Il Fantafestival a Milano negli anni Ottanta

Dal 1981 la Mostra Internazionale del Cinema di Fantascienza e del Fantastico, nata a Roma su iniziativa di Alberto Ravaglioli, è un appuntamento irrinunciabile per gli appassionati. Solitamente il Fantafestival (come viene più familiarmente chiamato) si svolge nel mese di giugno ma tuttavia quest’anno, per ovvie ragioni, non si terrà.
Nel 1986 la mostra, alla cui organizzazione si era aggiunto nel frattempo Adriano Pintaldi, si estese oltre i confini della capitale. Conclusasi la manifestazione romana, infatti, gran parte delle pellicole della sesta edizione vennero trasferite a Milano e proiettate durante il fine settimana nelle sale cinematografiche di via Torino.

L’iniziativa di spostare parte della programmazione nel capoluogo lombardo nacque con l’intento di permettere anche agli appassionati che abitavano lontano da Roma di vedere film che, nella maggior parte dei casi, sarebbero rimasti inediti. Tra i titoli in trasferta spiccò Re-Animator (id., 1985), oggi considerato uno dei migliori horror degli anni ottanta.
Prodotto da Brian Yuzna e diretto da Stuart Gordon, racconta di uno studente di medicina della Miskatonic University, Herbert West, che con l’aiuto del collega Dan Cain sperimenta un siero da lui creato su un cadavere riuscendo a riportarlo in vita. Il morto, tutt’altro che pacifico, appena resuscitato uccide uno dei professori. West, per nascondere l’omicidio, rianima anche lui. Protagonisti sono Jeffrey Combs, Barbara Crampton e Bruce Abbott.

 

Re-Animator poteva contare sul fondamentale apporto finanziario e distributivo di Charles Band, proprietario della Empire Productions, che proprio in quel periodo si affacciava alla ribalta internazionale con una serie di produzioni a costo limitato, ma molto fantasiose. Si caratterizzavano per gli ottimi effetti speciali, in alcuni casi alquanto sanguinolenti, il recupero di certe atmosfere gotiche ma modernizzate, la realizzazione alquanto curata sotto il profilo visivo e una spiccata ironia ludica.
Il sesto Fantafestival presentò altre pellicole targate Charles Band. Ad esempio l’ottimo Troll (id., 1986), diretto da John Carl Buechler, nel quale uno stregone con le sembianze di una creatura malvagia terrorizza gli abitanti di un palazzo di San Francisco.

 

Un’altra produzione di Charles Band programmata nel Fantafestival milanese del 1986 fu Terror Vision (id., 1986), gustoso mix di fantascienza, horror e commedia al limite del demenziale. In questo caso Buechler si occupa degli effetti speciali, mentre la regia è di Ted Nicolaou.
Da sottolineare che sia in Troll che in Terror Vision il direttore della fotografia è il compianto Romano Albani, e il suo virtuosismo coloristico (già apprezzato in Inferno e Phenomena di Dario Argento) le rende due pellicole superiori alla media.

 

