Rimpiangete le vecchie storie di Asterix scritte da Goscinny?

Se credessi alla reincarnazione e non ci fosse un problema di date (di morte e di nascita) a renderlo impossibile, potrei pensare che Goscinny è ritornato tra noi nel corpo di Arleston!

Parlare dello sceneggiatore, scrittore, umorista René Goscinny non dovrebbe essere necessario: Astérix, Oumpah Pah, Iznogoud e le migliori storie di Lucky Luke lo fanno per lui, e chi avesse avuto la sfortuna di non imbattersi mai neppure in uno dei personaggi summenzionati, si affretti a rimediare. Se è vero che il riso fa buon sangue, ne guadagnerà, e ampiamente, in salute!

Di Arleston, invece, io per primo non so niente. E, tutto sommato, non mi interessa nemmeno sapere molto di più di quello che questo redivivo Goscinny mi ha mostrato di sé attraverso i vari tomi di “Trolls de Troy”. Si tratta di una serie francese pubblicata dalle edizioni Soleil nata, a opera dello sceneggiatore Arleston e del disegnatore Mourier, dalla costola di un’altra serie scritta dal primo e illustrata da Tarquin. Come tutte le cose nate da una costola, la seconda creatura, a mio modesto parere, è decisamente più gradevole, vivace e ricca della prima. Sulla quale è comunque necessario spendere qualche parola.

Arleston, creando il personaggio di Lanfeust de Troy, si è immaginato un mondo (Troy, appunto) che lui stesso definisce “sorprendente” dove, grazie ai saggi di Eckmul che diffondono fino agli ultimi recessi di ogni villaggio la forza della magia, ogni singolo individuo possiede uno, e un solo, potere magico. Che può essere insignificante o utile, ridicolo o temibile. Cosicché il giovane fabbro Lanfeust può fondere il metallo con lo sguardo, la sensuale Cixi può trasformare l’acqua in vapore o ghiaccio, la bella e gentile C’ian può sanare ogni ferita e così via. Questa piccola, geniale invenzione narrativa, permette all’autore di ficcare i suoi personaggi nelle più strane situazioni e divertirsi poi a far loro usare quei poteri per uscirne con soluzioni ogni volta diverse che, se non strappano la risata grassa, solleticano ogni volta l’intelligenza del lettore.

Grande è anche la fantasia di Arleston nel riempire il suo mondo fantastico di creature d’ogni genere. Basterà citare un episodio dal primo volume: il giovane protagonista, l’anziano mago Nicolède e le sue figlie sono in viaggio per portare Lanfeust (venuto fortunosamente in possesso del potere totale, che gli consente di fare tutte le magie) davanti agli eruditi del conservatorio d’Eckmul, dove sapranno meglio valutare i suoi nuovi poteri. Viaggiano a dorso di Petauro, un gigantesco quanto robusto bestione lanoso con un solo inconveniente: si muove solo se il suo guidatore canta con allegria. Ma durante il viaggio la comitiva si imbatte in un’altra invenzione dello sceneggiatore: i voraci, piccoli quadrupedi che, come un mortale tappeto vivente, si muovono in gruppi di migliaia di individui e i cui maschi adulti, muniti di taglientissime pinze, triturano tutto quello che incontrano. Vegetali e animali fatti a pezzi da loro vengono poi mangiati dagli esemplari più giovani che li seguono. Siccome sono più veloci del Petauro, lo raggiungono e lo spolpano ben bene, en passant. I nostri si salvano arrampicandosi sul baldacchino metallico issato sulla groppa del loro bestione (i voraci non mangiano né ossa né metallo), ma il povero Lanfeust ci rimette una gamba… che potrà riavere grazie a C’ian, naturalmente.

La storia va avanti così, tra situazioni drammatiche e momenti di grande umorismo, specialmente quando entra in scena un nuovo personaggio, il troll Hebus, disgustoso individuo senza morale che si nutre di carne umana e teme solo l’acqua (potrebbe lavarlo!).


