Coca Cola a Berlino

Deprivato della Coca Cola in infanzia e prima giovinezza da genitori che la consideravano il male assoluto, in età adulta ne sono diventato un forte e convinto consumatore. Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, forse anche per via della provenienza americana contraria al clima politico corrente dell’epoca, la Coca Cola era concessa malvolentieri ai ragazzi, mentre in compenso passavano beveroni dolci di uguale (non) nocività presunta, come le aranciate stradolci o le gassose. Ma la Coca Cola no: l’aneddoto propinato più di frequente ai giovani era quello di un esperimento nel quale si immergeva un pezzo di carne cruda in un bicchiere di Coca Cola e dopo poche ore o giorni (dipendeva dalla versione dell’aneddoto) lo si tirava fuori completamente consumato dai pericolosi ingredienti della bevanda. Cioè si era macerato, esattamente come sarebbe successo lasciandolo per giorni in un bicchier d’acqua.
La figlia di amici di famiglia, mia coetanea, da adolescente si beccò un’ulcera. In casa sua non si facevano troppi problemi a lasciar bere bevande gassate e per i miei fu una occasione irripetibile: ecco vedi, certamente l’Anna si è distrutta lo stomaco a suon di Coca Cola, non vorrai mica fare la sua stessa fine?! Che sciocchezza.

Comunque sia, da ragazzi si rimane impressionati dai moniti degli adulti, e anche in pizzeria con i compagni di scuola evitavo di berla preferendo l’acqua gassata (peraltro anche quella socialmente molto mal vista, chissà perché). Poi crescendo ho passato il periodo della macrobiotica con la pasta integrale e il riso integrale e tutto integrale, il 15 agosto del 1976 sono diventato vegetariano e lo sono tuttora, e verso i venticinque anni ho mandato a quel paese tofu e tamari e ho stabilito definitivamente la pizza e la Coca Cola come fondamenti della mia vita alimentare quotidiana.

bottiglie di Coca Cola nel frigorifero di Andrea Antonini
Bottiglie di Coca Cola nel frigorifero dell’autore

Ora, di Coca Cola non ce n’è una sola, e non mi riferisco alle sue varianti commerciali, quella senza zucchero, quella aromatizzata con questo e quello, eccetera, e tanto meno mi riferisco alla concorrenza, che con pochissime eccezioni per me non esiste proprio.

Il fatto è che esiste una Ur-Coca-Cola, quella perfetta o quasi, e poi una serie di variazioni in diminuendo fino a lattinoni e bottiglioni formato megafamiglia.

In Italia la Coca Cola perfetta era (o è, non lo so) prodotta da uno stabilimento valdostano ed era venduta in bottigliette mi pare da 25 cl in confezioni da sei. Non so se la facciano ancora, ma era sublime, con le bollicine delle giuste dimensioni. Solo che 25 cl erano proprio pochi e costava un sacco, anche il doppio di quella in lattina da 33. La comperavo come sostegno morale nei momenti di maggiore ambascia. In Germania la Coca Cola perfetta, al momento, è quella venduta nelle bottiglie di vetro da 33 cl, di qualità pari o superiore a quella valdostana. Costa un dieci centesimi in più della lattina da 33 e si trova difficilmente, forse perché destinata soprattutto a pizzerie e ristoranti. Comunque è favolosa, bolle grandi e gustose, zucchero al punto giusto, bottiglia di vetro che comunica subito freschezza solo a vederla, quasi inesistente differenza di sapore in dipendenza della temperatura di degustazione.

