Valentina

Da ragazzino andavo matto per i fumetti di Valentina Mela Verde, pubblicati ogni settimana su due grandi pagine del Corriere dei Piccoli, diventato Corriere dei Ragazzi nel 1972. Mi colpiva che i personaggi, Valentina appunto, suo fratello detto il Miura (dal nome di una favolosa Lamborghini), l’amica Bea, il padre baffuto e tutti gli altri, avessero dei corrispettivi identici nella mia vita reale. Esistevano davvero, con nomi diversi e forse assortiti diversamente, ma esistevano. L’amica di famiglia giornalista del grande quotidiano, il prete giovanlista, la sorellina pestifera di una vicina di casa (che per di più si chiamava proprio Stefi), il libraio arruffato ma coltissimo, l’amica bellissima e sofisticata dai capelli rossi. Leggendo Valentina entravo in un mondo parallelo identico al mio e però in un certo senso ideale, perfetto, rassicurante.

Mi favorivano certo le generiche collocazioni geografiche e umane delle storie, una città identica alla Milano in cui abitavo, la casa campestre della nonna, gli ambienti sociali (come le classi scolastiche) nei quali il piccolo borghese, il figlio dell’immigrato meridionale e l’élite culturale si mischiavano senza che nessuno si accorgesse di alcuna differenza.
Però un’amica che viveva in un paesino del Sud Italia mi racconta che anche lei si identificava nei personaggi di Valentina, per motivi del tutto diversi eppure altrettanto forti dei miei.

Grazia Nidasio - Valentina mela Verde - Corriere dei Ragazzi
Le pagine di “Valentina” erano sempre piazzato a due terzi del “Corriere dei Ragazzi”, non ricordo che il personaggio abbia mai avuto l’onore della copertina

Ogni settimana, con il compagno di banco delle medie, commentavo i nuovi fumetti delle serie di Alfredo Castelli: Otto Kruntz, Tilt… mai avremmo ammesso di leggere nello stesso giornale anche Valentina, fumetto per signorine. Erano anni in cui non tutte le scuole erano miste, le ragazze erano esseri misteriosi e minacciosi con le loro risate spavalde quando ci intravedevano in mutande attraverso le finestre nello spogliatoio della palestra. Leggevo Valentina anche per capire se quelle ragazzine in grembiule bianco fossero davvero così pericolose, domandandomi come mi sarei accorto che un giorno mi sarebbero piaciute e se baciarsi fosse davvero così bello. Lessi Valentina fin verso i quindici anni, poi me ne dimenticai per riscoprirla una decina di anni fa.

Grazia Nidasio, la creatrice di Valentina, è morta la vigilia di Natale di questo 2018 nel paesino di Certosa di Pavia, nella campagna lombarda.


Con delicatezza e senza orpelli ideologici, Grazia Nidasio ha raccontato la nascita del mondo moderno, quegli anni settanta che oggi sono scioccamente ricordati solo per il terrorismo o i lampadari kitsch. Ha ceduto con parsimonia alle forzature didattiche del “Corriere dei Ragazzi”, per esempio nel descrivere il dramma di un padre militare con il figlio obiettore in carcere, o descrivendo il rischio di rimanere incastrati dalla droga, riuscendoci senza che il Miura si facesse anche solo mezzo spinello. Ma spiegava volentieri alcuni piccoli segreti del mondo, arrivando a coinvolgere il “vero” Ermanno Olmi per fargli spiegare come si realizza un film. Erano davvero anni di cineforum, spettacoli teatrali di ogni genere, di diciassettenni che producevano dischi di successo. Per i ragazzi erano anche i primi anni dei viaggi all’estero, perlopiù in Nord Europa, con lo scambio “alla pari”.

Grazia Nidasio - valentina Mela Verde 5
Erano gli anni dei primi contatti dei ragazzi italiani con mondi diversi, soprattutto nordeuropei

Grazia Nidasio ha descritto l’emancipazione femminile più concreta, non quella urlata dei collettivi femministi o rimodulata dalle tetre visioni del Partito comunista. Ha raccontato le piccole conquiste quotidiane delle donne della piccola e media borghesia, quella che leggeva il mensile Duepiù dedicato alla sessualità e voleva che le proprie figlie vivessero in un mondo di parità. Ha consegnato l’automobile alla mamma di Valentina, un fatto quasi impensabile poco prima, negli anni sessanta, quando solo le donne emancipate dal denaro o dalla cultura (che allora andavano di pari passo) potevano guidare.

