Quando Papa Innocenzo IV lo seppe, ordinò il canto di un solenne “Te Deum” di ringraziamento: il nemico giurato della Chiesa, colui che una dozzina d’anni prima il suo predecessore Gregorio IX aveva definito “bestia feroce piena di parole bestemmiatrici”, era scomparso per sempre. Eppure, quando spirò il 13 dicembre del 1250 a Castel Fiorentino, nella sua adorata Apulia, l’Imperatore Federico II di Hohenstaufen lo fece nelle vesti da penitente, rivestito col saio benedettino. Lui che il mondo lo aveva a suo modo fatto a pezzi, smantellando cioè il sistema feudale per sostituirlo con il primo Stato assoluto d’Europa, dal mondo si congedò in punta di piedi dopo aver visto la propria salute peggiorare nel breve volgere di pochi mesi, tanto da far sorgere il sospetto di un avvelenamento. Sentendo approssimarsi la fine, aveva nominato il primogenito Corrado suo successore in Germania, Italia e Sicilia, l’altro figlio Enrico re di Arles e di Gerusalemme e infine il figlio naturale Manfredi reggente del “Regnum”, cioè di tutti i possedimenti degli Hohenstaufen nell’Italia meridionale per conto di Corrado, durante la permanenza in Germania di quest’ultimo. Ordinò poi di restituire alla Chiesa, con un atto inatteso e rivelatore di quanto tenesse al raggiungimento di una pace duratura, tutto ciò che le aveva sottratto in termini di terre, rendite e beni ecclesiali vari, fatti salvi l’onore e la dignità dell’Impero. Come luogo di sepoltura scelse infine la Cattedrale di Palermo, in un sarcofago di porfido posizionato accanto a quello di nonno Ruggero, non lontano dalle tombe dei genitori Enrico VI e Costanza d’Altavilla. Così, a nemmeno 56 anni d’età, terminava la sua vita terrena l’Imperatore Federico II, nato nel 1194 nel bel mezzo della piazza centrale di Jesi sotto una tenda appositamente eretta per quello scopo, affinché tutta la cittadinanza potesse sincerarsi che il bimbo che era venuto al mondo era proprio lui e non magari il figlio di qualche contadina. Rimasto orfano in tenerissima età d’entrambi i genitori, fu affidato dalla madre morente alla tutela dell’aristocratico papa Innocenzo III il quale, dopo averlo cresciuto e dichiarato maggiorenne al compimento del 15° anno d’età, se ne servì in chiave politica facendolo eleggere imperatore dai principi tedeschi riuniti a Francoforte nel 1212 invece di Ottone di Brunswick, inviso alla Chiesa. Papa Onorio III ottenne poi da quell’indocile “figlio della Chiesa” la promessa di guidare una crociata in Terrasanta contro gli infedeli, cui però Federico avrebbe ottemperato soltanto dieci anni più tardi cedendo “obtorto collo” alla scomunica scagliatagli contro da Gregorio IX, focoso successore del ben più mite Onorio. Aveva rimandato la crociata perché si sentiva molto attratto dalla cultura islamica in generale. Federico si distinse anche in questo frangente, perché conquistò Gerusalemme senza colpo ferire, grazie alla sua impareggiabile abilità diplomatica che gli permise di concludere un accordo col sultano Al-Kamil. Tedesco di sangue, ma italiano per gusti, cultura ed attitudini personali, nell’attività di governo attuò un profondo riordinamento amministrativo e giudiziario dei suoi Stati, nei quali instaurò un assolutismo che, grazie anche all’opera di funzionari capaci come Pier delle Vigne, avrebbe diffuso un generale benessere fra le popolazioni. In campo culturale promosse l’incontro fra la civiltà latina, quella greca ed quella araba, facendo tradurre in latino opere filosofiche, matematiche e naturalistiche fino ad allora sconosciute al mondo occidentale. Lui stesso scrisse un trattato di falconeria (“De arte venandi cum avibus”) che figura ancora fra i pilastri della letteratura su questo particolare tipo di caccia, e fu il promotore della costruzione di una numerosa serie di castelli di natura sia difensiva che residenziale, il più famoso dei quali è il Castel del Monte, in territorio di Andria. Con la morte dello “Stupor Mundi”, altresì detto “Puer Apuliae”, il Medioevo e con esso la Civiltà occidentale perse uno dei suoi più grandi protagonisti. Navigazione articoli ÖTZI, AVVELENATO NEL GHIACCIO CRISTINA DI SVEZIA, LA REGINA DI ROMA