Go Nagai è uno dei più influenti fumettisti – o mangaka, come si dice in Giappone – di sempre.
Le sue opere sono conosciute e apprezzate in diverse parti del mondo, anche grazie alle trasposizione animate.

Gli anime tratti dai suoi fumetti hanno conquistato l’Italia, a partire dalla fine degli anni settanta, facendo da apripista all’invasione dei prodotti proveniente dal Sol Levante.

Nagai è stato un autore poliedrico, una fucina di idee che ha prodotto fumetti di vario tipo, spesso mescolando i generi: dal satirico ed erotico Scuola senza pudore (1968) all’horror-splatter di Mao Dante (1971) e soprattutto a Devilman (1972), da molti ritenuto il suo capolavoro e a cui presto dedicheremo un approfondimento.

Go Nagai è anche autore di Cutie Honey (1973), una ragazza androide dalle numerose identità con annessi superpoteri; Kekko Kamen (1974), una supereroina che combatte nuda indossando solo una maschera, guanti e stivali rossi.
Il 1974 è l’anno anche di un’altra opera rilevante di Go Nagai: Violence Jack, dove un misterioso energumeno dalla forza sovrumana si muove in un contesto apocalittico combattendo bande di malviventi.

Ma l’opera a cui il nome di Go Nagai in Italia è normalmente associato è Mazinga, e ai vari robottoni che hanno dato via al genere mecha.

MAZINGA Z

Pubblicato a fumetti tra il 1972 e il 1974 prima dalla casa editrice Shueisha e poi dalla Kodansha, Mazinga Z è stato (dopo alcuni personaggi sporadici) il primo dei grandi robot giapponesi, l’equivalente di Superman per il genere dei supereroi in America.

L’idea venne a Go Nagai mentre si trovava imbottigliato nel traffico di Tokyo: l’autore pensò a cosa sarebbe successo se all’improvviso alla sua auto fossero spuntate braccia e gambe. Da lì sviluppò l’idea di un robot guidato internamente da un pilota: Mazinga era nato!

In realtà il soggetto iniziale prevedeva che il robot si chiamasse Energer Z, e venissa guidato dai comandi di una moto che, attraverso una rampa sulla schiena, si inseriva nella testa del robot. Presto la moto venne sostituta da un hovercraft e il nome venne cambiato in Mazinga, in quanto gli ideogrammi che ne compongono il nome originale Majingà, ossia “Ma” e Jin” significano “demone” e “dio”, in quanto chiunque lo pilotasse otteneva un potere tale da poter essere un dio o un demonio.

Per chi se lo chiedesse, la “Z” sta per “super lega Z” di cui è composto il robot, un materiale ricavato dal Japanium, un minerale fittizio che si trova alle falde del monte Fuji.

I ROBOTTONI DI GO NAGAI



Nella serie vediamo il diciasettenne Koji Kabuto, un orfano che vive con il nonno; lo scienziato Juzo Kabuto e il fratellino Shiro. Un giorno, tornando a casa, Koji trova il nonno morente che gli lascia in eredità il robot Mazinga Z, un gigantesco automa i cui comandi, all’interno della testa, sono modulati sulla sua moto.

Koji si troverà in una situazione più grande di lui, venendo dotato di un immenso potere con cui potrebbe distruggere la città anziché proteggerla (dio o demone, appunto). Ad aiutarlo c’è Sayaka Yumi, figlia del professor Yumi, vice di Juzo e direttore del centro di ricerca per l’energia fotonica, che alla guida di Aphrodite A, un robot con sembianze femminili costruito per usi pacifici e missioni umanitarie, gli insegna a pilotare il robot.

Ma perché Juzo Kabuto ha creato Mazinga? Per permettere a Koji di difendere la Terra dagli attacchi del dottor Hell, uno scienziato tedesco con cui anni prima avevano scoperto in Grecia, durante degli scavi archeologica, i resti di una civiltà micenea che utilizzava giganteschi automi.

Hell si impadronì di quella tecnologia creando un esercito di mostri meccanici per le sue ambizioni di conquista, mentre Juzo l’ha utilizzata per creare Mazinga come ultimo baluardo contro di loro.

Koji, quindi, si trova a dover utilizzare questo robot dalle sembianze di un cavaliere medievale, dotato di armi tra cui spiccano i pugni a razzo (Rocket Punch), in cui le braccia vengono sparate come missili e raggi fotonici (Photon Beam), il grande tifone (Rust Hurricane) e il raggio gamma (Breast Fire).

