A pensarci pare strano, ma sono passati oltre trentacinque anni da quando un giovane Sam Raimi, insieme all’amico Bruce Campbell, decise di trascinare amici e parenti a congelarsi le chiappe nei boschi del Tennessee perché gli era salita storta ‘sta botta che voleva mettersi a fare i film. Naturalmente, il risultato dello sbattone di allora, più vicino allo sclero di uno che non c’ha niente di meglio da fare piuttosto che un progetto professionale, lo conosciamo tutti: difatti fu così che nacque Evil Dead. O, se preferite, La Casa, come arrivò qui da noi qualche anno dopo.

In ogni caso, siccome sta per iniziare la nuova stagione di “Ash vs Evil Dead”, mi pareva ‘na cosa carina mettere in piedi ‘sta specie di retrospettiva per buttare un occhio alla saga in generale, magari anche ad appannaggio di quei disinformatissimi che hanno passato gli ultimi trent’anni in una caverna su Marte con le dita nelle orecchie e non hanno la più pallida idea di cosa si stia parlando. Perciò, diamo un ciancio alle bande e andiamo a buttare l’occhio su Evil Dead saga. Ah! Dimenticavo: ma in tutto questo, cosa c’entra Stephen King?

 

Siamo all’incirca nel ’78, un periodo che riguardo l’intrattenimento in generale fu eccitante come guardare la vernice che s’asciuga sulle pareti: internet non esisteva, i videogames erano ancora una novità a uno stadio più o meno embrionale e nelle case c’era al massimo una televisione. Perciò, a meno che uno non volesse alcolizzarsi a ufo, bisognava darci sotto con l’inventiva per poter passare il tempo. Fu così che un diciannovenne, Sam Raimi, forte della piccola cinepresa super-8 regalatagli dal padre, iniziò a farsi salire il pallino di fare i film. Ovviamente grandissima parte di quelle prime produzioni erano ‘na roba che arrivava, al massimo, a livelli di video da Paperissima ma, a un certo punto, qualcosa iniziò a cambiare.

In un’intervista rilasciata anni fa alla rivista Fangoria, Raimi spiegò che inizialmente la sua idea non era quella di mettersi a fare film, anzi: “Quando ero alle medie, la mia aspirazione era quella di diventare meteorologo”. […] “Poi sarei voluto diventare un pilota d’aerei ma per come stavano andando le cose, pensai fosse più probabile che sarei finito a fare il “tuttofare”, hai presente? Quei tipi che alla fine riparano lavatrici tutto il giorno.” […] “Così iniziai a fare dei film in super-8 ma non avrei mai pensato che lo si potesse fare “per davvero”, cioè per vivere”.

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Senza tirarla troppo per le lunghe, arrivato al college, il compagno di stanza Robert Tapert iniziò a ficcarglisi nelle orecchie tipo tarlo con robe alla “e dai c’hai la cinepresa, e dai usiamola se no cacchio ce l’hai a fare, e dai facciamo i film per il cinematografo” e via dicendo. A questo punto, stanco delle litanie che si faceva venì Tapert, Raimi decise di accontentarlo. Chiamò l’amico di sempre, Bruce Campbell, e insieme fondarono la Renaissance Pictures  per finanziare il progetto più serio fino a quel momento, ovvero “Within the Woods”, un corto di trenta minuti. Realisticamente parlando venne tirato su a sputi e preghiere e girato piuttosto a mo’ di biglietto da visita, per far capire dove i tre volessero andare a parare e per trovare qualcuno disposto a finanziare seriamente il successivo progetto.
Alla fine della fiera, Within the Woods riscosse un certo successo e la Renaissance Pictures riuscì a racimolare un budget di circa $ 430.000. Era una somma enorme in mano a dei ragazzi di manco ventanni, ma ridicola e da farti sputare addosso pure dalle pecore se rapportato alla produzione di un film. Intanto però, fu proprio grazie a ‘sti quattro spicci che nacque Evil Dead.

 

Arriviamo così alla mattina di sabato 11 Novembre del 1979 quando Raimi, Campbell, Tapert e il piccolo gruppo di cast e troupe composto per larga parte da amici e parenti, arrivano sulle colline scelte dalla Film Commission del Tennessee come luogo per le riprese di Evil Dead.

