Cadeva una neve leggera a Londra nella mattinata del 15 gennaio 1559, ma le strade erano già ridotte a pantano.

Centinaia di servitori fin dalla notte precedente avevano fatto il possibile per colmare con sabbia e ghiaia le buche più profonde, in modo che la fastosa processione composta da una lunga teoria di carrozze potesse avanzare senza troppi problemi.

La folla era quella delle grandi occasioni, ma se il popolo doveva accontentarsi delle retrovie, nobili e cortigiani potevano contendersi i posti migliori. Dopo una lunga attesa ecco finalmente comparire una portantina luccicante nei suoi broccati dorati, scortata da lacchè in livrea rossa sulla quale risalta ben visibile, ricamato in argento dorato, il blasone “E.R.”, per “Elisabetha Regina”.

All’esclamazione “Dio salvi Vostra Grazia!”, che si levava da ogni dove, la novella regina rispondeva con voce forte e squillante: “E Dio salvi tutti voi!”, facendo credere a chiunque la udisse, grazie a una singolare capacità ereditata da suo padre Enrico VIII, di stare parlando proprio con lui.

Per la seconda volta in cinque anni Londra assisteva alla solenne incoronazione nell’Abbazia di Westminster della nuova regina d’Inghilterra, con il medesimo entusiasmo e le stesse grandi aspettative.

Se però queste ultime, durante il breve regno di Maria Tudor, sorellastra della stessa Elisabetta, erano andate deluse a causa del temporaneo ritorno, percepito ormai dai più come una disgrazia, “dell’oscurità e idolatria del cattolicesimo e del papismo”, ora, con l’ascesa al trono d’Inghilterra di Elisabetta I e il conseguente ripristino della “divina verità” costituita dalla religione riformata, le speranze erano diverse.

Certo per Elisabetta quella giornata rappresentava una bella rivincita. “La Bastarda”, così chiamata da taluni perché figlia della sventurata Anna Bolena, cresciuta da una schiera di balie con il padre sempre lontano, era riuscita ad attraversare miracolosamente indenne il regno dell’odiata sorellastra, a costo di ricorrere all’arte della dissimulazione, che le sarebbe poi servita per il tutta la vita.

Una volta diventata regina, Elisabetta cercò per quanto possibile di dimostrarsi e agire “super partes” per riappacificare un Paese lacerato e ridotto in miseria. Lei donna, si relazionava con i suoi sudditi alla stregua di un buon “Pater familias”, mentre interagiva con i suoi ministri come un abile “direttore d’orchestra”, riuscendo non solo a coordinare il lavoro di tante persone, ma anche a trarre il meglio da ognuna di loro.

Riportò pian piano in Inghilterra un generale benessere, a costo di affidarsi senza troppi scrupoli anche alle imprese del corsaro Francis Drake, predatore dei ricchi possedimenti spagnoli in Sudamerica.

Con una buona dose di fortuna e grazie alla capacità dei suoi ammiragli, nel 1588 si sbarazzò dell’”Invincibile Armata”, la flotta navale mandatale contro dall’ex cognato Filippo II di Spagna, così assestando un colpo fatale all’allora super-potenza iberica.

Capace di gesti di grande generosità, a volte Elisabetta non esitò a interpretare il proprio ruolo con severità e persino crudeltà, come nel caso della cugina Maria Stuarda, fatta decapitare dopo una lunga e ingiusta detenzione.

Raramente in Europa (a parte forse il solo caso della Francia con Luigi XIV) la vita collettiva di un’intera Nazione si identificò per un così lungo periodo con quella della sua Sovrana, conformandosi al suo stile personale.

la regina Elisabetta I
Elisabetta I, dipinto a olio di anonimo, ca 1575. National Portrait Gallery, riprodotto su licenza Creative Common.





Un pensiero su “ELISABETTA I, LA REGINA DELLA RINASCITA”
  1. [ironia]E infatti da allora gli inglesi vivono nell’eresia, nell’ingiusta persecuzione dei dissidenti e grazie alla predazione dei beni altrui[/ironia]

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