Il programma del Fantafestival è da sempre suddiviso in una sezione che riguarda il concorso (quell’anno il Pipistrello d’Oro assegnato da una giuria di esperti se lo aggiudicò Re-Animator), una dedicata alle retrospettive e infine una sezione intitolata Informativa, che presenta sempre opere recenti, già distribuite, o ancora in attesa di arrivare nelle sale italiane.
La sesta edizione, tra i titoli dell’Informativa giunti anche a Milano, propose Dèmoni, prodotto da Dario Argento e diretto da Lamberto Bava nel 1985. Capace di suscitare commenti contrastanti e fughe dalla sala, soprattutto a causa dei numerosi effetti sanguinolenti (ancora oggi inadatti ai deboli di stomaco), ma anche un entusiasmo da concerto rock. L’azzeccata frase di lancio era: «Faranno dei cimiteri le loro cattedrali, e delle città le vostre tombe».
Una ragazza, Sharon, riceve da un tizio con una placca di metallo che gli copre parte del volto due biglietti per la prima di un film dell’orrore al cinema Metropol di Berlino. Il film nel film narra di come Nostradamus avesse previsto l’avvento dei dèmoni sulla Terra. Sia nella pellicola proiettata sullo schermo che nella sala cinematografica qualcuno si punge con una maschera demoniaca e dà il via al contagio: chiunque venga morso diventa un dèmone. In poco tempo molti spettatori vengono aggrediti e infettati. Solo due ragazzi, George e Sharon, riescono a sopravvivere e a uscire dal cinema. Ma scoprono che fuori è peggio: la città è infestata.
Dèmoni non è qualitativamente all’altezza della precedente produzione horror di Dario Argento, lo storico Zombi (1978) di George Romero (a cui tra l’altro si ricollega nel finale, con l’elicottero che sfonda il tetto), ma resta un buon film. Bava riesce a dare un ritmo vorticoso alla narrazione, cosa non facile, considerato che la prima mezz’ora scorre su un doppio binario.
L’idea del film nel film è particolarmente azzeccata, anche perché permette di raddoppiare gli orrori. L’uso della musica hard rock e heavy metal, già sperimentato da Argento in Phenomena, completa l’opera, aggiungendo alla violenza parossistica un martellamento sonoro quasi costante. Inoltre va rilevata, tra gli sceneggiatori, la presenza di Dardano Sacchetti, qui anche soggettista: la sua mano si avverte.

 

Uno dei migliori film di quell’edizione, visto anche a Milano, fu Doctor and the Devils (id., 1985), affidato alla regia del maestro inglese Freddie Francis dal produttore Mel Brooks e interpretato da un cast di alto livello: Timothy Dalton, Jonathan Pryce, Twiggy, Julian Sands e Phyllis Logan.
Francis, autore di splendidi horror come Le cinque chiavi del terrore e Il giardino delle torture, ma anche grande direttore della fotografia (suoi ad esempio i film di David Lynch Elephant Man e Dune) in un’intervista dell’epoca (rilasciata a Marco Zatterin il 22 febbraio del 1986) raccontò così l’esperienza con Doctor and the Devils: “I detentori dei diritti della sceneggiatura hanno cercato per tutti questi anni di realizzarlo fino a che lo hanno portato a Mel Brooks, al quale è piaciuto e quindi ha deciso di farlo. Sapeva che io ero coinvolto nel progetto e questo lo faceva stare tranquillo visto che mi conosceva da Elephant Man. La storia è molto simile a quella della Jena di Boris Karloff, direi anzi che è la stessa. Ne è venuto fuori un film che adoro e che forse molti dei miei fans non gradiranno in quanto non si tratta di un horror in senso classico”.

 

I film più riusciti diretti da Freddie Francis sono stati realizzati sotto l’egida delle case di produzione inglesi Amicus e Hammer, specializzate nel cinema di genere, in particolare fantascienza e horror. Il sesto Fantafestival dedicò la retrospettiva proprio alla Hammer e al fantastico d’Oltremanica, omaggiando e premiando al contempo due dei suoi autori di punta: Michael Carreras e Val Guest.
Tra le pellicole proiettate va ricordato almeno lo splendido I vampiri dello spazio (Quatermass 2, 1957), prodotto da Carreras e diretto da Val Guest. Secondo titolo con protagonista il dottor Quatermass, personaggio creato dallo sceneggiatore Nigel Kneale, vede lo scienziato britannico interpretato da Brian Donlevy alle prese con un’invasione di extraterrestri mimetizzati da umani.

