Diabolik, il personaggio ideato da Angela Giussani, è uno dei più grandi e duraturi successi del fumetto italiano. Uscito nel 1962, l’antieroe della casa editrice milanese Astorina, il criminale dagli occhi di ghiaccio, ha un successo così folgorante che sancisce la nascita del genere del fumetto nero italiano.
Pubblicata nel caratteristico formato libretto tascabile, nei primi quattro anni la pubblicazione venne divisa in due serie, la prima edita dal 1962 al 1964 e la seconda nel 1965, mentre dal 1966 la suddivisione venne fatta per annate e la serie ricomincia la numerazione da uno ogni anno. Ci concentreremo sulle annate dal 1962 al 1981.

 

Diabolik prima serie

La prima serie di Diabolik comprende le tre annate dal 1962 al 1964. Si compone di 24 albi, il primo dei quali è uscito nel novembre 1962, il secondo nel febbraio 1963, al quale sono seguiti gli altri con periodicità mensile.
Tra gli albi migliori ricordiamo il  n. 3,  “L’arresto di Diabolik” scritto dalle sorelle Angela e Luciana Giussani  ricalcando la trama del finale del primo romanzo di Fantômas, e disegnato da Luigi Marchesi, il primo disegnatore “professionale” di Diabolik.

 

 

Nell’episodio appare per la prima volta Eva Kant, destinata a diventare la sua complice. Altro episodio fondamentale di questa prima serie è il n. 22 “Il grande ricatto”, disegnato da Enzo Facciolo, che sancisce l’esordio di uno dei comprimari principali della serie: la contessa Altea di Vallenberg, che diverrà poi amante dell’ispettore Ginko.


Diabolik seconda serie

La seconda serie coincide con l’anno IV, quando la collana, forte del suo successo, cambia la periodicità da mensile a quattordicinale.
Le storie prendevano spunto dai tormentoni della letteratura gialla, il n. 2, “Il mistero della camera chiusa”, risulta uno dei più belli. Secondo copione, Michele Weber viene trovato strangolato nello studio della sua splendida villa. La porta è chiusa a chiave dall’interno e ci sono grosse sbarre alla finestra…

 


Qui le sorelle Giussani trattano, appunto,
un delitto commesso in una luogo sigillato dall’interno, in cui non c’è traccia dell’assassino e neppure dell’arma. Il numero è disegnato da Sergio Molino ( a lungo collaboratore dell’Intrepido) e da Enzo Facciolo.

 

Diabolik anno V

Nel 1966 la crociata contro i fumetti neri, accusati di spingere i giovani verso la violenza, è al suo acme. I sequestri sono ormai eventi all’ordine del giorno. Le sorelle Giussani decidono di ammorbidire gli aspetti più truci di Diabolik e lo fanno in un modo assolutamente geniale.

 

 

Si inventano Bettina, la protagonista del n. 9, “Angoscia”, una bambina peperina che entra immediatamente nel cuore (ammorbidito) di Diabolik. Impensabile fino a poco tempo prima la magnifica scena della tavola 26, quando Bettina abbraccia Diabolik (alla gamba) esclamando “come sei buono”.

 

Diabolik anno VI

Con il 1967 inizia il periodo aureo della saga di Diabolik, che si protrarrà senza cadute di tono per circa 10 anni. Le sorelle Giussani smettono di fare riferimento a Fantomas e alla letteratura popolare del primo novecento, sviluppando uno stile più personale anche se molto classico. Le storie, pur ingabbiate in una struttura ripetitiva che non lascia scampo (la preparazione del colpo sfidando d’astuzia i sistemi d’allarme e il “trucco” nella fuga finale), si caratterizzano ognuna per delle particolarità che le rendono uniche tra loro.

 


A cominciare dal n. 24 “La morte di Eva”, che corrisponde al n. 100,
per il quale si confeziona per l’occasione un’idea forte e un titolo scioccante. La storia cattura immediatamente il lettore perché, fin dalle prime pagine, Eva Kant sembra oltre ogni dubbio morta in un banale incidente d’auto.


Diabolik anno VII

Nel 1968 il successo di Diabolik continua ad aumentare. Le sorelle Giussani da sole non riescono a far fronte all’impegno proibitivo di inventarsi una nuova storia ogni quattordici giorni: una nuova trovata e un nuovo trucco. Accolgono dunque due giovani collaboratori di sicuro avvenire come Alfredo Castelli e Mario Gomboli, provenienti entrambi dal liceo Volta di Milano.

 

 

Dapprima i due dovevano fornire solo spunti attorno ai quali le Giussani avrebbero costruito gli episodi, poi gli spunti divennero spezzoni di storie e infine storie complete.
In occasione del n. 5, “Diabolik chi sei”, i quattro (le due Giussani più Castelli e Gomboli) fecero molte riunioni preparatorie perché le Giussani volevano sempre che il risultato fosse perfetto.