Con gli altri tipi di confezionamento le cose non sono più proprio perfette-perfette. E poi c’è la variabilità data dai luoghi di produzione: conosco un tizio che individua dal primo sorso dove è stata fatta una certa Coca Cola, indirizzo compreso. Discorso a parte va per la Coca Cola alla spina, che penso saprete non è fornita così com’è dalla casa produttrice, ma in forma di sciroppo. Il bar miscela al momento acqua, sciroppo e gas per riempirvi il bicchiere, e nonostante i controlli della Coca Cola, ancora oggi troppi bar e fast food si ostinano a diluire troppo la bevanda per usare meno sciroppo possibile. Il caso più spiacevole è però quello dei fast food, che magari non diluiscono a priori, ma immancabilmente aggiungono un fottìo di ghiaccio trasformando in large un bicchiere che di suo sarebbe small, e rovinando nei giro dei pochi minuti di scioglimento dei cubetti anche una Coca Cola miscelata a regola d’arte.

Per quanto riguarda allora i confezionamenti, le regole empiriche da me (e immagino anche da molti di voi) verificate in centinaia di occasioni sono due: il vetro vince sempre, seconda arriva la lattina e terza la plastica, sia quella che poi viene riciclata sia quella che viene riutilizzata proprio come bottiglia (nei Paesi del Nord Europa); la seconda regola è  che più il contenitore è capiente meno buona è la Coca Cola, in particolare scende parecchio la qualità della gasatura. Non ho neanche provato a chiedere lumi alla  Coca Cola Company, che non potrebbe mai ammettere di vendere con lo stesso nome roba buonissima e roba entry level, ma penso sia anche possibile che il procedimento di aggiunta di anidride carbonica diventi sempre più critico man mano che aumenta la dimensione del contenitore. Sta di fatto che aumentando la capienza le bollicine si fanno sempre più sottili arrivando a somigliare a quelle quasi teoriche della Idrolitina del cavalier Gazzoni, una specie di vago pizzicore dolceamaro sulla lingua. E poi la gasatura della bottiglia di vetro regge dignitosamente anche fino al giorno dopo con la bottiglia lasciata aperta in frigo, quella delle bottiglie di plastica va a farsi benedire dopo venti minuti.

Fino alle bottigliette da mezzo litro la gasatura è comunque più che accettabile. Con quelle di plastica da un litro siamo al limite mentre con il litro di vetro si va ancora bene. Con il litro e mezzo o i due litri, necessariamente di plastica, la qualità della gasatura è accettabile solo in una festa di compleanno di bambini. Si sente proprio subito aprendo il tappo che non ci siamo, per un istante esce sotto pressione dalla bottiglia un aroma acre, che poi si percepisce nettamente con il primo sorso. Credo che la bevanda in quanto tale sia uguale in tutte le confezioni, è la gasatura a fregare.

lattine di coca cola nel frigorifero di andrea antonini
Lattine di Coca Cola nel frigorifero dell’autore

Le lattine più o meno funzionano sempre anche se considero una burla garbata le lattine piccole, quelle attuali sono da 15 cl, e bisogna star cauti anche con quelle da mezzo litro, che in Germania non ho mai visto ma che in Italia sono distribuite da una nota catena di supermercati a basso costo. Ho il sospetto che esistano politiche contrattuali che impongono ai discount di non vendere la versione premium dei prodotti di marca, sta di fatto che questa lattina da mezzo litro è bevibile ma incomparabile con quella solita da 33 cl. Le citate lattine da 15 cl sono ora proposte come “mini lattine per mini break”, sono insomma propagandate come un prodotto per chi non ha tanta sete. Lasciatele perdere. Quelle da 25 erano invece destinate ai distributori automatici, ma ora non ne vedo pu in giro da tempo.

Devo anche dire che in questi mesi di penuria di Coca Cola e in generale di bevande gassate (di cui accenno alla fine), anche le lattine da 33 hanno subito un certo deterioramento qualitativo, ma non so individuare il nesso causale.

E veniamo allora alla lattina classica. C’è sempre una percentuale di lattine con uno strano retrogusto, sembra a tratti di bere Citrosodina, che era quell’intruglio che le mamme ti davano quando avevi l’alito che sapeva di acetone. Credo che fosse un antiacido, e credo anche che lo dessero ai bambini a casaccio, bastava un po’ di alito cattivo. Non era male, soprattutto era effervescente, ma non era neanche buona, e virtualmente mischiata al sublime aroma della Coca Cola non fa piacere. Succede come con le birre, quando una partita ha un sapore di luppolo così accentuato da prevalere sull’aroma complessivo.

