GIOCARE A CARTE CON I FUMETTI

Se l’uomo è nato per giocare, come sembra dimostrare il filosofo Johan Huizinga nel saggio del 1938 “Homo ludens”, allora tutto ciò che serve allo scopo è un affare terribilmente serio.

Lo sono i giocattoli attraverso cui i bambini fanno le prime esperienze di comprensione del mondo, di apprendimento delle regole, di conoscenza dei materiali. E lo sono altri strumenti che accompagnano l’essere umano per tutta la sua vita, come, per esempio, le carte da gioco.


A riprova del fascino che quest’oggetto ha avuto sin dall’antichità, basterebbe ricordare le opere della pittura classica che mostrano riunioni al tavolo da gioco. Una delle più note è “Il baro con l’asso di quadri” di Georges de la Tour, dipinto intorno al 1620 e conservato al Louvre di Parigi.

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Soggetti simili sono stati dipinti anche da altri maestri della pittura, come Caravaggio, il cui “I bariè ancora anteriore (1594). Opere del genere si trovano anche nell’arte moderna e contemporanea, realizzate da Cezanne, Leger e tanti altri.

Se molti artisti amano mostrare giocatori impegnati al tavolo, anche per evidenziare i riflessi psicologici della partita, altrettanti hanno impegnato le loro risorse direttamente nella creazione delle carte.

Esistono moltissimi mazzi d’artista, prodotti per l’industria o anche come esemplari unici. La difficoltà per l’autore, in questo caso, è quella di poter esprimere la propria personalità creativa muovendosi però nel solco di una tradizione secolare, nella quale i “semi” (la cui origine è in parte avvolta nella leggenda) costituiscono pur sempre uno schema dal quale non è agevole derogare.

Una raccolta di simili opere, messa insieme dalla scrittrice Paola Masino (19081989), si trova ora al Museo di Roma ed è stata esposta per la prima volta al pubblico nel 2016.

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Il fumetto, arte visuale per eccellenza, non poteva non cogliere il fascino delle carte da gioco, in entrambe le accezioni: sia mostrare epiche partite, per lo più a poker, ove uomini dai nervi saldi si sfidano all’ultima carta (a volte ponendo in palio la loro stessa vita); sia contribuire alla creazione di mazzi da gioco arricchiti con l’immagine iconica di questo o quel personaggio.

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S
enza nessuna pretesa di completezza, e anzi saltabeccando qua e là in modo puramente casuale, non si può non citare Tex Willer. Eroe per antonomasia di un West forse a volte oleografico, ove nei saloon l’unico divertimento possibile sembra la partita a poker, condita con bicchieri di whisky o, a volte, piombo caldo, come in questa sequenza tratta dal n. 225 (testi di Guido Nolitta, disegni di Galep).

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Curiosamente, del Texas è originario il personaggio di Tex e in Texas, vicino a Dallas, si trova il museo che ospita il capolavoro di Caravaggio (il Kimbell Art Museum di Fort Worth). E ancora “Texas Hold’Em si chiama la variante del poker che negli ultimi anni ha conquistato le platee televisive.

Attenzione però a partecipare a un torneo dal vivo. In Italia la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 58308 del 2018, ha affermato che l‘organizzazione di tornei di poker nella variante del “Texas Hold’Em” costituisce esercizio di gioco d’azzardo nel caso in cui, considerate le concrete modalità di svolgimento, risulta «preponderante l’alea sull’abilità del giocatore e la finalità di lucro rispetto a quella prettamente ludica».

(Nel caso esaminato dalla Corte, nel torneo organizzato in quel di Forlì mancava una quota d’iscrizione, un regolamento, un montepremi finale, e il gioco avveniva con “fiches” non convenzionali, ossia di importo superiore a quelle utilizzate nei tornei regolari, tali da consentire puntate libere).

Tornando al fumetto, ogni situazione drammatica si può volgere al riso: ecco gli sgangherati agenti segreti ideati da Magnus & Bunker, impegnati in una partita resa difficoltosa dalla… mancanza di qualsiasi immagine (da Alan Ford n. 70).

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Anche nel fumetto italiano umoristico una partita a poker finisce con una sparatoria. C’è da chiedersi se oggi una simile storia potrebbe essere prodotta, con l’attuale politica disneyana di cancellare tutto ciò che appare “politicamente scorretto” (niente personaggi che fumano, niente caccia, niente sculacciate di Paperino ai nipotini eccetera).
Lesempio qui mostrato è tratto da Zio Paperone e il giubileo scozzese, testi di Dalmasso, disegni di Perego, da Topolino n. 821.


Ma le carte, si sa, oltre che a intrattenere i giocatori in una piacevole partita, possono servire per finalità più esoteriche. Ecco ancora un esempio da Tex, con un asso di picche interpretato come cattivo presagio… e mai previsione si rivelò più azzeccata.


