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Genere letterario tra i più antichi, l’autobiografia è entrata prepotentemente nel fumetto d’autore moderno, evolvendosi e ibridandosi con il tempo in varie forme, tra autofiction e memoriale.

Dagli anni novanta in avanti, le nuove tendenze del fumetto autobiografico (David B., Lewis Trondheim, Marjane Satrapi) e del reportage a fumetti (Joe Sacco, Emmanuel Guibert, Art Spiegelman) hanno aperto nuove strade alla graphic novel.

In questo contesto, la capacità della nona arte di trattare il mondo per immagini e assimilare le nuove sfide della cronaca e della storia, unita al coraggio di alcuni autori di recarsi sul campo, consente al fumetto di raccontare efficacemente l’esodo dall’Africa o la fuga dalla Siria.

I fumettisti non si limitano a rappresentare il mondo o a raccontarlo, come farebbe un reporter, ma lo filtrano attraverso il setaccio della propria esperienza intima. Lo mettono a fuoco attraverso il prisma del rapporto con le persone che faticosamente attraversano i confini e patiscono le pene, suscitando nel lettore una tale partecipazione che ci induce a ritenere il fumetto la moderna epica dei popoli.

Da quando negli anni novanta l’autobiografia a fumetti è diventata una moda, il romanzo grafico o graphic novel, è il luogo privilegiato di questa forma espressiva.

FUMETTO E VITA: AUTOBIOGRAFIA, AUTOFICTION E MEMORIALE
WIll Eisner – Contratto con Dio

 

Will Eisner, nato a Brooklyn da una famiglia di immigrati ebrei, in “Contratto con Dio” (1978) apre la via a questi autori, raccontando la New York della giovinezza filtrata da una cultura ebraica che era allo stesso tempo identità e alienazione.

 

L’autobiografia a fumetti

FUMETTO E VITA: AUTOBIOGRAFIA, AUTOFICTION E MEMORIALE
Edmond Baudoin

 

In Francia è Edmond Baudoin, negli anni ottanta, l’autore che per primo si inoltra nel racconto biografico e introspettivo che indaga nell’esperienza umana, intima dell’artista, nella tragedia dell’immigrazione. Ma è soprattutto negli anni 1990-2000 che l’autobiografia a fumetti emerge e trova ampi consensi tra i lettori.

Influenzata da Il Grande Male (L’Ascension du Haut Mal), romanzo grafico autobiografico di David B. (1996-2003), Marjane Satrapi racconta in Persepolis (2000-2003) la sua infanzia in Iran e l’esilio, prima in Austria e poi in Francia. Questo lungo flash-back, scritto in prima persona, è anzitutto un romanzo di formazione.

Mentre le didascalie permettono all’autrice di raccontare, contestualizzare e dare un giudizio sul proprio passato, meditato dalla consapevolezza di una storia personale che è di molti e dunque è Storia, i balloon evocano, con i dialoghi, i sentimenti della giovane Marjane mentre vive sulla sua pelle quella storia.

FUMETTO E VITA: AUTOBIOGRAFIA, AUTOFICTION E MEMORIALE
Marjane Satrapi – Persepolis

 

Più di recente, nel 2011, Julio Ribera, nella trilogia Mon crayon et moi parla dei suoi percorsi intimi e artistici. Nei tre volumi, l’artista spagnolo racconta la sua infanzia e adolescenza durante il colpo di stato franchista, la guerra civile, la tragica morte della sorella Montserrat.

In Paris Libertè, ricorda la fuga a Parigi e l’incontro con il mondo del fumetto francese, con autori come Goscinny e Filippini. Per questo autore nato a Barcellona nel 1927 l’autobiografia è un esercizio doloroso “perché si basa su una scelta tra ricordi personali e costruzione di un testo e di immagini che rappresentino una storia collettiva”.

Come in Persepolis di Marjane Satrapi, l’autobiografia è il tentativo, tipico dell’autore impegnato, di coniugare il racconto di una vita e l’espressione dei propri intimi sentimenti con l’analisi di un fenomeno storico, in questo caso l’esilio politico, che è parte della storia del XX secolo.

