Cino e Franco

Il settimanale dedicato a Topolino, pubblicato dal 1932 dall’editore Nerbini, all’inizio fatica a decollare malgrado l’ottimo materiale disneyano presentato. Solo con l’introduzione della striscia realistica di Cino e Franco, creata da Lyman Young e disegnata anonimamente dal giovane Alex Raymond, arriverà la svolta decisiva…

Le strisce giornaliere di Floyd Gottfredson appaiono già sui numeri 11 e 14 di Topolino, alcune rimontate, con la sequenza dal 16 novembre al 5 dicembre 1931, ovvero la deliziosa vicenda del fidanzamento di Orazio e Clarabella.

Topolino e il “chiappacani” Gambadilegno

Segue, sul numero 15, con il titolo Le disavventure di Pluto, l’intera sequenza della storia conosciuta in seguito come Topolino e l’accalappiacani, ovvero la produzione di dailies dal 13 al 25 febbraio 1933.

La storia viene impaginata tutta insieme, su un singolo numero. Appare Gambadilegno, che qui è chiamato genericamente, con gustoso toscanismo, “Il chiappacani”.

Ma è solo con il numero 24 (10 giugno 1933) che inizia la Grande Avventura disneyana. La prima vera e propria storia “eroica” di Mickey pubblicata in Italia su Topolino è Le prodezze di Topolino aviatore (giornaliere dal 27 febbraio al 10 giugno 1933): Mario Nerbini, che evidentemente si è accorto della straordinaria qualità delle strisce, preferisce ignorare le dailies precedenti e partire con quelle immediatamente a ridosso dell’uscita del settimanale! La pubblicazione della storia non è infatti ancora terminata negli Usa, quando Nerbini la impagina su Topolino, dandole un rilievo straordinario: la pubblica infatti al ritmo di quattro pagine (19 strisce) per volta, con un singolare sfondo giallo. Ancora si avverte la necessità di inserire delle didascalie posticce, sotto le strisce, ma la narrazione per immagini ha una tale forza da renderle praticamente invisibili.

La sequenza che segue ha quanto meno ispirato, ottant’anni dopo, gli sceneggiatori del lungometraggio Up.

Gambadilegno e Annibale (che poi cambierà nome) sono i due irresistibili “cattivi” del memorabile episodio. Ma il primo è ancora chiamato con il solo nome proprio, ovvero Pietro, traduzione letterale del Pete originale. Vedremo in seguito quando sarà usato per la prima volta il celebre… cognome. Non si tratta, comunque, della primissima avventura classica di Topolino apparsa in Italia. Questo primato, anche se per poche settimane, spetta alla classica storia Topolino e Orazio nel Castello Incantato, pubblicata sul Supplemento di Maggio a Topolino. Sul numero19 della testata principale si annuncia l’uscita della nuova pubblicazione di Nerbini.

Cos’è, che funziona maledettamente bene, in questa storia, e nelle altre che verranno? Direi, soprattutto, la grande intelligenza. Le storie del Topolino di Floyd Gottfredson (come quelle di Carl Barks, come quelle di Romano Scarpa), sono creative sia dal lato puramente artistico sia da quello “mentale”. Stimolano il cervello. Mi piace rimarcare che queste avventure di Topolino restano ancora perfettamente attuali: sono, allo stesso tempo, espressione irripetibile del gusto e della sensibilità degli anni trenta, ma anche opere d’arte universali ed eterne. Sono sicuro di non esagerare. Intanto, dal n. 13, è cambiata (decisamente in meglio) la grafica della testata.

La testata cambia ancora con il n. 43: resterà immutata fino alla fine del 1936, quando il settimanale sarà già da tempo nelle mani del suo nuovo editore Arnoldo Mondadori.

Le tavole che seguono appartengono all’episodio di produzione domenicale di Mickey Mouse, conosciuto da noi con il titolo Topolino contro Wolp. Nerbini pubblica gran parte delle sundays in questione sul grande Supplemento, altre sul leggendario albo omonimo e alcune qui, sul Topolino settimanale.

