Se chiedete a un fan di supereroi di elencare i suoi disegnatori preferiti, con tutta probabilità Carmine Infantino non verrà citato. Eppure, Infantino può essere a giusta ragione considerato uno dei più importanti artisti che abbiano popolato il mondo del fumetto. La sua figura si staglia come quella di un colosso del settore per la sua capacità di abbinare talento e professionalità, doti che lo portarono a diventare uno dei capisaldi dell’industria dei comics. Julius Schwartz, a lungo uno dei direttori della Dc Comics, di lui ebbe a dire: “Ogni giorno sedeva al tavolo e disegnava due tavole, sempre perfette”.

Carmine Infantino nasce a New York nel distretto “italiano” di Brooklyn il 24 maggio 1925. Il cognome ne tradisce le origini. Il papà, Pasquale “Patrick” Infantino, è un musicista nato a New York che, per sbarcare il lunario durante la grande depressione, si è riciclato come idraulico. Mamma Angela Rosa Della Badia arriva da Calitri, in provincia di Avellino.

Spinto da una naturale predisposizione al disegno, il piccolo Carmine fin dalla Junior High disegna personaggi dei fumetti come Little Orphan Annie e Dick Tracy. Questa vocazione lo porta a a iscriversi alla School of Industrial Art (che, in seguito, diventerà la prestigiosa “High School of Art and Design”), situata nel cuore di Manhattan.

Gli inizi della sua carriera fumettistica seguono un percorso classico: come parecchi altri della sua generazione, comincia come aiutante fantasma di disegnatori già affermati. Fortunatamente il mercato è in grande espansione e per riempire le numerose pagine dei loro albi gli editori pongono pochi paletti. Nel 1942, a 17 anni, con l’amico Frank Giacoia approda episodicamente su Jack Frost, un personaggio minore della Timely (la futura Marvel).

In quel periodo Carmine prova una forte attrazione per l’opera di Mort Meskin e, inevitabilmente, apprezza anche le opere di quei due geniacci che si chiamano Joe Simon & Jack Kirby. Studia anche artisti come Modigliani e Degas, dei quali apprezza la sintesi e l’apparente semplicità.


Dopo aver girovagato tra parecchi editori, nel 1946 il disegnatore Infantino e l’inchiostratore Giacoia presentano i loro lavori alla casa editrice All-American Pubblications, diretta da Max Gaines (padre di William della futura Ec Comics). Qui conoscono altri due “artistucoli” di belle speranze: Joe Kubert e Alex Toth. Proprio a questi imberbi ragazzotti viene commissionata una storia in tre parti (una per ciascuno) della Justice Society. Il direttore della All-American, Sheldon Mayer, ne resta favorevolmente colpito e mette Infantino al lavoro su Flash, Johnny Thunder, Green Lantern, Black Canary e The Ghost Patrol: personaggi non famosi come Superman e Batman della Detective Comics Inc, con la quale nello stesso anno la All-American si fonde dando vita alla National Comics Publications (futura National Periodical Publications e poi Dc Comics).


Questi primi lavori di Infantino sono piuttosto stilizzati, come piace a Sheldon Mayer che alla All-American ha chiamato gli artisti più anticonvenzionali. Ma una volta inglobati nella National e rimosso il geniale Mayer nel 1948, a Infantino e agli altri viene chiesto con sempre maggiore insistenza di essere più morbidi e realistici. Così, negli anni cinquanta, con il nuovo stile realizza dozzine di fumetti di fantascienza e western. Solo raramente si inchiostra da solo, come su Strange Adventures e, più tardi, su The Elongated Man (ispirato a Plastic Man). Quasi sempre, le sue matite vengono rifinite da bravi inchiostratori come Sid Greene, Joe Giella, Murphy Anderson e l’immancabile Frank Giacoia.


L’apice grafico arriva con il nuovo Flash (impersonato da Barry Allen) che debutta su Showcase n. 4 dell’ottobre 1956. L’evento, che rappresenta l’inizio del ritorno dei supereroi falcidiati dopo la Seconda guerra mondiale, è talmente importante che viene preso come punto d’inizio di una nuova fase storica del fumetto chiamata Silver Age. Carmine Infantino realizzerà le imprese del velocista scarlatto per la bellezza di 11 anni. Il disegno delle anatomie e le invenzioni per simulare la velocità diventano uno standard di riferimento per altri autori. Infantino si sbizzarrisce nella creazione di una vasta e variopinta galleria di supercriminali, da Capitan Boomerang e Gorilla Grodd.


Tra una storia e l’altra di The Flash, Infantino realizza anche un fumetto di fantascienza acclamato dalla critica: Adam Strange (al quale, però, non arriderà un pari successo commerciale). Ancora una volta, Infantino dà prova del suo talento addolcendo le linee in maniera elegante e raffinata: Alanna, compagna aliena di Adam, è ritenuta una delle più belle ragazze dei fumetti dell’epoca.


Quando, nel 1964, la National Periodical Publications (questo nome la casa editrice l’ha preso nel 1961) decide di tentare il rilancio di Batman, una delle sue icone in crisi diffusionale, il direttore Julius Schwartz toglie di mezzo Bob Kane, che fino a quel momento aveva curato graficamente il personaggio attraverso i propri collaboratori, per affidarlo a Infantino. Carmine nicchia, Il personaggio non gli piace più di tanto, ma per spirito aziendale accetta la sfida. Studia un nuovo look del Pipistrello e ne sfronda alcune caratteristiche che lo rendevano terribilmente retrò. Batman perde il fascino antico conferitogli da autori come Dick Sprang, ma così può iniziare a risalire la china presso il pubblico odierno. Successo assicurato, nel 1965, anche dalla serie di telefilm di Batman con Adam West.


