic Art negli anni ottanta e poi in due album della collana Grandi Eroi, “Zanardi e Altre Storie” del 1988 e “Andrea Pazienza” del 1989.

44) le storie di Little Ego sono uscite prima sulla rivista Glamour e poi sulla rivista Comic Art. La stessa Comic Art le ha ristampate in un album della collana Grandi Eroi nel 1990.

45) “City of Dreams” è stato pubblicato dalla Blue Press, nel n. 8 della collana Eros Comix.

46) “La Rotta dei Sogni” è stato inserito nella raccolta “Viaggi Inquieti” del 1999, nel volume “Max Fridman”, n. 20 de “I Classici del Fumetto di Repubblica”, e insieme a “Restauri”, “Il Maestro” e “Isola del Mito”, nel libro “Viaggi e Miraggi”, supplemento a L’Espresso del 2006.

47) “Il Grande Sonno” è uscito in Italia su “Le leggende di Batman” n. 16, Play Press, 1997.

48) La serie Napoleone è stata pubblicata da Bonelli, in 54 numeri, dal 1997 al 2006.

49) “Dipartimento Esp”, apparso sulla rivista Intrepido, è proseguito dal 1995 al 1997 nei 18 albi della collana Esp (“La Mente è un Mondo” è il n. 17), e poi in album di grande formato.

50) “Il Lungo Sogno del Signor T.” è stato pubblicato in Italia nel 2000 dalla Mare Nero.

51) I 32 albi di Promethea sono stati raccolti in 5 volumi. In Italia i primi 20 albi sono stati pubblicati dal n. 2 al n. 21 della rivista “Alan Moore America’s Best Comics” editi tra il 2000 e il 2006 da Magic Press, che nel 2003 ha iniziato anche l’edizione in volumi, giunta al n. 3.

52) De “Il Mondo di Coo”, in Italia sono usciti i primi due volumi, Coconino Press, 2001/2002.

53) “Tutti i fenomeni sono impermanenti, / tutto è vacuità. / È proprio questo / il grande e completo risveglio del Buddha”, da “Il Canto dell’Immediato Satori” (testo fondamentale dello zen, scritto nel VII secolo d. C. dal maestro Yoka Daishi), edizione italiana SE, 1992.

 

 

(Da Segreti di Pulcinella).

 

 

 

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