Ma nella grande maggioranza delle lattine il retrogusto non c’è. Ora la Coca Cola vende le confezioni da quattro lattine tenute insieme da un cartone, rinunciando alla plastica. È una bella iniziativa, non tanto per fatti ecologici che non potrebbero interessarmi di meno, ma perché accorcia il tempo di apertura della lattina, si prende il cartone e tac, pronta da bere. Poi non so come vi regoliate per la questione igienica del bere direttamente dalla lattina: se arriva direttamente dal set cartonato o di plastica non mi faccio problemi, se invece  l’ho presa singolarmente dallo scaffale del supermercato la lavo con sapone per piatti. Lavaggio da non fare però poco prima della bevuta, perché la procedura infastidisce, conviene averne sempre un tot pronto. In ogni caso l’alluminio è uno dei materiali su cui i germi amano meno posarsi e dunque il rischio di contaminazioni è basso. Io ho ancora molta nostalgia delle linguette che si toglievano dalle lattine, non quelle che affondano nel liquido come le attuali (peggiorando l’igiene, tra l’altro). Le linguette erano poi tipicamente usate per creare ghirlande da appendere, oltre a essere piacevoli alla vista, allungandosi inorgoglivano mostrando concretamente agli ospiti la propria determinata passione per la Coca Cola. (Per tacito accordo globale, le linguette delle altre bibite non si appendevano).

Tornando alla Citrosodina, non ho indagato, ma qualche parentela chimica con la Coca Cola la deve comunque avere, e qui apriamo una parentesi pseudomedica. Qualche anno fa mi sono beccato una specie di intossicazione alimentare, o una brutta influenza che mi ha preso la pancia, non lo so, sta di fatto che per giorni non sono riuscito a mangiare niente, neanche a bere acqua. L’unica cosa che riuscivo a ingurgitare era la Coca Cola. A ogni sorso sentivo che il mio stomaco era grato del sollievo, addirittura per un po’ mi veniva voglia di mangiare qualcosina. Bloccato a letto avevo indagato in internet, scoprendo una gigantesca comunità di persone indisposte di pancia le cui (non terribili) sofferenze erano alleviate dalla Coca Cola, e come era prevedibile, avevo trovato anche una quantità di medici che mettevano in guardia dalla pericolosissima abitudine di berla in quelle particolari situazioni di malanno. Ben altro avremmo dovuto bere, ammonivano (non ricordo che cosa fosse l’altro), ma io assieme alla gigantesca comunità di indisposti non mi feci convincere e trovai costante sollievo nella bottiglietta da 33 cl sempre a portata di mano. Tre giorni ed ero come nuovo.

Attenzione! Se non state bene rivolgetevi al medico, non seguite le mie parole false e mendaci, se vi fa male di brutto la pancia rivolgetevi al pronto soccorso. E con i disclaimer siamo a posto, prima che uno mi dica che è morto a causa mia.

Parlando di comunità, di recente ho anche scoperto di non essere l’unico a farsi un bel bicchiere di Coca Cola appena sveglio, anzi, siamo tantissimi: a volte non finisco appositamente la lattina aperta a cena, la lascio accanto al letto andando a dormire e appena sveglio via un bel sorso a temperatura ambiente, poi sono pronto per il caffè. Provate anche voi!

