L’americano James Dallas Egbert III, nato nel 1962, era considerato un ragazzo prodigio, tanto da venire ammesso all’università del Michigan a soli 16 anni. In realtà si trattava di un depresso, dipendente da droghe e con problemi legati all’accettazione della propria omosessualità.

Alla fine degli anni settanta, James e alcuni suoi amici sono tra i primi giocatori della seconda edizione del più famoso gioco di ruolo fantasy: Advanced Dungeons & Dragons (AD&D). Nei primi giorni dell’agosto 1979, il giovane abbandona il college lasciando un messaggio in cui, minacciando di suicidarsi, cita AD&D.
James si uccide il 15 agosto e i tabloid, giornali scandalistici molto diffusi, accusano AD&D di esserne la causa. In breve, da gioco conosciuto da pochi, grazie anche alla pubblicità non voluta AD&D diventa un grande fenomeno di costume.

Tre anni dopo accade un caso simile e la causa del suicidio viene fatta risalire nuovamente a quel gioco di ruolo. Irving Pulling, il ragazzo che si è ucciso, era depresso da molto tempo, non conosceva ancora AD&D quando aveva cominciato a comportarsi in maniera irrazionale e delirante.

Ciononostante, la madre di Irving accusò un insegnante con il quale giocava di aver lanciato una maledizione al figlio durante il gioco di ruolo, cioè da personaggio di fantasia a personaggio di fantasia, che poi avrebbe avuto effetto nella vita reale. La signora Pulling perse la causa, ma poco dopo fondò la Bothered About Dungeons and Dragons (Badd), associazione con la quale intervenne in alcuni processi di omicidi e suicidi dando sempre la responsabilità al gioco di ruolo e arrivando a chiedere all’ente preposto a questo tipo di prodotti, il Consumer Product Safety Commission, di applicare sulle confezioni dei giochi delle etichette di avvertimento.

La richiesta venne respinta, ma la donna convinse la Game Manifacturing Association, l’associazione dei produttori, a realizzare ricerche riguardo lo stato psicologico dei giocatori di ruolo nei casi dove l’associazione della signora Pulling aveva mosso delle accuse. L’esito dei ricercatori è stato negativo sulla relazione tra i giochi di ruolo e suicidi. La Badd, accusata di avere manipolato le informazioni, dovette chiudere.
Poco dopo nacque il Comitato per la promozione dei giochi di ruolo (Car-Pga) per combattere altri casi di diffamazione. Ancora oggi, malgrado la situazione sia nettamente migliorata, di tanto in tanto si formano crociate come quella creata dalla Pulling.

La verità è che quei giovani morti suicidi cercavano nei giochi di ruolo qualcosa contro la loro depressione: per loro erano, insomma, una specie di cura, non la causa dei problemi.

Oggi tra gli appassionati dei giochi di ruolo non ci sono solo ragazzi, ma anche persone di quaranta anni. Alcuni sono disoccupati o hanno problemi di altro tipo e nei giochi di ruolo, ormai anche online, trovano un modo per combattere le loro frustrazioni mettendosi nei panni di personaggi che vivono una realtà alternativa più interessante.

Anche se, bisogna ricordarlo, i giochi di ruolo, come qualsiasi altro passatempo, sono attività non solo normali, ma anche positive per l’equilibrio psicologico di tutti.

 

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