Da bambini, tutti abbiamo visto le comiche in bianco e nero. Tra i personaggi di quei film muti che tanto ci facevano divertire c’era spesso un “grassone” dalla faccia ingenua e simpatica che si distingueva per la sua agilità. In America questo attore era chiamato Fatty, ossia semplicemente “Ciccione”: alto 1.78 metri per 136 chili di peso, il suo vero nome era Roscoe Arbuckle. Purtroppo per lui, divenne famoso anche fuori dal mondo del cinema, perché accusato di aver ucciso una giovane attrice dando vita al primo grande scandalo di Hollywood. Come disse il suo amico Buster Keaton: «Le nostre risate cessarono il giorno stesso in cui Roscoe Arbuckle venne accusato di aver provocato la morte di Virginia Rappe».

Roscoe Arbuckle avrebbe potuto prendere il soprannome di Fatty sin dalla nascita, nel 1887, dato che pesava già nove chili. Papà William non crede che un ragazzino così grasso possa essere figlio suo, essendo lui un tipo mingherlino. Per questo, alla morte della moglie lo abbandona al suo destino.
Roscoe ha solo 12 anni quando, per sopravvivere, inizia a sfruttare la sua bella voce per cantare e recitare negli spettacoli delle compagnie di vaudeville (un genere teatrale tra la commedia e il musical) che lo portano in tournée fino in Cina e in Giappone. A 21 anni sposa la diciannovenne Minta Durfee, sua compagna di lavoro. Nello stesso periodo inizia a interpretare piccoli ruoli per il cinema.
Non esistono ancora edifici realizzati appositamente per vedere i film, le pellicole vengono proiettate in fumosi e affollatissimi bar: i benpensanti considerano il nuovo tipo di spettacolo un’invenzione infernale, che costringe uomini e donne a trovarsi pressati l’uno sull’altro in localini equivoci. Per questo rifiutano di mescolarsi con il popolo e continuano a seguire le opere tradizionali a teatro. Ancora per poco, perché sarà proprio la maggioranza dei teatri a trasformarsi nei primi cinema veri e propri.

Nel 1913, Mack Sennett, il grande produttore di film comici, rimane colpito quando vede il corpulento Roscoe salire le scale con la leggerezza di un ballerino. Lo assume con un contratto da 25 dollari a settimana, presto aumentati a 400, una cifra da capogiro per un modesto attore di vaudeville. Gli viene imposto il nomignolo, che odierà sempre, di Fatty, così come il collega Charlie Chaplin è chiamato The Tramp (il Vagabondo) e, in Italia, Charlot.

FATTY IL CICCIONE NON FA PIÙ RIDERE HOLLYWOOD

 

Fatty gira alcuni film proprio con lo stesso Chaplin, all’epoca l’unico attore più famoso e più pagato di lui. Per contratto, non può dimagrire nemmeno di un chilo, ma per far ridere non sfrutta la sua mole, usa piuttosto l’incredibile agilità.

Il successo è tale che Roscoe fonda una propria casa di produzione, la “Comique”. Nella veste di imprenditore lancia l’attore che, dopo Chaplin, è considerato dai critici il maggiore interprete del muto: Buster Keaton. Insieme a lui gira diverse comiche, anticipando la coppia dello smilzo e del ciccione che verrà ripresa una decina di anni dopo da Stanlio e Olio (Stan Laurel e Oliver Hardy).

Ormai Roscoe riceve dalla Paramount la cifra iperbolica di un milione di dollari all’anno. Tutto questo finirà di colpo il 3 settembre 1921, il giorno in cui Roscoe decide di organizzare un party al Saint Francis Hotel di San Francisco, insieme ad amici attori e registi, e a numerose belle ragazze desiderose di entrare nel mondo del cinema. Riguardo a quello che dovrà accadere nel corso della serata non c’è spazio per l’immaginazione, perché le feste di Roscoe sono famose per finire con gli spogliarelli e tutto quello che ne consegue.

