Corey Feldman… com’è che mi è salita questa voglia di parlarne? Probabilmente perché l’altra sera, dopo aver visto L’erba del vicino con un giovane Tom Hanks, mi sono impallato: aria catatonica, bocca leggermente aperta, sguardo fisso verso un punto lontano.
Non ho potuto fare a meno di soffermarmi a riflettere su Corey Feldman, uno degli attori bambino più noti degli anni ottanta.

Quel viso squadrato e gli occhietti piccoli mi hanno fatto venire in mente una valanga di ricordi. Non mi è chiarissimo il perché di questa associazione, forse perché il volto di Corey Feldman negli anni della preadolescenza/adolescenza brufolotica l’ho identificato con “l’avventura”.

Pensandoci un attimo, Feldman è forse uno dei “simboli” più grandi della mia infanzia, dei miei ricordi. Di quegli anni in cui tutto, o quasi, è un’impresa entusiasmante di cui non ti rendi conto.
In virtù di questo, presumo che Corey Feldman si meriti due righe tutte dedicate a lui.

COREY FELDMAN, MITO DEGLI ANNI OTTANTA

Nell’immagine sopra di Feldman, dove sembra che abbia provato a tagliarsi i capelli con forchetta e coltello, interpreta Tommy Jarvis in Venerdì 13 Parte IV – Capitolo Finale (speralo e credilo), primo film che vidi in cui figurava tra i protagonisti.
A essere onesti, all’epoca mi stava alquanto sulle noccioline siccome detestavo gli attori bambini.

Mi era quasi indifferente anche il film stesso, giacché la saga di Jason Voorhees, ancor prima d’essere sepolta da altri circa sette sequel, mi sapeva già di stantio.
Soltanto anni dopo, quando mi trovai a guardare di nuovo il film in una noiosissima serata di ritrovo parentale, mi dissi “toh, ma guarda… questo è Corey Feldman! Chi l’avrebbe mai detto che avesse fatto qualcosa d’importante, anzi, qualcosa in generale prima dei Goonies”.

COREY FELDMAN, MITO DEGLI ANNI OTTANTA

Il nostro amico l’anno dopo appare in un altro film di successo e dal devastante potere amarcord: Gremlins.
Qui, era il piccolo Pete, il deficiente con il caschetto che, mentre lui e Billy stanno a guardarsi Gizmo manco fosse vero e non un animatrone, con le sue goffe due mani infrange una delle regole fondamentali: mai bagnare il mogwai perché con l’acqua si riprodurrebbe a man bassa.

L’imbecille lo bagna e puntualmente succede il disastro. Come per Venerdì 13, anche qui per me il “riconoscimento” fu postumo, in quanto, seppur a poca distanza l’uno dall’altro, vidi prima il film per cui forse è più conosciuto e poi Gremlins.

COREY FELDMAN, MITO DEGLI ANNI OTTANTA

Ta-daa! Ed ecco il motivo principale per cui ho imparato a riconoscere questo tizio: i Goonies sono uno dei miei film preferiti in assoluto.
Naturalmente questa pellicola è tutto  tranne che perfetta. Probabilmente se i Goonies fosse un prodotto odierno e lo guardassi adesso… no, niente. Mi piacerebbe comunque.

Il punto è che, a mio avviso, i Goonies incarnano tutto ciò che di fantastico poteva esserci in quegli anni pre-internet, in cui si guardava sognanti e speranzosi verso un domani fanta-futuristico fatto di super-computer e macchine volanti.
Ragazzini che “vivevano” il sogno di essere protagonisti di un’avventura come quella dei film.

Lo so, sembra quasi una cosa meta-narrativa, però è così. Dei Goonies, “Mouth” era il mio personaggio preferito. Quindi, da allora, quando vedevo qualche film in cui c’era Corey Feldman mi partiva l’associazione automatica con il personaggio.