Prima che si faccia un po’ d’ordine sui periodici Disney in Italia ci vorranno alcuni anni…

Topolino o Mickey?

Torniamo alla prima annata del Topolino settimanale. Mentre sul Supplemento si snocciolano le meraviglie disneyane (e non solo), il settimanale conserva la formula un po’ disordinata degli inizi: in mancanza di una coerente linea editoriale, il periodico (oltre che un semplice contenitore delle tavole Disney) sembra un porto di mare, dove si pubblica un po’ quello che arriva. Si impaginano in posizione privilegiata storie di taglio ottocentesco, pescate chissà dove.

Dopo l’exploit della storia Topolino aviatore, scompaiono le strisce giornaliere e rimangono solo le domenicali, splendide anch’esse, ma certo lontane dall’afflato avventuroso delle dailies di Osborne e Gottfredson.

Non sempre, peraltro, l’onore della prima (e ultima) pagina è appannaggio di Topolino: sia il Pisellino di Buriko (Antonio Burattini) sia varie creazioni di Gaetano Vitelli, di Giorgio Scudellari e di Stop! (Giove Toppi) lo spodestano di frequente.

(Un piccolo quiz)

Sul numero 19 del 6 maggio, appare una striscia sicuramente prodotta dallo studio Disney, e con molta probabilità opera di Floyd Gottfredson.

La redazione di Topolino la “traduce” a proprio uso e consumo, ma quasi certamente si tratta, anche in origine, di una striscia promozionale. La cosa curiosa è che, quando abbiamo fatto approfondite ricerche in proposito, non ne abbiamo trovato traccia. Qualcuno è in grado di fornire qualche notizia in merito?

Con il n. 31 appare la prima storia italiana a continuazione, La fortunata avventura di Nasicchio e Cervelloni.

È notevole l’assenza di didascalie e l’uso corretto dei balloon e del linguaggio a fumetti. Con il n. 32 del 5 agosto inizia la storia I tre lupini… di mare, ovvero Just Kids di Ad Carter. In toscano, i “lupini” sono i semi di Lupinus Albus sgranocchiati preferibilmente, almeno illo tempore, al cinematografo. Il gioco di parole è semplice ma gustoso.

Il giornalino inizia ad acquistare sostanza, se non una vera formula, ma ancora le fortune del coevo settimanale Jumbo della Saev di Lotario Vecchi paiono lontane, specie con il Supplemento che si prende tutti i pezzi da novanta cannibalizzando il settimanale di Topolino. Sul fronte disneyano, una novità molto importante arriva alla fine dell’anno: con il n. 45 inizia, infatti, la pubblicazione di La guerra fra le mosche e gli altri insetti, con la coccinella Buci di Giuncherville (città che sarà presto italianizzata in Giuncavilla). Si tratta (e siamo ancora una volta catapultati a metà storia, nel vivo dell’azione) di Bucky Bug, ovvero il topper delle Sundays di Mickey Mouse.

La redazione di Topolino (ho il sospetto fosse composta, in questo periodo, dal solo Mario Nerbini) sembra ancora indecisa se conservare il nome di Topolino o chiamare il personaggio direttamente Mickey.

La svolta clamorosa, comunque, è ormai dietro l’angolo.

Arriva la Grande Avventura

Riprendiamo il filo delle concitate, perfino convulse, vicende editoriali del 1933. Nel giro di un anno, la stampa periodica per ragazzi è stata profondamente scossa, prima dall’esordio del settimanale Jumbo della Saev (con varie testate parallele), che ha portato in Italia le serie “avventurose” britanniche dell’Amalgamated Press; poi dal Topolino Nerbini (specie con il Supplemento), che ha imposto i fumetti Disney e abolito o quasi le didascalie. Sono usciti anche alcuni “albi”, cioè grandi fascicoli che raccolgono le storie apparse a puntate sui settimanali.

