Silvia Dionisio

Silvia Dionisio nasce a Roma nel 1951 da famiglia borghese e benestante. Figlia di un pediatra, con tre fratelli e una sorella minore di due anni di nome Sofia (attrice di minor fortuna), entra nel cinema grazie al nonno giornalista che la mette in contatto con il mondo dello spettacolo. La sua infanzia è quella della tipica bambina prodigio: ancora piccolissima partecipa come indossatrice alle sfilate di moda dedicate agli abiti per bambini.

Debutta nel cinema a quattordici anni con una particina in Darling (1965) di John Schlesinger, coproduzione italo-inglese che racconta la scalata al successo di una giovane fotomodella. Il suo ruolo è quello della figlia della famosa attrice inglese Julie Christie. Tra i suoi primi lavori ricordiamo il divertente Eat it (1967) di Francesco Casaretti con Frank Wolff e Paolo Villaggio. Eat it è una satira paradossale della società dei consumi e del mondo della pubblicità che racconta le vicissitudini di un cavernicolo (Villaggio) obbligato a reclamizzare le qualità afrodisiache di una carne in scatola. Wolff è il produttore dello spot che a un certo punto prende il posto dell’improvvisato attore e mangia così tanta carne da trasformarsi in una mucca.

Nel 1967 Silvia Dionisio vince il concorso di bellezza Miss Teenager, momento importante per una bella ragazza che sogna di fare l’attrice, prosegue con molti musicarelli a fianco di cantanti di successo come Mario Tessuto, Gianni Dei, Little Tony e Mal. Il suo aspetto da ragazzina la porta a ricoprire ruoli da bellezza frivola e viziata che fa innamorare il cantante protagonista della pellicola di turno. La Dionisio è perfetta interprete di pellicole sentimentali leggere ma di buon successo come Pronto… c’è una certa Giuliana per te di Massimo Franciosa (1968) che la vede accanto a Mita Medici, Gianni Dei e Marina Malfatti. È una storia che si svolge in una scuola e racconta l’amore tra compagni di classe seguendo la trama del romanzo Maturità classica di Gianfranco Ferrari. Un anno prima Silvia si era trovata coinvolta nel cast de Le grandi vacanze di Jean Girault (1967), un film francese con Louis de Funès, una pochade che porta sul grande schermo il gusto teatrale degli scambi di persona e dei malintesi. Nude… si muore di Antonio Margheriti (1968) – che per l’occasione si firma Anthony Dawson – è un giallo classico molto hitchcockiano, che presenta alcuni elementi gotici come la villa, il castello, lo scantinato assimilabile a una cripta e il luogo chiuso dove sui compiono delitti. Gli omicidi sono molto horror, ben fotografati e introdotti da una mano coperta da un guanto nero che si muove nell’ombra. Lo schema è quello dei Dieci piccoli indiani di Agata Christie, perché – a parte il primo omicidio che si svolge in un bagno – tutti gli altri si verificano all’interno di un collegio femminile. Il killer è uno dei personaggi che l’autore ci presenta, anche se il colpo di scena finale è un po’ macchinoso e rischia di sembrare un artificio narrativo troppo spinto. Il film doveva essere girato da Mario Bava, che non lo fece perché impegnato con Diabolik. Giovanni Simonelli e Franco Bottari lo sceneggiarono per Margheriti che ne assunse la direzione e ne fece un thriller rosa sempre indeciso su quale strada prendere. Silvia Dionisio recita in un bel cast femminile che vede la presenza di Malisa Longo, Lorenza Guerrieri e Selly Smith.

Ricordiamo Silvia Dionisio per alcune partecipazioni televisive, sia come ospite che come valletta a fianco di Corrado, ma pure come attrice di telefilm (Triangolo Rosso di Ruggero Deodato).

Silvia conosce il regista Ruggero Deodato sul set del film Vacanze sulla Costa Smeralda (1969) interpretato insieme a Little Tony, i due si fidanzano e si sposano il 5 dicembre 1971. Deodato è un regista famoso per la sua passione nei confronti delle donne, viene ricordato per la bellezza delle compagne che ha sempre avuto al suo fianco, ma Silvia Dionisio è la ragazza che più lo ha stregato e che rappresenta il suo primo vero grande amore. Deodato è così innamorato che cita la moglie durante uno spot televisivo inquadrando una sua foto su un giornale che il protagonista sta sfogliando. Dal matrimonio nasce Saverio Deodato Dionisio, che poi farà l’attore di fiction televisive. Il settimanale di fumetti per ragazzi Il Monello pubblica un’intervista di Silvia Dionisio a firma Laura Sighieri, intitolata Devo tutto a mio nonno, dove l’attrice confessa: “Voglio sentirmi una donna come tutte le altre, avere una famiglia, dei figli. Il cinema ha un’importanza relativa. Per me contano soprattutto i veri affetti. Voglio essere madre, moglie, donna nella mia famiglia. Giorno dopo giorno…”. Qualcosa non funziona perché Ruggero e Silvia divorziano dopo otto anni di matrimonio.

In ogni caso il 1969 è un anno intenso per Silvia Dionisio che interpreta: Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano di Luigi Comencini, Italiani! È severamente proibito servirsi della toilette durante le fermate! di Vittorio Sindoni, Un detective di Romolo Guerrieri e Il commissario Pepe di Ettore Scola. Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano è la trasposizione su grande schermo dei primi cinque capitoli delle Memorie di Casanova, racconto tipicamente comenciniano della solitudine di un essere umano. Italiani! È severamente proibito servirsi della toilette durante le fermate! vede la Dionisio nelle vesti di coprotagonista come fidanzata di un aspirante rivoluzionario (Franco Acampora) che pospone l’amore agli ideali politici. Si ricorda come la prima volta in cui compare un seno nudo della bionda attrice – appena maggiorenne – in una pellicola. Un detective di Romolo Guerrieri vede la Dionisio accanto a Franco Nero nei panni del commissario Belli, una bella coppia cinematografica per deliziare occhi maschili e femminili. Il film è il più classico dei poliziotteschi con implicazioni noir alla Melville-di Leo, tratto da un romanzo di Ludovico Dentice. Il commissario Pepe di Ettore Scola vede la Dionisio accanto a un mostro sacro come Ugo Tognazzi in un insolito ruolo da difensore della legge. Tratto dal romanzo omonimo di Ugo Facco De Lagarda, non è un semplice poliziottesco, ma una commedia agrodolce che condanna vizi privati e pubbliche virtù della provincia veneta.

