Il manifesto cinematografico ne ha fatta di strada negli ultimi cent’anni e alcuni classici, con il loro design iconico, hanno creato immagini entrate di diritto nella cultura popolare.
Pensiamo a E.t. che si staglia sull’immagine della luna, alle calze di seta sulle gambe di Mrs. Robinson, ad Audrey Hepburn con tubino nero e quel lunghissimo bocchino che attraversa lo spazio, alle fauci dello squalo che stanno per emergere dall’acqua e all’uovo di Alien con il fluido verde che cola, inquietante e fosforescente.

Oggi i poster cinematografici sono realizzati al computer. Il design si focalizza maggiormente sul testo e su immagini che sono il risultato di manipolazioni fotografiche piuttosto che illustrazioni disegnate a mano come un tempo. I tools di grafica digitale hanno liberato i designer dalle limitazioni del tavolo da disegno.

Eppure, nonostante i progressi tecnici, alcuni illustratori sembrano tornare a ispirarsi allo stile popolare dei classici e di maestri come Saul Bass e Drew Struzan.

Altri guardano ancora più indietro, alle origini e ai grandi maestri dello stile, provando a rinvigorirlo e rinnovandolo con nuovi elementi.

Esaminiamo quattro esempi di design classico che secondo me sono tornati di moda nei poster cinematografici:

Composizioni e trasparenze

Lo stile composito di Drew Struzan ha dominato i manifesti cinematografici negli anni ottanta.
Anche chi non conosce Struzan ha di certo visto il suo lavoro: ha realizzato oltre 150 manifesti cinematografici, inclusi quelli della serie Indiana Jones, Back to the Future e Star Wars.

Il suo stile inconfondibile si esprime con illustrazioni fortemente cesellate, nella stratificazione degli acrilici in sottili velature, nei dettagli sottolineati con le matite colorate.
Tocchi di luce di varia gradazione animano le sue immagini e l’abile utilizzo dell’aerografo lega il tutto.

È facile capire perché il suo stile sia rimasto popolare. Alla base di tutto c’è un approccio relativamente semplice, ma sempre valido per i poster cinematografici: linee dirette che scaturiscono da un punto centrale e i personaggi importanti incastonati all’interno di queste linee prospettiche. Non serve impegnarsi molto, quando è sufficiente stampare la faccia di Harrison Ford al centro del poster.

I designer dei classici manifesti di film di supereroi sembrano essersi adagiati su questo stile, specialmente nelle pellicole zeppe di star esplosive da elencare sul poster. Lo stile di Struzan sembra essere perfetto per qualsiasi film con dentro un supereroe, ed è ancora utilizzato nel franchise Star Wars.

Lo stile composito può risultare banale e confusionario, ma c’è anche chi sa rianimarlo con grazia.

Il poster di Vizio di Forma – Inherent Vice rispecchia lo stile di Struzan, ma aggiunge una sfumatura arcobaleno che allude all’ambiente psichedelico in cui si muovono i personaggi del film.
Il manifesto di Suicide Squad è una divertente variazione sul tema: il poster combina la disposizione dei personaggi raggruppati in un’unica composizione con il layout esplosione (se solo il film fosse stato originale…).

Il poster per il recente Baby Driver – Il genio della fuga, combina i volti del cast nel layout della composizione creando però un effetto di grande freschezza.

Infine, Thor: Ragnarok, che con il suo design acido e simmetrico ha mostrato agli altri supereroi come dovrebbero essere fatti i manifesti di un film supereroico.


Il poster di Ragnarok è un capolavoro psichedelico a base di Photoshop che si contrappone all’idea che il design dei manifesti del cinema sia in crisi.

Ciliegina sulla torta, il logo contenuto nel trailer è una palese citazione dello stile del grande Jack Kirby.

Pop neon anni ottanta

La ruota del design continua a girare e a riportare in auge gli stili che pensavamo fossero ormai sepolti nei raccoglitori dei collezionisti di roba cinematografica.

Ultimamente, i colori sparati e le luci al neon tipiche degli anni ottanta sono tornati di moda.
Probabilmente ciò si deve al fatto che molti degli attuali produttori cinematografici erano dei teenager 30 anni fa, e la nostalgia per quegli anni spensierati li ispira oltremodo.

I film dello sceneggiatore e regista Nicolas Winding Refn sono un esempio tipico di questa tendenza, con manifesti cinematografici che abbracciano pienamente l’estetica degli anni ottanta.
Il suo marchio è inconfondibile.

E Refn non è il solo: il poster del techno-thriller Nerve, distribuito in Italia il 15 giugno 2017, è una cacofonia di neon accecanti e scritte lampeggianti, mentre il concept di Stranger Things (serie in onda su Netflix) è forse l’ideale rappresentazione della rinascita di questo stile. Perfetto con il suo tono nostalgico, ma con qualche elemento che riesce a farlo sembrare “nuovo” .