Grazia Nidasio - Valentina Mela Verde 2

Ha attribuito ai suoi adolescenti libertà di pensiero e capacità intellettuali, libertà quasi sempre messe a frutto. Certo, attorno al Miura, nel mondo reale cominciavano a cadere le vittime dell’eroina, ma invece di raffigurare furbescamente il quadro del degrado, Grazia Nidasio preferiva proporre un mondo alternativo, che scelsi senza esitazione.

La sua unica ideologia, implicita, fu affermare che i cambiamenti sociali positivi non avvengono grazie ad azioni politiche burrascose, ma all’interno delle famiglie e dei piccoli gruppi sociali, e in definitiva grazie all’affetto e all’amore degli e per gli altri. Nelle storie i ragazzi incontrano anziane mondine, bislacchi filosofi, autostoppisti, buratttinai, pretonzoli del gruppo Abele, manifestanti di estrema sinistra (edulcorati), ragazze della società bene. I pregiudizi, quando ci sono, cadono nell’incontro, spesso didascalico, ma non per questo non accattivante. Alla base di tutto, come lei stessa avrebbe detto molti anni più tardi, l’idea di Grazia Nidasio era che il senso dell’umorismo e la capacità di sdrammatizzare sono da coltivare in ogni occasione, soprattutto le più difficili.

Grazia Nidasio 3

Non si parlava di sesso nelle pagine di Valentina, ma si sapeva che quando fosse accaduto sarebbe stato quello degli adolescenti, incasinato, pasticciato, divertente, a volte imbarazzato.

Dopo Valentina, per anni Grazia Nidasio ha pubblicato vignette singole sul “Corriere della Sera”, con la piccola Stefi che faceva la spiritosa. A me mettevano tristezza, un po’ perché dopo i fasti dei racconti quelle vignette mi sembravano un declino ingiusto. Un po’ perché non capivo come mai la Stefi fosse rimasta incastrata in un’infanzia infinita, mentre certamente Valentina e tutti gli altri erano intanto cresciuti, si erano laureati, sposati e avevano avuto dei figli. Avrei voluto liberare la Stefi delle vignette, darle la vita che le avevano sottratto per obbligarla a recitare battutine così così. Ma immagino che l’autrice avesse anche il diritto di guadagnarsi da vivere come poteva.

Grazia Nidasio sapeva di essere una persona semplice e fuori del giro giusto, e in fondo penso se ne compiacesse. Nel quarto dei volumi che raccolgono tutte le tavole di Valentina, nel Dialogo immaginario di una giovane Valentina Mela Verde e un editore di fumetti d’avventura con la faccia di Sergio Bonelli fa dire alla Valentina/Grazia Nidasio che i supereoi “mi fanno ridere coi loro mantelli e le assurde calzamaglie, e che abbattano muri e sorvolino grattacieli. Ho sempre l’impressione che, alla fine dell’avventura, mi offrano un detersivo anticalcare per il W.C.”. L’editore si infiamma: “Ma lei, chi è per criticare il mito? La disturba forse nel suo vivere quotidiano piccolo borghese?”; ma alla fine ammette: “Senta, i supereoi non piacciono troppo neanche a me, quanto al finto horror e alle storie sull’aldilà le tollero perché mi hanno reso un sacco di soldi… Ma infine lei, cosa voleva?”.

“Volevo solo divertire e raccontare storie ‘vere’ per dire ai ragazzi dell’età dei brufoli e dei prof che è utile imparare a ridere per sopravvivere”.

A volte, quando mi guardo attorno e vedo questi brufolosi di oggi che ridono poco e vanno alle feste in giacca e cravatta portando il vinello e parlando come pensionati, e piangono in televisione perché hanno sbagliato il sale del soufflé, ringrazio silenziosamente Valentina per avermi aiutato a essere ciò che sono oggi.

Tutte le storie di Valentina Mela Verde sono state riproposte in quattro volumi, i primi tre editi da Coniglio, il quarto (perlopiù in bianco e nero) da ComicOut.

