metronotti e guardie notturne

Su metronotte, guardie notturne o vigilanti, la letteratura sembra essere stata avara. Esiste poca documentazione sulla loro origine, o forse io ho prestato poca attenzione.

Nella letteratura di finzione si trovano accenni a personaggi che, pur essendo partecipanti chiave del meccanismo della trama, non sono figure di rilievo, come i metronotti di Georges Simenon nei romanzi del commissario Maigret.
A proposito della parola metronotte: se diamo retta alla regola sui nomi composti per cui una parola composta da aggettivo (metropolitano) e sostantivo (notte) al plurale modifica solo la desinenza del secondo elemento, dovremmo dire metronotti, ma il Dizionario italiano De Mauro dice che metronotte è un sostantivo invariabile. Tra l’altro, un neologismo del 1951. Mi risulta che sia un termine usato più che altro nel nord Italia e nella bassa Svizzera.

Karen Louise Erdrich, autrice statunitense in cui scorre sangue pellerossa e i cui temi riflettono i disagi di un popolo soffocato, nel 2021 ha vinto il Premio Pulitzer con il romanzo Il guardiano notturno (The Night Watchman, 2020), dove il protagonista, guardia notturna e membro della tribù degli Ojibway, guarda con sospetto al piano del Congresso per l’assimilazione dei nativi.

Metronotte è anche il titolo di un film giallo di Francesco Calogero, uscito nel 2000 e con la presenza di Diego Abatantuono, i cui protagonisti sono appunto guardie notturne.

Vigilante è poi un termine che nel fumetto ha avuto una grande diffusione, basti pensare ai vigilanti della casa editrice statunitense Dc Comics. Del resto Batman non è forse la guardia notturna per eccellenza?

Lo storico e archeologo Mario Attilio Levi, nella monografia Roma antica (Utet, 1963) appartenente a una poderosa opera storica intitolata Società e costume, Panorama di storia sociale e tecnologica, ci racconta dell’origine delle guardie notturne.
Posso assicurare sull’elemento ponderoso: salendo la scala per estrarre il pesante volume, per un attimo mi è sfuggito dalle mani e perché non cadesse rovinosamente ho attutito il colpo sulla sommità della scala con l’avambraccio. Risultato: un acceso livido.
A parte gli scherzi, è un’opera meravigliosa e accurata. Se ne esce con l’impressione di essere stati per davvero nella Roma antica.

Per il nostro argomento, Levi racconta che tutto ebbe inizio quando Gaio Giulio Cesare Augusto, primo imperatore di Roma dopo il periodo repubblicano, fece la riforma militare.

Terminate le guerre civili, infatti, l’impero si era ritrovato con l’unica necessità di una forza militare difensiva. Occorreva ridimensionare l’esercito: “Nelle riforme militari augustee fu anche compreso l’arruolamento di 6000 uomini, divisi in quattro coorti, costituenti la polizia della città (la città di Roma, n.d.r.). Inoltre, per sottrarre il servizio di spegnimento degli incendi all’iniziativa privata, fu organizzato il corpo dei vigiles, adibito anche a rafforzare il servizio di polizia. Si trattava di sette coorti di 1000 uomini l’una, e il reclutamento veniva fatto soprattutto fra liberti. Il servizio veniva prestato in tutte le quattordici regioni in cui venne divisa la città augustea, ognuna delle quali dotata di una caserma di 500 vigiles.”.

Questo è quanto. Il corpo dei vigili fu costituito da Augusto e, in considerazione del fatto che avevano anche il compito di spegnimento e contenimento degli incendi a cui Roma andava soggetta periodicamente (la cosa rappresentava un grave problema in quanto la maggior parte degli edifici romani era in legno), è implicito anche che l’origine degli odierni pompieri risale ai vigiles di Augusto. Quello che Levi non approfondisce è il fatto che le loro mansioni fossero notturne.