Ora, amico a casa e a caso che stai leggendo, sicuramente la trama la conoscerai, ma la ripetiamo comunque. Un gruppo di ragazzi (Ash, Scott, Cheryl, Linda e Shelly) decide che vuole farsi il week-end in montagna a mo’ di fighetti. Si dirigono a un chalet fra i boschi. Arrivati sul posto – che tra l’altro si rivela un tugurio – mentre s’accomodano e capiscono che per l’aperitivo non è cosa, iniziano ad accadere fatti strani e vagamente inquietanti. Così com’è, o come non è, scendendo nello scantinato trovano una specie di libro e un registratore. Azionando quest’ultimo vengono a sapere che il libro è un affare chiamato Naturom Demonto, conosciuto anche come Necronomicon Ex-Mortis (per gli amici solo Necronomicon), mentre la voce sul registratore, che spiega col cucchiaino cos’è il libro, è quella dell’archeologo prof. Raymond Knowby, che dopo numerose ricerche aveva scovato l’antico testo in un castello a Kandahar.

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Ora, vero è che ci vorrebbe un capitolo a parte solo per il Necronomicon, pseudobiblium inventato da Lovecraft, utilizzato a mani basse ovunque e da chiunque negli ultimi settantanni, perfino da tutti gli sclerati convintissimi che ‘sto coso esista sul serio e via dicendo, ma tant’è.
Sorvoliamo e andiamo avanti. In brevis comunque, il Necronomicon, rilegato in pelle umana e scritto col sangue, è una specie di elenco telefonico per chi risiede all’inferno: insomma, pieno di formule per richiamare i demoni.
Il prof. Knowby alla fine era riuscito a tradurre la lingua (l’antico sumero) in cui era scritto e inavvertitamente pronuncia la formula per risvegliare il male. Ancora più scemi, i ragazzi nello chalet lasciano continuare il nastro su cui l’archeologo si stava registrando mentre pronunciava la formula, et voilà! Risvegliano di nuovo il male antico.

Sostanzialmente, a dirla così so perfettamente che ‘sta trama c’ha quel “sapore” di pappardella vecchia, stantia e vista-e-rivista. Sicuramente questo sì, ma solo se la rapportiamo a oggi però. Teniamo sempre ben presente che il tutto venne pensato e scritto più o meno nel 1979 e il film uscì nel 1981. I grandi capisaldi del genere, in primis Venerdì 13  Sleepaway Camp (film famosissimo e forse col finale migliore di sempre in tutto il genere, ma mai arrivato qui da noi), uscirono rispettivamente nel 1980 e nel 1983.
L’unico film a presentare un canovaccio abbastanza simile, al tempo, era Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre) uscito pochi anni prima, nel 1974.

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Le riprese che si protrassero oltre un anno perché in sostanza erano tutti una barca di morti di fame e va da sé dunque, che chi più chi meno, avesse un lavoro per mangiare e quella del film era una simpatica “distrazione” a cui dedicarsi nei fine settimana. E molti, stanchi di doversi addormentare per terra, a gratis, in quello schifo di chalet e a congelarsi il culo nel bosco con temperature che a volte andavano sotto lo zero,mandarono a fancul … diedero forfait a Raimi. In ogni caso, sorvolando su tutto questo, alla fine il film venne completato, presentato e… e nessuno se lo filò di striscio. Tranne una persona.

In pratica, per quanto potevano sbattersi, nessun distributore s’interessò al film. Pure la Paramount, che stava a fa’ i big money con Venerdì 13 se ne uscì col proverbiale “grazie, ma no, grazie”. A questo punto, tutti stavano per gettare la spugna e Raimi già si vedeva ad aggiustare lavatrici quando un certo Stephen King, nel 1981, vide “La Casa” al Festival di Cannes e, siccome King già nel 1981 era “Stephen King”, cioè l’autore in grado di vendere a mani basse pure scoregge in un barattolo, molto colpito dal film scrisse una recensione più che positiva per la rivista Twilight Zone, intitolata “The Evil Dead: Perché non l’hai ancora visto, e perché dovresti farlo”.
In brevis King diceva: “Con questo film, The Evil Dead, Raimi realizza un “arcobaleno nero” di orrore”. […] “Qualcuno dovrebbe andare a dire a Kubrick, Spielberg e tutti gli altri, che non c’è davvero nulla lì fuori come questa roba. Basta imbullonare la camera a un due per quattro e correre come l’inferno”.