Nel 1970 Silvia Dionisio incontra l’occasione della sua vita interpretando un ruolo da protagonista ne La ragazza di nome Giulio di Tonino Valerii, pellicola scandalo tratta dallo scabroso romanzo di Milena Milani. Il film è giustamente definito pretenzioso e girato con uno stile da fotoromanzo dalla critica più attenta, ma Silvia è molto brava come ragazzina quattordicenne che scopre il sesso e si barcamena in una situazione difficile. Silvia Dionisio mostra doti da attrice completa che può fare di meglio che interpretare parti da bellona frivola e da comprimaria di un cantante. Ha soltanto diciannove anni, ma la sua classe buca lo schermo almeno quanto la bellezza, capace di dare corpo a un personaggio scontroso e solitario, ma forte e deciso che in parte assomiglia al suo vero carattere. La pellicola gode di un’ottima fotografia curata da Stelvio Massi e delle suadenti musiche di Riz Ortolani. L’arciere di fuoco di Giorgio Ferroni (1971) mostra la Dionisio in vesti succinte accanto a Giuliano Gemma per un film in costume di produzione italo-spagnola che racconta la saga di Robin Hood. Il prete sposato di Marco Vicario (1971) è una coproduzione italo-francese interpretata da un cast stellare per una commedia di ambientazione romana: Lando Buzzanca, Luciano Salce, Magalì Noël, Barbara Bouchet, Enrico Maria Salerno, Mariangela Melato, Karin Schubert, Salvo Randone, Ely Galleani e Rossana Podestà. Buzzanca è un giovane prete sconvolto dagli atteggiamenti disinibiti della borghesia che frequenta la sua parrocchia, ma si innamora di una prostituta e vorrebbe lasciare i voti. Le musiche sono di Armando Trovajoli, ma il film non osa andare oltre il consentito sul versante della critica sociale affrontando in modo marginale il problema del celibato dei preti.

Nel periodo 1971-1972 ricordiamo Silvia Dionisio in due caroselli indimenticabili: Avete già incontrato una ragazza così? di Ruggero Deodato per la crema di bellezza Venus e Amarevolissimevolmente, insieme a Jean Sorel, regia di Deodato per l’Amaro Cora.

Un film non fondamentale nella filmografia di Silvia Dionisio è L’erotomane di Marco Vicario (1974), una commedia sexy che scivola sul versante erotico-farsesco, interpretata da Gastone Moschin, Janet Agren, Milena Vukotic, Isabella Biagini e Vittorio Caporioli. La storia si sviluppa attorno al personaggio di Moschin, avvocato impotente che quando si scopre cornuto diventa un vero e proprio erotomane.

Amore mio spogliati… che poi ti spiego! di Fabio Pittorru (1975) vede ancora una volta Silvia Dionisio in un ruolo da coprotagonista insieme a Enzo Cerusico, uno degli attori più in voga del periodo, ma ci sono anche Nino Castelnuovo, Lia Tanzi, Valeria Fabrizi, Gino Pagnani e Umberto D’Orsi. Si tratta di una commedia abbastanza prevedibile impostata sul rapporto a tre tra il timido fidanzato (Cerusico), la procace compagna (Dionisio) e l’intraprendente amante (Castelnuovo), che non se la intende soltanto con lei ma ha un’intensa vita sessuale. Fabio Pittorru non è un regista, ma uno sceneggiatore che svolge un compito a lui poco congeniale per realizzare una commedia misogina priva di idee e dotata di scarso ritmo. Silvia Dionisio è una disinibita attrice di spot pubblicitari ed è molto generosa nelle scene di nudo, forse è il suo film meno casto in assoluto. Vale la pena recuperarlo solo per questo motivo.

