La traduttrice ed editor Elsa Muller esamina in questo articolo il rapporto che Emilio Salgari, creatore di Sandokan e del Corsaro Nero, aveva con il mare. Lo scrittore ebbe una pratica marittima limitata, non gli riuscì la carriera di capitano di lungo corso, e per la maggior parte della sua vita restò lontano dall’acqua salata, prima a Verona poi a Torino.

Emilio Salgari non è stato il primo in Italia a scrivere di imprese marittime. Era stato preceduto da Vittorio Vecchi (1842-1932), figlio di un garibaldino, ufficiale della marina da guerra, che partecipa alla battaglia di Lissa (sonora sconfitta della raccogliticcia flotta italiana). Poi si congeda e, facendo per la prima volta conoscere l’aspetto marittimo dell’Italia, inizia a pubblicare articoli, racconti, libri di lettura per le scuole e rievocazioni storiche.
Vittorio Vecchi scrive con lo pseudonimo Jack la Bolina, pubblica anche la biografia di Garibaldi, nella quale fa notare la radice marittima dell’Eroe dei due mondi.

Emilio Salgari inizia la sua parabola letteraria quando Jack la Bolina è al culmine della propria attività di primo opinionista del mare italiano.
Il mare, del resto, era un’ideale di ambiente e di vita per lo scrittore veronese, il teatro preferito per la rappresentazione delle sue avventure.

Lasciamo la parola a Elsa Muller e alle illustrazioni di Rino Albertarelli, noto anche come disegnatore di fumetti.

EMILIO SALGARI SCRITTORE DI MARE


“Se morirò prima di voi, seppellitemi in mare”: queste parole Emilio Salgari le ha ripetute più di una volta ai propri familiari. Ma il suo desiderio non venne esaudito. Dopo una vita travagliata, la morte lo raggiunge a Torino nel 1911. Fu sepolto a Verona, la città natale volle custodirne le spoglie mortali.

Come spiegare l’amore per il mare che anima le sue pagine? Se fosse nato in una città della costa… ma Verona ne dista centinaia di chilometri. I biografi concordano oggi nell’attribuire tale passione a una tradizione della famiglia materna, veneziana di origine dalmata. Fu la madre a risvegliare nel figlio l’amore per il mare, il desiderio di avventure lontane e affascinanti ? Forse.

EMILIO SALGARI SCRITTORE DI MARE


A diciassette anni Emilio lascia Verona per iscriversi all’Istituto tecnico e di Marina Mercantile di Venezia, ma non riesce a portare a termine gli studi. Compie brevi viaggi di addestramento nel Mar Adriatico. Da queste esperienze e da presunte note autobiografiche nascono quei dati che faranno poi impazzire i biografi: si vorrà a tutti i costi attribuirgli itinerari favolisi e avventure in paesi lontani. Nulla di più falso.

A vent’anni Salgari lascia il mare per sempre. Non si riesce a capire il perché. Emilio Salgari è uomo di mare nel più profondo del suo animo. Del mare porterà una nostalgia struggente per tutta la vita. E le immagini dell’Adriatico nostrano, e quelle tutt’altro che romantiche del porto di Genova, trasfigurate dalla fantasia del romanziere, diventeranno sconfinati oceani, teatro delle sue avventure più belle.

EMILIO SALGARI SCRITTORE DI MARE


Il mare. Vascelli dalle bianche vele gonfie al vento. Avventure. Sogni. Orizzonti sconfinati. Mondi lontani, inesplorati. Questo è il mare per Emilio Salgari.

Non a caso due dei più famosi eroi salgariani, Sandokan e il Corsaro Nero, sono uomini di mare. È vero che il Corsaro Nero si muove con disinvoltura anche in un salotto, e che Sandokan va deciso all’assalto di un “kampong” fortificato, ma entrambi vivono realmente solo quando hanno tra le mani la ribolla del timone della loro nave. O quando comandano l’abbordaggio che scatena un’orda di diavoli sprezzanti della morte e del pericolo, contro un nemico sempre più forte.

EMILIO SALGARI SCRITTORE DI MARE


“All’abbordaggio, uomini del mare!…”, è il grido che ha fatto fremere milioni di ragazzini. Come esisterebbero, senza il mare, gli indimenticabili tigrotti di Mompracem e i filibustieri della Tortue ?

Dice un personaggio salgariano, il baronetto William Mc Lellan, nel “Corsaro delle Bermude”: “Voi colonnello, non siete mai stato marinaio e non potete comprendere la grande poesia del mare. Quando l’onda monta, la costa ha dei suoni che voi non potete comprendere. L’onda sale, dolce dolce, rumoreggiando pian piano, poi scatta e si rompe sulle rive. È una musica divina. In una notte di luna, ognuno rinuncerebbe ai più grandi maestri del nostro tempo. Che suoni dà la risacca quando s’avvicina alla costa! La udite da lontano, la udite avvicinarsi lieve lieve, con un suono che sembra un’armonia di mille strumenti. Ah, bisogna essere nati marinai! La gran voce dell’oceano noi soli sappiamo comprenderla!”.

EMILIO SALGARI SCRITTORE DI MARE


Non c’è mare della terra che Emilio Salgari non abbia descritto, con felice intuito poetico e sensibili sfumature di colore. Navi egizie e fenicie, galere medievali e rapide baleniere, brigantini, galeoni, giunche e velocissimi “prahos” portano attraverso i secoli gli eroi salgariani incontro alle loro avventure: dai gelidi insidiosi mari del Nord  e quelli suggestivi dell’America Centrale e dell’Estremo Oriente, dall’Australia all’Africa, a quelli tanto cari all’autore della Malesia e dell’India, teatro del ciclo dei “Pirati della Malesia”.