Da questo punto di vista, le carte più usate non sono né quelle che, in Italia, assumono nomi regionali (le piacentine, le napoletane, le siciliane eccetera, con i tradizionali semi di spade, coppe, bastoni e denari), né quelle cosiddette francesi, con cuori, quadri, fiori e picche.

Sono invece i tarocchi, con la loro simbologia arcana, lo strumento preferito da cartomanti e sedicenti tali. Sono anche quelle che più sembrano aver attirato la fantasia dei disegnatori di fumetti.

La casa editrice Lo Scarabeo, in particolare, pubblica decine di tipi diversi di mazze di carte divinatorie, tra cui i tarocchi “erotici” disegnati da Milo Manara, quelli “primordiali” di Sergio Toppi e quelli di Corrado Roi, illustratore di Dylan Dog.


Tra le tante “applicazioni” dei tarocchi al mondo delle nuvolette si può citare la serie Secret Defenders, ideata nel 1993 da Roy Thomas partendo da un divertente spunto iniziale. All’inizio di ogni storia il Dottor Strange, signore delle arti mistiche, individua, tramite un mazzo di tarocchi, gli eroi che possono aiutarlo a sventare la minaccia che di volta in volta ha individuato.

In questo modo la serie consente di utilizzare personaggi variabili ogni episodio, radicalizzando ancora di più il concetto di nongruppo che era stato alla base del successo dei Difensori sin dalla prima apparizione nel 1971.
Consente, inoltre, di sfru
ttare il fascino grafico delle carte, come si vede sin dalla prima tavola del primo episodio (disegni di Andre Coates).


In Italia esiste un “Museo delle carte da gioco e dei tarocchi” a Capriolo, Brescia, nato dalla raccolta di un unico appassionato, Lorenzo Ricci Curbastro, e visitabile su prenotazione.
Mentre
singoli musei conservano opere particolari: il Museo di Antropologia Criminale
Cesare Lombroso” di Torino conserva una scatola contenente mazzi di carte da gioco realizzate artigianalmente in cella dai carcerati; il Museo civico di Bari conserva matrici in legno e zinco, bozzetti originali e altri materiali proveniente dalla fabbrica Murari, che stampava carte da gioco nella stessa città a fine Ottocento.


Esistono, nel mondo, molti altri musei specificamente dedicati alle carte da gioco.
Tra questi il
Deutsches Spielkartenmuseum a LeinfeldenEchterdingen, nella regione di Stoccarda; il Nationaal Museum van de Speelkaart a Turnhout, nel Belgio fiammingo; il Musée Français de la Carte à Jouer a IssylesMoulineaux, in Francia; e il Fournier a Vitoria, in Spagna.
Quest’ultimo è forse più noto al pubblico italiano perché qualche anno fa le Edizioni del Prado lanciarono in edicola una collana mensile di riproduzioni anastatiche di mazzi storici tratti proprio dalla collezione di questo museo.

Il primo di essi, risalente al XVII secolo, utilizza i quattro semi tradizionali di cuori, quadri, fiori e picche, ma la particolarità è che ogni carta contiene in realtà una vignetta.  La successione di esse racconta una storia che oggi non è semplice ricostruire, ma che trae origine dalla cosiddetta “Gloriosa rivoluzione” inglese.

Siamo ai tempi di re Giacomo II Stuart e degli scontri tra cattolici e protestanti, che videro il sovrano costretto all’esilio nel mezzo di vari spargimenti di sangue, che il mazzo ben racconta.
I
suoi seguaci, che lo sostennero nel tentativo di riconquistare il trono, furono detti giacobiti, termine che ancora oggi viene utilizzato. Per esempio, il famoso “treno giacobita” (Jacobite Steam Train), che una volta al giorno unisce le città scozzesi di Fort William e Mallaig, non è altro che
l’Hogwarts Express che compare nei film di Harry Potter.

Tornando al mazzo inglese del Settecento, è interessante notare come in alcune carte compaia qualcosa che potremmo definire un balloon, ovvero un elemento tipico della grammatica del fumetto moderno.Così, mentre la scena mostra ciò che sembra l’interno di una chiesa, la didascalia spiega che «Un gesuita predica contro la nostra Bibbia», e il “fumetto” (più tecnicamente il cartiglio – NdR) mostra una persona del pubblico che gli rivolge una frase inequivoca: «Tu menti».


Anche un antico mazzo di carte, dunque, può diventare una sorta di “protofumetto”. Categoria ricchissima, nella quale gli studiosi collocano opere di tutti i tipi, dalla Colonna traiana all’Arazzo di Bayeaux, dai codici miniati medioevali alle stampe popolari del Settecento.

Che sia proprio questo il più antico esempio di connubio tra carte da gioco e fumetti?

 

 

 

 

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