L’enciclopedia digitale conferma che, a un preesistente numero di 600 uomini adibiti alla sicurezza della città, Augusto avesse ampliato l’organico a 7000 uomini.
Come si può leggere sulla pagina, il corpo era comandato dal praefectus vigilum, i cui diretti sottoposti erano un tribuno (cioè un ufficiale dell’esercito romano) e sette centurioni (cioè i capi di centurie) per ogni singola coorte (nell’esercito regolare la coorte era costituita da 600 soldati e dieci coorti davano luogo alla famosa legione romana).

Ognuna delle sette coorti di vigiles presidiava due delle 14 regioni di Roma, per un totale di 423 quartieri. Due perché in una veniva insediata la Statio, cioè la Caserma ovverosia il luogo di alloggio, attività e istruzione degli uomini, nell’altra una Postazione di Guardia.

Il loro equipaggiamento era costituito da lampade, considerata la natura notturna del loro servizio, “secchi, scope, siphones (una sorta di idranti con le tubature in cuoio, per la lotta contro il fuoco), asce, ramponi, zappe, seghe, pertiche, scale e corde, oltre ad alcune centones (coperte bagnate utilizzate per soffocare le fiamme).”.

Seguitemi sull’ultimo gradino del riassuntino digitale perché poi parlerò del libro scomparso.

Infine il ventaglio dei compiti e delle specializzazioni dei vigiles erano 6:
Vigiles Aquarii (addetti alle prese d’acqua), Vigiles Balneari (addetti ai bagni pubblici), Vigiles Horreari (sorveglianti dei magazzini), Vigiles Carcerarii (controllo delle prigioni), Vigiles Siphonarii (per azionare le pompe d’acqua), Vigiles Sebaciarii (addetti all’illuminazione notturna).

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Umberto Donnici: Il vigile notturno, 1939 (copertina)

 

Ora che abbiamo un quadro moderno di chi fossero i vigiles, scopriamo una monografia di cui si è perso il ricordo.
Premetto subito che non ne esiste una copia in vendita, perlomeno al momento, però nel Fondo nazionale bibliotecario italiano ne sono depositate tre copie. Si trovano alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, alla Biblioteca nazionale Braidense di Milano, alla Biblioteca comunale Guglielmo Marconi di Roma. Questo per chi volesse sincerarsi di prima mano.

L’autore è Umberto Donnici. Non ho trovato notizie certe su di lui. Forse è stato un medico o un ricercatore scientifico milanese perché nell’Archivio centrale dello Stato è depositato un atto di proprietà intellettuale, in data 15 novembre 1926, per un medicinale espettorante. L’atto proviene dalla Camera di Commercio e Industria di Milano.
O forse è quel Romeo Umberto Donnici di cui una libreria antiquaria bolognese ha posto in vendita, qualche tempo fa, alcuni stralci rilegati in coperta muta e provenienti da riviste sconosciute, ma che risalgono ai primissimi anni Trenta. Ne enumero i titoli per conoscenza: Le risorse del Paraguay e le possibilità della nostra colonizzazione (1932), Madera ?Insula de lo legname? (1934), Il lavoro italiano all’estero. Come fu che il vino vinse l’acqua nella California (1932).
Per noi resta un illustre sconosciuto, però di lui è rimasto un libro.

Il titolo del libro è Il vigile notturno dal primo Impero romano all’anno XVII dell’Era Fascista. Fu pubblicato a Milano nel 1939 dalla Tipografia delle Missioni.

All’epoca era in atto una sorta di glorificazione di Roma come faro di civiltà e del fascismo nel mondo. Era propaganda e, un po’ come il recalcitrante Ariosto, l’autore rinascimentale dell’Orlando furioso, quando si sentiva “cortigiano poeta”, “cameriere segreto” e “poeta cavallaro” sotto il servizio del cardinale Ippolito d’Este perché gli impediva l’attività letteraria come avrebbe voluto, le alternative erano piegarsi al diktat. C’era chi non si piegava e faceva la fame, c’era chi si piegava malvolentieri e faceva meno fame, c’era chi si piegava attivamente e godeva di un effimero successo, c’era poi chi moriva di vigilante attesa.
Che poi si credesse alle dediche gonfiate e alla profusione di supposta gloria, era compito del lettore districarsi.