Un bel sorso di Coca Cola appena svegli è una cosa meravigliosa (comodino dell’autore)

Ora, parlando dal punto di vista dell’alimentazione, è probabile che farsi un beverone di zucchero aromatizzato non rientri tra le abitudini consigliabili per una vita sana. Però io mi domando spesso che cosa cavolo sia una vita sana. Ogni tanto ho provato a bere le bevande dissetanti biodinamichevattelapesca dei negozi biodinamicivattelapesca, con contenuto zero di zuccheri, chilometri zero delle arance, forse anche zero arance, oh insomma, a me quella roba lì fa orrore, o perlomeno tristezza. Come quelli che ti dicono di bere il latte di soia liscio al posto del latte di mucca con il Nesquik o l’Ovomaltina, sarà più sano, ma poi sei così triste che il metabolismo si deprime anche lui. Domandiamocelo, è sano che il metabolismo subisca la tristezza di una psiche privata di qualche gadget alimentare?

Quando hai sete e spesso quando non hai sete, un bicchiere di Coca Cola è una gran bella cosa, è anche bella da vedere con il suo rosso e la grafica immutabile nei secoli dei secoli.

Da ragazzo mi ero invaghito degli autoadesivi della Coca Cola, quelli incollati sui frigoriferi dei bar. Il più bello era un grande quadrato rosso, trenta centimetri di lato con solo la scritta, proprio elegante. Era introvabile, si diceva fosse dato solo ai rappresentanti della Coca Cola Company. Un giorno, sarà stato il 1978, scrissi allora alla sede della Coca Cola a Milano spiegando che mi sarebbe piaciuto tantissimo avere un paio di quegli autoadesivi da incollare sul frigo di casa. E il signor Coca Cola mi rispose, non con una circolare, rispose proprio a me, dicendomi che apprezzavano il mio interesse per gli autoadesivi della mia bevanda preferita, e che come ringraziamento per la mia dedizione non mi mandavano un semplice adesivo ma un set di poster, riproduzioni dei manifesti Coca Cola lungo i decenni del Novecento, e non solo: me ne mandavano due copie, una per me e una per un amico. In effetti arrivò un tubo di cartone con i manifesti, uno più bello dell’altro. La seconda copia la regalai alla ragazza di cui prima, quella con la presunta ulcera da Coca Cola, la quale mesi dopo mi fece avere sei bottigliette in edizione speciale di Coca Cola, riproduzioni di quelle di inizio Novecento e che non so più in quale occasione la Coca Cola le aveva regalato, ancora una volta sei per lei e sei per un amico.
In questo mondo e quel mondo in cui a volte sembri essere un fastidio per le aziende da cui compri le cose, quel modo di fare mi sembrò, e mi sembra, una cosa molto ben fatta. Tu sei mio cliente e mi fai sapere di apprezzare ciò che ti vendo e io ti ringrazio concretamente. Quasi certamente la mia passione per la Coca Cola è stata corroborata anche da quel bell’episodio.

Scorte di Coca Cola e di birra Flensburg nella cucina dell’autore

Di cole ce n’è in giro una quantità inimmaginabile, non solo la Pepsi, che non è male ma ha un retrogusto che non mi convince. Alcune che rinunciano a cercare di imitare al cento per cento la Coca Cola e introducono varianti personali sono piuttosto interessanti; qui in Germania del Nord va forte la Fritz Cola, creata anni fa da due studenti di Amburgo che volevano guadagnar bene da subito dopo la laurea. Ha un contenuto di caffeina elevatissimo e un sapore fascinoso, però se la temperatura supera un tot, il sapore si sfalda un po’. Anche la Mecca Cola non è male, di origine araba, messa in commercio come opposizione anche politica all’americana Coca Cola, ha un buon sapore. In ogni caso di cole in commercio al momento ce ne sono più di trecento, se nessuna ha una quota di mercato neanche paragonabile a quella della Coca Cola un motivo ci sarà. E non tiratemi fuori le leggende sul sostegno del governo americano, con i direttori delle sedi locali Coca Cola agenti della CIA in incognito, che sarà anche vero, ma se la Coca Cola non fosse buona, eccetera.