Poi uscì il film Stand by me, e sarebbe superfluo sottolineare l’ovvio dicendo che il racconto di Stephen King da cui è tratto aveva il titolo più esplicativo di The Body (il corpo), ma tant’è.

Come nei Goonies anche qui c’è l’avventura e i ragazzini che la vivono, ma il tutto è molto diverso.
Il “Mouth” cartoonesco, chiacchierone e spensierato lascia il posto a un Teddy Duchamp più “vero” e paradossalmente adulto. Un ragazzo di periferia con alle spalle un mucchio di problemi e davanti a sé un mucchio di speranze e voglia di riscatto.
Sarebbe troppo lungo spiegare i come e i perché di questo film, ma una cosa ci tengo a sottolineare: la “potenza” nostalgica da super magone in gola che spara fuori.

Al di là della questione soggettiva, associata a un periodo della mia vita che non tornerà più, il cardine dell’opera è fondamentalmente questo: un passato di cui solo a posteriori capisci il valore. Il “momento” l’hai vissuto: se sei stato fortunato da accorgertene buon per te, altrimenti prenditelo in saccoccia.

Le parole di Stephen King/Gordie Lachance, che a un certo punto scrive davanti a uno schermo pensando al suo di passato, hanno il peso di un macigno che mi colpisce ogni volta più forte: “Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”.

Dopo la parentesi “formazione” di Stand by me, dai seriosi anni cinquanta ci spostiamo nel regno dell’ignoranza stupenda degli ottanta con Ragazzi Perduti.
Alla fine della fiera con i suoi “fratelli Ranocchi”, vampiri con improbabili mullet, il trionfo di spalline e capelli cotonati e tutto il resto del baracconesco companatico, Ragazzi Perduti è uno dei film più riusciti in quella che fu una sorta di “rinascimento” del cinema vampiresco esplosa negli anni ottanta.

John Carradine, Christopher Lee, paletti e mantelli oramai erano andati all’aceto e il pubblico voleva qualcosa di nuovo. A questo punto, Dracula fatti da parte e lascia posto ai giovani.
Vampiri rampanti e ignoranti come quelli amichevoli della porta accanto tipo Jerry Dandrige, oppure alle tizie che hanno trovato l’emancipazione tramite lavori sostanzialmente più proficui delle mogliere fluttuanti che digrignano i denti in vecchi castelli. Come la spogliarellista Katrina, per esempio.
Comunque sia, da qui nacque la proficua collaborazione con l’amico e collega Corey Haim, a cui faranno seguito altri film più o meno di successo.

Purtroppo quando la musica si ferma il ballo finisce, si spengono le luci e quel che resta sono solo gli avanzi. In seguito all’abuso di alcol e droghe l’amico di un tempo, Corey Haim, è passato già da un pezzo a miglior vita e Corey Feldman non è che se la passi tanto bene.

Nella sua biografia afferma d’aver passato una valanga di casini e di aver subito molestie sessuali da bambino, da parte dei produttori che cacciavano il soldo nei film in cui compariva.
Sta di fatto che, a mio parere, chiunque sarebbe andato in pezzi se sottoposto a uno stress simile. Figuriamoci un bambino.

Sì, i film che ho citato per me (e forse per voi) hanno sicuramente rilevanza, ma, di fatto io sono solo uno spettatore. Ho citato sei film. Sei film girati nell’arco di quattro anni, dal 1984 di Venerdì 13 al 1988 di Licenza di Guida.
Ergo, sorvolando su merletti e belletti e provando a spiare al di là della staccionata, è facile che dietro la bella facciata dipinta a magia, ci sia il Temibile Gatto dei Vicini. Per alcuni magari sarà amichevole, per altri no.

Posso solo dire che per me Corey Feldman, al pari di Peter Pan, sarà sempre un ragazzino di dodici anni o giù di lì, che mi racconta le avventure vissute con i suoi amici. Una figura che trascende la realtà della persona.

Bene, detto questo credo sia tutto.

 

Stay Tuned, e soprattutto Stay Retro.

 

 

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