Lotario Vecchi

Come abbiamo visto nell’articolo precedente, il successo del settimanale Jumbo dell’editore Lotario Vecchi si basa sostanzialmente su due serie inglesi “avventurose”: Lucio l’Avanguardista (Rob The Rover) e Colomba Bianca (White Dove).
Lo si evince, oltre che dalle testimonianze dirette dei lettori, anche dalla “piccola posta” del settimanale. Ma Jumbo pubblica anche, l’abbiamo visto fin dal volantino pubblicitario del 1932, alcuni fumetti americani del gruppo di Hearst. Ed è tutta un’altra storia…

 

La vecchia scuola del fumetto americano

Tra gli americani il personaggio più famoso è Fortunino (conosciuto in precedenza sul Corriere dei Piccoli come Fortunello), ovvero Happy Hooligan di F. B. Opper. Quando il settimanale passa parzialmente in quadricromia, viene presentato con i colori originali delle tavole domenicali americane, con tutti i balloon al loro posto, e possiamo ammirarne la grande forza espressiva, sia grafica che verbale.
Probabilmente è un umorismo di difficile comprensione, nell’Italia dei primi anni trenta.

 

Lotario Vecchi Lotario Vecchi

Esiste una “scuola” americana del fumetto pupazzettistico-avventuroso, satirica e di sapido gusto “popolare”, a cui appartiene, tra gli altri, Braccio di Ferro (Popeye) del grande Elzie Segar. Si possono individuare le prime radici di quella scuola in George Herriman, ma in effetti si deve risalire proprio a Opper, il vero capostipite. (Mi pare che la derivazione stilistica sia quella dei settimanali satirici americani come Puck dai quali, alla fine dell’Ottocento, Hearst prende gli autori per il suo supplemento domenicale umoristico, dal quale origineranno i primi fumetti: Fortunello di Opper, ma anche Yellow Kid di Outcault eccetera. In sostanza questo cosiddetto stile “pupazzettistico” è inizialmente usato nelle vignette satiriche da autori che non sapevano disegnare particolarmente bene ma che conoscevano il linguaggio umoristico, poi nei primissimi fumetti su tavole autoconclusive e infine nelle prime avventure comiche a puntate su strisce quotidiane e tavole domenicali. Stile che ormai negli anni trenta va declinando insieme ai suoi anziani autori: è la vecchia guardia che se ne va dopo avere inventato un nuovo genere artistico. Ma già nei primi anni del Novecento era superato, con l’arrivo di McCay, Feininger e McManus – NdR).

Jumbo pubblica anche un buon numero delle folli, affascinanti tavole domenicali di Boob McNutt di Reuben Goldberg, qui ribattezzato Bob Mancatutt, altro fondamentale esponente di quella tendenza. Riporto alcune pagine limitatamente al 1933.

 

Lotario Vecchi

 

Altri americani e un inglese

 

Un altro tra i primi americani ad apparire sulle pagine di Jumbo, fra il 1933 e il 1934, è Clarence D. Russell, ma non con le tavole domenicali di Pete The Tramp (da noi Saltafossi di Malimpeggio), la sua serie principale che l’editore Vecchi utilizza per il nuovo “giornalino” Rin-Tin-Tin. Su Jumbo è ospitato il topper delle Sunday, che occupa il terzo superiore di ogni pagina dedicata a Pete The Tramp: si tratta di Pete’s Pup (infatti è proprio il cagnolino di Saltafossi), qui ribattezzato Flock.

 

 

A proposito: il termine giornalino nasce in questi anni, per indicare la forma editoriale del settimanale di otto/sedici pagine “autocopertinato”, che somiglia appunto a un quotidiano in miniatura. Il termine resta in voga fino a tutti gli anni sessanta e oltre, quando ormai non c’è più nulla, in edicola, che somigli alla forma originaria, e comprende tutti i formati, dagli albi striscia ai tascabili.