 

Diabolik anno VIII

In questo periodo collaborano con le sorelle Giussani, fornendo soggetti e idee per rendere più spettacolari furti e fughe, anche Marco Baratelli, Giannalberto Bendazzi, Giorgio Corbetta, Michele Gazzarri, Nino Laccisaglia, Erika Rossi, Pier Carpi e Patricia Martinelli.
Patricia Martinelli è una giovane laureata in Filologia e Letteratura all’Università di Mosca, che svolge il lavoro di giornalista quando nel 1969 inizia a lavorare come redattrice all’Astorina, firmando anche numerose sceneggiature.

 

 

La prima storia a cui collabora è quella del n. 13, “Le lacrime della sirena”, mentre la prima che sceneggia da sola è il n. 20, “Ciak si muore”, la quale inizia in un set dove i banditi finti diventano banditi veri e rubano i gioielli che voleva rubare Diabolik.


Diabolik anno IX

Il 1970 è un anno di cambiamenti per Diabolik. È l’anno in cui il principale disegnatore di Diabolik, Enzo Facciolo, l’uomo che aveva realizzato la versione ufficiale del re del terrore per tutti gli anni sessanta, cede il passo a due new entry: Lino Jeva e soprattutto Sergio Zaniboni.

 

 

Zaniboni è il disegnatore del n. 13, “La vendetta dello spettro”. Si tratta di una delle storie più belle di Diabolik che segna il ritorno di Gustavo Garian, l’amico dell’ispettore Ginko, dopo molti anni di assenza, il quale ci presenta un modo di agire di Diabolik molto particolare.

 

Diabolik anno X

Il 1971 è un anno di forti contrapposizioni politiche. In una società che imponeva a tutti una presa di posizione, Diabolik viene considerato un anarchico e continua a essere tranquillamente letto sia a destra che a sinistra, al contrario di Tex ritenuto un “fascistoide”. Per rafforzare questa posizione le sorelle Giussani scrivono più di una storia dove Diabolik dichiara esplicitamente la sua “ideologia”.

 

 

Succede in questo n. 20, “La morte sulla collina”. Si tratta del duecentesimo albo di Diabolik e per festeggiare adeguatamente l’evento le Giussani vollero uscire con un episodio in cui Diabolik rivela il suo concetto di lealtà nel confronto con un vecchio patriarca con cui condivide il senso dell’onore.


Diabolik anno XI

L’annata XI è una delle più belle dell’intera serie, tutti i numeri sono dei piccoli capolavori, eppure non è difficile scegliere il migliore di tutti. In realtà non è un numero unico ma un dittico, una storia che si prolunga su due numeri: il n. 15, “La vittoria di Ginko”, e il n. 16, “L’ultimo rifugio”.

 

 

Soli e braccati, Diabolik ed Eva sono costretti a vivere in una caverna senza nulla da mangiare né da bere… E mentre il cerchio di Ginko si stringe sempre di più, la resistenza si indebolisce e prendono forza lo scoramento e la disperazione. Sicuramente la più bella storia di Diabolik scritta da Alfredo Castelli.

 

Diabolik anno XII

Nel 1973 le sorelle Giussani allargano il palco dei loro collaboratori al semi esordiente Giancarlo Berardi, che così ricorda la discussione delle sue proposte: “Questa scena è già apparsa nel numero trenta”, “Questo trucco l’abbiamo usato nel quarantasette”, “Questo personaggio ne ricorda uno del numero settantadue”

 


“Ogni volta che il soggetto veniva decurtato di una scena, il compenso veniva ridotto di diecimila lire. Alla fine, delle 150.000 pattuite inizialmente me ne restarono a malapena 20.000”. Ricorda Berardi.
Il numero in questione era il n. 11, “ La fine di Diabolik”, che oltre che sulla solita astuzia del re del terrore punta i riflettori sul rapporto Eva-Diabolik.

 

Diabolik anno XIII

Nel 1974 in Italia era “obbligatorio” schierarsi politicamente e anche Diabolik lo fece. Se all’inizio dell’anno, in piena campagna elettorale, il fumetto si era schierato contro l’abrogazione della legge sul divorzio ospitando una pubblicità a favore del “no”, nel n. 24, “Marchio di fuoco”, uscito in novembre, il celebre ladro approda al… maoismo.

 

 

“In una società comunista io non avrei ragione di esistere”, gli fanno dire le sorelle Giussani. La sinistra plaude entusiasta. Il giornale Quotidiano dei lavoratori, organo del gruppo di estrema sinistra di Avanguardia Operaia, elogia il fumetto parlando di «superamento del democraticismo» e di «inizio di un discorso di classe sul furto e la violenza».


Diabolik anno XIV

Con il rapimento di Paul Getty III nel 1973 si inaugura in Italia la stagione dei sequestri di persona. Nel 1975 il fenomeno stava assumendo delle dimensioni preoccupanti, tanto che persino Diabolik se ne occupò. Nel n. 9, “Al di sopra di ogni sospetto”, il genio del male per caso si intromette in un rapimento, organizzato dalla stessa vittima per estorcere soldi al padre.

