Sono nata e ho vissuto a Torino. In questa città, quando ero bambina la parola Savoia ricorreva spesso. Esiste una piazza Savoia con un obelisco al centro. Tutto intorno a Torino ci sono castelli con grandi parchi che erano stati residenze dei Savoia. Nei castelli mi ci avevano portato fin da piccola. C’erano i ritratti dei Savoia. I nostri re erano stati i Savoia. Ma mia nonna paterna, del cui giudizio mi sarei fidata per farmi spiegare un po’ di questi Savoia, era stranamente reticente. Sospirava, quando le mostravo gli articoli sui Savoia sui fogli dei cartocci con cui facevo i coni di carta per incartare le uova. Una cliente del negozio di mio padre ci vendeva annate complete di Oggi, un settimanale illustrato popolare che esce ancora, e io avevo il compito di piegare i coni in cui confezionavamo le uova da vendere. I giornali erano vecchi, un po’ sbiaditi, in bianco e nero.

 

Un vecchio semestre di “Oggi”

Ho comprato su eBay una raccolta di sei mesi di Oggi dal 4 gennaio 1948 al 27 giugno 1948. Ho scelto il primo semestre del 1948 perché il re d’Italia in carica sotto il fascismo, cioè Vittorio Emanuele III, era morto ad Alessandria d’Egitto, in esilio, il 28 dicembre 1947. Io ricordavo molte pagine dedicate da Oggi ai Savoia e ai reali italiani. Quale occasione poteva essere più ghiotta del primo periodo dopo la morte del re e dei suoi funerali? Senz’altro Oggi non se la sarà fatta scappare, pensavo, quando ho comprato la raccolta.

 

È morto a Ginevra Vittorio Emanuele, il nipote di Vittorio Emanuele III.

Il 3 febbraio 2024 è mancato a Ginevra Vittorio Emanuele, che, se avesse regnato, sarebbe stato IV nella linea di successione dei Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia, cioè di Umberto II detto re di maggio perché regnò circa un mese. Era nipote di Vittorio Emanuele III, il re morto ad Alessandria d’Egitto nel 1947. In occasione della morte del nipote di Vittorio Emanuele III la stampa nazionale e i notiziari, nonché le trasmissioni di cronaca e di gossip, hanno ripreso le storie dei Savoia. Di nuovo hanno raccontato la vicenda dell’abdicazione di Vittorio Emanuele III e della sua fuga dai tedeschi prima a Pescara e poi a Brindisi.

Fu un tradimento della patria e dei soldati lasciati privi di ordini da parte del re, come pensavano molti italiani, oppure fu un atto coraggioso del re per cercare di evitare una guerra civile come sostengono i Savoia stessi? La guerra civile ci fu comunque. È pur vero che anche in Francia e in altre nazioni europee si costituirono dei governi in esilio

Sospiriamo volgendo gli occhi al cielo come faceva mia nonna? Mia nonna era coraggiosa, ma non pretendeva e non si aspettava lo stesso coraggio dagli altri.

Mi sembrava che quel re, alto un metro e mezzo e che tentava di barcamenarsi con Mussolini, suscitasse la sua pena.

 

La raccolta di “Oggi” e la morte di Vittorio Emanuele III

La raccolta degli Oggi comprata su eBay inizia con la foto giovanile del re in prima pagina. C’è una scritta a sinistra in basso: ad Alessandria D’Egitto è morto Vittorio Emanuele III. Sei righe riassumono brevemente le vicende umane del re. La foto dell’ex re è al tempo del primo e più felice periodo del regno. È in divisa militare, lo sguardo è aperto, franco. Come diceva di se stesso: “Io sono fottuto nelle gambe”. A causa forse dei matrimoni fra consanguinei, contratti dai Savoia per preservare la purezza del sangue, gli erano rimaste le gambe troppo corte su un busto normale.

All’interno del giornale, a pagina 12 e 13, ci sono otto immagini della vita di Vittorio Emanuele III. Evidentemente il vecchio re aveva estimatori contenti di vedere le sue foto. Ho anche pensato che fosse più semplice per Oggi pubblicare delle foto piuttosto che scrivere degli articoli quando ancora la gente era divisa tra fascisti e antifascisti, fra repubblicani e monarchici. Nell’ultima fotografia è effigiato il vecchio re sottobraccio alla regina Elena, nel 1947 ad Alessandria d’Egitto, durante le nozze della nipote che era andata a sposarsi proprio in Egitto. In questa foto si può notare quanto Elena fosse più alta del re: la regina era un metro e ottanta, mentre lui era un metro e 53.

L’inconsueto aspetto della coppia si dice avesse suscitato la battuta sul re e la regina del duca Amedeo di Savoia Aosta: “Ecco Curtatone e Montanara”, alludendo alla statura del re e alle origini della regina che proveniva dal Montenegro, paese selvaggio e montuoso dei Balcani. C’è un doppio senso perché Curtatone e Montanara sono un episodio bellico della Prima guerra di indipendenza.

Il re non la prese sportivamente: la battuta procurò ad Amedeo di Savoia un trasferimento in Africa, nel Congo Belga.

