La mattina del 16 maggio 1990, l’attrice polinesiana Tarita Teriipaia arriva a Los Angeles dall’isola di Tahiti per andare a trovare l’ex marito Marlon Brando. Lui è il più grande attore del mondo: l’indimenticabile “selvaggio”, il rozzo e sensuale Stanley di Un tram che si chiama Desiderio, l’eroe ammaccato di Fronte del porto, per il quale vinse l’Oscar nel 1955. Ne aveva rifiutato un altro per Il Padrino, nel 1973. Tarita, che Brando aveva conosciuto sul set di Gli ammutinati del Bounty, raggiunge l’ex nella sua villa milionaria di Mulholland Drive a Hollywood. Con lei c’è Cheyenne, la bella figlia che i due hanno avuto vent’anni prima. La ragazza è all’ottavo mese di gravidanza.
Poco dopo arriva anche Christian, primogenito del famoso attore. Lui è figlio della prima moglie, l’attrice Anna Kashfi.

Christian, che ha appena compiuto 32 anni, riabbraccia la sorellastra che non vede da tempo. Rimasto solo con lei, le chiede chi sia il padre del bimbo che sta aspettando. Cheyenne gli racconta tra le lacrime di Dag Drollet, il rampollo 23enne di un influente personaggio politico di Tahiti. Dag l’avrebbe violentata e picchiata spesso, e ora che sta per nascere il bambino avrebbe intenzione di abbandonarla. Christian crede alla sorella, anche se sa che soffre di disturbi mentali: quando le vengono le crisi, Cheyenne graffia e lancia tutti gli oggetti che trova.

Alcune ore più tardi, nella villa di Marlon Brando arriva anche Dag Drollet, un ragazzo apparentemente tranquillo, che viene accolto con calore da Tarita e dalla figlia incinta. Dopo averlo salutato, Christian esce per fare un giro nei bar. Di sera, quando rientra nella villa del padre, è ubriaco fradicio. Nel soggiorno trova solo Dag e Cheyenne: i particolari di quanto accadrà in quei momenti non si sapranno mai con precisione. Salvo il fatto che, a un certo punto, Christian uccide il compagno della sorella con una pistola semiautomatica calibro 45.

Appena la notizia si diffonde, la villa viene assediata da giornalisti e fotografi che rimangono appostati per giorni. Vogliono uno scatto di Marlon, del grande divo, distrutto dal dolore per la tragedia che ha colpito la sua famiglia e che ha sconvolto l’America. Non c’è pietà verso il dolore, è il prezzo del successo. E Brando lo sa bene. Per questo motivo si rinchiude nella villa e non accetta di vedere nessuno, nemmeno Jack Nicholson, suo collega e vicino di casa.
Per cercare di capire quanto è successo bisogna partire dall’inizio.

Christian Brando nasce a Los Angeles l’11 maggio 1958 da una relazione tra Marlon e l’attrice di origine indiana Anna Kashfi. I due si sono sposati l’anno prima e divorzieranno l’anno successivo. Durante la sua infanzia Christian fa la spola tra un genitore e l’altro, in una lotta durata dodici anni per ottenere l’affidamento esclusivo. Alla fine, siccome la madre fa uso di alcol e droghe, il giudice decide che è meglio lasciare il bambino a Marlon. Il quale, però, si dimostra un padre assente, sempre altrove per lavoro. Di Christian si prendono cura le baby sitter e i domestici. In seguito il ragazzo viene mandato a Tetiaroa, l’isola polinesiana nell’arcipelago di Tahiti che il padre ha comprato. Il grande attore ha avuto 12 figli da donne diverse, e tutti insieme si ritrovano spesso in questo atollo sperduto nel Pacifico. Christian ricorderà in seguito: «La nostra famiglia continuava a cambiare. Quando vedevo per la prima volta un fratello sedersi a tavola, dovevo chiedergli come si chiamasse».

Nel 1972, mentre Marlon sta girando in Francia Ultimo tango a Parigi, Christian viene rapito dalla madre Anna, che lo consegna a un gruppo di hippy perché lo custodiscano. Siccome la donna non ha i 10mila dollari che aveva promesso loro come ricompensa, gli hippy nascondono il ragazzino in una località del Messico e chiedono il riscatto all’ex marito. Invece di rivolgersi alla polizia, Marlon Brando preferisce assoldare alcuni detective privati perché vadano alla ricerca del figlio. Lo ritrovano all’interno di una tenda, ammalato di polmonite, e lo liberano. Anna, nel frattempo arrestata per guida in stato di ubriachezza e instabilità mentale, viene definitivamente allontanata dal figlio. «Mia madre è una donna violenta, che a 13 anni mi ha trasmesso il vizio del bere e quello della droga», dirà anni dopo Christian. Infatti, il giovane Brando abbandona presto le scuole superiori per problemi con alcol e droghe.