 

 

21 pensiero su “VALENTINA E l’EDITORE CON LA FACCIA DI BONELLI”
  1. Apprezzo molto le storie di Grazia Nidasio, la loro freschezza e originalità, l’humor delicato, la grazia, ma non concordo che non avesse orpelli ideologici. I suoi professori propongono in classe frasi di MAO e i voti si danno COLLETTIVAMENTE. Per carità fumetti del ’68, siam caduti tutti in quegli equivoci tragici.
    L’ideologia e la tendenza predicatoria però, sono evidenti anche in queste tavole proposte.
    La velata accusa a Bonelli di far fumetti per soldi, lo sterco del diavolo, invece Nidasio li faceva per la gloria, il disprezzo per il fumetto diverso dal suo, sono pregiudizi da sinistra chic. Forse Nidasio rideva di tutto, ma non di se stessa.

  2. l’unico che mi ha mai fatto veramente divertire era Guido Martina, ma perchè era un qualunquista. Nelle sue storie erano tutti cattivi:
    istituzioni corrotte
    uomini d’affari disonesti e ladri
    studenti Vandali e analfabeti
    disoccupati pigroni fan cazzisti
    donne isteriche e sceme

    Tutti gli altri autori sono schierati e non divertono per nulla. Grazia Nidasio per dire è una radical chic

  3. Questi commenti mi danno molto fastidio per non dire di peggio
    Io ho sempre letto la Nidasio e non me ne è mai importato un cazzo delle sue posizioni politiche perchè non le faceva pesare e solo una mente malata come certi fanatici militanti di partito potevano notarlo
    E comunque non si giudica dalle posizioni politiche una come lei che poi scriveva sul corriere dei piccoli mica su il quotidiano di servire il popolo.
    Voi ce l’avete con la Nidasio perché non avete capito i suoi personaggi che proponevano un mondo migliore per i giovani al passo con i tempi che deduco voi non siete stati
    Voi ce l’avete con la Nidasio perché non sapete come dire che per voi è sorpassata e non vi ha mai detto niente.
    Voi ce l’avete con la Nidasio perché faceva un fumetto comico che oggi non esiste più anche per colpa di gente che spara giudizi come voi
    Lasciatela perdere che non merita il vostro ricordo cazzaro e leggetevi i fumetti di oggi che a parte certi fanno cagare per tanti motivi che tanto è inutile dica a voi
    Radical chic sul Corrierino ma cosa mi tocca leggere
    Complimenti invece al pezzo di Toninelli e alle belle illustrazioni

    1. Certo che leggere “per colpa di gente che spara giudizi come voi” in un post il cui autore etichetta come fumetti che fanno cagare quelli che non gli piacciono e come fanatiche, dementi e cazzare, le persone che non la pensano come lui, fa un po’ sorridere.

  4. E’ passato troppo tempo da quando leggevo le storie di Valentina Mela Verde sul corrierino per ricordare nei dettagli le storie e quindi potermi pronunciare sulle sue posizioni politiche, o meglio su quelle della Nidasio.
    Quello che posso dire, in generale, è che ogni personaggio a fumetti è l’espressione in tutto o in parte del suo creatore e quindi riflette anche le sue convinzioni ideologiche e politiche. Questa semplice verità non dovrebbe scandalizzare o far arrabbiare.
    Diverso è il discorso quando un personaggio a fumetti viene utilizzato come strumento di propaganda per sostenere le posizioni proprie di determinati partiti e contro altri partiti.
    L’incontro tra Valentina e l’editore similBonelli, mi sta dando molto da pensare. Sono a confronto due diverse concezioni del fumetto; al riguardo a costo di dire una ovvietà ritengo che la soluzioni migliore sia di cercare di fare un fumetto che coniughi qualità e popolarità ovvero che possa vendere il più possibile perchè mi sembra chiaro che lo scopo di un editore non è (solo) di fare ottimi fumetti ma ( anche) di vendere e guadagnare.

  5. Ma quanto siete zelanti nell’analisi politica della Nidasio!
    Era un’autrice che manifestava la propria visione del mondo nelle sue operae, certo. Ma non è quello che fanno gli Autori veri?
    Un autore va giudicato da quello che ci ha lasciato e la Nidasio ci ha lasciato un ironico, meraviglioso ritratto degli anni 70 (allargato agli ultimi 60 e primi 80).
    E se il volume preferito di mia figlia (10 anni) è una raccolta de La Stefi, vuol dire che l’Opera della Nidasio parla anche alle nuove generazioni.

  6. Premesso che ho amato la Nidasio da lettore, e trovo che sia stata indiscutibilmente un’autrice grandissima, queste pagine sono sconcertanti per il livore che traboccano e per la superficialità del suo j’accuse a Sergio Bonelli e ai fumetti d’avventura. Le interpreto come uno sfogo senile, e sono davvero mortificanti per il ricordo dell’autrice. Sarebbe stato meglio non tirarle fuori.