Infine lo zucchero. Ho l’impressione che la quantitá di zucchero nella bevanda sia italiana sia tedesca sia diminuita negli ultimi anni, e sono quasi certo che la Coca Cola venduta nei Paesi dell’est sia ancora meno dolce, tipo quella cèca o polacca, mentre mi dicono che in nord America se non è stradolce non funziona, il che se non altro sostiene l’attività dei vari dottor Nowzaradan.

Queste poche cose sulla Coca Cola andavano pur dette, so che molti di voi anche avanti negli anni, in pubblico la bevono ancora quasi di nascosto e con senso di colpa. Non dovete, siate orgogliosi della vostra passione e piantatela di fare i salutisti chiedendo in compagnia degli amici una bibita dietetica o addirittura una bibita bio per non far figure. E ricordate che alle donne piacciono gli uomini che bevono Coca Cola (questa me la sono inventata adesso).

Non c’è ironia in quanto detto sinora, sono convinto che il benessere fisico passi al 50 per cento da quello emotivo, e una Coca Cola ben piazzata può darne parecchio, di benessere emotivo. Siamo a livello della pizza quanto a felicità, ma senza il peso e le mille calorie di una marinara a mezzanotte (anche se  la pizza avanzata fredda di frigo appena svegli è il perfetto completamento della Coca Cola tiepida prima della colazione).

E ora un disclaimer: sono un sedicente esperto dell’argomento, ma quelle sulle varie qualità di Coca Cola sono e restano opinioni. Magari c’è chi va matto per il bottiglione o venderebbe la nonna per una bottiglia di Pepsi.
Inoltre credo che quello che percepisco piuttosto chiaramente come decadimento di qualità al diminuire del prezzo (ché se 33 cl di lattina costano 60 centesimi, il bottiglione da un litro e mezzo costa magari solo 1,30 euri) sia un più che lecito e peraltro comune fatto commerciale per niente disdicevole. Nell’attuale sistema capitalista, per ora il migliore mai capitato sul pianeta, non ha molta importanza quale sia il costo alla produzione di un bene, ha importanza il fatto che you get what you pay for, con la Coca Cola o una fotocamera digitale o uno smartphone: alla fin fine produrre il modello top o quello medio costa più o meno uguale, ma tu paghi comunque una differenza in più per avere il meglio, ed è giusto così.

I lettori attenti avranno notato che dopo averne parlato non benissimo, nelle foto della mia cucina abbondano le Coca Cole in bottiglie di plastica da un litro. Purtroppo è stata una scelta obbligata. Negli ultimi mesi la Coca Cola migliore è diventata via via sempre più difficile da trovare persino a Berlino, e come ho accennato prima, le lattine, oltre che introvabili (quelle che vedete  erano le ultime in un piccolo supermercato italiano) sembrano soffrire di un abbassamento qualitativo. Pare che le difficoltà di approvvigionamento di anidride carbonica industriale stia mettendo in gravi difficoltà le aziende produttrici di bevande gassate e non solo: anche trovare acqua frizzante va a fortuna. Per tutta l’estate i negozi hanno offerto in vendita solo le bottiglie che vedete, e piuttosto che rinunciare alla Coca Cola ho preso quel che trovavo, non è che predico bene e razzolo malino volontariamente. A Milano mi dicono che scarseggia la Sprite, mentre in Alto Adige  il mio spacciatore di acqua minerale mi dice che a volte i distributori di bibite saltano un turno per indisponibilità. Nei supermercati italiani si trova però ancora con regolarità l’aranciata San Pellegrino amara, che in alcune situazioni è alla pari con la Coca Cola quanto a soddisfazione. Peccato sia quasi raddoppiata di prezzo.

Aggiornamento 18 ottobre 2022.
Di ritorno dal Tirolo orientale sono felice di dirvi che le recenti lattine di Coca Cola austriaca da 33 cl sono semplicemente sublimi, non ho mai trovato bollicine così tonde e definite in una lattina. Regolatevi in merito.

(Testo e immagini copyright © 2022 Andrea Antonini, Berlino).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *