Il fiorentino Luigi Pulci (1435-1484), cortigiano di casa Medici, è stato ambasciatore a Milano, Napoli e Venezia per il condottiero Roberto Sanseverino. I suoi resti sono stati sepolti in terra sconsacrata perché ateo convinto.

Per divertire Lorenzo il Magnifico e la madre di lui Lucrezia Tornabuoni ha scritto un poema che faceva la parodia dei romanzi cavallereschi, come le gesta di Orlando, re Artù e Lancillotto. Il titolo è Morgante Maggiore.

I suoi cavalieri sono rissosi, spocchiosi, in grado di scatenare guerre per il futile motivo di una partita a scacchi, infedeli e spergiuri con le donne. Capaci di diventare briganti da strada e derubare gli inermi, e privi di dignità davanti alla possibilità di morire.

Re Carlo Magno è un vecchio idiota privo di ogni capacità di discernimento, stolidamente credulo nelle false e tendenziose parole del traditore Gano di Maganza. Verrà spodestato e si rifugerà imbelle in casa di una dama che lo terrà nascosto.
Nella generale stupidità e mancanza di regole sarà addirittura un diavolo, Astarotte, l’unica voce morale e di razionale ragionamento.

Non avrebbe molto valore questo poema epico-comico se Pulci non avesse inserito due personaggi di sua invenzione.
Il primo è il gigante Morgante, essere dalla forza smisurata, capace di far crollare una torre a mazzate, ma corto di mente e infantile di sentimenti. Il suo fare spontaneo e docile ispira una simpatia che gli altri personaggi non possiedono.
Il secondo personaggio è il “mezzo gigante” Margutte, concentrato di ogni vizio possibile, ma dotato di quell’astuzia e quella malizia che mancano a Morgante, e ne fanno quindi il suo partner ideale.

GLI ANTENATI DI ASTERIX E OBELIX SONO ITALIANI

Luigi Pulci non se la sente di continuare il poema con due comparse balzate al ruolo di protagonisti.
Perciò Margutte termina la sua vita in soli due canti scoppiando letteralmente dal ridere, e Morgante, che compare in 10 canti su 28, privato della controparte dotata di intelligenza, seppur perversa, muore banalmente per il morso di un granchiolino.
Questa fine è il simbolo, dell’inutilità della forza bruta non sorretta dalla ragione. Il poema eroico-comico viene in seguito ripreso e sviluppato da Ludovico Ariosto, con l’Orlando Furioso.

Il francese Francois Rabelais (1494-1553) è un prete mancato diventato medico simpatizzante dei protestanti.
Ispirandosi a Morgante e Margutte, inventa i giganti Gargantua e Pantagruele, eroi degli omonimi romanzi. Pantagruele trova nello scaltro Panurge un alter-ego non dissimile dal “mezzo gigante”, e lo accompagna nel lungo, metaforico e satirico viaggio alla ricerca dell’oracolo della diva bottiglia.
Nel 1913 il musicista Massenet mette in scena un’opera su Panurge.

GLI ANTENATI DI ASTERIX E OBELIX SONO ITALIANI

Al contrario di Luigi Pulci, ormai dimenticato come autore, soppiantato da Ariosto, Rabelais è sempre stato apprezzato nella cultura francese. È arrivato a ispirare un nuovo genere artistico e culturale figlio del figurativo e del letterario: il fumetto.

Lo sceneggiatore René Goscinny (1926-1977) e il disegnatore Albert Uderzo (1927-2020) incontrano successo e popolarità proponendo un duo di discendenza pulciana-rabelaisiana: il piccolo furbo Asterix e il grosso ingenuo Obelix. Due immaginari celti che nei tempi del De Bello Gallico mettono a soqquadro umoristicamente lo stato romano con le sue invincibili legioni.
Allo stesso modo il duo cinematografico Terence Hill Bud Spencer ottiene il favore del grande pubblico interpretando i maneschi e grotteschi Trinità e Bambino, nei western all’italiana del regista E.B. Clucher (pseudonimo di Enzo Barboni).

Confrontando le imprese di Asterix e Obelix con quelle di Morgante, Gargantua e Pantagruel, emerge innanzitutto l’uso della forza, appannaggio della mole dei giganti.
Rabelais fa anche di più: un inseparabile compagno di Gargantua è il frate Giovanni Fracassatutto (frére Jean des Entommeurs), antenato di Don Camillo come uomo di religione che usa con destrezza il randello contro gli avversari.

Il grande corpo dei giganti necessita di una enorme quantità di cibo. Morgante entra in un’osteria, mangia un bufalo allo spiedo, sacchi di pane e frutta, bigonci di vino. Infine il suo compagno Margutte incendia il locale e la coppia fugge senza pagare.
Poco più avanti i due ammazzano un elefante: Morgante lo divora per intero senza lasciare nulla a Margutte.
Pantagruele, poi, ha un tale appetito che è stato coniato il vocabolo “pantagruelico” per descrivere un pranzo esageratamente abbondante.

Tutto ciò ha la sua rappresentazione fumettistica nei grandi banchetti che si organizzano nel villaggio dei galli. Decine di cinghiali vengono arrostiti e la maggior parte sbafata da Obelix, panciuto e rotondo come Pantagruele.

Va infine notato il contesto storico nel quale vengono fatti agire tali personaggi. Sia la Repubblica romana sia l’Impero carolingio sono potenti e organizzati solo in apparenza, basta poco per metterli in crisi.
I musulmani penetrano fino ad assediare Parigi se non interviene l’ammazzasette Orlando, e le invincibili legioni di Roma vengono facilmente scompigliate e disperse a ceffoni da Asterix e Obelix.

Forse Goscinny e Uderzo non conoscevano l’italiano Luigi Pulci, ma lo conosceva bene Rabelais, perché Morgante è stato un bestseller, tanto che Leonardo da Vinci si divertiva a copiarne alcuni versi tra un disegno e l’altro.

 

 

2 pensiero su “GLI ANTENATI DI ASTERIX E OBELIX SONO ITALIANI”
  1. Questo articolo mi risveglia il ricordo scolastico dei seguenti versi immortali:
    “Rispose allor Margutte: – A dirtel tosto,
    io non credo più al nero ch’a l’azzurro,
    ma nel cappone, o lesso o vuogli arrosto;
    e credo alcuna volta anco nel burro,
    nella cervogia, e quando io n’ho, nel mosto,
    e molto più nell’aspro che il mangurro;
    ma sopra tutto nel buon vino ho fede,
    e credo che sia salvo chi gli crede”.

  2. Spiegazione al sesto verso riportato da Lentano:
    L’aspro e il mangurro erano due monete orientali, la prima d’argento, la seconda di rame.

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