 

Nel corso dell’episodio vediamo vari personaggi, chi implicato e chi no, chi coinvolto suo malgrado, con omicidi e doppi giochi. Emblematica la frase finale di Ginko: “Diabolik non è il solo criminale… ci sono anche quelli al di sopra di ogni sospetto!”. Sono tematiche mutuate dalla moda cinematografica del momento, il cosiddetto “poliziottesco all’italiana”.


Diabolik anno XV

Nel 1976, la conclusione caotica del festival di Parco Lambro a Milano aveva certificato l’esistenza di migliaia di tossicodipendenti. L’eroina stava diventando i più grande problema della gioventù italiana. Con tempismo se ne accorge anche Diabolik che, in “Fuga dalla realtà”, si scontra con il tema molto scottante e di estrema attualità: il trattamento dei tossico-dipendenti nelle carceri.

 


Il re del terrore si trova a prendere il posto di un secondino per fare il solito colpo miliardario, ma di fronte ai disumani trattamenti che vengono riservati a un giovane drogato, nemmeno il terribile criminale può fare a meno di essere sconvolto, e farà di tutto per aiutare il ragazzo.


Diabolik anno XVI

Come abbiamo detto, di questi anni molte storie di Diabolik sono agganciate strettamente ai temi sociali e alla realtà quotidiana. Nel n. 21, “Tragico destino”, viene sviscerato il problema dei giovani dell’epoca. Vi si racconta il poetico incontro tra un giovane ricco e di buona famiglia, che non disdegna di rubare al supermercato come gesto di ribellione contro i genitori, e una anziana signora che invece ruba per necessità.

 

 

Quello che in realtà tiene in piedi le storie di Diabolik non sono i colpi o le fughe ma i personaggi di contorno, sempre tratteggiati con sapienza e partecipazione, che rendono gli albi del re del terrore sempre vivi ed emozionanti.

 

Diabolik anno XVII

Nel 1978 ha fine, secondo i fan più accaniti, il periodo aureo dell’antieroe delle sorelle Giussani, che liberatosi dalle iniziali influenze di Fantomas, ha saputo sviluppare una personalità originale che agisce all’interno di storie che sono diventate meccanismi perfetti. Per arrivare a questo risultato il re del terrore ha dovuto inglobare in sé le influenze di vari scrittori di gialli come John Dikson Carr e August Freeman, Ellery Queen, Cornell Woolrich e Auguste Le Breton. Altre influenze derivano inoltre dal cinema: i film di 007, I sette uomini d’oro e Rollercoaster.

 


Comincia a venire meno in questo anno l’animo inquieto che aveva sempre costituito il nerbo delle storie migliori delle Giussani. Come dimostra il n. 22, “Sete di ricchezza”, dove la giovane Alicia fa un patto con Diabolik per rubare i diamanti dello zio.

 

Diabolik anno XVIII

Il 1979 procede sulla falsariga dell’anno precedente: storie che assomigliano sempre più a meccanismi a orologeria, ma che sembrano avere perso la carica emotiva che aveva caratterizzato il periodo d’oro. Come nel n. 22, “Colpo di grazia”, basato su un tema molto d’attualità in quegli anni, preso dai poliziotteschi in voga nel periodo.

 


Si tratta della crescente sfiducia del cittadino nella polizia, dalla quale non si sente abbastanza protetto dal dilagare della criminalità. Qui Diabolik ingaggia una sfida mortale con il proprietario di un’agenzia di sicurezza privata.

 

Diabolik anno XIX

Nel 1980 il fumetto seriale sembra aver perso fascino, l’interesse del pubblico più esigente sembra essersi spostato verso le riviste d’autore, come Totem e Frigidaire, che esprimono temi più provocatori.

 

 

Diabolik allora si rifugia nelle sue certezze con il classico schema: progettazione del colpo, trucco e fuga al quale ricorrere nei momenti di difficoltà. Come nel n. 11, “Con i minuti contati”, dove Diabolik riesce a far commettere una rapina in banca per conto suo a una banda di malviventi.

 

Diabolik anno XX

Il nostro articolo termina qui. In coincidenza di un momento di crisi che vede la periodicità ritornare mensile come agli inizi. Una specie di chiusura del cerchio. Il periodo eroico della serie è ormai alle spalle, Diabolik sembra ormai ridotto alla ripetizione ossessiva di una formula di successo che non mancherà di continuare ad affascinare lo zoccolo duro dei fan.

 

 

Anche se l’innovazione non è più di casa, a differenza di altre pubblicazioni Diabolik riesce, grazie alla sua rodata formula, a superare quasi indenne la crisi del fumetto dei primi anni ottanta e a sopravvivere fino a oggi meglio di altri personaggi, a eccezione di Tex.
Tra gli 11 numeri che uscirono nel 1981, tutti un po’ troppo simili tra loro, consigliamo il n. 11, “Diabolik non perdona”, dove il re del terrore si vendica di chi ha ferito Eva con un proiettile al torace…

 

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