Nel maggio del 1970 la casa editrice Milano Libri pubblicò il numero zero di un’edizione in inglese di Linus destinata al mercato britannico. La rivista fu annunciata sul Linus italiano dello stesso mese e l’occasione addotta per la pubblicazione fu la First International Convention Of Cartoonists di Londra. Fu il primo e ultimo numero, di cui non si trova traccia in alcuna storia del fumetto e neanche nei ricordi dei lettori italiani di quegli anni, segno che probabilmente non venne neppure distribuita nelle edicole o regalata agli abbonati.

La mia copia la scoprii per caso durante la svendita di chiusura di un bel negozio di fumetti in via Canonica a Milano a metà anni ottanta, oggi si trova regolarmente su eBay. I fumetti pubblicati erano parte di quelli del “Linus” italiano. L’intenzione di presentare al chiuso mercato fumettistico inglese autori non britannici era sia implicita sia dichiarata nell’editoriale di Michael Bateman, giornalista piuttosto noto e amico di Frank Dickens, l’autore di Bristow.

Ciò che maggiormente colpisce è la non conoscenza da parte degli inglesi di autori universali come Feiffer o strisce come Pogo, accanto ai Crepax e Copi e anche Topor comprensibilmente più regionali, se non altro per la lingua. Ho chiesto ad Anna Maria Gandini, cofondatrice di Linus, notizie su questa effimera avventura editoriale: “In Inghilterra esistevano già periodici che raccoglievano diversi autori, ma erano di stampo fortemente popolare. I fumettisti locali migliori pubblicavano sui quotidiani oppure, come Ralph Steadman, su giornali per così dire impegnati. In Francia sull’esempio di Linus si erano affrettati a fare Charlie, ma in Inghilterra se ne fregavano altamente”.

Continua Anna Maria Gandini: “L’idea mi pare fu di Frank Dickens, che coinvolse Steadman con cui era molto amico, e ci fecero molta pubblicità nell’ambiente. Penso che il numero inglese lo avessimo finanziato noi direttamente con i nostri soldi, senza il coinvolgimento di altri editori. Lo stampammo in Italia con una redazione inglese composta da una sola stanza a casa di Dickens e dalla segretaria, Gillian, che ogni tanto veniva a Milano. Ma non mi ricordo molto perché ai tempi mi occupavo soprattutto della libreria [la Milano Libri di Milano in via Verdi, di fianco alla Scala] anche se seguivo molto da vicino Linus per via del fatto che in casa non si parlava d’altro. L’iniziativa non andò poi così male, ma non abbastanza bene da proseguire”.

L’indice del numero zero di “Linus” edizione inglese

Scorrendo l’indice della rivista notiamo importanti nomi americani, probabilmente poco noti al pubblico britannico, come The Wizard of Id e B.C., Krazy Kat (peraltro poco amata anche in Italia) e il già citato Feiffer. “Tra i nostri c’era Neri Carano, che aveva lavorato a lungo da Mondadori anche per i diritti e ne sapeva tutto. Si occupò lui di chiedere per il mercato inglese quelli che avevamo noi per l’italia”, spiega la Gandini. Si può pensare che le agenzie avessero favorito volentieri il tentativo di allargamento del mercato europeo.

La pagina di presentazione di Feiffer al mercato britannico

Dickens inventò un personaggio probabilmente d’occasione, di modesta qualità e che non ebbe seguito (perlomeno non ne ho trovato più traccia).

L’articolo dedicato a Little Nemo era accompagnato da una bella riproduzione a colori di una tavola domenicale in grandezza originale.

Nel complesso, anche considerando una certa vaghezza nel colophon (manca per esempio il nome della tipografia), si ha l’impressione che questo numero inglese di “Linus” sia stato più un sasso lanciato nello stagno di un Paese tradizionalmente refrattario ai contributi Oltremanica che non un progetto editoriale vero e proprio.

Interessante l’inserzione pubblicitaria di Thomas Rap, editore dei Paesi Bassi, nei quali l’inglese è quasi la seconda lingua nazionale.

Inserzioni pubblicitarie

Altro non ho trovato, e con eccezione della Gandini e forse della fantomatica Gillian, i protagonisti di allora sono tutti passati a miglior vita.
In ogni caso questo “Linus England” resta un’interessante testimonianza collaterale del periodo d’oro del fumetto in Italia.

La pagina di presentazione di Guido Crepax

 

 

6 pensiero su “IL MISTERO DELL’EDIZIONE INGLESE DI LINUS”
    1. del Linus inglese, dici? in generale Milano Libri riempiva di regali gli abbonati, almanacchi, poster, il giornale della libreria di via Verdi, ma resi direi di no, non era nel loro stile, poi non so se Rizzoli facesse diversamente, sono rimasto abbonato fino al 1972

      1. Ripensandoci forse era Ali Babà. Però mi pareva che (forse per una campagna di abbonamenti ad Alter) avessero tirato fuori anche questa rarità dal passato. Definizione che però si adatta anche ad Alì Babà, in effetti.

          1. Il Linus Bumper Spring Number venne ovviamente “pubblicizzato” nella edizione italiana (nei modi e con lo stile tipici gandiniani), ma MAI offerto in regalo ad abbonati.

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