Ad aiutarlo, oltre l’affasciante Sayaka, c’è Boss, un teppista di periferia grasso e rozzo con ambizioni da eroe, che crea un robot ridicolo e impacciato: l’elemento comico della serie.

I ROBOTTONI DI GO NAGAI



Anche il dottor Hell ha degli aiutanti, come il Barone Ashura, una creatura ibrida tra maschio e femmina creata da Hell unendo i corpi di due mummie; e il conte Blocken, un ex gerarca nazista la cui testa è staccata dal resto del corpo.

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In ogni episodio Koji (il cui cognome Kabuto è il nome dell’elmo dei samurai, come a indicare il fatto che stia nella testa del robot) alla guida di Mazinga Z dovrà affrontare uno dei mostri meccanici di Hell, enormi robot dall’aspetto spettrale o grottesco.

Mazinga è stato un successo, ogni bambino sognava di pilotare questo enorme robot contro i suoi mostruosi nemici: la versione moderna dell’immagine classica del cavaliere che combatte i draghi.

Nel finale della serie, Hell manda un esercito contro l’eroe che sarà sul punto di soccombere quando alla fine in suo soccorso arriverà… il Grande Mazinga.

IL GRANDE MAZINGA

Il Grande Mazinga è sostanzialmente un Mazinga Z 2.0, una versione aggiornata dello stesso robot disegnata da Gosaku Ota.
A crearlo è stato il dottor Kenzo Kabuto, il figlio di Juzo. Considerato morto dai più, si è creato un corpo robotico diventando un cyborg, e ha migliorato la creazione del padre.

Ha fatto ciò perché all’orizzonte si profila una nuova minaccia: la civiltà micenea (la stessa scoperta da Juzo e dal Hell) dopo un sonno millenario si sta risvegliando agli ordini del temibile Generale Nero, ed è pronta a riprendersi la Terra.

Come i mostri meccanici di Hell, i micenei sono creature biomeccaniche dall’aspetto mostruoso, vagamente ispirate a mostri del folklore giapponese ed europeo (il Duca Gorgon, per esempio, è un centauro con il busto da guerriero fuso sul dorso di una tigre).

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A guidare il potente robot stavolta non c’è Koji, volato in America con Sayaka per studiare ingegneria spaziale alla Nasa, ma Testuya Tsurugi, il nuovo protagonista della serie.

Tetsuya è stato adottato da Kenzo Kabuto con il preciso scopo di farne il pilota di Mazinga. Fin dall’infanzia ha seguito un rigido addestramento, maturando un carattere schivo e solitario, opposto a quello socievole e allegro di Koji.

I ROBOTTONI DI GO NAGAI


La serie, pubblicata dalla Kodansha nel 1974, ripropone le stesse dinamiche della precedente, con la Fortezza delle scienze al posto del Centro di ricerca fotonica come base operativa. C’è ancora Boss a fare da spalla comica e Jun Hono a pilotare Venus Ace, che praticamente riprende il ruolo di Sayaka e Aphrodite A (con armi aggiuntive come i missili sparati dalle dita o quelli, ben più noti al pubblico, dai seni).

Soprattutto nel manga, le differenze caratteriali tra i due protagonisti vengono evidenziate: mentre Koji era un ragazzo socievole, Tetsuya è più simile a un soldato. Ha praticamente passato la vita ad addestrarsi per pilotare il Mazinga, e in battaglia è assai più spietato con i nemici, seguendo l’etica militare giapponese del Bushido.

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Anche Jun Hono è un personaggio più profondo e definito di Sayaka: è una “meticcia”, suo padre era un africano e a causa del colore della sua pelle ha subito il razzismo fin da bambina, cosa che le ha procurato traumi e insicurezza che cerca di mascherare con un atteggiamento impavido.
Insomma, il Grande Mazinga è un’evoluzione di Mazinga Z rivolta a un pubblico meno infantile.

Nel finale della serie Koji torna dall’America in soccorso di Tetsuya, tornando ai comandi di Mazinga Z

Tra lui e Tetsuya all’inizio ci sono tensioni, in quanto quest’ultimo non si ritiene un pilota pari a chi si è trovato per caso alla guida del robot, al contrario di lui che si è preparato per anni. Oltre a questo, c’è la gelosia nel vedere il padre adottivo Kenzo riavvicinarsi al figlio biologico Koji.

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Tuttavia presto i due eroi supereranno le loro divergenze e collaborando riusciranno a sconfiggere l’impero di Micene, non senza il sacrificio di Kenzo, che con un assalto kamikaze fa esplodere la Fortezza delle scienze contro la base dei micenei.