Ondata di piacere di Ruggero Deodato (1975) è un film difficilmente definibile. Presentato dalla critica come un giallo, in realtà lo è soltanto in parte, vista la povertà della trama e dei colpi di scena. Può essere meglio definito un erotico soft con venature da thriller. Interpretato da quattro buoni attori che fanno a dovere la loro parte: Silvia Dionisio (la disincantata Barbara), Al Cliver (Pier Luigi Conti nella parte del biondo Irem), John Steiner (il perfido Giorgio) ed Elisabeth Turner (la succube Silvia). Il soggetto è di Gianlorenzo Battaglia e Lamberto Bava. La sceneggiatura di Franco Bottari e Fabio Pittorru, la fotografia di Mario Capriotti, le musiche di Marcello Giombini e le scenografie di Franco Bottari. Produzione: Alberto Marras e Vincenzo Salviani per T.D.L. Cinematografica. Ha dato una mano anche Enzo Bottesini come consulente per le riprese subacquee. Gli esterni sono girati a Cefalù e la locale Azienda di Soggiorno e Turismo ha sponsorizzato il film. Ondata di piacere è un film claustrofobico girato a bordo di uno yacht (ci sono assonanze con il telefilm Dramma in alto mare), giocato su buoni ritmi di tensione, le situazioni narrate sono torbide e i personaggi negativi vengono resi con crudo realismo. Giorgio, un ricco prepotente che schiavizza l’amante Silvia, si invaghisce di Barbara e invita lei e il suo compagno Irem a passare un week-end sulla sua barca. Da qui nasce lo spunto per la trama che mette in primo piano perversioni e tentativi di scambi di coppie. Le scene di crudeltà si sprecano, anche ai danni di una murena che viene catturata e massacrata dal perfido Giorgio. Le scene iniziali e finali del film si richiamano a vicenda. La pellicola inizia con una bella inquadratura di una spiaggia e sullo sfondo la telecamera fotografa un’affascinante Silvia Dionisio a seno nudo. “Com’è il mondo visto alla rovescia?”, chiede la ragazza al compagno che sta guardando il mare con la testa all’ingiù. “Come quando è dritto”, risponde. “Allora è sempre lo stesso schifo”, conclude lei. La battuta è il filo conduttore del film e la ritroviamo nella sequenza finale, quando i due compagni si sono appena liberati del terribile Giorgio. Irem dice che il mondo è sempre uguale ma con una canaglia in meno e Barbara conclude che “allora è sempre lo stesso schifo”. Tutto questo per far capire il cinismo che pervade l’intera pellicola. John Steiner è bravo nella parte di Giorgio e tratteggia un cattivo arrogante e senza scrupoli molto credibile. Ha spinto al suicidio un rivale in affari, esporta capitali all’estero, sta chiudendo una fabbrica e licenziando operai, tratta la compagna come una schiava e non ne ha alcun rispetto. Silvia Dionisio è sensuale e torbida al punto giusto. La sua parte è difficile perché non ha un personaggio ben definito da interpretare. Barbara è una donna che ama le gioie della vita e del sesso e non esita ad avere un rapporto saffico con Silvia per consolarla dalle continue percosse di Giorgio. Come accetta senza scomporsi le continue insidie di Giorgio, che vorrebbe portarsela a letto e nell’attesa si contenta di qualche carezza rubata. Al Cliver è bravo nella parte del ragazzo disincantato che prende la vita come viene e non si fa tanti problemi, “tanto il mondo è uno schifo e bisogna saperci vivere”. Interessante la sua filosofia sovversiva su come si rovescia il mondo stando a testa in giù, la nota caratteristica del personaggio che ce lo rende subito simpatico. Anche lui non è un esempio di fedeltà e se la fa con Silvia appena può, quindi partecipa al rapporto a tre che scatena la violenza finale di Giorgio e la tragica morte della sua compagna. Per concludere Elisabeth Turner è una perfetta donna plagiata dal compagno, un po’ masochista e succube, che soltanto nel finale tenta di ribellarsi e cerca di uccidere il suo aguzzino. Non ce la fa e il tentativo finisce male. Sono Silvia e Irem a vendicarla in poche terribili sequenze che vedono Giorgio, ubriaco e svenuto, attirato in una trappola e gettato in pasto ai pesci con indosso la tuta da sub per mettere in scena un finto incidente. Ci sono alcune parti da ricordare. Il bagno notturno con i quattro protagonisti nudi sulla spiaggia e la cena a base di ostriche e pesce che prelude al non riuscito scambio di coppie. Le sequenze girate sui fondali a largo di Cefalù con situazioni di pericolo rese con il massimo del realismo. Giorgio che infilza una fiocina nella gamba di Silvia e poi la fa cadere in mare con una spinta. Di notevole spessore cinematografico anche le sequenze oniriche finali con Giorgio sconvolto per la morte di Silvia e Barbara che, indossando una parrucca e sporcandosi il viso di sangue, finge l’apparizione della compagna morta. La pellicola è costellata di situazioni erotiche appena accennate ma abbastanza calde per il periodo storico. Il tema dello scambio di partner ci accompagna per tutto il film e l’attrazione omosessuale tra Silvia e Barbara è palese. C’è anche una scena dove Al Cliver e Silvia Dionisio amoreggiano e John Steiner osserva. Le grazie di Silvia Dionisio e di Elisabeth Turner sono generosamente messe in mostra da Deodato per tutta la pellicola. Tra l’altro sulla partecipazione della moglie al film c’è tutta una storia. La Dionisio era diventata una star e quello era il tempo in cui anche le attrici più famose cominciavano a spogliarsi davanti alla macchina da presa. Deodato venne chiamato per fare Ondata di piacere con un’altra attrice di cui non sappiamo il nome e la Dionisio si ingelosì al punto che voleva vietare al marito di girare il film. Alla fine intimò: “Se lo fai lo interpreto io!”. Deodato voleva tornare al cinema dopo quattro anni di pausa e avrebbe girato qualsiasi cosa ma per la moglie voleva di meglio che un film erotico da lui stesso definito di serie B. Il produttore, quando seppe che la Dionisio avrebbe interpretato il film, fece salti di gioia e tra l’altro lei prese davvero una cifra irrisoria per girare una pellicola che faceva soltanto per ripicca. “Spogliare mia moglie non è stato facile” commenta Deodato nel corso di un’intervista rilasciata a Nocturno. “All’epoca non era una cosa così disinvolta… e poi lei era la prima volta che lo faceva”. Deodato ricorda che il film aveva un budget scarso e che i produttori lesinavano su tutto, tanto che il nervosismo si impadronì della troupe, specie quando la barca non poteva salpare e il tempo era cattivo. Le spese aumentavano e i produttori tremavano. “Stare un mese chiusi in quella barca non fu piacevole”, commenta Al Cliver in un’intervista rilasciata a Nocturno. “La tensione era alle stelle e noi non vedevamo l’ora di finire”. Tutto questo traspare con evidenza da molte scene della pellicola. Per concludere su Ondata di piacere diciamo che Mereghetti assegna al film una stella e mezzo. Non poco visti i suoi gusti sul cinema di genere. Lo giudica per tre quarti un buon film ma boccia il finale, giudicandolo raffazzonato e confuso. Invece non vi fidate del Giusti che su Stracult inverte persino gli attori e dice che Al Cliver interpreta la parte dell’industriale e Silvia Dionisio è la sua amante. Meno male che alla fine confessa: “L’ho visto ma non me lo ricordo per nulla”.

Silvia Dionisio interpreta una parte molto simile nel film per la televisione Dramma in alto mare (1974) compreso nella serie All’ultimo minuto girata da Ruggero Deodato.