Invece di tornare nell’isola del Pacifico dove potrebbe continuare a vivere senza problemi economici, Christian Brando tenta la carriera di attore, ottenendo però solo qualche comparsata. L’ombra di un padre così celebre lo schiaccia e lui a 22 anni decide di isolarsi dal mondo andando a vivere in una capanna nello Stato di Washington, dove fa il saldatore e il taglialegna. Nel 1982 sposa una modesta ragazza di nome Maria, che gli dà Michael, il suo unico figlio, ma nel 1987 divorziano.

Tre anni dopo, nella notte del 16 maggio 1990, avviene la tragedia. Christian Brando racconta alla polizia di aver ucciso Dag Drollet per errore. Volendo dargli un avvertimento perché non maltrattasse più la sorella, gli ha puntato contro la pistola: Drollet ha reagito cercando di disarmarlo ed è partito il colpo. Il pubblico ministero non gli crede, vorrebbe processarlo per omicidio premeditato, ma per poter provare questa accusa avrebbe bisogno della testimonianza di Cheyenne. Lei, nel frattempo, è stata spedita in una clinica psichiatrica di Tahiti, fuori dalla giurisdizione degli Stati Uniti. Così, al pubblico ministero non rimane che accettare la dichiarazione di omicidio colposo, cioè non intenzionale, fatta da Christian.
Il padre riesce a fargli ottenere la libertà su cauzione, sborsando il corrispondente di un milione e mezzo di euro.

Nel 1991, durante il processo, viene chiamato a deporre anche Marlon, che ha 66 anni.
Tutti gli occhi e le telecamere sono per lui. Puntate sul volto del grande divo di Hollywood che tra le lacrime, ma con il perfetto timbro di voce dell’attore consumato, ammette le sue colpe morali: «Penso che forse ho fallito come padre, non sono stato un buon genitore». Parla per più di un’ora commuovendo la giuria. Tanto che il giorno dopo i giornali titolano: “Una performance da Oscar” e “La sua migliore interpretazione”.
Christian viene condannato a 10 anni di prigione.
In cella confida a un compagno: «Odio mio padre, uno che recita sempre ma è incapace di amare. Quanto a mia sorella, è una pazza scatenata, non è vero che Drollet la picchiasse. Anzi, era sinceramente innamorato di lei e cercava di aiutarla. Non mi perdonerò mai di averlo ucciso».

Intanto, la sorella Cheyenne tenta due volte il suicidio. Nei momenti di apparente lucidità afferma che il fratellastro aveva assassinato Drollet per ordine del padre Marlon, il quale, sempre a suo dire, la molestava da quando era bambina ed era geloso del fidanzato. La povera Cheyenne riuscirà a impiccarsi con i fili del telefono nel 1995, subito dopo aver perso, per i suoi disturbi mentali, la custodia di Tuki, il figlio avuto da Drollet (che oggi, con il nome di Tuki Brando, vive in Francia).
L’anno dopo, scontati cinque anni di carcere, Christian Brando ottiene la libertà per buona condotta e può tornare ai suoi lavori manuali nello Stato di Washington.
Nel 2001 viene sospettato dell’omicidio dell’amica Bonnie Lee Bakley, per il quale verrà poi processato Robert Blake, l’attore della serie televisiva Baretta.

Marlon Brando scompare nel 2004, lasciando ai figli una cospicua eredità. Risolti i problemi economici, quello stesso anno Christian sposa Deborah Presley, figlia illegittima di Elvis, il re del rock, ma il matrimonio viene annullato dopo pochi mesi perché Deborah lo denuncia per violenze coniugali. Christian Brando muore di polmonite il 17 febbraio 2008 a Kalama, nello Stato di Washington. Secondo i giornali era malato di Aids.
Sua madre, la quasi ottantenne Anna Kashfi, va a vivere con il sussidio di povertà in una roulotte tra Los Angeles e San Diego. Muore nel 2015.

Nessuno dei figli di Marlon Brando ha avuto un’esistenza serena.

 

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Di Sauro Pennacchioli

Contatto E-mail: info@giornale.pop

4 pensiero su “CHRISTIAN, IL FIGLIO ASSASSINO DI MARLON BRANDO”
    1. Non l’ ha fatta, lei stessa disse “non stava facendo niente sul serio” Il punto fu l’ uso del burro concordato da Bertolucci con Brando all’ insaputa di lei, perché il regista per dare pathos alla scena voleva che lei “si sentisse violata”, e infatti quando lei si trovò di colpo davanti a quest’azione rimase così scioccata che non riuscì più a dimenticarlo. Purtroppo una delle tante violenze compiute dai registi per ottenere l’effetto da loro cercato. Non aiutò il fatto che quando il film fu condannato per oscenità la gente comune quando la riconosceva le tirasse addosso panetti di burro, violentatori protetti dall’ anonimato e dalla disapprovazione di Stato di cui si rendevano arbitrariamente esecutori.

  1. Rimane IL PIU’ GRANDE attore di tutti i tempi, di ogni epoca., di sempre. E PER SEMPRE. Come ,nello sport, Ali’-Clay nella boxe, Senna nell’automobilismo, Pele’ nel calcio, Owen’s in atletica. I RRI PE TI BI LI !!!!!!

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