GOLDRAKE UFO ROBOT

Sempre prodotto dalla Kodansha nel 1975, è la volta di Goldrake Ufo Robot (Grendizer in originale), che rappresenta una sorta di terzo capitolo di un’ipotetica saga, nonostante vi siano alcune incongruenze di continuty con le opere precedenti.

Il protagonista stavolta è Duke Fleed, principe di un pianeta invaso dal temibile re Vega e reso ormai invivibile dalle radiazioni del Vegatron. Duke Fleed è arrivato sulla Terra a bordo di Goldrake, un possente robot unito a un disco volante.  Una volta sul nostro pianeta viene adottato dal dottor Umon (Procton qui da noi) direttore dell’istituto di ricerche spaziali in Giappone, che lo fa passare per il proprio figlio Daisuke (Actarus da noi). 

Qui Daisuke sI innamora della Terra e dei terrestri, andando a lavorare come bracciante nella fattoria di Danbei Makiba (Rigel da noi) e legando con i suoi figli, il piccolo Goro (Mizar) e la bella Hikaru (Venusia).

I ROBOTTONI DI GO NAGAI



Se la storia di un alieno arrivato sulla terra (sebbene da adulto e non da bambino) che va a vivere in una fattoria suona familiare, non ci è dato sapere se Go Nagai si sia ispirato a Superman per la creazione del nuovo personaggio.

Dopo qualche anno anche la Terra viene presa di mira dall’impero di Vega. Daisuke/Actrarus dovrà dunque prendere i comandi di Goldrake per opporsi ai tentativi di conquista, scontrandosi con i mostri meccanici che i generali vegani (sempre caratterizzati da aspetti inquietanti e mostruosi) mandano sulla Terra.

I ROBOTTONI DI GO NAGAI



Ad aiutarlo nella lotta c’è ancora Koji Kabuto, co-protagonista della serie che fa da collante con il resto della saga, sebbene non venga fornita alcuna spiegazione del perché non sia ai comandi di Mazinga. Koji guida prima un prototipo di disco volante creato da lui e in seguito il Goldrake 2, un jet da guerra in grado di agganciarsi a Goldrake e farlo volare in modo più agevole rispetto al disco volante.

La struttura narrativa è la medesima delle due precedenti di Mazinga, mentre la novità si trova nel design del robot. Pur avendo delle armi simili (tranne la mitica alabarda spaziale, arma di culto in dotazione unicamente a lui), Goldrake è dotato di un disco volante (chiamato spacer) da cui Actarus accede direttamente al robot (in una sequenza che nell’anime è divenuta famosissima)

Oltre a Koji, ad aiutare il nostro eroe troviamo Hikaru/Venusia a bordo del Delfino spaziale, un mezzo in grado di agganciarsi a Goldrake per aiutarlo nelle missioni subacque. E Maria Fleed, sorella di Actarus, arrivata anch’essa sulla Terra prima dello sterminio e della distruzione del proprio pianeta.

Anche il personaggio di Maria ricorda Supergirl, altra sopravvissuta di un pianeta distrutto, ma di nuovo non sappiamo se la similitudine sia voluta o casuale (per quanto i fumetti di Superman vennero pubblicati regolarmente in Giappone alla fine degli anni cinquanta). Anche Maria si unisce alla lotta pilotando la Trivella spaziale, mezzo di supporto a Goldrake per le missioni nel sottosuolo.

Lo struggente finale vedrà gli eroi trionfare e Actarus e Maria ritornare al loro pianeta, che si sta ripopolando, lasciandosi indietro gli amici che avevano ormai iniziato a considerare dei familiari.



GETTER ROBOT

Nel 1974, Go Nagai, per conto dell’editore Shogakukan, insieme a Ken Ishikawa crea un nuovo robot, cambiando alcuni parametri rispetto alle serie precedenti. Getter Robot (che prende il nome dal termine giapponese “gattai” ossia “unire”) è il primo dei robottoni componibili, cosa che darà vita a un genere fortunato negli anime e nei giocattoli.

La storia ripete i clichè che abbiamo visto in Mazinga: il professor Saotome, mentre studia una nuova forma di energia definita raggi Getta, scopre che il Regno dei dinosauri, una forma di vita rettiliana sviluppatosi precedentemente all’uomo, si sta risvegliando da uno stato di ibernazione in cui è caduto dal Mesozoico. Saotome allora crea il Getter Robot, alimentato dai potenti Raggi Getter, per respingerli, assumendo come piloti tre persone dalle doti particolari.