    1. Le tavole non sono state “tirate fuori”, le ha scritte e disegnate l’autrice per il quarto volume dell’opera omnia valentiniana. Se entriamo nell’ordine di idee di dar voce o meno all’opinione altrui sulla base di propri convincimenti, anche estetici, finiamo dritti dritti nel politicamente corretto e da lì nel comunismo, o viceversa.

  7. Nell’articolo non c’era scritto che le tavole con Bonelli erano state disegnate ad hoc per il quarto volume della “valentineide”. Essendo tavole “metafumettistiche”, e quindi chiaramente non concepite per un pubblico generalista, pensavo che fossero state realizzate per qualche rivista di settore o qualche catalogo di mostra e ripescate per l’occasione. Questo non cambia il fatto che sono tristissime e mortificanti, intrise di moralismo da due soldi. Un brutto sigillo a una splendida carriera.

  8. Quello che si vede in quelle tavole non è una mera polemica anti-Bonelli, qui messo solo come “portavoce” della categoria, quale autore “popolare” di maggior successo: la polemica infatti non tocca nello specifico i personaggi di Bonelli, ma è generalizzata contro l’escapismo.

    E qui, Grazia Nidasio, con tutte le sue doti e il buon ricordo di quando leggevo Valentina Mela Verde da bambino (ma preferivo Tex) conferma una cosa di cui sono sempre più convinto: le opinioni e la parte politica cambiano nel corso della vita, ma i valori della classe sociale in cui sei nato restano. E l’alta borghesia ha sempre visto con sospetto l’escapismo. Una classe sociale convinta di vivere nel mondo migliore possibile, e intenta a costruire un futuro ancora più radioso per tutti… come si permettono quei villici incolti di preferire storie di fantasia alla nostra meravigliosa realtà?

    Semplificando, è l’incomunicabilità (che si vede anche oggi in politica) fra chi sta bene e chi sta male. La Nidasio nelle sue storie raccontava la realtà che vedeva, o che sognava, che sperava, e in queste poche pagine pubblicate in questo articolo (che avevo già letto come acquirente della raccolta delle storie) si vede chiaramente la frustrazione del vedere il grosso pubblico preferire la fuga, nel mondo della fantasia, alla sua realtà.

    Per me, la vita di Valentina era una fantasia lontana nè più nè meno che non le avventure di Tex. Non era la mia vita e non sarebbe mai stata la mia vita. Quando Tex pestava i bastardi prepotenti, parlava alla mia esperienza personale molto, molto di più che non il Miura che voleva andare a Londra…. e mi dava pure molta più soddisfazione.

    1. Penso che la questione non sia di ceto sociale ma di genere: alcune femmine, soprattutto una volta, non sopportano le scene di violenza. I romanzi che leggevano erano molto più “domestici” rispetto a quelli dei maschi, non “I tre moschettieri”, ma “Piccole donne”.

      1. Penso che il discorso valga ancora oggi: quante autrici donne scrivono chessò, manga di azione e combattimenti ?
        Pochissime : la maggior parte di loro narrano di storie di amore o di vita quotidiana.
        La Nidasio, che pur aveva una certa età e quindi viene da una certa generazione con valori all’ antica , parlava appunto di ciò.
        Quello era il suo ideale di fumetto e quello ha fatto .
        Il suo “odio” verso Bonelli, probabilmente era l’odio verso il Mondo Editoriale Italiano ( di cui Bonelli era ed è il simbolo ) che non capiva il suo modo di fare fumetti e l’aveva emarginata : si legge la critica al fatto che in italia, una protagonista femminile tipo, deve essere come la Valentina di Crepax : un irreale figona , un pò baldracca ed esibizionista , ad uso e consumo maschile, in cui nessuna lettrice può immedesimarsi .
        E infatti prima dei manga, di lettrici non è che ce ne fossero tante da noi, per via della visione maschilista che si dava dell’ altra metà del cielo.

  9. vorrei far presente ai commentatori più livorosi, che questo è un necrologio in forma di racconto, l’ultimo saluto a una persona cui molti – io per primo – hanno seppure da lontano, voluto bene; chiedo dunque per favore di piantarla lì; se proprio dovete criticare Grazia Nidasio fatelo altrove, sempre che sia dignitoso dar contro ai morti perché la pensavano diversamente senza far del male a nessuno; grazie; A. A.

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