Ciò non toglie che la monografia di Donnici sia un importante documento storico, una volta tolta la citazione di apertura di Arnaldo Mussolini, unica concessione al famoso diktat, oltre al titolo, perché per il resto si presenta scritto con perizia e cognizione dell’argomento. Riporta perfino una bibliografia che rileverò alla fine, a uso e consumo degli studiosi.
Che fosse un puro e per questo venne oscurato al punto che noi posteri oggi non ne sappiamo più nulla?

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Donnici: Il vigile notturno (Ubicazione delle caserme dei Vigili nell’antica Roma)

 

L’autore esordisce individuando alcuni problemi principali ereditati da Augusto e insoluti fin dal tempo di Giulio Cesare, suo predecessore: carestia e corruzione, e gli incendi.
Le prime provenivano da una popolazione dell’Urbe in rapido aumento e povera, attratta a Roma da elargizioni periodiche di frumento. La carestia obbligava così a importare grano da Sicilia, Sardegna e Africa, ma il Senato si dimostrava incapace di far fronte alla sorveglianza di questa enorme ricchezza.
Il secondo riguardava la sicurezza: il sistema di costruzione, unito a elementi estranei infiltrati nella plebe, favorivano incendi, furti ed estorsioni praticati nelle vie strette della città grazie anche alla mancanza di illuminazione. Non bastava la repressione, ma occorrevano prevenzione e custodia.

Pare però che concetti di custodia e protezione esistessero già in ambito sacro ad Eleusi e ad Atene due volte l’anno, durante i Misteri Eleusini.
Inoltre a Ravenna e ad Alessandria, ancora prima che Augusto introducesse i vigiles a Roma, esistevano già corpi di vigilanza notturna e potrebbe essere che Augusto ne copiasse l’istituzione.

Nel periodo repubblicano immediatamente precedente ad Augusto, custodia e protezione erano affidate a schiavi assoldati da ricchi privati ad uso personale. Tentativi di organizzazioni regolari erano stati fatti, ma con insuccesso e perfino Augusto, inizialmente, si era limitato a implementare i pochi ordinamenti già esistenti sotto la responsabilità degli Edili, la cui competenza riguardava la gestione delle strade, dei bagni pubblici e degli edifici; quella dei mercati e dei giochi pubblici e circensi. Ma furti e incendi non diminuirono.
Il grave incendio scoppiato nel 7 avanti Cristo (secondo alcuni il 6) convinse Augusto a fare la riforma.

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Donnici: Il vigile notturno (Corpo di guardia, Excubitorium, della VII Coorte)

 

La costituzione delle coorti così come ho anticipato è confermata dall’autore, il quale aggiunge che le vigiliae (ricordo che il dittongo ae si pronuncia e) erano turni di guardia notturni che si prolungavano dalle sei di sera alle sei del mattino. Per questo le sentinelle furono denominate vigiles.
Pagati dalle casse dell’esercito, non erano però un corpo militare e solo nel III secolo ebbero nome di milizia. Dopo sei anni di servizio incensurato, più tardi ridotti a cinque, potevano ottenere la cittadinanza romana.

All’inizio i vigili notturni abitavano in case private e solo in seguito in sedi ufficiali, cioè le coorti e le stazioni. Rinvenimenti occasionali hanno permesso di comprendere l’ubicazione sicura di alcune e di dedurre le altre: per esempio, quando nel 1600 si iniziò la costruzione del palazzo Savorelli Muti in piazza Santi Apostoli si constatò l’esistenza della I Coorte.
Per l’enumerazione di coorti e caserme rimando al testo, o a un privato contatto con me.

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Donnici: Il vigile notturno (Frontone di un’edicola eretta dalla centuria della IV Coorte; Roma, Museo Terme)

 

Chi era il Praefectus vigilum, il gran capo?
Non era un magistrato propriamente detto, ma neppure soltanto un ufficiale; dalla carica di prefetto dei vigili, infatti, poteva ascendere a prefetto dei pretoriani, il reparto militare a guardia dell’imperatore, che aveva anche funzioni ai servizi segreti, all’amministrazione, alla polizia e, in caso di bisogno, d’aiuto ai vigiles durante incendi.
Più normalmente assurgeva a prefetto dell’Annona, cioè la carica preposta alla partizione del raccolto, dove una quota era conservata per la semina successiva e un’altra fungeva da riserva in caso di carestia.

