Secondo il filosofo e politico comunista Antonio Gramsci, Padre Brown sarebbe un investigatore ancora più bravo di Sherlock Holmes.

La creatura di Arthur Conan Doyle rappresenta la mentalità pragmatica e terra terra tipica dei protestanti e degli anglosassoni: raccoglie le prove e ricostruisce i fatti. Senza indizi, scrive Gramsci, non saprebbe che pesci pigliare.
Invece Padre Brown (il prototipo dei preti detective creato da Gilbert Keith Chesterton nel 1910), pur non disdegnando l’investigazione scientifica, ragiona anche sul movente, grazie alla sua conoscenza dell’animo umano maturata ascoltando per anni i suoi fedeli in confessione. È, diremmo oggi, un profiler ante litteram.

ANTONIO GRAMSCI, SHERLOCK HOLMES E PADRE BROWN

 

Sherlock Holmes e Padre Brown insieme

L’osservazione di Antonio Gramsci viene ripresa e sviluppata da Rino Casazza, autore di diversi romanzi apocrifi con protagonisti detective famosi (si è cimentato con Auguste Dupin, Charlie Chan e Philo Vance), ambientando per di più l’avventura in Italia.

ANTONIO GRAMSCI, SHERLOCK HOLMES E PADRE BROWN

Tra il novembre e il dicembre 1913 il cinquantenne Sherlock Holmes riceve una richiesta d’aiuto da una nobildonna italiana, la contessa Alberta D’Amico di Martinengo, sposata da cinque anni con il conte Hector di Shadywood, conosciuto quando studiavano a Cambridge.
Le famiglie di entrambi hanno un’industria tessile, e dato che lord Hector ha un fratello maggiore che si occupa della loro, lui ha preso le redini di quella fondata vent’anni prima dal nonno della moglie, la Cotoni Seriana di Grassobbio (Bergamo).

La ditta, un tempo fiorente, è in cattive acque per il passaggio dai vecchi macchinari, alimentati dal fiume Serio, a quelli a vapore. Per rientrare nei costi, lord Hector ha tagliato gli stipendi e ridotto i servizi per gli operai ai quali un tempo provvedeva direttamente il datore di lavoro (ospedale, asilo nido eccetera).

Ultimamente, proprio nel villaggio industriale, tre persone sono state trovate morte dissanguate con dei fori nel collo. Tutte erano sole in casa, con solo una finestra aperta. E sono stati rinvenuti peli di pipistrello sulle scene dei delitti.

Il mito del vampirismo è diffuso nell’Europa dell’Est, ma nell’epoca in cui si svolge la storia ha da poco conosciuto nuova linfa in Gran Bretagna, grazie al romanzo Dracula di Bram Stoker. Di conseguenza tutti collegano il delitto al nuovo padrone giunto all’Inghilterra.

Il commissario Maffeis, originario di Torino, crede sia in atto una congiura per infangare l’attuale gestione della Cotoni Seriana.
Il razionale Sherlock Holmes esclude la presenza di veri vampiri, ma dubita anche della pista del complotto. Sa anche che un inglese come lui andrebbe incontro all’ostilità della gente del posto. Chiede allora aiuto a Padre Brown. I bergamaschi accoglierebbero meglio un inglese ficcanaso se questo fosse un sacerdote cattolico, data anche l’apparente natura demoniaca dei delitti.
Radunati il dottor Watson e Flambeau (l’ex-ladro francese redento da padre Brown e divenuto sua spalla), il quartetto parte per la bergamasca, mentre le indagini di Maffeis puntano a un circo di trapezisti zingari transilvani…

Due miti della detection inglese che vivono un’avventura in Italia. Operazione ambiziosa, ma riuscita. La trama è ben congegnata. Sherlock Holmes e padre Brown sono come li descrivono i rispettivi autori, sia caratterialmente sia nell’approccio all’indagine. Con i battibecchi e le bonarie punzecchiature che tutti ci aspetteremmo. La nebbiosa campagna bergamasca, ben descritta da Casazza, si dimostra non meno misteriosa e sinistra della brughiera inglese (il cosiddetto “gotico padano” dei film di Pupi Avati ha fatto scuola).

Due sole cose ci hanno lasciati perplessi. La prima è che John Watson non sia il robusto ex medico di guerra, valida spalla per Sherlock, creato da Conan Doyle, bensì l’ingenua e goffa mascotte tratteggiata da Nigel Bruce nei film degli anni trenta con Basil Rathbone.

La seconda è che Sherlock Holmes, volendo parlare direttamente in italiano senza farsi tradurre dal poliglotta Flambeau, inanella una sequela infinita di strafalcioni (“abrupta” anziché “improvvisa”, “reconizare” anziché “riconoscere”) che rallentano la lettura.

Poco male: la prima aggiunge un filo d’ironia alla situazione, la seconda non rompe il ritmo dell’indagine.

Il romanzo si può trovare in ebook o in cartaceo su Amazon.

 

Chi è l’autore

Nato nel 1958 a Sarzana, in provincia di La Spezia, Rino Casazza è laureato in giurisprudenza. Vive a Bergamo e lavora a Milano.
Tra i suoi racconti e romanzi originali ricordiamo il giallo per ragazzi Lara e il Diario Nascosto (scritto in coppia con Daniele Cambiaso), Al Tempo del Mostro (sui delitti del “mostro di Firenze”) e Gli Enigmi di don Patrizio, personaggio ispirato a padre Brown, tanto più che Casazza, nelle sue opere, si inventa che il nome di padre Brown (mai rivelato dal suo creatore Chesterton) è proprio Patrick.

 

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