Sempre nell’intervista a Fangoria, Raimi diceva:“Stephen King ci ha aiutato immensamente. Noi al più avremmo potuto presentare il film in giro ancora un po’ e cercare un distributore, ma alla fine le cose sarebbero potute restare così per sempre. Invece, quando King disse “No, a me questo film piace, è diverso”, puntò i riflettori su di esso”.

Praticamente, se King non avesse visto il film al secolo, noi oggi probabilmente non avremmo Evil Dead, i deadite né tanto meno Ash.
Ora andiamo avanti di sei anni e arriviamo nel 1987. Esce nelle sale Evil Dead 2: Dead by Dawn

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Dunque, sostanzialmente, per un bel po’ di tempo questo film ha generato parecchia confusione negli spettatori, accendendo discussioni molto animate tra i fan.
Da un lato c’era chi diceva che Evil Dead 2 fosse una specie di remake. Nel senso che finalmente Raimi c’aveva il soldo come si deve e aveva girato di nuovo lo stesso film ma come avrebbe voluto farlo all’epoca. Altri invece portavano avanti la tesi del sequel. In tutto questo, il punto è che entrambe le versioni sono più o mene vere, con la sola differenza che per come stanno oggi le cose, canonicamente Evil Dead II è considerato ufficialmente un sequel.

Fondamentalmente, la confusione nasceva dal fatto che i primi dieci minuti di film ripresentavano di nuovo i protagonisti precedenti, Ash e Linda che arrivavano allo chalet, da soli, e trovavano poi il Necronomicon nello scantinato. Solo in un secondo momento sarebbero arrivati i nuovi personaggi, tra cui Annie Knowby, figlia dell’archeologo che aveva trovato il Libro dei Morti, e le vicende si sarebbero poi riallacciate in una specie di continuum col film precedente.

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In fin dei conti comunque, il perché di tutta ‘sta cagnara si risolve in un’unica, semplice parola: ovvero dindini.
Raimi e Tapert avevano faticato non poco a trovare qualcuno che cacciasse la moneta per produrre il film ma, nel frattempo, lo script era già stato abbozzato durante l’uscita del primo Evil Dead. Quando poi si riuscì a racimolare una cifra più che degna – e parliamo di quasi dieci volte quella dell’opera precedente – grazie anche al nostro Dino De Laurentiis che alla fine fece anche da distributore, il film ebbe il via libera per essere prodotto e, quindi, si dovette mettere mano seriamente alla sceneggiatura. Sceneggiatura poi scritta da Raimi, Scott Spiegel e a cui parteciparono anche i fratelli Joel e Ethan Coen.
Dopo ‘na barca di rimaneggiamenti, nella versione semi-definitiva, all’inizio dovevano comparire tutti i personaggi del primo film, un breve riassunto di quello che era accaduto, i nuovi personaggi, e infine Ash che tornava indietro nel tempo e combatteva il male nel passato. Ora, i soldi saranno stati pure molti di più di quelli che avevano a disposizione anni prima ma comunque non bastavano a fa’ tutta ‘sta roba. Perciò, via di risparmio: un taglia e cuci qua, una stiratina di là ed ecco fatto. Ad ogni buon conto, tutta la pappardella verrà presa, aggiustata e utilizzata alcuni anni dopo per il terzo film “Army of Darkness”.

Arrivati a questo, restano fuori dal cerchio quattro cose: L’armata delle Tenebre, tutta una lunga serie di fumetti basati sul franchise e pubblicati dopo il terzo film dal ’92, il sequel/remake del primo film uscito nel 2013 firmato dal giovane Fede Alvarez, e la serie tv Ash vs. Evil Dead.
Sinceramente?
Credo che il brodo già me lo sono allungato abbastanza, perciò il resto lo vediamo la prossima volta.

Un pensiero su “EVIL DEAD, UNA RETROSPETTIVA SU “LA CASA””

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