Non solo, il prefetto dei vigili poteva anche arrivare alla posizione di praefecti Aegypti, cioè la massima carica. Non dimentichiamo che l’Egitto era il granaio del mondo, a quell’epoca: forniva venti milioni di staie annuali di cereali a Roma.
Considerando che l’antico staio romano valeva un sedicesimo di moggio (una unità di misura di circa 8,45 litri), cioè poco più di mezzo litro, l’importazione annuale di cereali dall’Egitto si aggirava a oltre 10 milioni e mezzo di litri.

Lo staio, dal latino sexstarius, era l’antica unità di misura usata in Italia prima dell’adozione del sistema metrico decimale, iniziata con la Convenzione del Metro nel 1875. Rispetto allo staio romano, lo staio del dopo Roma col tempo aveva assunto valori diversi a seconda della regione: in Toscana valeva per esempio 24,36 litri, ma a Casale Monferrato 16,16 per arrivare fino a Venezia dove valeva 83,31 litri.
Immagino la difficoltà di conversione durante gli scambi commerciali, a quei tempi.

Tornando al nostro prefetto, da Traiano a Diocleziano ebbe ai suoi ordini anche un sottoprefetto e le sette coorti divennero quattordici. Gli si portavano gli arrestati e i processi minori avvenivano di giorno. Di notte, in caso di incendi, doveva presenziare per sorvegliare l’opera dei vigili. Si può dire che il suo servizio fosse ventiquattro ore su ventiquattro.
Quanto alla suddivisione degli incarichi, l’autore enumera tutti i titoli del Corpo dei prefetti, i titoli dei sottoposti al Tribuno di coorte, e infine il Corpo tecnico di coorte, che ho già citato ma di cui l’autore specifica le 14 specializzazioni, anziché le sole prime 6 originarie.

Un capitolo intero è dedicato a un approfondimento della costituzione tecnica del corpo, nonché alle varie mansioni e ai pericoli e agli ostacoli del loro lavoro. Non a caso ogni coorte aveva 4 medici, classificati Immunes.

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Donnici: Il vigile notturno (Ostia, Caserma dei Vigili)

 

Fondata nel VII secolo avanti Cristo, Ostia fu dapprima una piccola colonia militare e solo nel 266 a.C., con l’istituzione della questura ostiense, diventò urbs. In questo periodo già si depositava presso la città il grano di Sardegna e sempre da lì partivano gli approvvigionamenti per le battaglie di difesa o di conquista.

Venendo a essere insufficiente il porto fluviale, nel 42 dopo Cristo l’imperatore Claudio diede inizio ai lavori di un nuovo porto artificiale e un secondo porto esagonale fu fatto costruire tra il 100 e il 106 (secondo altri tra il 106 e il 113) dall’imperatore Traiano, tanto che la città per l’intera durata dell’Impero acquisterà un ruolo predominante. Lì, oltre alle immense quantità di derrate, sbarcavano tutti i tributi delle province, tanto che la città cominciò a gareggiare in bellezza e ricchezza con la capitale.

A noi la città portuale interessa perché, si sa, un’immensa ricchezza attira ladri. Fu l’imperatore Claudio, quando trasformò e ampliò l’amministrazione annonaria, a istituire a Ostia un distaccamento di 700 vigiles forniti a turno dalle coorti di Roma.

Ostia è anche importante per il nostro argomento perché furono gli scavi archeologici effettuati in loco a dare la quasi totalità del materiale che ha permesso di accertare l’esistenza e le modalità di vita del vigile notturno; per esempio, il ritrovamento della Caserma dei Vigili nella regione II.