Lo spericolato Ryoma Nagare, il freddo e razionale Hajato Jin e il corpulento Musashi Tomoe vengono selezionati dal professore per pilotare le Getter Machine, tre potentissimi Jet (Eagle, rossa, Jaguar, bianca e Bear, gialla) che una volta agganciatosi in volo formano Getter Robot.



La peculiarità di questo robot è che variando l’ordine della combinazione dei jet si possono formare ben tre robot diversi: Getter One, adatto al volo, Getter Two, per le missioni sulla terra e il Getter Tre per combattere nelle profondità marine.

Non manca l’elemento femminile, Michiru Saotome, figlia del professore, che dà sostegno ai tre piloti, suscitando l’interesse del goffo Musashi.

Alternandosi assiduamente nelle tre modalità, i tre eroi tra screzi e rivalità combattono contro i temibili robot mandati dai nemici. La prima serie finirà con l’eroico sacrificio di Musashi, che con un attacco kamikaze (altro elemento che si ripete nelle serie di Go Nagai) si sacrificherà per mettere fine all’Impero dei dinosauri.



Nel 1975 esce un sequel, Getter Robot G, in cui il design del robot viene reso più accattivante. Stavolta a minacciare la terra è L’Impero dei cento Oni, un’antica razza di demoni.

A prendere il posto del defunto Musashi sarà Benkei Kuruma, un forzuto catcher di baseball che di fatto è la copia di Musashi nell’aspetto e nel carattere.



Ancora una volta, come nella serie precedente, gli autori si concentrano molto sulle personalità, così diverse, dei tre protagonisti.

JEEG ROBOT D’ACCIAIO

Altra serie di successo di Go Nagai è Jeeg Robot d’acciaio (Kotetsu Jeeg), pubblicato di nuovo dalla Kodansha con i disegni di Tatsuya Yasuda.

La storia, manco a dirlo, ripete la struttura narrativa dei precedenti robot: lo scienziato giapponese professor Shiba durante uno scavo archeologo trova una misteriosa campana di bronzo. Traducendo le iscrizioni che ci sono sopra scopre che l’Impero yamatai, formato da creature simili a demoni della mitologia e del folklore giapponese, si sta risvegliando da un lungo sonno per riprendersi la Terra. Insomma, il tema classico di Go Nagai.

La campana di bronzo è anche una non ben definita fonte di energia e per questo obiettivo della regina Himika (leader del popolo yamatai) e dei suoi tre generali: Ikima, Amaso, Mimashi.

Per ottenerla attaccano il professor Shiba, ferendo a morte il figlio Hiroshi, brillante pilota di Formula 1 di 25 anni. Per salvargli la vita, lo scienziato trasforma il figlio in un indistruttibile cyborg.

Nel manga ci sono alcune differenze rispetto alla più nota serie tv, in cui Shiba inserisce la campagna d bronzo miniaturizzata nel corpo di Hiroshi quando questi era ancora molto piccolo, allo scopo di salvargli la vita dopo un incidente di laboratorio. Lo rende invulnerabile e gli fornisce i poteri che vedremo nel corso della serie, ma la sua vera natura non viene del tutto chiarita.



Il professor Shiba verrà ucciso dai guerrieri yamatai, e la vita di Hiroshi cambierà di conseguenza. Gli viene fatto recapitare un paio di guanti e un ciondolo, che attiveranno il suo incredibile potere. Unendo i guanti, infatti, Hiroshi può trasformarsi nella testa di un robot, il Jeeg. Per completare la trasformazione interviene la giovane assistente del professore, Miwa, che a bordo del big shooter, un agile velivolo, gli lancia il resto dei componenti che magneticamente comporranno il corpo del Jeeg robot d’acciaio.



La trasformazione è reversibile e viene ripetuta ad ogni episodio. La serie riporta le dinamiche viste nelle serie precedenti: una base con uno staff di scienziati a sostenere l’eroe, un goffo robot comico (guidato da Don Myozeki, rivale di Hiroshi nelle corse, e il suo “scudiero”: Pancho) e una bella assistente.

Go Nagai porta però anche delle innovazioni: innanzi tutto il professor Shiba, sebbene morto all’inizio della serie, torna in forma di intelligenza artificiale, in quanto lo scienziato ha caricato la propria coscienza dentro un computer dal quale continua a seguire Hiroshi.

Il ruolo di Miwa è più attivo rispetto alle sue controparti precedenti. Pur coraggiose, le varie Sayaka, Jun e Hikaru erano personaggi marginali durante l’azione. Miwa, invece, risulta fondamentale nel lanciare i componenti a Hiroshi, risultando a tutti gli effetti determinante, in quanto lo stesso protagonista senza di lei potrebbe fare ben poco.