Vertigo

Saul Bass è un gigante del design cinematografico.

Conosciuto per i suoi colori e le sue silhouette, era un maestro della comunicazione attraverso immagini stilizzate. Forse un mago.

Uno dei suoi poster più iconici è quello del classico di Hitchcock: Vertigo (“La donna che visse due volte”). Non posso esimermi dallo scrivere qualcosa su questo capolavoro assoluto.
Il poster di Vertigo unisce diversi elementi. Il design si basa su due soli colori e utilizza caratteri ritagliati a mano contro uno sfondo arancione brillante. I piccoli ritratti, quasi due manichini scomposti, di James Stewart e Kim Novak, sono gli unici elementi disegnati.

Tecnicamente si tratta di una serigrafia. Il piccolo disegno al centro, il taglio a mano e l’arancio brillante sono tipici di questo processo di stampa artistica.
Magicamente, grazie a questi elementi, guardiamo il poster e nella nostra mente, senza ancora averlo visto, cataloghiamo il film tra le storie psicologicamente complesse, leggermente fuori dal mainstream di Hollywood.
Nulla è frutto del caso. La tradizione delle lettere disegnate a mano risale al cinema espressionista tedesco degli anni venti.
Questi film sono i pionieri del genere horror e hanno creato un immaginario cinematografico di angoli obliqui e vertiginose prospettive. Le lettere spigolose e disegnate a mano rifiutano le curve e i serifs dei caratteri tradizionali per qualcosa di più acuto e viscerale.

L’elemento visivo principale del poster di Bass è un modello geometrico basato sulle curve ipotrochiche.
Queste curve sono familiari a chi abbia giocato con uno spirografo, uno strumento che negli anni settanta si trovava nelle confezioni di patatine.
Le curve prodotte dallo spirografo danno un’idea di deformazione dei normali spazi reticolari dei nostri ambienti concreti e psicologici: mappe, traiettorie, latitudini e longitudini si avviluppano e formano un gorgo attorno ai protagonisti del film.

Questo meccanismo visivo riemerge anche oggi, a rappresentare personaggi che si “perdono”.
Lo stile che rimanda a Bass è caratterizzato da una figura centrale che si dibatte, lotta, corre o cerca, circondata da traiettorie di rotazione o ombre e blocchi.

Il poster di Scorch Trials rappresenta un labirinto vero e proprio, che imprigiona il personaggio principale, senza allusioni di alcun genere, mentre il poster di Allegiant è più astratto.


I poster del Ponte delle spie e Saw VI spostano il posizionamento della spirale, ma il risultato vuole essere ugualmente inquietante. Tom Hanks sta in cima alla spirale mentre la sua silhouette corre per non soccombere, in uno dei poster di Saw VI i personaggi del film sono legati sul bordo di una spirale rossa (un vortice di sangue?).


È un forte tema visivo che può essere facilmente modificato e adeguato ai contenuti di un film.
Non c’è da stupirsi che se ne stiano impadronendo i design per applicarlo con ogni sorta di torsioni divertenti e adattamenti specifici al film del cliente.

Testo grande e grosso

 

Nei filmati classici il titolo del film è al centro di tutto, spesso sotto forma di un blocco sans-serif.
Ma nei tempi più moderni abbiamo visto un cambiamento di approccio, per cui i progettisti hanno cominciato a concentrarsi maggiormente sull’immagine, rimpicciolendo, oscurando o addirittura nascondendo il titolo del film.

Nei poster di film moderni, l’attenzione tende ad essere incentrata sull’immagine piuttosto che sul titolo.
Uno dei motivi potrebbe essere che, con l’avvento del digitale, i progettisti sono sicuri che il titolo potrà facilmente essere incluso come didascalia o collegato a una pagina web. Tuttavia, è in atto la tendenza a tornare indietro allo stile classico per mettere nuovamente il titolo del film al centro e in caratteri cubitali-rosso, sans-serif.
Il poster di Alwais Chasing Love sembra concepito negli anni quaranta, per esempio con l’illustrazione che circonda un titolo messo in risalto.
In Detroit il titolo è un blocco verticale lungo il disegno, e il poster per la commedia Wilson del 2017 è volontariamente retrò.

 

Tornare a privilegiare un design tutto centrato sul titolo è un trend facile da seguire, e viene utile quando non si vuole rivelare nulla della trama oppure non ci si vuole impegnare con il potenziale pubblico accennando con le immagini all’argomento o ai protagonisti dal film, pur volendone annunciare l’arrivo con largo anticipo per creare l’aspettativa, avere il tempo di seminare indizi, anticipazioni, rumors, sui social, secondo le attuali strategie del marketing virale.

Ci si ispira al passato ma il futuro del cinema è sempre più digitale e “social”.

Di Tuzzo

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