Certo, Stephen King regista non è allo stesso livello dello scrittore. Però l’autore del Maine è figlio degli Ec Comics, gli ironici fumetti horror dei primi anni cinquanta e quando si è ritrovato a fare il regista di un film, intitolato Brivido (Maximum Overdrive, 1986), deve essersi ricordato di quello spirito beffardo.

Il film Brivido è un figlio pazzo del Duel di Steven Spielberg, del quale non ha la stessa tensione e in compenso è pieno di assurdità. Ma forse proprio per questo è invecchiato egregiamente.

BRIVIDO CON STEPHEN KING REGISTA

Già l’inizio del film, con Stephen King in carne e ossa che viene insultato da un bancomat, fa capire lo spirito dell’operazione.
I primi sei minuti sono pieni di esplosioni e cadaveri, in particolare la scena del ponte levatoio è da antologia. Il livello di turpiloquio, poi, non è da fascia protetta, dato che ci sono persino dei bestemmioni.

Pare che Brivido sia nato per una scommessa tra Stephen King e George Romero, dopo che il primo disse al re degli zombi che fare il regista non deve essere tutto ‘sto gran sbattimento.

Forse proprio per questo Brivido / Maximum Overdrive richiama in alcune cose La notte dei morti viventi di Romero. L’assedio, gli sposini e l’antipaticissimo gestore della stazione di servizio, per esempio.
Il fatto che il film sia stato prodotto da Dino De Laurentiis, secondo me, ha anche ampliato lo spirito caciarone.

BRIVIDO CON STEPHEN KING REGISTA

Il rimando alla Notte dei morti viventi si ha anche nel modo in cui le macchine diventano vive e assassine, attraverso l’espediente della cometa portatrice di sventura.
Naturalmente il pretesto, per quanto debole, della cometa che crea lo scompiglio è pensato solo per dare una qualche giustificazione alla trama.

Insomma, a causa del passaggio di questa iattura astrale tutti i marchingegni della Terra diventano “senzienti” e iniziano la mattanza: falciatrici, auto, cuffie audio, distributori automatici e videogame si mettono allegramente a uccidere le persone.

Rivedendo Brivido in Dvd ho pensato che negli anni ottanta eravamo ancora nella preistoria tecnologica, un remake ambientato ai giorni nostri, che sarebbe da auspicare, riuscirebbe ancora più divertente con i gingilli elettronici che ci sono in giro adesso. Per esempio, tutti fulminati all’istante dallo smartphone senza possibilità di fuga.

La colonna sonora degli Ac/Dc fa correre il film come i tir che imperversano negli States.
Il Dixie Boy Truck Stop, la stazione di servizio dove si svolge quasi tutto il film sembra il Mel’s Restaurant del telefilm di Alice.

Vedere i tipici camionisti americani combattere contro i loro bestioni assettati di gasolio, capeggiati da un gigante di lamiera con la maschera del Green Goblin della Marvel, rende la pellicola pastosa come l’olio motore di una Fiat Duna.

La Flo di Alice della situazione, la cameriera che mentre lavora riceve i complimenti più pesanti mai sentiti in tv, si ribella alle macchine ribelli e prova persino a cazziarle: “Vi abbiamo fatti noi! Non potete farci questo!”, finendo crivellata dai colpi di una mitragliatrice.

Un film che ci fa comprendere il duro mestiere del benzinaio, che in una vecchia classifica di una rivista italiana era considerato il peggiore degli impieghi possibili, e che ci mostra come in America nessuno possa sentirsi tranquillo perché anche i gestori di un autogrill possono avere in cantina un bazooka e alcune bombe a mano.

Il film non lesina “colpi di scena” impensabili per il cinema moderno, come vedere ragazzini che giocano a baseball piallati da una schiacciasassi o ferocemente bersagliati da lattine di Coca Cola.
Ah, gli anni ottanta, quando i teenager dicevano un sacco di parolacce e non restavano traumatizzati dai paginoni centrali di Playboy.

Del resto il target dei film horror è sempre stato quello dei bambocci: chi di noi a dodici anni non ha visto una videocassetta vietata ai minori divertendosi da matti con gli amici?

Questo era il film perfetto per quel genere di serate con sigarette, birretta e patatine “Più gusto”.

 

 

 

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