È proprio lavorando su quest’ultimo che Arleston deve essersi accorto delle potenzialità del personaggio e dei suoi simili. Così, visto anche il successo della sua prima creatura (350.000 copie di venduto medio per titolo), qualche mese dopo ha partorito una nuova serie, Trolls de Troy, appunto. Che, guarda caso, somiglia molto ad Asterix. Anche qui, come nelle storie del più famoso personaggio di Goscinny, c’è un villaggio abitato da tipi molto particolari, convinti di essere i migliori del mondo e pronti a dimostrarlo a ogni piè sospinto. Come i galli, i Troll sono forti, incontenibilmente forti. E se ad Asterix e compagni per diventarlo serviva la pozione di Panoramix, Tetram (il protagonista della serie, che unisce in sé pregi e difetti del piccolo gallo baffuto e del grasso Obelix) e fratelli lo sono invece di natura. Il loro isolato villaggio di capanne di legno con i tetti di paglia somiglia in modo impressionante a quello ove regna Abraracourcix. E se a minacciare lo sciovinistico way of life dei galli sono Giulio Cesare e le sue legioni, i nemici dei troll sono il venerabile Rista Fuquatou, influente membro del consiglio ristretto del conservatorio, e i cacciatori di troll guidati da Haplin.


A dare il via alla prima avventura dei troll, che si sviluppa in quattro volumi, è proprio la cattura di tutti gli abitanti del villaggio e il loro asservimento (a mezzo incantesimo, come sappiamo) affinché non attacchino più i villaggi degli umani e i viaggiatori. Venduti come schiavi, i troll vengono impiegati nella realizzazione di un canale navigabile che unisca i tre fiumi di Troy. Per liberarli dall’incantesimo che impedisce loro di ribellarsi, Tetram e la sua figlia adottiva Waha (è un’umana, dotata perciò come tutti i suoi simili di un unico potere… solo che nel suo caso è diverso ogni volta e imprevedibile, trovata che garantisce situazioni sempre inedite e risate sicure) dovranno procurarsi una ciocca di capelli del saggio che ha lanciato l’incantesimo (e che è però calvo!) e il Fuoco Originario, che ancora arde nel vulcano Salaston…


La “Cerca”, come abbiamo detto, occupa quattro tomi ed è una vera gioia per gli occhi e per lo spirito del lettore.
Una gioia per lo spirito, perché Arleston è riuscito nella non facile impresa di ricreare la magia (spenta da anni, nell’originale: dalla morte di Goscinny, ovviamente) delle storie di Asterix dandone una versione più adeguata ai tempi grazie alla scelta dell’ambientazione fantasy, all’uso di una vena gioiosamente splatter (non sembri una contraddizione in termini: i grandi autori riescono a fare questo e altro) e a un umorismo un po’ folle, ma sempre controllatissimo e gestito nel contesto di un plot rigoroso e geniale, puntellato da continue invenzioni narrative e colpi di scena. I protagonisti, poi, pur nella loro essenzialità psicologica, sono tutt’altro che semplici macchiette, e riescono a farsi subito amare dal lettore. I mille personaggi di contorno, infine, sono uno più efficace e divertente dell’altro.


Una gioia per gli occhi, perché il disegnatore Mourier è il perfetto Uderzo della situazione. Dotato di un tratto insieme classico (le sue pennellate sembrano veramente uscire da un fumetto d’altri tempi) e modernissimo, ha quel tipo di disegno estremamente “comunicativo” e felicissimo per cui i personaggi usciti dalla sua matita suscitano una immediata simpatia. Quanto il creatore grafico di Lanfeust sembra faticare nel mettere su carta i personaggi, legnosetti nei movimenti e non sempre efficaci nelle espressioni, gli ambienti e gli animali, che danno ogni volta l’impressione di essere stati “costruiti” più che immaginati, tanto le tavole di Mourier sembrano invece esser fluite spontaneamente dal pennello del disegnatore, con personaggi vivissimi e ambienti che l’autore sembra frequentare quotidianamente, a tal punto sono “naturali” e convincenti.

Non c’è dunque da meravigliarsi se la serie è diventata a sua volta un clamoroso successo, soprattutto presso il pubblico più giovane.