 

Nel 1987 il Fantafestival si svolse a Roma dal 4 al 12 giugno come di consueto nelle sale del Capranica e del Capranichetta e, quasi in contemporanea, dal 8 al 14 giugno, per la seconda e ultima volta, nei cinema Ariston e Odeon di Milano. Dei quasi cento film presentati, a Milano ne giunse qualche decina in meno, ma si trattò comunque di un programma di tutto rispetto.
Per una questione di costi, la sezione milanese dovette rinunciare alla presenza dei prestigiosi ospiti accolti nella capitale: Rutger Hauer, Ralph Bakshi, Syd Mead e Christopher Lee. Questi ultimi furono anche tra i componenti della giuria che premiò come miglior lungometraggio Mannequin (id.), diretto nel 1987 da Micheal Gottlieb. Una gradevole commedia fantasy nella quale una bella principessa dell’antico Egitto (Kim Cattrall) si reincarna in un manichino esposto in un grande magazzino di New York.

https://www.youtube.com/watch?v=t9rTXDVglBo

 

In quegli anni si realizzarono numerosi film che mischiavano temi horror o fantascientifici e situazioni da cinema brillante se non addirittura comico. Il settimo Fantafestival, oltre a Mannequin, ne propose vari, anche sui vampiri. Come la gustosa parodia firmata da Rudy De Luca (abituale collaboratore di Mel Brooks) Una notte in Transilvania (Transilvania 6-5000, 1987), con la coppia Jeff Goldblum/Geena Davis (lei in versione supersexy) e i vampiri cubani a disegni animati del geniale Vampiros en la Habana (¡Vampiros en La Habana!, 1985) di Juan Padron.
Ma anche Se ti mordo sei mio (Once Bitten, 1985), di Howard Storm. La protagonista è una contessa vampira (Lauren Hutton) che, bisognosa di sangue vergine, cerca di sedurre il timido studente Mark (Jim Carrey alle prime armi), ma se la deve vedere con la fidanzata, Robin (Karen Kopins).

 

Una certa leggerezza da commedia non mancava neppure nella quarta avventura cinematografica dell’equipaggio dell’Enterprise in Rotta verso la Terra (Star Trek IV: The Voyage Home, 1986) diretto da Leonard “Spock” Nimoy, molto apprezzato dai trekkiani dell’epoca.
Il capitano Kirk e compagni intraprendono un viaggio nel tempo e tornano negli anni ottanta per salvare la Terra da un pericolo incombente.
Come scrisse Fabio Zama sul periodico Videodrome, divenuto proprio in quell’occasione voce ufficiale del Fantafestival: “Star Trek IV è forse il migliore di tutta la serie, quello più terrestre e meno tecnologico, sicuramente il più carico d’umorismo” (7° Fantafestival, un successo verso il futuro, Videodrome, luglio-agosto 1987).

 

Va da sé che un certo tipo di spettatore si entusiasmò maggiormente dinanzi agli horror belli tosti. Cominciando con American Gothic (id., 1987), variazione meno cruenta del sottogenere teenie-kill pic, diretta da un sempre abile veterano come John Hough (di cui fu presentato anche Biggles, divertente avventura nel tempo ambientata durante la Grande Guerra).
In questo caso, alcuni giovani hanno la sfortuna di capitare nei pressi di un’abitazione sperduta dove vive una famiglia capeggiata da una coppia di anziani coniugi (Rod Steiger e Yvonne De Carlo), poco registrati e per nulla amichevoli.
Poi alla proiezione shock del più disturbante, ma non privo di humour nero, Street Trash (distribuito nel 1987 col titolo Horror in Bowery Street), firmato dal maestro della steadycam Jim Muro. Non ultimo il purtroppo poco visto in Italia C.h.u.d. (id., 1984), diretto da Douglas Cheek e interpretato da John Heard, Kim Greist e Daniel Stern. Storia di una colonia di barboni mutanti e assassini che emergono di notte dalle fogne di New York.

 

Sempre per quel che riguarda i film dell’orrore, una delle anteprime più attese del settimo Fantafestival fu Creepshow 2 (id., 1987). Tre episodi, riusciti solo in parte, che ripropongono le atmosfere dei fumetti Ec Comics, tanto amati dai teenager americani dei primi anni cinquanta.
George Romero, autore nel 1982 del primo, memorabile Creepshow, che si avvaleva del prezioso apporto di Stephen King, qui si limita a scrivere le sceneggiature e a produrre l’esordio registico del direttore della fotografia Michael Gornick.
Creepshow 2, che una volta uscito nei cinema venne accolto da giudizi non molto positivi, con i suoi migliori momenti strappò comunque al pubblico del Fantafestival applausi a scena aperta.