 

I funerali del re


Il numero 2 di Oggi, anno quarto dell’11 gennaio 1948, riporta in copertina una foto a tutta pagina di Umberto di Savoia, il figlio di Vittorio Emanuele III, all’arrivo al “Campo Faruk” al Cairo, prima dell’ultima tappa ad Alessandria. Umberto II di Savoia viveva in esilio in Portogallo, dal quale era partito per l’Egitto.

Umberto, famoso per far aspettare anche la servitù, era riuscito ad arrivare in ritardo anche lì, tanto che non assistette alla chiusura della bara a cui presenziò la regina Elena.

 

Il divismo

Le foto a tutta pagina di Oggi di solito erano dedicate ai divi del tempo, che erano gli attori e le attrici cinematografiche. A pagina 12 e 13 del terzo numero di Oggi c’è un “Servizio speciale sulla Gala delle stelle al Grand Hotel di Roma”. Attori statunitensi come Jennifer Jones si mescolano ad attori italiani che all’epoca erano all’apice della popolarità: Aldo Fabrizi, Anna Magnani, il regista Rossellini. Dall’inizio del secolo la stampa e il cinema hanno cercato di diffondere il culto dei divi. Il divo è quel tipo di personaggio che non perde di popolarità pure se vengono diffuse notizie negative. Anzi, il personaggio controverso diventa ancora più famoso perché permette alla gente comune di immedesimarsi. Fidatevi, i Ferragnez hanno speranza! Il culto dei divi è stato praticato soprattutto a Hollywood perché faceva bene agli affari. All’inizio del Novecento i primi divi sono stati gli attori di teatro, poi gli attori cinematografici. Le pagine 12 e 13 del numero 5 del primo febbraio 1948 riportano una serie di foto di scrittori statunitensi che, in quel periodo, erano stati tradotti e pubblicati in Italia. Anche i reali, non solo i Savoia, sono trattati come divi.

 

In esilio a Villa Jela

Nel numero 4 del 25 gennaio 1948, a pagina 5, c’è l’articolo: ”A villa Jela è tornato il silenzio”. È illustrato con due foto della villa in cui è vissuto Vittorio Emanuele III in esilio, fino ai suoi ultimi giorni con la regina Elena e due figlie. Il nome che era stato dato alla villa, cioè Jela, era la versione montenegrina di Elena. La coppia reale viene descritta come se fossero dei teneri nonnini, tutti occupati dal pensiero dei figli e dei nipoti.

Le interviste di Umberto II e dei Savoia ci rivelano che il re si spazientiva quando non arrivava una lettera che aspettava. Sappiamo che era stato educato ad avere un alto concetto della regalità, ma, poiché tutti gli riconoscono intelligenza, io credo che non potesse non apprezzare la sua fortuna che gli consentiva di vivere i suoi ultimi giorni tranquillo, circondato dall’affetto di sua moglie e delle figlie. Aveva iniziato il regno dopo la morte di suo padre Umberto I in un attentato e aveva finito con Mussolini appeso per i piedi a Milano, in piazzale Loreto. Poteva succedergli molto peggio dell’esilio a Villa Jela ad Alessandria d’Egitto. A molti italiani era successo molto peggio e forse anche un poco per colpa sua. Prima fra tutte a sua figlia Mafalda di Savoia.

 

Mafalda di Savoia

Sempre nel numero 4 di Oggi a pagina 10 c’è un articolo intitolato: “Mafalda la prigioniera di Buchenvald. Invano scrisse Italia sulla neve dinanzi alla baracca. Cronaca di Vittorio Statera”. Viene narrata, in questo articolo che si sviluppa in due puntate, la terribile vicenda umana della figlia del re che morì a Buchenvald, il campo di concentramento nazista.

Di nuovo (in occasione della morte del nipote) sono stati avanzati dubbi che Vittorio Emanuele III avesse, se non mandato, tuttavia lasciato andare la figlia a morire senza fare nulla per impedirlo. Vi riassumo la storia. La sorella di Mafalda, la regina Giovanna di Bulgaria, si era messa in contatto con i genitori e i parenti rivelando che il marito, re Boris III, dopo essere stato ospite dei nazisti, era in fin di vita forse per avvelenamento. Siamo nel 1943, proprio nei giorni in cui si sta cercando di destituire Mussolini. Se nessuno dei Savoia presenziasse ai futuri funerali di Boris, Hitler ne dedurrebbe subito che i Savoia stanno tramando contro i tedeschi. Così si decide di mandare  Mafalda che è la moglie di un tedesco, il principe D’Assia, un nazista della prima ora. Mafalda pensa che i nazisti non oseranno toccare la sua famiglia. Molto probabilmente il padre non l’avvisò di quello che stava succedendo a Roma.

I tedeschi avevano un ottimo sistema di spionaggio. Quando Mafalda doveva ancora partire per Sofia, il marito era già prigioniero in un campo di concentramento tedesco. Mafalda sarà catturata con l’inganno dai tedeschi e portata a Buchenvald. Un bombardamento alleato le procurerà tremende ferite curate in ritardo con una operazione formalmente corretta, ma che l’infelice principessa non sarebbe stata in grado di sopportare. Morirà nel postribolo del campo e sarà sepolta in una fossa a Weimar.

 

 

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