 

 

Russell è un altro autore notevole, rimasto ancorato per decenni alla sua fortunata creatura. All’epoca della Grande Depressione, Pete The Tramp è un testimone della sua epoca, quasi come lo Charlot di Modern Times. Flock invece è gradevole, splendidamente disegnato, ma forse non molto di più.

Chi saranno gli autori delle seguenti tavole, della cui nazionalità addirittura dubito? Appaiono rispettivamente nei numeri 4 e 32 di Jumbo 1933.

 

Il problema è che questi grandi classici americani vengono pubblicati disordinatamente, saltuariamente (anche le storie a continuazione!), in alcuni casi malamente tradotti e soprattutto senza la regolarità (stessa pagina, stesso formato, settimana dopo settimana) che servono a fidelizzare il lettore. La pubblicazione di Boob McNutt, soprattutto, è tanto “schizofrenica” da disseminare perfino le singole vignette di ogni pagina tra un numero e l’altro dei settimanali! E perfino oggi, anche i più avvertiti fra gli storici del fumetto (noi per primi!) si riferiscono alle tavole su Cine Comico come prima (e unica) edizione italiana di questa serie. Solo Giorgio Salvucci, su Il Fumetto, chiama a raccolta tutte le tavole, scoprendo che, fra Jumbo e Cine Comico, viene pubblicata da noi, quasi integralmente, la sequenza di tavole domenicali dal 19 febbraio al 31 dicembre 1933: una lunga, folle avventura che meriterebbe certamente di essere ristampata integralmente.

Bonzo è invece una serie inglese, creata da George E. Studdy negli anni venti, ma assai diversa dai fumetti dell’Associated Press: è decisamente “moderna”, visionaria, con molti addentellati al Cinema d’animazione d’Oltreoceano e agli stessi comic americani.

 

Vecchi, l’editore che ha fatto nascere gli altri editori

Jumbo è anche la culla del fumetto italiano “moderno”. È vero che autori come Antonio Rubino e Attilio Mussino sono attivi sul Corriere dei Piccoli fin dal 1908, e che nel 1933 personaggi come Il signor Bonaventura di Sergio Tofano hanno quasi vent’anni di “carriera” alle spalle. Ma Jumbo, come si è visto è un crocevia fondamentale, un momento di svolta: il giornalino esce proprio quando, soprattutto negli Stati Uniti, le cose cambiano drammaticamente e le novità si susseguono in modo parossistico, pronte a invadere il nostro mercato. Su Jumbo, fra il 1933 e il 1936, alcuni giovani autori italiani colgono questo poderoso vento di novità e sperimentano nuovi linguaggi, nuove forme grafiche e nuovi contenuti, un po’ imitando le strisce d’Oltreoceano, un po’ creando cose originali.

Gli inizi non sembrano granché promettenti. Fra i primissimi italiani, c’è un non meglio identificato Amadio, dallo stile simile a quello del celebre Yambo (Enrico Novelli), con una storiella dal sapore quasi ottocentesco.

 

Nello stesso 1933 appare un nome che pochi anni dopo, in casa Mondadori, farà faville. Si tratta nientemeno che del capostipite degli sceneggiatori italiani di fumetti “avventurosi”, ovvero il grandissimo Federico Pedrocchi.

Le Visioni romane di Pedrocchi sono quanto meno imbarazzanti, dal lato dei testi, e graficamente e strutturalmente sono solo approssimative imitazioni dei fumetti inglesi.

Lotario Vecchi

 

Non lascerebbero presagire nulla di buono. Pedrocchi è un mediocre disegnatore, abbandonerà presto matita e pennello per dedicarsi alla macchina da scrivere.

Va un pochino meglio con la serie de I Fratellini, celebri clown dei primi del Novecento.

 

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Su I Fratellini in carne ed ossa, trovate notizie interessanti qui. Gli artisti sono rammentati con struggente malinconia anche nel film di Federico Fellini I clowns. Federico Pedrocchi, ormai passato stabilmente alla sceneggiatura, nel 1935 favorirà la pubblicazione, su I tre Porcellini, di un altro fumetto su quella famiglia circense.

