Nel 1927, il venticinquenne Charles Lindbergh compie l’impresa che lo farà entrare nella leggenda. Merito soprattutto della radio, che è stata appena messa in commercio: per la prima volta si può seguire un avvenimento in diretta stando comodamente seduti a casa propria. Il 20 maggio, a New York, Charles Lindbergh sale a bordo del suo piccolo aereo, lo Spirit of Saint Louis, e dopo un volo senza scalo di 33 ore e mezzo atterra a Parigi.

È la prima volta che viene compiuta la transvolata dell’Oceano Atlantico dall’America all’Europa senza scalo. Tutti stravedono per quel bel giovane dal carattere riservato che ora si gode i meritati benefici, anche economici, procuratigli dalla sua eccezionale impresa. Non che fino a quel momento Charles avesse avuto una vita difficile.

Nato in un’agiata famiglia svedese trasferitasi negli Stati Uniti, la madre era professoressa di chimica (una delle prime donne laureate in materie scientifiche), mentre il padre avvocato era diventato deputato nel parlamento americano.
Nel 1929, l’aviatore sposa la bella Anne Morrow, quattro anni più giovane di lui, figlia dell’ambasciatore americano in Messico.

Anne è una poetessa e allo stesso tempo una donna d’azione: ben presto anche lei prende il brevetto di pilota. Nel 1930 nasce il primogenito, Charles Junior.

 

La famiglia Lindbergh, quando non è in giro per il mondo, abita in una lussuosa tenuta di venti stanze nei boschi del New Jersey, a poche decine di chilometri da New York. Il primo marzo 1932, come tutte le sere, la cameriera Betty Gow mette a letto Charles Jr.: il bambino adesso ha un anno e otto mesi. Il mattino dopo, il piccolo non è più nel suo lettino. Alcune tracce di fango sotto una finestra spalancata sono la drammatica prova che qualcuno, durante la notte, lo ha portato via. Per raggiungere il secondo piano, dove è collocata la cameretta, il rapitore aveva accostato la lunga scaletta a pioli che si era portato dietro.

Ora i pezzi della scaletta sono sparsi nel giardino: deve essersi rotta mentre scendeva con il piccolo. Guardando meglio, nella cameretta viene trovata una lettera con la richiesta di riscatto indirizzata a Charles Lindbergh: “Caro signore! Tenga pronti 50mila dollari, di cui 2.500 in banconote da 20, 1.500 in banconote da 10 e 1.000 in banconote da 5. Tra 2-4 giorni la informeremo dove consegnare il denaro”.

Il testo è scritto in un inglese infarcito di errori, dalla natura dei quali si intuisce che l’autore è di madrelingua tedesca. La lettera è firmata con buchi e cerchi che si intersecano colorandosi di rosso. Un complicato simbolo che comparirà anche nelle missive successive, per dimostrare che sono del rapitore e non di mitomani o sciacalli.

Secondo la polizia, il rapitore deve avere contatti con il personale di servizio della tenuta, perché la famiglia Lindbergh sarebbe dovuta partire qualche giorno prima, ma aveva rinunciato solo perché il piccolo Charles si era preso un brutto raffreddore. Nessuno, tranne le tre cameriere, poteva saperlo. Per il capo degli investigatori, il tenente Norman Schwarzkopf (padre del futuro generale che nel 1991 sconfiggerà il dittatore iracheno Saddam Hussein nella prima Guerra del Golfo), i rapitori non devono essere dei professionisti, perché la cifra richiesta, pur essendo notevole, è decisamente bassa per le ingenti risorse economiche dei Lindbergh.

La stampa, a sua volta, si lascia trascinare dalla fantasia: “sicuramente” a organizzare il rapimento è stato Al Capone, il famigerato gangster italo-americano messo in prigione alcuni mesi prima. Per allontanare i sospetti, dal carcere Al Capone si vede costretto a offrire un premio di 10mila dollari a chi saprà fornire informazioni utili sui rapitori. Il 4 marzo arriva una seconda lettera con l’elaborato simbolo, nella quale si rimproverano i genitori per aver chiamato la polizia e si alza la richiesta a 70 mila dollari. I genitori decidono di pagare subito. Come mediatore si autopropone un certo John Condon, insegnante di educazione fisica in pensione, che offre anche un contributo di mille dollari.

D’accordo con i Lindbergh, si mette in contatto con i rapitori attraverso un annuncio di giornale. La lettera di risposta gli viene recapitata da un tassista: deve portare i soldi in un cimitero del Bronx, nella vicina New York. Lì Condon incontra un uomo mascherato dal forte accento tedesco, che si presenta con il nome di John (i giornali lo soprannomineranno “John Cimitero”, data la location). L’emissario dei Lindbergh gli spiega che prima di pagare vuole vedere il bambino, l’altro risponde che può solo spedirgli il suo pigiamino.

Alcuni giorni dopo, l’indumento arriva via posta. A questo punto si preparano due buste, contenenti 50mila e 20mila dollari. Vengono riempite con certificati aurei, una sorta di titoli bancari di piccolo taglio dall’aspetto simile a quello delle normali banconote (che negli anni successivi cadranno in disuso). La polizia trascrive i numeri di serie, per poterli rintracciare in seguito.