Il mare non è soltanto un palcoscenico in cui si svolge l’avventura. Anzi, è un essere vivente che prende parte alle vicende dei personaggi. Ne segue le avventure, freme, sospira, piange con loro.

EMILIO SALGARI SCRITTORE DI MARE


“Cominciava allora ad albeggiare verso oriente. Là dove il cielo pareva si confondesse col mare, una pallida luce saliva tingendo le acque di riflessi color dell’acciaio”, si legge nel Corsaro Nero. “La luce cresceva, ma il mare sfolgoreggiava sempre intorno alla nave, rumoreggiando sordamente contro i neri fianchi e frangendosi contro l’alta prora. Quelle ondulazioni avevano in quel momento degli strani sussurrii. Ora parevano gemiti d’anime, ora rauchi sospiri, ora flebili lamenti. D’un tratto il tocco di una campana echeggiò sul quadro di poppa. Un funebre silenzio regnava sul ponte della nave che era rimasta immobile sulle acque luminose: perfino il mare taceva e non mormorava più”.

Anche per il suo terribile giuramento, il Corsaro Nero chiama a testimone il mare: “Uomini del mare, uditemi! Io giuro su Dio, su queste onde che ci sono fedeli compagne, e sulla mia anima, che non avrò bene sulla terra finché non avrò vendicato i fratelli miei spenti da Van Gould. Che le folgori incendino la mia nave; che le onde m’inghiottano assieme a voi, che i due corsari che dormono in queste acque, negli abissi del gran golfo, mi maledicano…”.

È il mare che crea quello stato d’animo che avvince in pari tensione il personaggio e il lettore. Lo contempliamo con gli occhi del Corsaro Nero, nella stanca malinconia di un tramonto di fuoco sul mare dei Caraibi: “Quanti ricordi mi desta questo tramonto!”. O con quelli di Sandokan che alla ribolla del suo “praho” lancia una sfida temeraria al mare in tempesta: “Io non ti temo!…”. Oppure con lo stupore fanciullesco di Darma che, per la prima volta ammira nei mari della Sonda il rarissimo fenomeno del “raggio verde”. E proviamo lo stesso brivido di paura che attanaglia il cuore di Mariquita nella “Stella dell’Araucania”, vedendo due iceberg rinchiudersi al passaggio della nave.


Il personaggio salgariano è uomo di mare fino in fondo. Sul ponte di una nave, squassata dalla tempesta, sballottata dalle onde come un guscio di noce, il personaggio perde i suoi limiti umani. Diventa eroe. Si proietta nel mito. E desta nei giovani che lo guardano, oltre ad ammirazione, una sorta di superstizioso timore.

L’elemento marino nel romanzo salgariano funziona sempre: sul mare si intrecciano i sentimenti più puri e si preparano i drammi più cupi, esplodono odi e vendette, hanno luogo lotte cruenti ed episodi di generosità. Vi si incontrano i personaggi che saranno legati per la vita: il Corsaro Nero e Honorata per esempio; Darma e sir Moreland. Vi si fronteggiano fieri nemici che, da una nave all’altra, lottano senza quartiere, per distruggersi, per colarsi a fondo.

Il mare invita a teneri idilli e trepide confessioni d’amore; desta tetri pensieri di morte e di vendette: “Il mare non mi fa paura. Là fra quelle onde potrò trovare posto anch’io. Ma più tardi, quando il traditore mi avrà preceduto”. Sono parole del Corsaro Nero.

E Honorata Van Gould: “Potessero in questo istante le mie palpebre chiudersi e non riaprirsi mai più…”. Pensieri di pace e d’oblio, forse di morte.


Emilio Salgari coglie del mare sfumature diverse di colori, di suoni, di voci, mutevoli espressioni. Indugia perfino nelle descrizioni non preoccupandosi di ritardare l’azione che ha certo parte predominante nella sua opera.

Se rileggiamo alcuni dei suoi romanzi ci accorgiamo che le pagine più belle, più vigorose, più sentite, sono quelle dedicate alla descrizione del mare. Delle sue tempeste. Dei tramonti. Degli abbordaggi. Delle lotte degli uomini sul mare e contro il mare.

Emilio Salgari, nell’animo suo, è uomo di mare. Su questo non ci sono dubbi. Conosce profondamente il mare, e gli uomini di mare. Il loro carattere, le loro superstizioni, le loro piccole manie. E si muove con disinvoltura a bordo delle navi di tutte le epoche. Conosce i particolari tecnici, le manovre, le navi descritte nei suoi romanzi non sono modellini; ci si accorge che si muovono veramente, che sono vere. E sono vere le manovre, le vele, le sartie, gli alberi.

Dicono: una conoscenza così minuta non può averla imparata sui libri. Allora ci si domanda: come può aver acquisito queste conoscenze se ormai è chiaramente stabilito che non fu mai capitano di lungo corso, che non viaggiò mai nei lontani paesi dell’oriente, che non visse nessuna delle avventure attribuitegli?

Felice intuito poetico? Lo stesso che gli faceva descrivere minuziosamente luoghi e genti mai visti? Forse. È un altro dei misteri della personalità di Emilio Salgari.

Elsa Muller, da Sgt.Kirk n. 10, Ivaldi Editore, Genova 1968.


Il curatore dell’articolo, Franco Ressa, interpreta Yanez, braccio destro di Sandokan








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