Ma ancora, in pratica, non è successo nulla. Il settimanale di Topolino, per quanto riguarda le vendite non fa faville. Anzi, diciamo pure che è un mezzo insuccesso. Probabilmente è colpa del leggendario Supplemento, dall’incredibile e scomodissimo formato, che sequestra tutte le migliori avventure del Grande Topo. O forse, almeno per il momento, i fumetti Disney tanto di più non possono dare. La bomba vera e propria scoppia con l’ultimo numero del 1933, il 53. Appare infatti, nel paginone centrale di Topolino, la prima puntata della storia Sotto la bandiera del Re della Giungla. Stavolta non è Topolino, non sono funny animals, ma qualcosa di completamente diverso. Un altro bel colpo di frusta al sonnacchioso e conservatore ambiente dell’editoria per ragazzi.

La storia è impaginata con le strisce una di seguito all’altra, senza rispettare la scansione canonica delle strisce di quattro vignette, ma è sostanzialmente corretta.

È davvero una cosa assolutamente diversa da quanto visto fino a quel momento. C’è avventura, dramma, violenza. C’è perfino un po’ di sesso.

Si tratta di Tim Tyler’s Luck, fumetto firmato da Lyman Young. Apparsa negli USA nel 1928, la serie era basata sulle avventure di due ragazzini fuggiti dall’orfanatrofio, Tim e Spud (diventati in Italia Cino e Franco), che dopo varie peripezie fanno amicizia con un pilota di aeroplani, Roy Fleet, e iniziano a girare il mondo. Fino ai primissimi anni trenta la striscia era stata una via di mezzo tra la versione maschile, appena modificata, del cliché orfanella-con-cane stile Little Orphan Annie e le strisce aviatorie tipo Sky Roads. Lyman Young, nel 1931, aveva però conosciuto un giovanissimo disegnatore, Alex Raymond, che era assistente di suo fratello Chic per la striscia di Blondie e ragazzo di bottega del King Features Syndicate. Lyman aveva pensato bene di sfruttare l’incredibile talento del ragazzo affidandogli in toto la realizzazione di Tim Tyler’s Luck. Nelle magiche mani di Raymond, in pochi mesi la serie si trasforma in una delle più sofisticate strisce “naturalistiche” del decennio.

Nel corso del 1933, Raymond trasforma la striscia radicalmente, rendendola una versione di carta, estremamente glamorous, dei film d’avventura hollywoodiani. Non c’è più traccia di “pupazzettismo umoristico-avventuroso”: il segno è naturalistico e solo in parte si ispira a quanto stavano sperimentando in quei mesi, per le strisce del Chicago Tribune, Chester Gould, Noel Syckles, Milton Caniff.

Raymond è una forza della natura: non ha molta cultura specifica, e quindi nemmeno remore. Dopo poche settimane, ci racconta il suo biografo Tom Roberts, viene notato dai capi della KFS di W.R. Hearst, che scommettono sul giovanotto per un piano che hanno in mente da tempo: contrastare il fenomeno costituito da Buck Rogers di Phil Nowlan e Dick Calkins, primo fumetto di fantascienza di immenso successo lanciando Flash Gordon (che in italia verrà pubblicato dallo stesso Nerbini nel primo numero de L’Avventuroso).

Le strisce giornaliere americane, non dimentichiamolo, sono pensate per un pubblico adulto, quello dei quotidiani: se in Italia vengono proposte ai ragazzi, è fatale che il colpo sia formidabile… Nerbini offre Sotto la bandiera del Re della Giungla d’amblè al pubblico dei balilla italiani, e il fumetto spopola, il passaparola è forsennato, la tiratura di Topolino si impenna bruscamente, gli educatori si strappano i capelli. La pubblicazione di questa storia provoca tra l’altro l’abbandono del direttore Paolo Lorenzini (Collodi Nipote). Questo il famoso comunicato, apparso su quello stesso, fatale, numero 53 di Topolino.


La direzione di Topolino (e del Supplemento) viene assunta direttamente da Mario Nerbini, che comunque è sempre stato al timone della testata.

