Dark City

Benvenuti a Dark City. Svegliatosi in una camera d’albergo, immerso in una vasca e senza alcun ricordo, John Murdoch (Rufus Sewell) viene avvisato telefonicamente dal misterioso dottor Schreber (Kiefer Sutherland) di essere ricercato da strani esseri: deve scappare al più presto. Accettato il consiglio, John fugge per scoprire di essere ricercato anche dall’Ispettore Bumstead (William Hurt), che lo crede il feroce serial killer responsabile di sanguinari omicidi. Murdoch cerca di evitare l’arresto e contemporaneamente di recuperare la memora perduta. Grazie al dottor Schreber riesce a ricordare alcuni dettagli del suo passato e di sua moglie, la bella cantante Emma (Jennifer Connely), rimanendo intrappolato in un misterioso labirinto dove incontra creature dotate di poteri inimmaginabili: gli Stranieri. Queste creature parassitarie hanno preso possesso della città che ogni mezzanotte fermano letteralmente, modificandone la fisionomia e azzerando i ricordi degli abitanti. John Murdoch, che sembra essere l’unico immune al reset, ora vuole scoprire la verità e ritrovare sua moglie.

 

Dark City
Gli Stranieri

 

Dopo un inizio che non si perde in lungaggini, entrando subito nel vivo dell’azione attraverso il protagonista John Murdoch, Dark City stimola più di una riflessione su cosa significhi il benessere di una società quando è costruito a spese di qualcuno. La totale amnesia obbligherà John a porsi domande su se stesso e su quanto lo circonda, mettendo in discussione il mondo in cui vive. Poco alla volta riuscirà a comprendere la realtà che lo circonda e a comprendere quale sia il significato della sua esistenza: un mondo i cui abitanti sono schiavi. Circondati da finzione, prodotto di esperimenti di individui oscuri e misteriosi, di cui ignora la provenienza.

 

Dark City
Kiefer Sutherland / Dottor Schreber

 

Con alle spalle due successi di critica e di pubblico, Spirits of the Air, Gremlins of the Clouds (1989) una produzione australiana di fantascienza post-apocalittica e Il Corvo (1994), l’australiano Alex Proyas si trovava nella migliore delle condizioni possibili per dedicarsi alla realizzazione di Dark City, che aveva in progettazione già prima del film con Brandon Lee, con una sceneggiatura scritta insieme ai veterani Lem DobbsDavid Goyer.

Nella prima stesura, la storia ruotava intorno all’ispettore Frank Bumstead, interpretato nel film da un ottimo William Hurt, intento a cercare di risolvere uno strano caso i cui illogici indizi rischiano di farlo sprofondare nella pazzia. Solo in un secondo tempo Proyas decide di fare protagonista John Murdoch, interpretato dall’attore britannico Rufus Sewell, un uomo senza memoria al centro del mistero su cui indaga l’ispettore. Ad affiancare i due ci sono un eccezionale Kiefer Sutherland, nei panni del dottor Daniel Schreber, la brava Jennifer Connely, nella parte di Emma Murdoch (perfetta e bellissima in questo ruolo). A completare il già significativo cast, nel ruolo di due Stranieri troviamo l’attore shakespeariano Ian Richardson a interpretare Mr. Book e, a ricoprire la parte di Mr. Hand, l’eclettico Richard O’Brien, il Riff Raff del celebre musical The Rocky Horror Show (1973) e del film da esso tratto The Rocky Horror Picture Show (1975), di cui è anche autore di sceneggiatura, testi e musiche.

Nel 1998 con Titanic (uscito in America a dicembre del 1997 e a gennaio 1998 in Italia), James Cameron monopolizzò la quasi totalità dell’attenzione cinematografica, facendo praticamente “terra bruciata” intorno a sé. Tra i film che furono offuscati troviamo anche Dark City che, uscito a solo un mese di distanza del transatlantico cameroniano, si trovò a dover combattere con la popolarità di quest’ultimo nel momento di maggior successo. Il risultato fu che il film passò quasi inosservato nei cinema, nonostante si trattasse di un’ottima pellicola diretta da Alex Proyas, il quale arrivava dal successo cinematografico de Il Corvo, con il compianto figlio di Bruce Lee, Brandon. Il risultato fu che incassò 27milioni dollari, a fronte di un budget di 27: un disastro.

 

 

Bisogna riconoscere che la compagnia New Line Cinema, durante la realizzazione del film, non è stata una presenza “ingombrante”, lasciando a Proyas estrema libertà creativa e di decisione. Purtroppo, dopo alcune proiezioni test che hanno avuto esiti non all’altezza delle aspettative e alcuni problemi con la Motion Picture Association of America (Mpaa), l’ente americano per la classificazione dei film, la versione originale del film ha subito delle rielaborazioni non gradite dal regista che, tra le altre cose, dopo i tagli ha dovuto inserire una voce narrante nella prima parte per rendere il tutto più comprensibile. Contrariamente ad altri casi (come Ridley Scott con Blade Runner), Proyas non è stato estromesso dal montaggio, che ha invece realizzato lui, anche se non soddisfatto del risultato finale.
Un vero peccato che in Italia non sia stata distribuita la versione director’s cut, uscita in Dvd e Blue-ray in altri mercati, la quale ha anche il commento del regista che spiega le differenze tra le due versioni. In questo montaggio, fedele all’originale, la voce fuori campo non c’è e la prima parte del film è più enigmatica. Ci sono anche alcune scene di dialogo extra che restituiscono sostanza al personaggio di Anna / Jennifer Connelly, che nella versione cinematografica risulta sacrificata.
Il film, oltre a essere una pellicola di fantascienza dalle tinte fosche e cupe, è anche una storia d’amore che, in questa director’s cut, appare più toccante.