Amici miei di Mario Monicelli (1975) è l’occasione della vita per Silvia Dionisio che passa definitivamente in serie A e interpreta una commedia simbolo del nostro cinema anni Settanta. La sua parte è breve ma intensa, perché veste i panni della spregiudicata Titti, giovane amante bisessuale dello squattrinato Ugo Tognazzi, e non perde occasione per mostrarsi senza veli. Per parlare a dovere della saga Amici miei servirebbe un libro (ed è stato già fatto!), ma in questa sede ci limiteremo a dire che si tratta del racconto delle zingarate di un gruppo di cinquantenni che passa il tempo organizzando scherzi e burle ai danni di amici. Il tentativo è quello di esorcizzare la vecchiaia e la morte che in ogni caso procedono ineluttabili. L’idea è di Pietro Germi, ma la realizza Monicelli dopo la morte del grande regista neorealista. L’azione si svolge a Firenze, mentre nel progetto originale si parlava di Bologna. Gli attori sono bravissimi: Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Duilio Del Prete, Adolfo Celi, Bernard Blier, Milena Vukotic, Olga Karlatos. Piero De Bernardi, Leo Benvenuti e Tullio Pinelli sceneggiano uno dei film più importanti del periodo storico. Nei capitoli successivi – e meno riusciti – della serie troviamo Renzo Montagnani al posto di Duilio Del Prete. Amici miei è il testamento della commedia all’italiana, una pellicola intelligente e trasgressiva, capace di descrivere con cura l’amarezza e l’insoddisfazione dei tempi. Alcune trovate linguistiche sono entrate nel vocabolario comune: zingarata, supercazzora…e resta indimenticabile la scena degli schiaffoni ai passeggeri di un treno alla stazione di Firenze.
(Qui sotto Silvia Dionisio in “Amici miei” con Ugo Tognazzi).

 

Ondata di piacere (1975) è stato il primo film interpretato da Silvia Dionisio sotto la guida del marito, mentre Uomini si nasce poliziotti si muore (1976) lo segue di un anno. Deodato conferma la sua predilezione per il cinema violento girando Uomini si nasce poliziotti si muore che Mereghetti reputa meritevole di due stelle, definendo la regia di Deodato efficiente e brutale, con un inseguimento iniziale in moto da antologia. Fu il successo di incassi registrato da Ondata di piacere che portò Deodato a girare un film che sembrava fatto proprio per lui. Il film è scritto da Fernando di Leo (anche sceneggiatore), un maestro del cinema di genere italiano, che collabora per soggetto e sceneggiatura con Alberto Marras e Vincenzo Salvioni. Le musiche sono di Ubaldo Continiello e la scenografia è di Franco Bottaro. La fotografia è di Guglielmo Mancorì. Uomini si nasce poliziotti si muore è un poliziesco insolito per l’epoca (un poliziottesco, come vengono definiti i polizieschi-spaghetti), un lavoro cruento e realistico che precorre i tempi per il cinismo con cui è stato girato e la totale confusione di ruoli tra buoni e cattivi. Tant’è vero che viene sforbiciato abbondantemente dalla censura, anche per via di un paio di scene erotiche esplicite con i due poliziotti che si ripassano le donne dei malviventi. Si tratta di un lavoro che si differenzia parecchio dagli analoghi prodotti sfornati sul mercato. Deodato tira fuori un film elegante con una fotografia curata e la colonna sonora giusta. I due temi che accompagnano la pellicola ricordano la musica country di John Denver e sono molto suggestivi. Deodato compone Won’t take too long, e lo fa interpretare a Ray Lovelock. Maggie è scritta e cantata dall’ottimo attore americano. Deodato cura i dettagli, i primi piani, gira un vero film e non un’imitazione del poliziesco americano. Il cast: Marc Porel, Ray Lovelock, Adolfo Celi (il capo del corpo speciale di polizia), Renato Salvatori (il biscazziere), Silvia Dionisio, Franco Citti (impeccabile come delinquente), Bruno Corazzari, Marino Masé, Flavia Fabiani (Sofia Dionisio sotto pseudonimo, sorella di Silvia) e Alvaro Vitali (in una rapida apparizione come portinaio alle prese con un giornaletto pornografico). Deodato dice che ebbe un rapporto eccezionale con tutti e avrebbe voluto girare anche un seguito di questa pellicola con Marc Porel e Ray Lovelock, ma non si misero d’accordo. Marc Porel era davvero un grande attore, purtroppo non è più tra noi perché è morto di overdose. Un altro ottimo interprete è Adolfo Celi, per Deodato il massimo della professionalità. Pare che andasse spesso a casa sua per parlare dei personaggi che doveva interpretare.

Uomini si nasce poliziotti si muore descrive le gesta di Alfredo (Ray Lovelock) e Antonio (Marc Porel), due sbirri di un corpo speciale dotato di carta bianca per sconfiggere il crimine. Quasi sempre uccidono a sangue freddo e alle loro gesta manca qualsiasi alone di eroismo, anzi pare che traggano una sadica soddisfazione dall’eliminazione fisica dei delinquenti. L’arresto è per loro soltanto una perdita di tempo, meglio uccidere. I nostri due eroi (ma la parola stona) sono più vigilantes che poliziotti e quando si mettono nei guai ci pensa il commissario (Adolfo Celi) a coprirli. La storia si sviluppa seguendo il corso di una serie di avventure contro il crimine, ma il filo conduttore è la caccia al biscazziere Roberto Pasquini detto Bibi (un ottimo Renato Salvatori) che possiede un giro di locali clandestini frequentati da ricchi industriali. Il film inizia con una terribile sequenza di uno scippo non riuscito e il conseguente selvaggio omicidio di una donna. I due poliziotti speciali hanno visto tutto e, dopo un inseguimento all’americana tra la moto dei malviventi e le loro Suzuki, fanno fare una brutta fine ai teppisti. La parte dell’inseguimento è ben realizzata e non annoia, vengono utilizzate esperte controfigure motorizzate. Da ricordare le sequenze con le moto che si arrampicano e scendono per le scalinate di alcune piazze romane. Uno degli scippatori muore in uno spettacolare incidente infilzandosi la frizione nella pancia, l’altro pare ancora vivo ma viene ucciso da Alfredo (Lovelock) che gli spezza l’osso del collo. “Gli ho dato una mano a morire”, commenta cinicamente subito dopo. Lo spettatore entra subito nel clima del film. E siamo soltanto all’inizio. Silvia Dionisio interpreta Sonia, la segretaria del commissario, corteggiata spudoratamente dai due agenti che al termine di ogni missione le portano un omaggio floreale. Lei è una femminista d’assalto abbastanza antipatica, parla di fallocrazia e dice che “la superiorità del maschio è una stronzata” e che “una donna può mettere al tappeto tutti gli uomini che vuole”. Non cederà alle lusinghe di nessuno dei due. In ogni caso la parte della Dionisio è modesta e irrilevante nell’economia del film. Adolfo Celi invece è un commissario molto credibile. Da segnalare una notevole interpretazione di Franco Citti (attore di scuola pasoliniana) nella parte di Luciano detto Er Cane, un delinquente realistico. Una sequenza da ricordare è la terribile estrazione di un occhio da parte degli uomini di Bibi ai danni di un drogato che aveva parlato. Pare che la scena sia stata tagliata dalla censura e che lo stesso occhio venisse pure calpestato. Nella parte centrale del film c’è anche il tempo per un paio di siparietti comici. Il primo con Alvaro Vitali nelle vesti di un portiere erotomane che legge una rivista porno. Lui si preoccupa soltanto di riavere il giornaletto dopo aver confessato quel che i poliziotti vogliono sapere. Il secondo è in casa della sorella ninfomane del biscazziere Bibi. Qui i due si ripassano a turno la ragazza (una stupenda Sofia Dionisio in arte Flavia Fabiani) mentre la mamma di lei è in cucina che prepara due zabaioni per rimetterli in forze. Poi si torna di nuovo a una scena cruenta nella bisca clandestina di Fregene, dove i nostri eroi attaccano al soffitto due uomini di Bibi e li torturano per farli parlare. C’è anche una sequenza molto americana di allenamento con tiro al bersaglio che prelude a un’imboscata sventata dalla prontezza di riflessi dei due poliziotti. Infine convincono il drogato privato di un occhio da Bibi ad aiutarli per mettere in piedi una trappola ai danni del biscazziere. Tutto si ritorce contro di loro e i nostri eroi rischiano di saltare in aria a bordo di una nave dove hanno dato appuntamento a Bibi. Questa volta il delinquente è stato più furbo dei poliziotti e pare che per loro non ci sia scampo. Bello il colpo di scena finale con la pistola del commissario che sbuca fuori dal niente e fa una carneficina dei malviventi. “Anche stavolta vi è andata bene”, commenta. Il film termina con la nave fatta esplodere dai due poliziotti e subito dopo partono le note country di Lovelock.

Uomini si nasce poliziotti si muore è il primo film memorabile di Deodato ed è da questa pellicola in poi che si comincia a scoprire che il talento del grande terrorista dei generi deve essere indirizzato verso l’analisi della violenza. Il film si differenzia dai polizieschi all’italiana del periodo che vedevano sempre all’opera un solo giustiziere, come nel caso dei film con Luc Merenda e Maurizio Merli. Qui i protagonisti sono due sbirri che si divertono a uccidere e a risolvere casi con metodi spicci. Il film è molto televisivo, sa stemperare le scene di violenza pura con l’humour e la battuta e rappresenta l’unica incursione di Deodato nel poliziesco all’italiana. La fotografia è curata, i primi piani sono intensi e le scene di azione sono dettagliate e realistiche. Tutto questo fece passare dei guai a Deodato e la censura si accanì sulla pellicola. Uomini si nasce poliziotti si muore venne vietato ai minori di diciotto anni e tagliato di alcune scene violente.

La partecipazione al poliziottesco di Silvia Dionisio continua per tutto il 1976 con Paura in città di Giuseppe Rosati, Milano violenta di Mario Caiano e Poliziotti violenti di Michele Massimo Tarantini. Il periodo storico vede il trionfo del genere che incassa molto al botteghino e produce una serie di pellicole di buona fattura. Paura in città mostra Maurizio Merli nei panni del commissario Murri, eroe solitario e senza paura che combatte il crimine usando metodi spicci. Silvia Dionisio esibisce un bel nudo integrale, contribuendo a una leggera parte sexy all’interno di una pellicola di pura azione. Milano violenta è un noir molto crudo interpretato da Claudio Cassinelli e Vittorio Mezzogiorno. Silvia Dionisio è una bella prostituta che collabora con Cassinelli nell’operazione vendetta contro i vecchi complici. Un buon film, più vicino al noir alla Melville-di Leo che al poliziottesco al’italiana, soprattutto ben ambientato nello squallore dell’hinterland milanese. Poliziotti violenti non è girato da un esperto del genere, per Tarantini rappresenta una parentesi poliziottesca in mezzo a tanta commedia sexy. Il film è scritto e sceneggiato dal regista insieme ad Adriano Belli, Franco Ferrini e Sauro Scavolini. Il cast si basa sull’esperienza di Henry Silva, Antonio Sabàto, Silvia Dionisio ed Ettore Manni. Per Mereghetti si tratta di un prodotto mediocre che esibisce violenza e pubblicità occulte raggiungendo notevoli punte di ridicolo. Marco Giusti su Stracult la pensa diversamente perché giudica il film notevole e girato con gran ritmo. La pellicola è più un noir che un poliziottesco, racconta la storia di un maggiore dei parà (Silva) che scopre un traffico d’armi diretto dalle alte sfere dell’esercito. Il maggiore e il commissario di polizia (Sabàto) scoprono che dietro a tutto c’è un avvocato (Manni) che sta organizzando un colpo di stato. Tutto sommato un lavoro ancora oggi godibile, anche se il Tarantini della commedia sexy corretta in pochade ha un altro passo.