Il 2 aprile, Charles Lindbergh porta in macchina John Condon in un altro cimitero, quello di St. Raymond, dove è stato fissato il nuovo appuntamento. Mentre Lindbergh rimane nel veicolo impugnando una pistola per ogni evenienza, il suo emissario parla con “John Cimitero”, che si tiene ben nascosto dietro una grossa lapide.

Condon gli dice che ha solo 50mila dollari e gli allunga una busta, pronto a tirare fuori anche l’altra se l’uomo dall’accento tedesco dovesse insistere. Invece l’altro si accontenta e gli consegna a sua volta una busta, ordinandogli di aprirla dopo sei ore. Una volta tornato in macchina, lui e Lindbergh la aprono subito: dentro c’è scritto che il bambino si troverebbe in una barca sulla costa dell’isola di Elizabeth, una località turistica trecento chilometri a nord, nello stato del Massachusetts. Papà Lindbergh perlustra personalmente tutta l’isola con il suo aereo, ma del bimbo non c’è traccia.

Più di un mese dopo, il 12 maggio 1932, un camionista in sosta nei boschi, a sette chilometri di distanza dalla tenuta dei Lindbergh, scopre casualmente i poveri resti del piccolo Charles Jr. Dall’autopsia risulta che il bambino era morto due mesi prima, probabilmente per un colpo alla testa dovuto alla caduta quando la scaletta a pioli si è rotta.

 

Il lutto avvolge rapidamente l’intero pianeta, attraverso la radio che riporta in diretta la tragedia della famiglia Lindbergh. Da questo momento le indagini possono essere condotte allo scoperto, senza timori per le conseguenze. I sospetti si concentrano su Violet Scaipe, una cameriera di 28 anni sempre agitata di fronte agli investigatori e sulla difensiva anche quando le vengono rivolte domande banali. Psicologicamente incapace di gestire la tensione, Violet si suicida un mese dopo la scoperta del cadavere del bimbo rapito, quando ormai era stata completamente scagionata.

Si sospetta anche di John Condon, l’unico ad aver incontrato il rapitore. Che abbia fatto risparmiare 20mila dollari ai Lindbergh solo per distogliere i sospetti da sé? Le indagini stabiliscono che si tratta di un uomo eccentrico, ma che non c’entra con il rapimento.

Anche Elisabeth Morrow, sorella della moglie dell’aviatore, viene sospettata perché era stata la prima fidanzata di Lindbergh e il giorno precedente al rapimento aveva litigato furiosamente con Anne. Mentalmente instabile e patologicamente gelosa, Elisabeth sembrerebbe l’assassina ideale. Quando la sorella si era sposata aveva avuto una crisi isterica, e un attacco cardiaco alla nascita di Charles Jr. In passato era stata sospettata di avere gettato il bambino nella spazzatura e di aver ucciso il cane di casa, per questo i Lindbergh le avevano chiesto di non farsi vedere più.
 Intanto i certificati aurei, che possono essere usati come normali banconote, cominciano a essere spesi. Il 15 settembre, un benzinaio serve un cliente dal pesante accento tedesco che lo paga con un certificato aureo da 10 dollari, per un rifornimento di benzina da 98 centesimi.

Temendo che i soldi siano falsi, prende nota del numero di targa dell’auto. La polizia scopre che la banconota è una di quelle usate per il riscatto e il numero di targa è quello di un veicolo appartenente a Richard Hauptmann, 35 anni, fuggito dieci anni prima dalla Germania perché accusato di rapina a mano armata.

In America si è sposato con una connazionale che gli ha dato un figlio. Da qualche mese l’uomo aveva lasciato il proprio lavoro di falegname per giocare in borsa. A casa sua, la polizia trova altri 14mila dollari in certificati aurei provenienti dal riscatto e scopre che aveva utilizzato una trave del soffitto per costruire la scaletta a pioli usata per il rapimento. Infine, la sua calligrafia è identica a quella delle lettere inviate ai Lindbergh.

Anche se nega tutto, la polizia non ha dubbi: è lui il rapitore e l’assassino del piccolo Charles Jr.
Il 13 febbraio 1935, in un tribunale assediato da 700 giornalisti, Richard Hauptmann viene condannato alla pena capitale. Il 3 aprile dell’anno successivo, continuando a proclamarsi innocente, il tedesco muore sulla sedia elettrica.
Già nel 1934 la scrittrice di gialli Agatha Christie aveva ucciso senza regolare processo il responsabile della morte del piccolo Charles Jr. nel celebre romanzo Assassinio sull’Orient Express.

Mentre in Europa si profila la minaccia di Adolf Hitler, Charles Lindbergh e sua moglie spendono la loro popolarità per la causa pacifista: secondo loro l’America non deve più combattere per salvare il mondo. Quando nel 1941 il Giappone attacca gli americani a Pearl Harbor, costringendo gli Stati Uniti a entrare nella Seconda guerra mondiale, i Lindbergh cadono in un discredito dal quale non si riprenderanno più. Charles dovrà umiliarsi insistendo per essere arruolato: alla fine parteciperà al conflitto come pilota facendosi onore.

L’aviatore muore dimenticato nel 1974 a 72 anni, la moglie Anne nel 2001 a 95 anni.

 

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Di Sauro Pennacchioli

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