Gli appassionati di fumetti probabilmente non ricordano Don Glory, ma ricordano sicuramente la copertina del primo numero di Captain America della Timely (oggi Marvel), dove l’eroe di Joe Simon e Jack Kirby rifila una sonora sventola ad Adolf Hitler. L’albo è datato marzo 1941, quindi precede di un bel po’ l’entrata nella Seconda guerra mondiale degli Stati Uniti d’America (avvenuta nel dicembre del 1941).


Oggi vediamo il buon Capitano come il più classico degli eroi a stelle e strisce, ma non fu il solo o il primo. The Shield, creato da Harry Shorten e Irv Novick per la casa editrice MLJ (oggi Archie Comics), lo precedette di oltre un anno (Pep Comics n.1, gennaio 1940).
Peraltro Joe Simon si era “ispirato” proprio a The Shield nel disegnare lo scudo di Capitan America, tanto che, per questo motivo, nei numeri successivi fu costretto a farlo diventare rotondo come oggi lo conosciamo.

La presenza sugli albi americani di questi e altri personaggi patriottici, potrebbe farci ingannevolmente ritenere che la popolazione degli Stati Uniti mordesse il freno, bramando di partecipare al conflitto che infuriava in Europa e in Estremo Oriente.

Non era proprio così: se la maggioranza degli statunitensi vedeva con preoccupazione l’espansione delle dittature nazifasciste e giapponese, tuttavia l’idea di un impegno del proprio esercito era visto con poco entusiasmo. Anzi, la maggioranza continuava ad affermare che gli Stati Uniti sarebbero dovuti rimanere neutrali, pur aiutando indirettamente, più o meno di nascosto, gli inglesi contro i tedeschi e i cinesi contro i giapponesi.

Sempre analizzando la questione dal punto di vista fumettistico, è interessante rileggere la terza avventura (su Hit Comics n.10 dell’aprile 1941) di un altro poco conosciuto eroe patriottico: Don Glory.

La prima apparizione di Don Glory era avvenuta sul n. 8 (febbraio 1941) di Hit Comics, della oggi scomparsa casa editrice Quality Comics.

Se lo scrittore è ignoto, le prime cinque storie furono disegnate dall’italoamericano Nick Cardy (nato Nicholas Viscardi) in uno stile debitore a quello del grande Lou Fine, pure copertinista dei primi quattordici numeri di Hit Comics.

La serie di Don Glory vanta come sottotitolo “Champion of Democracy” e sia nelle storie di Cardy sia in quelle del suo successore, Arthur Paddy, il personaggio compie tutti quegli atti eroico-patriottici che ci si aspetterebbe contro spie, sabotatori e propagandisti antidemocratici e paranazisti.

Tuttavia, in questa sua terza avventura (di cui potete leggere un inedito adattamento in italiano alla fine di questa presentazione) il nostro Don compie un’azione che potrebbe lasciarci assai perplessi.
A pagina due, il sedicente “Campione della Democrazia” irrompe in un legittimo comizio politico per prendere a legnate l’oratore e i suoi compagni.

Di che colpa si sono macchiati costoro per suscitare la brutale risposta dell’eroe?
Semplicemente sono degli interventisti, sostengono l’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America. Una posizione politica che, come detto, veniva vista come il fumo negli occhi dalla maggioranza degli americani.
Neppure un anno dopo l’attacco giapponese alla base navale di Pearl Harbour, nelle isole Hawaii, obbligherà gli americani a cambiare idea.

Tornando al fumetto, il lettore sa che le vittime del nostro eroe sono in realtà gangster al soldo di un losco fabbricante d’armi, i quali cercheranno di minacciare dei senatori perché spingano all’intervento bellico, ma questo non toglie che, a pagina due, il buon Don non ne abbia ancora idea…

(Sempre sul tema dell’isolazionismo nei fumetti americani durante la Seconda guerra mondiale, potete leggere l’articolo “Superman cattura Hitler e Stalin” cliccando sopra il titolo).

 

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