BOMBOLO, LA PRIMA VOLTA DI BRACCIO DI FERRO IN ITALIA

Bombolo, edito dalla Saev di Lotario Vecchi, è un giornalino creato per occupare il settore di mercato dei settimanali umoristici dopo il travolgente successo di Jumbo (dicembre 1932). Tra le sue pagine avviene l’esordio italiano di Braccio di Ferro.

Al capostipite Jumbo, Vecchi affianca, oltre a Bombolo, Tigre Tino e Primarosa. E in seguito L’Audace. Ma Bombolo è assai tirato via: all’inizio pubblica solo materiale inglese di risulta, stampando su carta riciclata dalla Gazzetta dello Sport (almeno così pare), in un triste bianco e nero e con inchiostri pessimi. Solo oggi, ai nostri occhi malati di collezionisti, la pubblicazione appare fascinosa: all’epoca faceva quasi schifo e non ebbe alcun successo. Pensate che il 14 ottobre del 1934 uscì il n. 1 de L’Avventuroso di Nerbini, con Flash Gordon

A un certo punto, come vedremo, Bombolo cambia nome in Cine Comico.
Queste sono le prime pagine del n. 1 e del n. 102, l’ultimo della serie.

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Ho lasciato più o meno così come sono i colori della carta e degli inchiostri di questi primi esempi, per dare un’idea della realtà “fisica” del giornalino. Per quelli che seguiranno, ho applicato un filtro di contrasto, in modo da rendere le immagini più leggibili.

Ecco la pagina 8 e un particolare del paginone centrale del n. 1 (ovvero le pagine 4/5).

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Altre pagine dei primi Bombolo.

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I fumetti di Stanlio e Ollio

Il fumetto umoristico inglese dalla fine dell’Ottocento agli anni trenta del Novecento ha un suo fascino particolare. Ebbe la “sfortuna” di approdare in Italia pochi mesi prima dello stravolgimento estetico-emotivo causato da Flash Gordon, Mandrake e compagni, nel 1934-1935, e quindi apparve invecchiato di colpo. Inoltre, le lunghe didascalie in testo, quasi sempre superflue, ne appesantivano la lettura in modo insopportabile. In Gran Bretagna, quel modulo espressivo sopravvisse a lungo, ben oltre la Seconda guerra mondiale. Aveva la grazia un po’ perversa delle cose immutabili, ma alcune serie, come quelle che vi propongo, appaiono ancora oggi sorprendentemente “moderne”.

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Azzardo che Bombolo e Stinchi sia da identificare con la serie Little Willie and Tiny Tim, una derivazione dei classici Weary Willie and Tired Tim creati nel 1896 da Tom Browne per “Illustrated Chips”. Negli anni trenta entrambe le serie erano disegnate da Percy Cocking. O, almeno, così si evince da 100 anni 100 eroi – Il Fumetto inglese di Denis Gifford, pubblicato nel novembre 1975 come n. 21 della rivista Comics, organo dell’allora Salone dei Comics di Lucca.

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I grandi film illustrati è una delle prime opere di Carlo Cossio, membro di un terzetto familiare che realizzava gran parte del fumetto italiano tra le due guerre.
La Saev di Lotario Vecchi fu, negli anni Trenta, la vera incubatrice del fumetto italiano: ebbero lì i loro natali artistici non solo Carlo Cossio, ma anche Gianluigi Bonelli, per dire. Il tratto di Cossio è già maturo sul numero 18 di “Bombolo”, in queste parodie dei grandi successi di Greta Garbo (qui Grata Gherbo, poi riprenderà il suo nome originale).

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Wallà Peri è Wallace Beery, gran divo della Hollywood anni trenta, ispiratore di Pietro Gambadilegno. Era uso comune, all’epoca, storpiare, italianizzandoli, i nomi dei divi, con gustose varianti regionali. A Firenze, Spencer Tracy era Spezza Trenci, dove il trenci era il cappotto britannico, il trench.

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Laurel e Hardy di George W. Wakefield imperversano un po’ in tutti i numeri di Bombolo, e in occasione del successo del film Fra’ Diavolo (The Devil’s Brother, 1933) occupano la copertina con un potente “strillo”.