Il 1976 è un anno importante per Silvia Dionisio che lavora molto ed è impegnata in produzioni di diverso spessore e genere.

Noi siamo come le lucciole di Giulio Berruti (1976) vede Silvia Dionisio protagonista assoluta nei panni della prostituta Lara Bercost. Non è un film memorabile, si tratta di un mignotta-movie che è stato passato nelle televisioni locali nei primi anni Ottanta per poi scomparire di circolazione. Silvia Dionisio è un’ex prostituta vendicativa che chiude i suoi clienti in una villa e li umilia con i sistemi peggiori.

Natale in casa d’appuntamento di Armando Nannuzzi (1976) è un altro mignotta-movie, squallido sottogenere che ha un periodo di fulgore in questo momento storico – che vede tra gli interpreti alcune bellezze del tempo come Corinne Cléry, Françoise Fabiane e Silvia Dionisio. Un’organizzatrice di ragazze squillo si sposa e decide di festeggiare l’evento nella vecchia casa d’appuntamento, ma la notizia della morte del fidanzato rovina la lieta armonia. La pellicola è tratta dal romanzo di Ugo Moretti, ma si ricorda solo per la buona ambientazione ai tempi del fascismo e per diverse scene di nudo integrale della Dionisio (Rosanna, una delle prostitute del bordello), anche se la Cléry e la Fabian non sono da meno.

I prosseneti
di Brunello Rondi (1976) è scritto e sceneggiato dal regista che sceglie come interpreti Alan Cuny, Juliette Mayniel, Stefania Casini, Luciano Salce, Silvia Dionisio, Ilona Staller, Jean Valmont, José Quaglio, Consuelo Ferrara, Sonia Jeanine, Gabriella Lepori, Marina Pierro e Sofia Dionisio. La musica, intensa e coinvolgente, è dell’ottimo Luis Enriquez Bacalov. Prosseneta è un termine colto di origine greca, in origine aiutante degli ospiti, un tempo mediatore o sensale, oggi sta solo per ruffiano e mezzano. La storia si svolge tutta in una villa e racconta le gesta di una coppia di prosseneti che fornisce giovani prostitute a ricchi clienti. I protagonisti sono oggetto di un’indagine psicologica abbastanza accurata da parte di Rondi che ama costruire personaggi problematici. Alan Cuny è un marito pseudo intellettuale che vaneggia sulla caducità della vita e sul tempo che fugge, Juliette Mayniel collabora con lui alla turpe attività ma è piena di sensi di colpa. I clienti della coppia sono personaggi estrapolati del mondo borghese che viene tratteggiato con un ritratto impietoso di evidente ispirazione buñueliana. Luciano Salce è un perfetto regista teatrale di poco conto, ma altri personaggi interessanti servono a calcare la mano su un discorso antimilitarista e anticlericale. La figlia di una donna torturata viene soggiogata da un losco figuro che desta in lei il desiderio di rivivere sul proprio corpo le sofferenze patite della madre. Un ambasciatore impone alla partner di reincarnare la donna amata, una ragazza viene costretta a prostituirsi e una spregiudicata diciottenne mette in scena un’orgia tra gli ospiti della villa. Brunello Rondi procede nel consueto discorso d’autore sulla decadenza borghese, a tratti diverte, spesso sa di moralistico, ma in definitiva coglie nel segno e denuncia molti vizi privati nascosti da pubbliche virtù. “Velleitario tentativo di denunciare la mercificazione di cui la donna è oggetto nella nostra società” scrive il Centro Cattolico Cinematografico, ma si fa influenzare dai numerosi nudi femminili esibiti durante la pellicola. Scrive la redazione di Film TV: “Brunello Rondi cerca giustificazioni intellettuali alle sue immagini morbose, e ottiene un risultato opposto alle intenzioni. Senza neppure il coraggio di essere trash fino in fondo”. Chi firma questo giudizio non conosce la storia cinematografica di Rondi, regista da sempre in bilico tra cinema d’autore e convenzioni di genere. Il film è ben definito da Marco Giusti con poche battute su Stracult: “Erotico di denuncia. Insomma alla Rondi. Fantastico”. Silvia Dionisio fa la sua figura nel gineceo rondiano.

Nel 1976 la popolarità di Silvia Dionisio è così alta che viene inserita nel cast del televisivo ma originale Orlando Furioso di Luca Ronconi per ricoprire il ruolo di Isabella.

Il marito in collegio di Maurizio Lucidi (1977) è un tentativo poco riuscito di unire la commedia sexy alle trame di Guareschi, ma viene fuori un prodotto indefinibile che conta pochi estimatori. Segnaliamo il debutto di Franco Lechner, in arte Bombolo, qualche buona battuta di Enrico Montesano e Mario Carotenuto. La parte sexy tocca a Silvia Dionisio, non molto portata per il genere.

In ogni caso il nudo non imbarazza per niente Silvia Dionisio, lo considera una tappa obbligata per la carriera d’attrice e al tempo era davvero così. Per una bella ragazza che vuole mettersi in mostra come attrice è importante finire sulle pagine patinate di Playboy e Playmen, ma anche sui giovanilistici Gin Fizz e Blitz. Un’attrice deve far parlare di sé e soprattutto far vedere, per solleticare i pruriti erotici di una società moralista e bacchettona che pratica pubbliche virtù e sfoga vizi segreti nelle sale dei cinema e sulle pagine di riviste erotiche. Angelo Frontoni ritrae senza veli Silvia Dionisio insieme alla sorella Sofia in un servizio per Playboy che possiamo considerare storico. Frontoni è il fotografo delle dive e delle starlet, nessuna può dire di no alla sua macchina fotografica, finire su Playboy immortalata dalla sua arte erotica viene considerato un successo. Silvio Dionisio fa da testimonial per Playboy per il lancio del famoso Disco Frisco.

