Black Death: The Series, progetto cinematografico attualmente in fase di pre-produzione, basato su una sceneggiatura di Paola Barbato (Dylan Dog, UT), è tratto dalla serie a fumetti Black Death edita da Edizioni Inkiostro di Rossano Piccioni, editore noto per avere dato vita a The Cannibal Family.

Il progetto cinematografico, tratto dalla serie di Andrea Gallo Lassere, è prodotto da Marco Milone; e diretto da Luca Canale Brucculeri, attore, sceneggiatore e regista, con all’attivo cortometraggi di genere horror e al timone del primo progetto di ampia portata.

Facciamo quattro chiacchiere sul film con Marco Milone, Andrea Gallo Lassere, Simona Simone e Carmela Sorrentino.

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Marco Milone, perché produrre un “cinecomic” italiano?
Ho conosciuto Luca seguendo la webserie “Untold – the series”, che ha subito catturato la mia curiosità, essendo sempre attendo alla rimodulazione del cinema muto secondo i codici espressivi più moderni.
Luca, quale sceneggiatore, affrontava un’importante sfida con questa serie di cortometraggi fiabeschi.
Da allora siamo rimasti in contatto, sia per scambi culturali, sia per la collaborazione con il blog cinema sperimentale, e ho seguito attentamente i suoi lavori registici, rimanendo affascinato dalla sua attenzione al dettaglio scenico e dal taglio fotografico, soprattutto con U 235.
Quando Luca mi ha raccontato di essere in contatto con Andrea Gallo Lassere, sapendo delle mie ambizioni come produttore, ho colto delle potenzialità nella combinazione di un regista di grandi potenzialità, ancora a inizio carriera, con cui costruire un possibile sodalizio futuro, e uno dei pochi fumetti italiani che sta contribuendo alla rinascita della nona arte. Lassere riprende temi ormai classici e obsoleti nel genere horror, ma riesce a conferire nuova vitalità: personaggi apparentemente stereotipati rivelano una profondità psicologica che li fa apparire come reali in poche battute.
Le mie perplessità sono state di carattere personale e tecnico: da un lato stavo già seguendo come co-produttore il lungometraggio Revengeance di Bill Plymptoon, e come assistente alla produzione la serie tv Zero Journey (ancora in fase di produzione) di Nate McDonald, e non volevo imbarcarmi su troppi progetti in simultanea; dall’altro vedevo delle possibili difficoltà di adattamento cinematografico, che invece sono state abilmente superate grazie a Paola Barbato che ha fatto un ottimo lavoro con la sceneggiatura del pilota.
E poi, soprattutto ora che Barbara Adriano (una delle tre socie di Filmika, la società di produzione che gestirà la parte tecnica) ha vinto al Festival di Venezia col suo documentario Rhapsody in June, e che vedo conferma del mio giudizio positivo nell’accoglienza della stampa e del pubblico nel seguirci già in fase di pre-produzione, ho la conferma che dare fiducia a Luca e Black Death: the Series è stata la scelta corretta.

Andrea Gallo Lassere, come ci si trova a vedere il proprio fumetto diventare un film?
A livello creativo e filosofico, i personaggi di Black Death sono sempre stati per me reali e vivi, tanto che a un certo punto non sono più riuscito a separarmene.
Nelle loro storie, li ho trattati bene e molte volte male; ed è proprio in quel male che a un certo punto ho pensato: “Un giorno diventeranno sul serio reali e verranno a farmela pagare!”.
Ora che a livello professionale sta succedendo per davvero, sarò già pronto psicologicamente, ma fin da subito soddisfatto ed entusiasta nel poterli vedere a breve interpretati da attori veri che si caleranno nei loro panni e pensieri.
Jack Franky e Maelle sono un tornado unico e inarrestabile, e Luca avrà il suo gran da fare per tenerli a bada. Ma sono sicuro che ci riuscirà, perché la sua professionalità e passione per il fumetto saranno armi altrettanto potenti.

12571-black-death-4-copertina-biancaSimona Simone, tu hai disegnato il quarto numero di Black Death; come pensi si trasportino i personaggi dalla pagina allo schermo?
Sono partita necessariamente dagli studi realizzati per gli episodi che ho disegnato per Black Death, pubblicati da Edizioni Inkiostro, e ho subito cercato di unire due aspetti essenziali: il mio istinto, mosso da gusto estetico ed esperienza professionale, e le richieste di Luca (Canale Brucculeri).
Avevamo la necessità di mantenere l’identità di Jack e Maelle innanzitutto, ma anche di renderli più accattivanti e originali. Per far ciò, ho mantenuto alcuni punti fondamentali, come ad esempio la stampa dedicata agli AC/DC per Maelle, o il chiodo in ecopelle per Jack ma, al contempo, ho giocato molto sui dettagli, aggiunto accessori o creato asimmetrie che potessero dare ai personaggi maggior riconoscibilità.
Devo ammettere che un ruolo fondamentale lo ha giocato anche il mio gusto personale, fortunatamente in assoluta sintonia con quello di Luca. Anche per questo motivo non mancano riadattamenti piuttosto complessi, come quelli che vedrete sull’antagonista e… beh, seguiteci e lo scoprirete…

Carmela Sorrentino, tu sei la grafica di Black Death: The Series, ci spieghi come si ricrea il logo della serie a fumetti per farlo diventare “tridimensionale”?
Progettare un logo è già di per sé un processo molto complicato. Il logo è un simbolo il cui scopo è quello di convogliare in sé l’identità e lo spirito di un prodotto, un’azienda o un concetto, con la maggior energia possibile. Non deve solo essere identificabile e semplice da leggere; deve assolvere anche un compito delicato e difficile: mettere in collegamento un prodotto con i suoi potenziali destinatari in maniera chiara ed immediata.
Per questo, realizzare un nuovo logo per Black Death: The Series è stata una bella sfida. In questo caso, entra in gioco un’altra grande responsabilità: quella di non deludere i fan ormai legati all’immagine del fumetto. Così, dopo una ricerca approfondita sul mondo di Black Death e dopo varie proposte, si è arrivati al logo definitivo.
Luca Canale Brucculeri, regista della serie di Black Death, mi ha chiesto di ricrearlo con uno stile maggiormente cinematografico, tenendo conto di un concetto fondamentale: “Il Black Death è una sostanza gelatinosa e oscura.” Ed è proprio da questo concetto che deriva l’uso di un liquido nero che scorre sulla superficie metallica di una font lineare.
Il risultato è un logo di forte impatto e innovativo che mantiene però invariata la vera essenza del fumetto.

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