Altro grande autore, presente sulle pagine di Jumbo fin dal 1933, è Pier Lorenzo De Vita. Conosciuto oggi quasi esclusivamente per i suoi fumetti disneyani, è stato attivo con serie umoristiche sul Corriere dei Piccoli (Martin Muma) e altrove.
Su Jumbo, nel 1934, pubblica Le gaie prodezze di Tic e Tac.

Lotario Vecchi

In seguito, Pier Lorenzo De Vita sarà tra i primissimi a “convertirsi” al fumetto avventuroso di ispirazione statunitense, con esiti notevolissimi e quasi sperimentali, specie sulle testate Mondadori, su soggetti giustappunto di Pedrocchi (La Primula Rossa del Risorgimento, Saturnino Farandola eccetera).

Lotario Vecchi

Ma chi è l’editore Lotario Vecchi? Chi sono i suoi primi collaboratori? Vecchi, con il marchio Saev, distribuisce le sue pubblicazioni in Europa e in America latina. Ezio Ferraro, nella sua monografia Lotario Vecchi editore, pubblicata come supplemento alla rivista Comics (in realtà è il n. 14 dell’anno X, dicembre 1974), racconta nei particolari l’avventurosa storia di Lotario, nato nel 1888 a Parma, trasferitosi giovanissimo in Spagna, dove inizia l’attività di editore di “dispense” (i fascicoli settimanali con romanzi d’appendice). Lotario Vecchi si circonda di familiari e connazionali, e ne spedisce alcuni in vari Paesi, non solo di lingua spagnola, consolidando un vero e proprio impero: Portogallo, Brasile, Argentina, Cile, Cuba, Uruguay, Messico…
La storia del fratello Arturo, fondatore di un altro impero con centro a Rio de Janeiro, è degna di un romanzo.

Lotario Vecchi, nel primo dopoguerra fa base in Germania, a Lipsia, città dalla quale spedisce un’enorme quantità di pubblicazioni in lingua spagnola, via Monaco e Amburgo, fino in Sud America.

 

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La Saev è la culla del fumetto italiano: è una storia fatta di persone e di sigle editoriali oggi celebri, che in un modo o nell’altro fanno capo a Lotario Vecchi. Quando questi rientra in Italia, nel 1923, a Torino assume come semplici piazzisti i fratelli Pacifico (Cino), Domenico (Mimo) e Alceo Del Duca, futuri editori in proprio della Universo (L’Intrepido, Il Monello). Nel 1929 cerca di lanciare un clone del Corriere di Piccoli in Brasile, Mundo Infantil, senza successo. Nel 1932, per il lancio in Italia di Jumbo, acquista i diritti dei fumetti inglesi dell’Amalgamated Press, rappresentata in Italia dall’agenzia Helicon, diretta da Umberto Mauri e controllata da Mondadori: è così che il colosso milanese, indirettamente, si avvicina al fumetto. Tra i primi collaboratori di Jumbo, abbiamo visto, ci sono Federico Pedrocchi e il misterioso Enwer Bongrani, possibile autore dei “falsi fascisti” di Lucio l’avanguardista. Ma tra impiegati e tipografi incontriamo i nomi di Agostino Della Casa e Gino Casarotti (futuro editore con il marchio Dardo), che nell’anteguerra lanciano la casa editrice Juventus e il personaggio di Dick Fulmine, che rifluirà anche sull’Audace Saev e Mondadori. E poi Tino Arcaini, fondatore dell’Editrice Cenisio, fino a Gian Luigi Bonelli, creatore del leggendario Tex

 

(Gli altri articoli di Giornale POP dello stesso autore, dedicati ai fumetti pubblicati in Italia negli anni trenta e oltre, li trovate cliccando QUI).

 

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