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Donnici: Il vigile notturno (Pianta della Caserma dei Vigili a Ostia)

 

Dagli scavi è stato rinvenuto che i vigiles di Ostia veneravano Vulcano e la dea Statat Mater, una divinità compitale che proteggeva dagli incendi (per Lares Compitales si intendono divinità domestiche poste ai crocevia, un po’ come quelle edicole religiose che si vedono ancora oggi nelle campagne).
Oltre a Ops Opifera, una dea molto antica già onorata ai tempi dei primi re romani e personificante l’abbondanza dei raccolti, nel culto dei vigiles rientrava anche Jupiter Dolichenus, Giove Dolicheno, un dio romano di culto misterico cioè solo per iniziati. E naturalmente onoravano i Genii, il cui culto animista era universale nell’armata.

I Genii erano entità antichissime, forse esistenti ancora prima degli dei, capaci di rendersi visibili sia in sembianze umane che animali. Pensiamo, per esempio, al Genius Loci, divinità protettrice di un luogo ma anche di coloro che vi abitano o vi transitano. Tutto e tutti erano permeati da genii.
Era un mondo magico in cui gli spiriti umani, collegati direttamente con quanto li circondava, trovavano una spiegazione e un rimedio per ogni evento. A quei tempi Carl Gustav Jung non avrebbe trovato molto da fare per sbarcare il lunario, perché l’inconscio collettivo era percorso dai genii che si incaricavano di presenziare a tutto, o comunque indicavano l’origine delle cose, del male e la via da seguire.

Genio alato. Affresco proveniente dal peristilio della Villa di Publius Fannius Synistor a Boscoreale, vicino a Pompei

 

Nel tardo Impero, quando Roma cominciava ad avvicinarsi al declino, i vigiles ebbero l’incarico di guardia delle Terme (III secolo), che vennero aperte anche di notte. Furono di guardia al Senato nell’adunanza in cui si votò l’abolizione del paganesimo con l’avvento del cristianesimo.
Quando Costantino decise di creare una nuova capitale a Costantinopoli, si perdono le tracce dei vigiles a Roma, per ritrovarle fiorenti nella nuova capitale, arricchita da tutto ciò che si era potuto depredare a Roma.

A Costantinopoli l’organizzazione venne modificata: il praefectus vigilum fu chiamato plebis pretores, pretori del popolo. Era un magistrato munito di ampi poteri, specialmente di polizia, con un mandato di notte e di giorno.
In appendice al volume, viene riportato l’intero Comunicato dell’Imperatore Giustiniano Augusto a quelli di Costantinopoli dove, a iniziali cenni storici sui vigiles romani, si passa poi all’annuncio della nuova denominazione, ai compiti dei preposti al servizio previo diploma, alla qualità delle persone scelte. Dovranno contrastare ladri e delinquenti, oltre a occuparsi degli incendi. Il documento è in data 22 settembre anno 525 sotto il consolato di Belisario.

Nello stesso periodo in Italia, invece, un’efficiente organizzazione di vigiles notturni operava a Ravenna, indipendente dalle forze militari.
Poi il buio.

Nel 1100 i vigiles cessarono l’ufficio di pompieri, i quali si costituirono in un corpo separato, per far fronte alla frequenza di incendi che colpivano interi quartieri di Roma e Milano.

Nel 1300 si ricorse a una sorta di guardia civile costituita da cittadini di sicura moralità, con compiti di perlustrazione a turno. Viene quindi da pensare che il corpo dei vigiles era in qualche modo decaduto se le città dovettero ricorrere all’iniziativa privata.

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Donnici: Il vigile notturno (Un Vigile medioevale in Germania)

 

Sotto la dominazione spagnola, tra il 1500 e il 1600 fu istituito il “sereno” che durante la notte percorreva le vie della città armato di lume e di bastone e cantando a voce alta l’ora e il tempo. “È mezzanotte e tutto va bene” oppure “Son le due e piove a dirotto” erano tipiche frasi urlate o cantate dai sereni.

È ancora del 1600 la fioritura in vari Paesi europei di guardie civili, corporazioni di genere militare con uomini reclutati tra i notabili del posto in aiuto all’autorità comunale.

In un periodo più tardo in Italia sorsero società private in concorrenza tra loro, con guardie munite di bastone e spesso di un cane poliziotto. Tanto che la figura del vigile diventa un po’ uno spauracchio. L’autore riporta una minaccia materna in uso a Catania: “Se non dormi subito, chiamo il Vigile!”.

