GIANO, IL DIO BIFRONTE DI GENNAIO

Gennaio, per gli antichi Romani, era Ianuarius, il mese dedicato al dio Giano.

Era stato Numa Pompilio, il re sacerdote succeduto a Romolo nel 715 a.C., a volere che il mese immediatamente successivo al solstizio d’inverno segnasse l’inizio del nuovo anno, che prima di lui cadeva invece a “Martius” (marzo), il mese di Marte, dio della guerra. Desiderava così dare un’aura di “Civitas” a quel popolo sino ad allora principalmente composto da guerrieri.

Giano, una delle più antiche e importanti divinità romane, era considerato il “deus deorum”, il dio degli dei, l’unico insieme a Quirino a non avere corrispondenti nel mondo ellenico, semmai in quello etrusco.

Con la sua singolare raffigurazione bifronte, “Ianus” dai due volti guarda sia all’anno che finisce, sia a quello che inizia, rappresentando al tempo stesso il momento del transito fra ciò che fu e quel che sarà.

Costituisce insomma una specie di porta, che non per nulla in latino si dice “Ianua”, tanto che l’origine stessa del suo nome è legata al movimento, derivando come pare dal verbo “ire”, andare.

Macrobio nei suoi “Saturnalia” ci ricorda infatti come “Cicero non Ianum sed Eanum nominat, ab eundo”, cioè “Cicerone (questo dio) lo chiama non Giano, bensì Eano”, da “eundo”, gerundio del verbo ire”.

Ecco allora che Giano e il mese a lui dedicato, a inizio dell’anno nuovo, ci stanno davvero bene, in una simbologia indicativa della transizione inarrestabile fra passato e futuro, attraverso quell’attimo inafferrabile e non cristallizzabile che è il presente, destinato a morire prima ancora di nascere nel ciclo continuo segnato dal trascorrere delle stagioni e, con esse, della vita dell’uomo.

Capiamo dunque la fondatezza di quanto ci insegna ancora una volta Macrobio, quando dice che “il mondo gira sempre, muovendosi in cerchio e, partendo da sé, ritorna sempre a se stesso”.

In alto l’immagine della “Testa di Giano bifronte” proveniente da Vulci, II secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma


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