Una nuova fase sta per cominciare nella vita e nella carriera dell’artista. Nel 1967 l’editore della National, vedendosi sopraffatto dalla concorrenza della Marvel, decide che solo Infantino, dopo la buona prova di Batman, potrà modernizzare l’intera casa editrice. Carmine Infantino viene così nominato direttore editoriale, in pratica ha lo stesso potere di Stan Lee nella Marvel.

Nelle nuove vesti di megadirettore, Infantino dà il via a una stagione di esperimenti: propone Bat-Lash, un fumetto western realizzato dall’altro paisà Nick “Viscardi” Cardy, assume Steve Ditko in fuga dalla Marvel dopo avere portato al successo l’Uomo Ragno e molti altri. I risultati sono interessanti dal punto di vista dei disegni, ma i testi deludono. Imperterrito, Infantino continua a sperimentare: sotto la sua guida, la National acquista Capitan Marvel dalla Fawcett e pubblica su licenza personaggi delle pulp come Tarzan (dandolo a Joe Kubert) e The Shadow (a Frank Robbins e Mike Kaluta).

La saga più rivoluzionaria viene scritta da Dennis O’Neil e disegnata da Neal Adams con la coppia di personaggi Green Lantern e Green Arrow, nella quale vengono proposti a fumetti i temi della Contestazione americana. Infantino si assicura anche la collaborazione di Jack Kirby, transfuga dalla Marvel dopo averla rifondata con Stan Lee. Kirby crea per la Dc molti personaggi interessanti anche se tutti poco fortunati, alcuni li inserisce nella saga del Quarto Mondo. In seguito “importa” numerosi disegnatori filippini: Nestor Redondo, Alfredo Alcala, Alex Nino e altri ancora.

Per sua sfortuna, Infantino si trova in mezzo a una grave crisi del fumetto provocata dalla Marvel, che dal 1968 moltiplica il numero dei comic book, subito seguita dalla Dc. La distribuzione in edicola non riesce a stare dietro a tutti questi albetti di 32 pagine, venduti a poco prezzo, e inizia il caos che verrà domato solo una decina di anni dopo da Jim Shooter appoggiandosi alle fumetterie.

Nel 1973, sotto la direzione di Carmine Infantino, tutti gli albi della Dc Comics passarono da 32 pagine a 96, con una storia nuova e il resto ristampe

 

Le vendite scendono ai minimi storici e le major traballano, anche se la Marvel mantiene il primato raggiunto nella seconda metà degli anni sessanta. In quel periodo oscuro, conosciuto come “Dc Implosion”, decine di testate cadono vittima della guerra dei numeri. Infantino ha commesso diversi errori, come quello di avere portato tutte le testate a 100 pagine, riempiendole di ristampe degli anni cinquanta e quaranta (una gioia per i fumettofili, uno “schifo” per i lettori tradizionali), e per avere lanciato una miriade di personaggi dalla vita effimera a causa dei testi modesti.


Infine, nel 1976, i vertici della Dc non possono fare altro che licenziare Infantino per mettere una manager al suo posto: Janette Kahn. Il ricambio gioverà alla casa editrice che, seguendo le orme di Shooter alla Marvel, risalirà la china.

In seguito, Carmine Infantino disegna per testate Marvel come Star Wars (basato sul celebre film di George Lucas), Nova e Spider Woman. Il suo segno si è modificato, perdendo la fluidità degli anni sessanta e diventando come sfilacciato. E gli inchiostratori che gli vengono affiancati non sono adatti per “compattare” il suo stile, come quelli di un tempo. Il successivo ritorno alla Dc sarà abbastanza malinconico. Infantino si limiterà a qualche storia del suo Flash e di alcuni personaggi secondari, fino al momento della pensione.

Il 4 aprile del 2013, Carmine abbandona il palcoscenico della vita lasciando in eredità a noi lettori un patrimonio di opere che hanno contribuito alla storia del fumetto. Non male per un ragazzino che imbrattava fogli con i suoi scarabocchi.

 

 

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3 pensiero su “CARMINE INFANTINO HA RIVOLUZIONATO LA DC COMICS”
  1. Vidi la prima volta il muso di Carmine Infantino – ricordo che pensai ad uno di quei giornalisti dei films americani dove si fermano le rotative per pubblicare un pezzo che fermerà un potente, magari un presidente – nella seconda di copertina del maxi albo con la sfida tra Supes e Spidey ( 1976 ). Lo schema su come disegnare Flash era nei “contenuti speciali ” di un albo che ristampava un paio di gare di velocità tra Supes e Flash.
    Ho letto parecchie delle sue storie anni settantissima per la Casa delle Idee – Nova , Daredevil inchiostrato da Klaus Janson e naturalmente la sua Spider Woman – e ho a casa alcuni Essentials ( ho così scoperto che ha disegnato persino Howard The Duck ) ed un volumetto Comic Art con due storie di Carmine al lavoro sul Ghost Rider della prima serie e un paio di ristampe di Star Wars con i suoi disegni al servizio di Han Solo e della principessa Leia. Adoravo il modo in cui “schiacciava la prospettiva e muoveva i suoi personaggi spigolosi. A me piace anche il suo Deadman da cui si evince che stava già andando in quella direzione nella seconda metà dei sixties. Se fossero tradotte da noi in volumetto le storie di Dial H for Hero ( praticamente un antenato di Ben 10 ) le comprerei. Aveva occhio e mano da designer. Se non avesse dovuto piegare il suo stile al mood anni sessanta e riempire tavole e tavole di linee morbide e testoni, avrebbe portato Saul Bass nei comics. Davvero un grande.

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