 

I disegnatori di Cino e Franco

All’inizio del 1934, Cino e Franco, arruolati sotto la bandiera del Re della Giungla, letteralmente schiacciano Topolino e soci. Le vendite del settimanale decollano e Mario Nerbini è convinto che il giornale Topolino si venda solo grazie ai due eroi d’oltreoceano. Dal nostro punto di vista, ottant’anni dopo, è evidente l’opposto, ovvero che la qualità delle strisce di Gottfredson è cento volte superiore a quella dei personaggi di Lyman Young e Alex Raymond. Il Topolino degli anni Trenta è opera d’arte universale ed eterna, godibile oggi quanto all’epoca della sua creazione, forse di più.

Ma l’oggi di questo articolo è il gennaio 1934 e Franco/Tim Tyler’s Luck sono la new thing, la novità eccitante. Pur avendo torto, Mario Nerbini ha quindi ragione. Sotto la bandiera del Re della Giungla è, ancora oggi, un’ottima storia d’avventura, anche a prescindere dallo straordinario disegno di Alex Raymond. Contiene tutti gli elementi di base del sottogenere “legionario”, passato alla storia con pellicole come Marocco (1930) di Josef Von Stenberg con Gary Cooper.

Al termine del lungo episodio, con il numero 77 di Topolino inizia una nuova avventura, stavolta non di ambiente paramilitare. Il titolo, provvisorio, è Le nuove avventure di Cino e Franco nella “jungla”, l’episodio sarà poi conosciuto come La fiamma eterna della Regina Loana. È una suggestiva riscrittura di She, il romanzo di H. Rider Haggard, che avrà, un paio d’anni più tardi, una versione cinematografica, conosciuta in Italia col titolo La donna eterna, alla base, a sua volta, di innumerevoli variazioni sul tema, nel Fumetto italiano e non.

La storia, dicevo, è piena di grandi suggestioni, ma è inferiore, come tensione drammatica, all’episodio precedente, come se ci fosse stato un avvicendamento ai testi: pur restando indubbiamente “avventuroso”, l’episodio è anche molto “rosa”, con un classico triangolo amoroso che mette un po’ in ombra le atmosfere esotiche e para-archeologiche.

Secondo gli storici del Fumetto il disegno è ancora di Alex Raymond. Io mi permetto di dubitarne: è certamente un tratto di prima categoria, ma manca sia la resa “fotografica” delle figure umane, tipica del giovane cartoonist, sia la sua capacità di muovere i personaggi in ambito prospettico e con effetti “cinematografici”.

Alle matite c’è forse Burne Hogarth, futuro autore di Tarzan? Certo non è ancora Charles Flanders, che vedremo tra poco.

I lettori rispondono entusiasticamente anche alla pubblicazione di questo secondo episodio, e Mario Nerbini mette in cantiere la prima collana di “albi” dedicata ai due intrepidi protagonisti: anch’essi andranno a ruba, saranno ristampati innumerevoli volte e decreteranno definitivamente le fortune del Fumetto americano in Italia e quelle personali di Mario Nerbini.

Giusto alla fine del 1934, sul numero 101 di Topolino, inizia la pubblicazione del terzo episodio, stavolta con il titolo generico Le avventure di Cino e Franco, ma che sarà presto conosciuto come La pattuglia dell’avorio.

Le cose cambiano ancora: torna l’avventura a tutto tondo, e il disegno, pur lontano dalle eccellenze raymondiane, non ha le staticità di Loana.

C’è anche la presenza di un “cattivo” di tutto rispetto, Il Ragno, e per la prima volta appare l’improbabile corpo di rangers africani in cui Cino e Franco saranno arruolati, ovvero, appunto, La Pattuglia dell’Avorio. Evidentemente, dopo l’exploit con l’esercito africano del tiranno Carlos, lo sceneggiatore e il disegnatore di Tim Tyler’s Luck scommettono sul fascino delle divise.

Topolino pubblicherà ancora una storia di Cino e Franco nel 1935, La tribù degli uomini leopardo, poi epocali avvenimenti causeranno il forzato trasloco dei due imberbi eroi. La serie conoscerà molto presto una precoce decadenza, ma per ora, come ho già detto, Cino e Franco sono le star assolute del Fumetto in Italia, e con essi tutti devono fare i conti, Nerbini per primo.

(Gli articoli di Giornale POP su Topolino e sugli altri fumetti pubblicati in Italia negli anni trenta sono QUI). 

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