L’inquilina del piano di sopra (1977) di Ferdinando Baldi è interpretato da Lino Toffolo, Silvia Dionisio, Pippo Franco, Liana Trouchè, Mario Colli, Teo Teocoli, Enzo Cannavale e Mario Maranzana. Silvia Dionisio regala la sua unica interpretazione nel campo della vera commedia sexy e l’operazione non ha un buon successo. La protagonista è Silvia Dionisio, attrice molto brava nel poliziesco, nell’erotico e nelle pellicole impegnate, ma qui decisamente fuori ruolo. La Dionisio è una ragazza esuberante che sconvolge la quiete di un condominio perché fa l’amore in modo troppo rumoroso. Il suo ingresso in scena mentre prende il sole in terrazza non si scorda e la sua sfolgorante bellezza viene ben fotografata. Lino Toffolo è il capo condominio incaricato di scacciare la donna, ma è anche un professore nel periodo della contestazione studentesca. Resta un breve spazio per una velata critica sociale, approfondita dal personaggio di Pippo Franco, pure lui insegnante di liceo. Purtroppo i tempi comici non sono eccelsi e le trovate sanno di già visto, come un equivoco bacio tra Cannavale e Franco, mutandine che scompaiono e riappaiono, finti gay che se la spassano. Le battute sono fiacche. Tutto il film ruota attorno alla bella Dionisio che deve essere cacciata di casa ma nessuno ha il coraggio di farlo. Silvia Dionisio interpreta una ciociara che non conosce le buone maniere e il professor Lino Toffolo impartisce lezioni di galateo. Lino Toffolo recita impostato e non convince, mette la Dionisio sotto la sua protezione, la porta a cena in un ristorante di lusso, le dice come scegliere i vini e come mangiare. Tutto perché la ragazza ha un fidanzato colto come Teo Teocoli (parla con la erre moscia) che non la sposerà mai se non imparerà le buone maniere. Sembrano quasi due pellicole cucite male insieme: una racconta la storia di Pippo Franco, professore disperato perché la moglie lo vuole lasciare e non sa come pagare gli alimenti, l’altra a base di lezioni di bon ton con Toffolo e Dionisio. Alla fine Toffolo si innamora della Dionisio e cambia carattere, diventa un professore sboccato e ribelle che dà buoni consigli a Pippo Franco. Il finale è patetico perché l’illusione d’amore sfuma, la Dioniso ha imparato abbastanza dal professore e si sposa con il fidanzato. L’inquilina del piano di sopra è una commedia tout court più che una commedia sexy, la Dionisio mostra appena un seno, fugacemente i glutei, le cosce e alla fine fa l’amore con Toffolo per riconoscenza, ma sposa il fidanzato. Pippo Franco, invece, torna insieme alla moglie, brutta e grassa.

Silvia Dionisio è più a suo agio ne La ragazza del vagone letto (1979), un film drammatico molto violento ancora una volta girato da Ferdinando Baldi, ma scritto e sceneggiato da Luigi Montefiori, per sfruttare la sua bellezza classica dai tratti morbidi. Tre teppisti si scatenano su un treno e il solo che si oppone alla loro violenza gratuita è un detenuto politico. Interpreti: Carlo De Mejo, Silvia Dionisio, Zora Kerowa, Werner Pochat e Venantino Venantini. Il sottogenere è quello del thriller a bordo di un treno che tanto bene aveva girato Aldo Lado con L’ultimo treno della notte (1974). Il livello è decisamente inferiore, ma Baldi punta molto sulla bellezza della Dionisio, oggetto della violenza brutale dei malviventi. Da riscoprire.

Riavanti… marsch! (1979) mostra ancora Silvia Dionisio diretta da un maestro della comicità intelligente come Luciano Salce. Il regista descrive con acuta ironia, spesso sconfinando nella farsa sboccata, il mondo delle caserme alla fine degli anni Settanta, ai tempi della leva militare obbligatoria. Non è un film della serie pecoreccia, ma non è neppure una commedia alta, resta una via di mezzo divertente che gode di un grande cast comico-erotico: Renzo Montagnani, Silvia Dionisio, Carlo Giuffrè, Olga Karlatos, Alberto Lionello, Aldo Maccione, Paola Quattrini, Annamaria Rizzoli, Adriana Russo, Stefano Satta Flores, Sandra Milo, Gigi Reder e Carmen Russo. Una vera apoteosi di stelle e di bellezze per un film sexy comico zeppo di macchiette divertenti e di personaggi memorabili. Annamaria Rizzoli è Immacolata, la gelosissima moglie siciliana del barone Carlo Giuffrè. La pellicola è impostata sulle vicende di cinque quarantenni richiamati alle armi per un corso di aggiornamento che quando si ritrovano si comportano da ragazzini come vent’anni prima. Una sorta di Amici miei versione caserma che diverte ancora oggi con i suoi ritratti di uomini eternamente infantili e con poca voglia di prendersi le loro responsabilità. Il servizio militare è descritto come un bel ricordo di un periodo giovanile che non può tornare, ma intanto i protagonisti se la godono e vivono intensamente un momento spensierato. Se quando arriva la cartolina precetto la vivono come una sorta di punizione, al momento di tornare alle normali occupazioni i cinque richiamati provano solo tanta nostalgia.

La carriera di Silvia Dionisio è ormai alle corde, le vengono proposte soltanto commedie insulse come Ciao Marziano (1980) di Pierfrancesco Pingitore e Crema, cioccolato e pa… prika (1980) di Michele Massimo Tarantini. Ciao Marziano è il classico film di Pingitore costruito sulla comicità caciarona e fanciullesca di Pippo Franco, una parodia di Ultimatum alla Terra di Robert Wise (1951) con un marziano che annuncia la fine del mondo ma viene fatto passare per un provocatore. Un film che sembra una puntata del Bagaglino. Crema, cioccolato e pa… prika chiude un ciclo nel peggior modo possibile. Il film è scritto e sceneggiato da Tarantini con la collaborazione di Giuseppe Greco Castellani e Giorgio Mariuzzo. Interpreti: Barbara Bouchet, Renzo Montagnani, Silvia Dionisio, Giuseppe Greco, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Hélène Ronée, Michele Gammino e Giorgio Bracardi. Renzo Montagnani è il titolare di una clinica che rappresenta soltanto una copertura per una serie di attività illecite. Franco e Ciccio sono i pazienti Matteo e Ossobuco, nella loro ultima interpretazione comica di coppia. Il vero interesse della pellicola risiede nel produttore-sceneggiatore-attore palermitano Giuseppe Greco Castellani, figlio del boss mafioso Michele Greco, alla prima apparizione nel mondo del cinema. Il film è un disastro.