 

L’accoglienza riservata all’italiano La casa del buon ritorno al Fantafestival non fu priva di qualche perplessità, come emerge dalla recensione del critico Roberto Silvestri: “Horror psicanalitico di trama claudicante ma rigurgitante di virtuosismi di macchina, colori pensati, musiche sofisticate” (Il Manifesto, 2 settembre 1986).
L’opera seconda del regista Beppe Cino (negli anni settanta aiuto di Roberto Rossellini), con protagonista Amanda Sandrelli, era stata presentata in precedenza alla 43^ Mostra del Cinema di Venezia. Il protagonista, Luca, torna dopo molti anni nella casa dove ha trascorso l’infanzia: qui diviene preda di ricordi ossessionanti, compreso l’omicidio di una bambina.

 

Quell’edizione del Fantafestival vide nascere una sezione dedicata ai cortometraggi, presentati prima di ogni proiezione principale e “trasferiti” anche a Milano.
Tra i più interessanti due italiani: Beyond Horror (1987, Alessandro Danielli e Paolo Zeccara) e il fantascientifico Exit, del 1985. Il corto venne realizzato grazie al contributo della Rai, insieme ad altri cinque progetti scelti durante lo show di Rai 1 Passione mia (presentato nei primi mesi del 1985 da Monica Vitti) e candidato all’Oscar come miglior cortometraggio nel 1987 (girava voce che fosse piaciuto a Steven Spielberg).
Diretto da Stefano Reali e Pino Quartullo e ispirato a un racconto di Luigi Malerba, riscosse i favori della critica e del pubblico raccontando di un gruppo di archeologi che nel lontano 3503 riportano alla luce, tra i reperti del passato, anche una sala cinematografica.

https://www.youtube.com/watch?v=Mq8f4frEOcE

 

L’ampia retrospettiva questa volta fu dedicata alla Universal, la mayor hollywoodiana fondata nel 1912 da Carl Laemmle. Casa produttrice horror per eccellenza, soprattutto negli anni venti e trenta.
Tra i film proiettati al Fantafestival non mancarono naturalmente i classici immortali come Il fantasma dell’Opera (The Phantom of the Opera), diretto del 1925 da Rupert Julian, Frankenstein (id., 1931) di James Whale e Dracula (id., 1931) di Tod Browning. Interpretati da tre icone del cinema dell’orrore e della Universal: rispettivamente Lon Chaney, Boris Karloff e Bela Lugosi.

 

Ma fu possibile vedere anche alcune rarità fuori circuito da tempo. Come gli splendidi The Black Cat (id., 1934) di Edgar J. Ulmer e Il dottor Miracolo (Murders in the Rue Morgue), diretto da Robert Florey nel 1932. Ispirati a due celebri racconti di Edgar Allan Poe.

 

Ralph Bakshi fu omaggiato con alcuni dei suoi film più conosciuti, tra cui Il signore degli anelli (The Lord of the Rings), riduzione del romanzo di Tolkien girata nel 1978 con la tecnica del rotoscope (prima filmando le scene con attori in carne e ossa, poi disegnando il cartone animato sulle immagini della pellicola).
Proprio in quegli anni il regista newyorkese passava dalla rabbia suburbana dei primi film, espressa con “un disegno al limite dell’allucinazione, inquietante, pieno di tinte forti” (da Zuppa d’anatra n. 16, aprile 1983) al fantasy. Anche se Bakshi stesso ha preferito descrivere Il signore degli anelli come “il primo esempio di pittura realistica in movimento”.

 

Una visione eccentrica che gli organizzatori proposero al pubblico fu il quasi inedito Anche i nani hanno cominciato da piccoli (Auch Zwerge haben klein angefangen, 1970), del grande regista tedesco Werner Herzog. Girato in un rigoroso e allucinante bianco e nero, racconta la ribellione di alcuni nani rinchiusi in un non meglio precisato istituto.

 

 

 

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