FUMETTO E VITA: AUTOBIOGRAFIA, AUTOFICTION E MEMORIALE
Julio Ribera – Mon crayon et moi

 

Se i critici concordano sul fatto che l’autobiografia abbia rivoluzionato e dato nuova linfa e lettori alla nona arte, gli autori non riposano sugli allori e sono sempre in cerca di nuovi stimoli e linguaggi, sperimentando inediti generi grafico-letterari come quello che è stato definito “autofiction”.

 

L’autofiction

L’autofiction appare come uno sviluppo del genere autobiografico. Si scrive su se stessi ma si prende però distanza dall’io, violando il “patto autobiografico” teorizzato da Philippe Lejeune.

In Portugal (2011), il capolavoro del francese Ciryl Pedrosa, il punto di partenza è ancora autobiografico: un fumettista, Simon, il gemello immaginario dell’autore, ha perso l’ispirazione e viene invitato a trascorrere alcuni giorni in Portogallo.

Ma l’immaginazione dell’artista si esprime attraverso una narrazione che si sviluppa intorno a diversi punti di vista. Tracciando i confini della auto-fiction, Pedrosa, con umorismo e vivacità, con colori caldi che rappresentano emozioni, racconta una ricerca di identità e la ricostruzione di una famiglia andata in pezzi.

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Aurelia Aurita

 

In “Non vedrò Okinawa” (Je ne verrai pas Okinawa, 2008) di Aurelia Aurita, autrice francese di origine cinese e cambogiana racconta l’esperienza di Chenda, bloccata per sei ore all’aeroporto di Tokio dai funzionari del’immigrazione durante un viaggio per raggiungere il fidanzato mangaka giapponese.

Chenda non è un personaggio immaginario. È il diminutivo di Hakchenda Khun, il vero nome dell’autrice. Con lo pseudonimo di Aurelia Aurita, dal nome di una specie di medusa cosmopolita distribuita pressoché uniformemente tra il 70º ed il 40º parallelo, incapace di opporsi al flusso delle correnti, l’autrice evita di mettersi a nudo completamente. Sceglie di allontanarsi dalla narrazione in prima persona ma, in un gioco di specchi, lascia che la protagonista porti il suo nome.

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Alessantro Tota – Yeti

 

In Terre d’accueil – Yeti (2010), l’italiano Alessandro Tota nasconde ancora meglio la dimensione autobiografica in uno Yeti, eroe infelice e tenero, che arriva a Parigi dopo che il suo paese è stato devastato da un disastro ecologico. Attraverso il personaggio immaginario racconta la propria storia di integrazione nella capitale francese, in cui l’autore si è stabilito nel 2006.

L’autofiction si presenta dunque come una “autobiografia pudica”, che mimetizza l’io e rifugge il coinvolgimento troppo intimo, che cerca di rendere l’ordinario straordinario, pur volendo affrontare esperienze dolorose e personali di migrazione e alienazione. Un esercizio catartico di testimonianza e transfert.

Zeina Abrached
Zeina Abirached

 

Il racconto della memoria

All’opposto, troviamo il racconto della memoria: Zeina Abirached ha vissuto la propria infanzia nella Beirut sconvolta dalla guerra. Trasferitasi a Parigi ha continuato a disegnare fumetti incentrati sulla propria memoria e su quella collettiva legata alla guerra.

Attraverso le sue opere, l’autrice ritrae non solamente le memorie della guerra civile, ma vuole raccontare una storia che è stata ignorata dai canali ufficiali o che è stata dimenticata. Il suo stile in bianco e nero riecheggia l’eleganza della calligrafia araba.

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Antonio Altariba: L’arte di volare

 

Il 4 maggio 2001, il padre di Antonio Altarriba si lancia dalla finestra della casa di cura di Lardero. Tuttavia, il suo volo è iniziato novant’anni prima. Hipster e combattente, il vecchio Altariba ha passato la sua vita imparando L’Arte di volare (2009).

Dai campi di Peñaflor, trincee della lotta anti-franchista, alla Francia dell’esilio o la Spagna della dittatura, ha spiegato le ali su tutte le tempeste del ventesimo secolo. Il figlio, nella pelle del padre, racconta la sua storia e costruisce una delle migliori cronache della Spagna nel secolo scorso. “Attraverso gli occhi di mio padre, ma dal mio punto di vista”.

 

 

Di Tuzzo

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