Il divorzio tra Silvia Dionisio e Ruggero Deodato è datato 1979 e (insieme a una carriera cinematografica che non dà più soddisfazione) è la goccia che fa traboccare il vaso, perché l’attrice teneva a non far morire il suo matrimonio e a condurre una tranquilla vita familiare. Silvia Dionisio fa appena in tempo a finire nel cast del pessimo Murder obsession (1981), ultimo horror del grande Riccardo Freda, per poi abbandonare definitivamente il mondo del cinema.

Ricordiamo en passant che Silvia si è dedicata anche alla musica, perché è voce femminile del gruppo Albatros, diretto da Toto Cutugno, e ha partecipato al Festival di Saremo 1976 con il brano AZ504 con cui ha riscosso successo in Francia.

Silvia Dionisio ha abbandonato il mondo dello spettacolo. Non ama parlare del suo passato di attrice ed è gelosa del privato. Si è ritirata dal mondo del cinema a soli trent’anni, quando la sua bellezza era in pieno fulgore, una scelta alla Gloria Guida che ha deluso i numerosi fan. Cinquanta pellicole interpretate dal 1965 al 1981, Silvia Dionisio è rimasta a metà strada tra la starlet e la vera e propria stella del grande schermo, perché ha lavorato molto e anche con registi di buona importanza, ma non ha mai avuto l’occasione prestigiosa per piazzarsi definitivamente nell’Olimpo. Nel 1983 ha sposato il chirurgo romano Roberto Mazzarella, dal quale ha avuto una figlia. Lavora ancora per la televisione interpretando due sceneggiati come La sconosciuta (1984) di Daniele D’Anza e A tutto amore (1984) di Enzo Milioni. Il suo ultimo lavoro davanti alla macchina da presa è datato 1984, con una pubblicità d’autore per la Campari intitolata Oh, che bel paesaggio!, diretta niente meno che dal maestro Federico Fellini. Resta immagine indimenticabile a bordo in un treno, fluenti capelli biondi che scivolano sulle spalle in curve ondulate, mentre reclamizza il più famoso aperitivo italiano e ammicca complice con i meravigliosi occhi azzurri.

 

FILMOGRAFIA DI SILVIA DIONISIO

Darling di John Schlesinger (1965)
Eat it di Francesco Casaretti (1967)
Pronto… c’è una certa Giuliana per te di Massimo Franciosa (1968)
Nude… si muore di Antonio Margheriti (1968)
Pensiero d’amore
di Mario Amendola (1969)
Lacrime d’amore di Mario Amendola (1969)
Lisa dagli occhi blu di Bruno Corbucci (1969)
Vacanze sulla Costa Smeralda di Ruggero Deodato (1969)
Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano di Luigi Comencini (1969)
Italiani! È severamente proibito servirsi della toilette durante le fermate! Di Vittorio Sindoni (1969)
Un detective di Romolo Guerrieri (1969)
Il commissario Pepe di Ettore Scola (1969)
La ragazza di nome Giulio di Tonino Vaerii (1970)
L’arciere di fuoco di Giorgio Ferroni (1971)
Il prete sposato di Marco Vicario (1971)
La violenza: quinto potere di Florestano Vancini (1972)
Le eccitanti guerre di Adeline di Bernard Borderie (1972)
Sgarro alla camorra di Ettore Fizzarotti (1972)
L’erotomane di Marco Vicario (1974)
Il bacio di una morta di Carlo Infascelli (1974)
Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete di Paul Morisey (1974)
Amore mio spogliati… che poi ti spiego! Di Fabio Pittorru (1975)
Il giustiziere di mezzogiorno di Mario Amendola (1975)
Ondata di piacere di Ruggero Deodato (1975)
Amici miei
di Mario Monicelli (1975)
Uomini si nasce poliziotti si muore di Ruggero Deodato (1976)
Poliziotti violenti di Michele Massimo Tarantini (1976)
Paura in città di Giuseppe Rosati (1976)
Noi siamo come le lucciole di Giulio Berruti (1976)
Natale in casa d’appuntamento di Armando Nannuzzi (1976)
Milano violenta di Mario Caiano (1976)
Il comune senso del pudore di Alberto Sordi (1976)
I soliti ignoti colpiscono ancora di Franz Antel (1976)
I prosseneti di Brunello Rondi (1976)
Il marito in collegio di Maurizio Lucidi (1977)
Il Belpaese di Luciano Salce (1977)
L’inquilina del piano di sopra di Ferdinando Baldi (1977)
La ragazza del vagone letto
di Ferdinando Baldi (1979)
Riavanti… marsch! di Luciano Salce (1979)
Aragosta a colazione di Giorgio Capitani (1979)
Tranquille donne di campagna di Claudio De Molinis (1980)
Prima della lunga notte di Franco Molé (1980)
Ciao Marziano di Pierfrancesco Pingitore (1980)
Crema, cioccolato e pa… prika di Michele Massimo Tarantini (1980)
Murder obsession di Riccardo Freda (1981)

L’ultimo libro di Gordiano Lupi si intitola “Storia della commedia sexy all’italiana, volume 1 – Da Sergio Martino a Nello Rossati”, Sensoinverso Edizioni 2017

 

2 pensiero su “GLI ANNI NUDI DI SILVIA DIONISIO”
  1. L’attrice con la camicetta azzurra, con la mano di Marc Porel sullo sterno non è Silvia Dionisio ma la sorella minore Sofia, accreditata come Flavia Fabiani.

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