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Bombolo diventa Cine Comico

Con il n. 41, Bombolo cambia nome in Cine Comico. Dopo l’esordio italiano dei comics Usa del King Features Syndicate (ottobre 1934), i fumetti inglesi diventano di colpo roba della nonna. Così anche la Saev cerca di entrare nel nuovo mercato: lo fa soprattutto con L’Audace, che diventa un clone, sia pure originale, de L’avventuroso. Ma anche Bombolo non sfugge alla rivoluzione estetica e di contenuti. Vecchi, per la nostra fortuna postuma di appassionati e ricercatori, deve “accontentarsi” di fumetti forse minori, ma di enorme interesse sia storico che artistico. Le serie americane più popolari, infatti, sono state già accaparrate da Nerbini e Mondadori. I redattori, peraltro, non rinnegano gli italiani e salvano anche qualche inglese.

Il nuovo e policromo Cine Comico appare nelle edicole il 28 marzo del 1935: sempre di grandissimo formato, ma con ben dieci pagine invece delle otto di Bombolo. Vi propongo la parte sostanziale del menabò del fatidico numero 41, omettendo i racconti in testo e le rubriche “scritte”.

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In prima pagina troviamo Boob McNutt di Rube Goldberg. L’autore appartiene alla stessa scuola di Elzie C. Segar, ovvero alla seconda generazione del “pupazzettismo avventuroso” americano. Il tratto stilistico comune è una notevole carica satirica, con un segno popolaresco un po’ “sporco”. Le lontane origini di questo stile si trovano in George Herriman (Krazy Kat), le estreme propaggini in Robert Crumb e un po’ in tutto l’underground statunitense degli anni sessanta, fino ad Art Spiegelman. Ma se ne avverte la forte influenza anche nei disneyani Floyd Gottfredson e Carl Barks.

Cine Comico propone una lunga serie di tavole domenicali di Boob McNutt, con un robusto plot avventuroso che somiglia a un trip lisergico avanti tempo… Su Cine Comico possiamo ammirarle addirittura con i colori originali delle sundays!

Boob McNutt, chiamato Bob Mac Tutt (ma sarà anche noto come Bob Spaccatutto), accompagnerà Cine Comico fin quasi alla fine.

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Cine comico pesta forte sul pedale dello sport, alla ricerca di consensi, e nel 1935 Peppino Meazza è l’indiscusso campione, il primo divo “moderno” degli stadi. Pey (?) se ne occupa a modo suo, con una tavola ancora decisamente arcaica come concezione: se ancora reggeva con gli inglesi, il confronto con gli americani, a questo punto, è improponibile.

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Ecco un altro appartenente alla sopraddetta scuola “segariana”: Milt Gross, autore quasi dimenticato ma di grandissima importanza storica e di grande valore artistico. Il suo è un umorismo quasi schizoide, che anticipa il cinema di animazione postbellico della Warner Bros., tipo Daffy Duck o Wile E. Coyote. Non si tratta certo di un caso, visto che Milt Gross fu un pioniere dei cartoni animati, dirigendone poi due a fine carriera per la Mgm. Sinfonie stonate è il titolo italiano della sua serie Dave’s Delicatessen.

Anche per Carlo Cossio, il confronto con i grandi comics americani si rivela (almeno per ora) impietoso. Ma in pochi anni gli autori italiani sapranno, almeno in parte, adeguarsi al nuovo linguaggio.

Gli inglesi sul nuovo Cine Comico sono rappresentati da una sola serie: ma, a differenza di quelle pubblicate precedentemente, si tratta di una storia “avventurosa”, come quelle pubblicate su Jumbo: è Il corsaro di quindici anni (Blackbeard the Pirate) di John McCail.

Dulcis in fundo, la prima apparizione italiana di Braccio di Ferro, che secondo una pubblicità uscita in precedenza avrebbe dovuto chiamarsi Schiffìo (un sicilianismo? “Qui a schiffio finisce…”?).

Popeye era una carta tanto valida da farci ruotare intorno tutto il settimanale, magari titolo compreso. Con i fumetti di cui sopra come contorno, forse il destino di Cine Comico sarebbe stato ben diverso. Ma, si sa, del senno di poi…

 

Come non sfruttare il carisma di Braccio di Ferro

Dal numero 41 al n. 62, Cine Comico cammina senza scosse, ma anche senza minimamente sfruttare i tesori che ha a disposizione: a oltre settant’anni di distanza, e con quel che è accaduto nel frattempo, ci sembra impossibile che molte prime pagine, se non quasi tutte, siano dedicate alle ormai arcaiche storielle di Carlo Cossio e colleghi, quando c’erano a disposizione Elzie Segar e Milt Gross.

Il teatro dei bei tipi (Popeye) e Bob al paese dei fenomeni (Boob NacNutt) si alternano in ultima pagina, quando non vengono relegati all’interno:

Da notare che Bombolo – Cine Comico varia spesso la grafica della testata. Credo proprio che l’autore di questi gioiellini di pop art fosse l’onnipresente Carlo Cossio, che del resto, sempre nel 1935, disegna (e firma) la strepitosa testata de L’Audace, per un periodo inspiegabilmente breve.

Ecco come varia la grafica di “copertina” con il numero 45 del 25 aprile 1935.

Pey, che Luca Boschi identifica in Zenobio Baggioli, si ispira forse alla visualizzazione delle metafore di Attilio Mussino (Bilbolbul) per questa simpatica tavola sportiva, stavolta dedicata al ciclismo.

Del resto, la primavera del 1935 è stagione del Giro d’Italia, allora più popolare di oggi.

Benché il calcio abbia più spesso l’onore dell’apertura.

Più convincente è Carlo Cossio in Arlecchino nella Luna, commistione favolistico-sportiva che è forse la prima continuity italiana di Vecchi. La prima puntata è incentrata sul grande calciatore Giuseppe Meazza.

Una canzonetta di allora diceva:

La donzelletta vien dalla campagna

Leggendo la Gazzetta dello sport

E come ogni ragazza lei va pazza per Meazza

Che fa reti a ritmo di fox trot…

Gli altri campioni sono il pugile Primo Carnera, orgoglio del regime. Su Cine Comico appaiono anche Tazio Nuvolari, Achille Varzi e altri assi del volante.

Solo una volta, Milt Gross ha l’onore della prima e dell’ultima pagina, mentre Braccio di Ferro mai.

Non riesco a trovare, per quante ricerche abbia fatto nei miei scaffali, dove è stato pubblicato un articolo di Alfredo Castelli che parlava di una striscia di Carnera disegnata da… Carnera! Che sia quella del numero che segue? Non mi pare che sia attribuibile a Cossio.

Con il n. 53 del 20 giugno 1935, tornano, in prima pagina, le serie inglesi, e ciò benché Boob MacNutt sia sempre in forza a Cine Comico. Perché questa scelta autolesionista? Mistero.

Solo alla fine, quando gli scoraggianti dati di vendita non lasciano scampo, si decide di utilizzare Bob come attrazione principale. Non Popeye, e questo è davvero imperdonabile. Il marinaio di Segar, anzi, appare a singhiozzo e dopo il n. 64, inspiegabilmente, scompare. Lo ritroveremo nel 1938 su Jumbo, prima che tutti i fumetti Kfs della Saev passino in blocco a Mondadori, che li pubblicherà su Paperino e su Topolino.

Con il n. 63, Cine Comico viene ridimensionato, sia nel formato (dimezzato) che nei contenuti. Rimane, fino al n. 84, Boob Mac Nutt; appare anche qualcosa di nuovo, come Laura, topper di Felix The Cat di Pat Sullivan (Otto Messmer), e ancora Billo Billo di Goldberg.

Per le restanti uscite, va sempre peggio, fino a cose veramente tristi, quasi imbarazzanti.

Comunque la mia collezione di Bombolo – Cine Comico corre ininterrotta fino al n. 62; dei fascicoli successivi, in piccolo formato, ho solo una manciata di numeri, compreso il solo “guscio” dell’ultimo, il 102.

La storia finisce qui, con questo malinconico trafiletto:

Considerazioni finali

La collezione di Bombolo – Cine Comico è di straordinaria rarità. D’altronde non è neanche di gran valore collezionistico, visto il mercato di “nicchia nella nicchia” di queste testate. Però è certamente, quanto meno per quanto riguarda Cine Comico, di enorme interesse storico e artistico. Un indice sicuro al 100% è ancora impossibile, perché anche mettendo insieme le fumettoteche di ben tre collezionisti, non si ottiene una collezione veramente completa.

 

(Potete leggere QUI gli articoli di Giornale POP dedicati ai fumetti pubblicati in Italia negli anni trenta e quaranta).

4 pensiero su “BOMBOLO, LA PRIMA VOLTA DI BRACCIO DI FERRO IN ITALIA”
  1. Boh!?
    Così veniva spacciata, ma non si è mai accertato.
    Tutte le poche strisce che ho visto io sono incredibilmente opera di un disegnatore esperto (falsamente primitivo), ma, per quanto possa dubitare, la firma somiglia davvero molto a quella autografa del campione vista su altre sue carte.

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