 

DARK CITY, IN ITALIA SENZA IL DIRECTOR'S CUT
Jennifer Connelly / Emma

 

Meravigliosamente strana e coraggiosa la fotografia di Dariusz Wolski, con il quale Proyas aveva già lavorato con ottimi risultati nella realizzazione de Il Corvo e il cui senso dell’inquadratura lascia incantati in più di un’occasione. Non è un caso che, dopo due collaborazioni con il compianto Tony Scott, Wolski abbia dato vita a un proficuo sodalizio con Ridley Scott, per il quale ha realizzato la fotografia dei suoi ultimi sei film.
Il risultato visivo è superlativo tanto da riuscire quasi a far “risplendere” l’enigmatica città perennemente avvolta nell’oscurità. Lo stesso vale per l’originale stile grafico che accompagna Dark City, tanto accattivante e immaginifico quanto in anticipo sui tempi.
A impreziosire il tutto c’è poi l’efficace colonna sonora affidata all’esperto Trevor Jones. Il compositore sudafricano per l’occasione compone una soundtrack corposa, a tratti esaltante, che sottolinea ottimamente il tono cupo rendendolo ancora più accattivante, senza peraltro risultare mai invadente.

 

DARK CITY, IN ITALIA SENZA IL DIRECTOR'S CUT
William Hurt / Ispettore Bumstead

 

Per la realizzazione di Dark City, Alex Proyas ha tratto ispirazione da più parti. Riprende i canoni della distopia e ne condivide alcuni aspetti con altri film del genere. Non si fatica, infatti, nel fascino delle sue scenografie artificialmente surreali, ad intravedere Brazil (1985) di Terry Gilliam o Blade Runner (1982) di Ridley Scott per le atmosfere scure e oscure. Ma è in particolare a Metropolis, il capolavoro che Fritz Lang realizzò nel 1927, che Proyas sembra ispirarsi. Ciò che più accomuna le due pellicole è “lo spirito” dell’opera che, pur deviando su strade diverse, si ritrovano a convergere in una “morale” finale. In entrambi i film troviamo un’imponente città, sovrastata da grattacieli che hanno un effetto opprimente. A contribuire a questa sensazione ci sono le luci sfumate con venature verde/giallo. C’è poi, nei due film, un mondo oscuro e sotterraneo, invisibile agli occhi dei più, ma che di fatto gestisce la città “di sopra”. Se in Metropolis questo mondo è abitato dagli operai in schiavitù assoggettati da una macchina, in Dark City troviamo gli Stranieri, misteriosi individui dotati di poteri soprannaturali che si muovono e decidono come un’assemblea politica. In entrambi i casi abbiamo la rappresentazione del potere occulto, che è ovunque ed è a conoscenza di ogni cosa. Conformazione differente ma funzione simile.

Un altro “debito” Dark City lo ha con Il tunnel sotto il mondo (The Tunnel under the World), il racconto breve che Frederik Pohl pubblicò nel 1955 sulla storica rivista Galaxy (di cui, nel 1969, un esordiente Luigi Cozzi realizzò l’omonimo adattamento cinematografico, non particolarmente riuscito in verità), una delle più famose satire sul consumismo che vede un’intera città tenuta sotto controllo da una compagnia pubblicitaria che li manovra e studia, resettandoli di notte e facendogli vivere un unico giorno per sempre, il 15 giugno.

Un film che ha anticipato per le tematiche Matrix (vita in un mondo fittizio nel quale gli umani sono gli attori di una realtà inscenata da altri che controllano e decidono ogni cosa) uscito l’anno seguente, il 1999. Non si può parlare di “ispirazione”, vista la vicinanza di uscita tra i due film, ma probabilmente qualche debito con il film di Proyas, i fratelli (ora sorelle) Wachowskis lo hanno (anche se loro hanno sempre smentito). E questo non solo per il fatto che alcune scenografie sono state riutilizzate per il film con Keanu Reves.

Ancora oggi, dopo più di vent’anni dall’uscita nelle sale cinematografiche, Dark City mantiene inalterata la sua forza evocativa.

 

Giudizio finale: Cult!

 

 

Dark City
(Id.)

regia: Alex Proyas
sceneggiatura: Alex Proyas,
Lem Dobbs, David Goyer

con: Rufus Sewell, William Hurt,
Jennifer Connely, Kiefer Sutherland,
Richard O’Brien, Ian Richardson

fantascienza, noir

New Line Cinema
durata: 100 min
112 min Director’s Cut
Stati Uniti
Australia
1998

 

Dark City

 

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