Donnici: Il vigile notturno (Un “sereno” da una porcellana tedesca di stile rococò)

 

Nel capitolo conclusivo di Donnici, c’è una panoramica del corpo dei vigili a lui contemporaneo, in particolare a Roma e Milano.
A Milano, la necessità di fondere le varie società concorrenti (riferisce che nel 1928 erano ben 36) porta alla nascita di un solo Corpo di guardie giurate, sorretto dall’Autorità prefettizia e di polizia: il Corpo di Vigilanza notturna.
A Roma viene creato l’Istituto dei Vigili Privati dell’Urbe, che va ad assorbire i quattro istituti esistenti fino a dopo la Prima guerra mondiale (Italia, Aquila, Renard e Fidelitas).

Entrambi i Corpi sono costituiti da uomini scelti e addestrati, vincolati da giuramento, vestono una divisa, portano la pistola e le chiavi delle case assicurate. Girano solitari in bicicletta, ma nelle periferie in pattuglia.

Donnici: Il vigile notturno (Il Corpo dei Vigili Notturni a Roma)

 

Sempre da Donnici: Il vigile notturno (I Vigili dell’Urbe sfilano al Colosseo)

 

Il vigile notturno (Reparto che si reca in servizio, C.V.N. di Milano)

 

Il vigile notturno (Vigile in perlustrazione, C.V.N. di Milano)

 

Come promesso, riporto di seguito l’intera bibliografia segnalata dall’autore e aggiornamenti contemporanei.

Per Carlo Nocella: Le iscrizioni graffite nell’Escubitorio della VII Coorte vedere il saggio di Simonetta Serra “L’Excubitorium della VII Coorte a Roma: alle origini del sistema antincendio”, da “Atti del Convegno Salvare la storia, Testimonianze di soccorso tecnico e prevenzione incendi nel passato” a cura di Stefano Marsella e Simonetta Monti (Istituto Superiore Antincendi, 2017)

Per P.K. Baillie Reynolds: The Vigiles of Imperial Rome vedere ultimo link in Ulteriore bibliografia

Per Otto Hirschfeld: Die Sicherheitpolizei in roemischen Kaiserreiche vedere bibliografia dell’autore sul sito onlinebooks.library.upenn.edu

Per Ersilia Caetani Lovatelli: Scritti vari (1898) vedere sul sito bibliotecario francese gallica.bnf.fr

Per Cagnat (Daremberg & Saglio) vedere “Le Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines de Daremberg et Saglio” consultabile all’indirizzo indicato sul sito thiasos.eu

Per G.B. De Rossi: Le stazioni delle 7 Coorti dei Vigili nella città di Roma vedere link in Ulteriore bibliografia. Nel momento in cui scrivo c’è una copia in vendita presso un sito antiquario

Per E. De Magistris: La Militia Vigilum di Roma Imperiale, Roma 1898, vedere ultimo link in Ulteriore bibliografia

Per Paul Ottomar Werner: De incendiis Urbis Romae, Lipsia 1906, vedere archive.org. È anche possibile acquistare una ristampa anastatica (presumo che sia anastatica) dell’editore Kessinger Publishing (2010)

Per Guido Calza: Ostia l’autore non precisa quale pubblicazione delle due intitolate Ostia. C’è comunque un’edizione aggiornata da Maria Floriani Squarciapino del 2008

Petronio: Satyricon, Cena Trimalchionis Ch. 79

Cassiodorus: Varie Libro VII, 7 § 8

Digesto: Ufficio dei Vigili (Ulpiano)

Valerio: Libro I

François Émile Michel: Rembrandt. Sa vie, son œuvre et son temps, Hachette 1893 (a proposito del quadro Ronda notturna di Rembrandt per cui il pittore incorse nella pericolosa tracotanza del comandante della guardia, non piacendogli il ritratto)

Otto Cima: Milano vecchia (non è difficile procurarsi edizioni originali oppure ristampe contemporanee)

 

Ulteriore bibliografia si trova nel sito ostia-antica.org

Rembrandt: Ronda di notte, 1642

 

 

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