C’è da stupirsi invece che nessuno tra gli editori italiani si sia minimamente accorto di questa ormai vasta produzione incentrata sul mondo di Troy (oltre a Lanfeust ci sono ben tre serie parallele e addirittura una rivista mensile dedicata al capostipite!), sempre ottimamente scritta e mediamente ben disegnata. Ma si sa, i nostri editori, piccoli e grandi, raramente leggono quello di cui acquistano i diritti di pubblicazione. Al massimo guardano i disegni o i dati di vendita. Peccato. Per i lettori italiani.

 

 

4 pensiero su “I TROLL: ASTERIX DIVENTA SPLATTER”
  1. Ehm… la Planeta/DeAgostini diede alle stampe la prima saga di Lanfeust (in due Integrali) e i primi otto capitoli di Trolls (due integrali anche qui)… e la RW/Lion ha annunciato Lanfeust delle Stelle.

  2. Sì, grazie, me l’aveva già segnalato qualcuno su Facebook. L’articolo era stato pubblicato originariamente su Fumo di China molti anni fa e, al momento di ripubblicarlo su Giornale Pop, confesso di non essere andato a controllare se qualcuno nel frattempo aveva pubblicato in Italia i Troll o altre serie di Arleston. Anche perché scrivendo l’articolo pensavo (vista la mole di materiale esistente) più a una pubblicazione periodica in edicola, magari su rivista… e lì ero sicuro di non aver mai visto niente di lanfeustiano. 🙂

    1. L’articolo mi ha fatto riflettere su un paio di cosette che potrebbero rendere “problematica” la pubblicazione nostrana di Arleston…
      1) Lanfeust. Il personaggio padre, madre, base e colonna dell’Arlestonverse è -secondo me- invecchiato male, per non dire malissimo. Fiacca la storia, fiacchi i disegni, questo può avere scoraggiato molti (Nota: rispetto a qualche anno fa, oggi disponiamo di diversi prequel e “légendes” autoconclusive, il problema della presentazione fiacca potrebbe -potrebbe- essere aggirato)
      2) Arleston. Scrive molto, forse troppo, e i suoi lavori sono qualitativamente incostanti. Ci sono episodi di Trolls (ma anche di Ekho, per citare una sua serie regolarmente pubblicata da noi) che ti fanno venire voglia di vederlo ai comandi di Asterix, altri che abbandoni a metà lettura.
      E la continuity interna rende problematica l’eventuale selezione del materiale.
      3) Il formato. Le tavole di Lanfeust & c sono piene di vignette e di testo, e i volumi Soleil sono giant-size. Ergo, si tratta di un universo che si presta poco, pochissimo, a essere costretto in uno dei tanti formati mignon tanto in voga in Italia.
      4) Il suo essere uno scrittore per adolescenti, che si diverte a giocare con momenti splatter o leggermente sexy (anzi, Cixy! :D), il che rende le sue serie un po’ scomode sia per un editore per bimbi che per uno troppo serioso.
      5) La difficoltà della traduzione. I suoi testi sono infarciti di citazioni pop minori (rimandi a pubblicità francesi anni ’70, successi musicali minori, ecc), che solo un coetaneo di Arleston con trascorsi in Francia saprebbe cogliere.
      …donde forse la timidezza con cui hanno agito Planeta prima e RW/Lion poi.

  3. Interessanti e ragionevoli considerazioni. Come ho scritto in altri commenti, la mia idea (all’epoca in cui ho scritto l’articolo, originariamente per Fumo di China, molti anni fa, quando l’edicola era ancora editorialmente praticabile) era di fare una rivista “fantasy” con i materiali del mondo di Troy, ben calibrati e organizzati. Idea forse balorda, ma certo più praticabile di una pubblicazione in volumi che in Italia hanno riscontri molto limitati e difficilmente raggiungono il pubblico a cui sono più indirizzate le storie di Arleston, quello adolescenziale. Ormai credo sia abbastanza tardi per qualsiasi esperimento del genere. Peccato. Alcuni volumi (io ne ho letto solo una parte… Cixi compresa) sono molto divertenti, e una oculata gestione avrebbe potuto portare una ventata di freschezza nel panorama mugugnone della nostra editoria fumettistica e riavvicinare (con una opportuna campagna pubblicitaria) una fetta di gioventù alla lettura dei fumetti. Salvo sorprese sul fronte dei collaterali dei quotidiani o di Mondadori Comix/Oscar Ink, temo che così non sarà.

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