All’ultimo momento, forse senza sapere bene di che party si tratti, nell’hotel arriva anche l’attrice Virginia Rappe insieme all’amica Maude Delmont. La donna è una bella mora quasi trentenne che ha iniziato da poco a lavorare nel cinema: non ha ancora ruoli importanti, anche se le è capitato di recitare con Rodolfo Valentino, il divo di origine italiana per il quale tutte le donne del mondo farebbero pazzie. Ufficialmente è la fidanzata del produttore e regista Henry Lehrman, ma in realtà si tratta solo di una delle sue amanti.

Durante il party la musica del grammofono viene tenuta al massimo volume, gin e whisky scorrono a fiumi (benché vietati dal Proibizionismo) e non manca neanche la cocaina. Mentre l’amica Maude beve un bicchiere di scotch dietro l’altro, Virginia sorseggia tre Orange blossom (un cocktail a base di gin e succo d’arancia).

La festa di Roscoe si svolge in tre grandi appartamenti comunicanti, ciascuno dei quali dotato di piccole stanze, per permettere agli ospiti di appartarsi con le ragazze alla fine della serata. E per rendere le ospiti più disinibite, a un certo punto arrivano due “ballerine” (un eufemismo per indicare le prostitute professioniste), pagate da Roscoe.

Quando tutti sono su di giri e oltre alle “ballerine” qualche aspirante attrice comincia a togliersi i vestiti, Virginia viene colpita da un forte malore. Per il medico dell’hotel è stata intossicata da un miscuglio di alcol e droghe. Una diagnosi che si rivelerà sbagliata perché, dopo tre giorni di agonia, l’attrice muore di peritonite, a causa della rottura della vescica.

I quotidiani più disinvolti sfruttano la celebrità delle persone coinvolte nel festino e la fama di dissolutezza che circonda Hollywood, nell’epoca morigerata del Proibizionismo, per montare un enorme scandalo. Secondo alcuni giornalisti, Fatty avrebbe tentato di stuprare Virginia, provocandone la morte sotto il suo peso. Secondo altri, avrebbe avuto con lei un rapporto sessuale talmente violento, magari usando una bottiglietta, da provocare la morte della donna.

L’autopsia però non rivela tracce di stupro e certifica che la rottura della vescica non è stata prodotta da una pressione esterna. Ma a fare clamore sarà soprattutto la deposizione resa alla polizia da Maude Delmont, l’amica di Virginia. La donna racconta di aver visto sparire la sua collega in una stanza insieme a Roscoe, il quale si comportava in modo strano, visibilmente ubriaco. Sentendo poi le urla di Virginia, aveva tempestato di pugni la porta chiusa a chiave fino a quando Roscoe era venuto ad aprirle. Addosso il comico aveva solo un pigiama fradicio di sudore, mentre Virginia aveva gli abiti stracciati e urlava: «Mi fa male, muoio! È stato lui».

Avendo lavorato come infermiera, Maude aveva pensato di spogliare completamente l’amica e di metterla sotto l’acqua fredda con l’aiuto di alcuni partecipanti alla festa, mentre Roscoe appariva del tutto indifferente. Dopodiché Virginia era stata asciugata e distesa sul letto di un’altra stanza, messa a disposizione dalla direzione dell’hotel in attesa dell’arrivo del medico. Il quale, convintosi che Virginia avesse avuto solo una crisi di nervi dovuta all’alcol e alle droghe, l’aveva sedata con la morfina. La donna era rimasta due giorni priva di sensi in hotel, prima di essere trasportata, ormai inutilmente, all’ospedale. Sulla base di queste dichiarazioni, Roscoe Arbuckle viene incriminato per omicidio e tentata violenza carnale.

Gli effetti dell’arresto si ripercuotono in tutti gli Stati Uniti: nel Connecticut le appartenenti a un gruppo religioso strappano lo schermo sul quale viene proiettata una comica di Fatty, mentre nel Wyoming alcuni cowboy lo schermo preferiscono prenderlo a pistolettate. Molti dei suoi film vengono messi al bando. Per l’opinione pubblica, i “degenerati” di Hollywood devono subire una punizione esemplare.