Hiroshi, inoltre, non è il pilota di un robot, ma è il robot stesso, avendo rinunciato alla propria umanità (o almeno una sua parte) per la salvezza del mondo.



Caratteristica peculiare di Jeeg Robot è il suo continuo trasformarsi. Oltre alle armi convenzionali, grazie alla sostituzione di componenti Jeeg ha all’attivo diverse trasformazioni che ne amplificano la potenza (come un bazooka, degli scudi rotanti o delle trivelle che prendono il posto delle braccia).



LE SERIE TV

La genesi di questi robottoni è abbastanza complessa. Anche se nell’articolo abbiamo seguito soprattutto la versione dei manga, i robottoni nascono su input delle aziende dei giocattoli che si rivolgono alle reti televisive per realizzare delle serie che propongano dei personaggi adatti per essere venduti come giocattoli. La rete televisiva, a sua volta, si rivolge alla compagnia dei cartoni animati, in questo caso la Toei Animation, che chiede a Go Nagai di disegnare il robottone definitivo e scrivere una traccia delle storie, mentre, allo stesso tempo, inizia la pubblicazione del manga (realizzato da lui o da un suo assistente). Per questo a volte ci sono diversità tra manga e anime realizzati nello stesso momento.

Arrivate anche in Italia nel 1978 con Goldrake, primo dei robot trasmesso da noi, queste serie hanno dato via alla moda dei cartoni giapponesi nel nostro paese.

Nonostante all’inizio vi siano state delle controversie nate da associazioni dei genitori che li ritenevano troppo violenti per i bambini, i robottoni fecero la fortuna delle emittenti locali, che iniziarono a “bombardare” il Paese di cartoni animati giapponesi, accompagnati da sigle che ancora oggi sono amate da chi è cresciuto con questi personaggi.

Seppure Goldrake sia l’ultimo capitolo di una trilogia, in Italia è stato trasmesso per primo, ribattezzando il personaggio di Koji Kabuto con il nome “Alcor”, non facendo capire allo spettatore che si trattava dello stesso personaggio della serie Mazinga.



Sono stati prodotti anche numerosi Oav in cui i personaggi di Nagai si incontravano in alcuni team-up, come il Grande Mazinga contro Getter Robot, creando una sorta di “Go Nagai World”.



In Italia i manga sono stati pubblicati da Granata Press all’inizio degli anni novanta e circa dieci anni dopo dalla Dynamic Press.

In seguito Go Nagai ha fatto dei reboot e dei remake dei suoi lavori più famosi, ma sebbene abbia ancora un seguito di appassionati di vecchia data, non è mai più riuscito a replicare il successo ottenuto quaranta anni fa (dovuto essenzialmente alle serie trasmesse dalla tv).

Nel 2024 uscirà un reboot della serie Goldrake prodotta dallo studio televisivo Gaina.

 

2 pensiero su “I ROBOTTONI DI GO NAGAI”
  1. Solo Change! Shin Getter Robot: L’Ultimo Giorno del Mondo / Shin getter Robot vs Neo getter Robot / Shin Getter Robot 2004 hanno funzionato come remake in quanto l’approccio o era alternativo o si cercava di costruire una sceneggiatura che funzionasse (al contrario di Mazinkaiser, che ha tradito le aspettative nella storia. con il colpo di grazia in Mazinkiaser contro Il Generale Nero, dove si “rovinana” il valido cast di nemici del Grande Mazinga; con uno sviluppo differente – magari da “terzo capitolo” nella cui continuity la serie del Great si concludeva con la morte del Generale Nero e l’entrata del Gran Maresciallo delle Tenebre – si poteva ottenere un buon lavoro adatto per la maggior parte dei fan).

  2. Solo Change! Shin Getter Robot: L’Ultimo Giorno del Mondo / Shin Getter Robot vs Neo Getter Robot / Shin Getter Robot 2004 hanno funzionato come remake in quanto l’approccio o era alternativo o si cercava di costruire una sceneggiatura che funzionasse (al contrario di Mazinkaiser, che ha tradito le aspettative nella storia, con il colpo di grazia in Mazinkaiser contro Il Generale Nero, dove si “rovinava” il valido cast di nemici del Grande Mazinga; con uno sviluppo differente – magari da “terzo capitolo” nella cui continuity la serie del Great si concludeva con la morte del Generale Nero e l’entrata del Gran Maresciallo delle Tenebre – si poteva ottenere un buon lavoro adatto per la maggior parte dei fan).

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