Durante il processo, nel dicembre del 1921, Roscoe fa la sua ricostruzione degli avvenimenti. Dichiara che, avendo sentito Virginia gridare in bagno, era accorso e l’aveva trovata in preda a lancinanti dolori di stomaco. Allora l’aveva distesa sul divano, portandole l’acqua che aveva chiesto e rimanendo con lei per una decina di minuti, prima che gli ospiti li raggiungessero. Per il pubblico ministero, invece, l’attrice gridava perché l’uomo stava cercando di violentarla, ma si guarda bene dal chiamare a deporre Maude Delmont, dato che il suo racconto era infarcito di gravi contraddizioni.

I quaranta ospiti che si aggiravano nelle altre due grandi stanze, accorsi solo alla fine per dare aiuto a Virginia, erano tutti ubriachi. E ora fanno dichiarazioni confuse e contraddittorie: a dargli retta si può dimostrare tutto e il contrario di tutto. L’avvocato di Roscoe, da parte sua, infanga la memoria della morta descrivendola come una “donna di facili costumi”. Alla fine del dibattimento, dopo ben 43 ore di camera di consiglio, la giuria assolve l’imputato con 10 voti a favore e 2 contrari. Roscoe viene nuovamente portato alla sbarra nel febbraio dell’anno successivo e stavolta 10 giurati votano contro di lui e 2 a favore: l’esatto contrario di quello che era accaduto nel primo procedimento. Il terzo e ultimo processo, sempre nel 1922, lo scagiona con il parere unanime della giuria.
Fuori dal tribunale, si leva il coro di delusione della folla radunata per chiedere la sua condanna a morte.

Henry Lehrman, il presunto fidanzato della donna uccisa, dichiara: «Virginia era una ragazza di carattere, tornerebbe dalla tomba per difendere la sua memoria da accuse tanto schifose. È inevitabile che succedano cose del genere quando si raccatta per strada un cafone come Arbuckle, gli si pagano compensi astronomici e se ne fa un idolo. Certa gente sa godersi la vita solo in modo bestiale, partecipando a orge più sfrenate e degenerate di quelle dell’antica Roma».

La carriera di Roscoe, il tenero Fatty amato dai bambini, è stroncata e il suo equilibrio psicologico distrutto. «Non capisco», sospira lui, «un minuto sono il tipo che tutti amano e in quello successivo quello che tutti amano odiare». Solo Buster Keaton gli rimarrà accanto. Per lui, Fatty è una delle anime più candide che esistano, incapace di fare del male a una mosca. Nel 1925, Roscoe divorzia da Minta e si risposa per poi divorziare ancora. Non gli rimane più un soldo, perché quando era sulla cresta dell’onda spendeva con estrema prodigalità.

Ormai quasi sempre ubriaco e intrattabile, viene sostenuto economicamente da Buster Keaton, diventato a sua volta uno degli attori più pagati di Hollywood. Nel 1932 la Warner Bros decide di scommettere nuovamente su Roscoe, facendogli girare sei cortometraggi. Il suo morale sembra risollevarsi, tanto che inizia i preparativi per il terzo matrimonio. Lo stesso giorno in cui termina di girare l’ultimo corto, gli viene proposto un ruolo da protagonista in un lungometraggio.

Dopo tanto tempo il destino sembra tornare a sorridergli, ma la notte del 29 giugno 1933 il cuore malandato nel corpo troppo pesante di Roscoe subisce un infarto.
Muore così, a soli 46 anni, uno dei divi più importanti e meno ricordati di Hollywood.

 

 

 

Di Sauro Pennacchioli

Contatto E-mail: info@giornale.pop

Un pensiero su “FATTY IL CICCIONE NON FA PIÙ RIDERE HOLLYWOOD”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *