Questa è la storia di Baistrocchi e Oxilia, due goliardi che hanno innovato il mondo dello spettacolo prima di sprofondare nell’inferno della Grande guerra…

Angelo (Nino) Oxilia nasce a Torino il 13 novembre 1889. La sua famiglia è di origine ligure di Loano, suo padre è capufficio in una agenzia di assicurazioni. Dimostrando un precoce ingegno letterario, pubblica la prima poesia a diciassette anni. Nel 1909 raccoglie le sue composizioni nel libretto Canti brevi ed è già conosciuto come appartenente alla corrente dei crepuscolari come Gozzano, Corazzini, Novaro, che si oppongono alla retorica di D’Annunzio.

Iscritto alla facoltà di giurisprudenza, scrive la canzone Il Commiato, musicata dall’amico Blanc, che nel dopoguerra perderà il significato amoroso e nostalgico originario, e diventerà l’inno politico Giovinezza usato dal regime.

Oxilia si congeda dalla sartina dopo la laurea: la canzone che diventerà l’inno “Giovinezza

Anche Mario Baistrocchi è uno studente di giurisprudenza, nato a Buenos Aires il 18 febbraio 1892. La sua famiglia è originaria di Parma, e il padre Ettore è un luminare della medicina, che ha valorizzato le terme di Salsomaggiore. Forse in opposizione al padre, Mario sceglie Genova come sua sede e si impegna nelle associazioni studentesche diventando, per il suo carisma, la sua prestanza fisica e le sue capacità di organizzatore, presidente dell’Associazione Genovese Universitaria.

Tra le numerose iniziative di questa associazione, che era il sodalizio studentesco ufficialmente riconosciuto e sponsorizzato dal rettorato, c’era anche lo spettacolo. Baistrocchi riesce a muovere uomini e soldi, mette in scena un centinaio di studenti-attori, trova la disponibilità del teatro Paganini di via Caffaro e mette in scena una  indiavolata rivista scritta da Morici, Paltrinieri e Di Franco, dal titolo L’allegra brigata.

Il debutto del 6 aprile 1913  è un grande successo, recensito favorevolmente dai giornali e lodato  dal rettore, Antonio Maragliano, che sollecita gli studenti a proseguire la brillante iniziativa. Baistrocchi non si fa pregare e l’anno successivo organizza e mette in scena Cercando la via, scritta dallo studente in giurisprudenza Sandro Canessa, e dal futuro ingegnere Bruno Gallingani. Quattro repliche dal 6 al 9 maggio 1914 al Politeama Genovese, che confermano la vocazione di Baistrocchi come regista teatrale e gli meritano il soprannome di “impresario americano” per la verve e la forza di innovazione che mette nelle sue iniziative.

Oxilia entra nel teatro per merito del suo amico Sandro Camasio, veronese residente a Torino. Con lui e con il cuneese Nino Berrini scrive una buona imitazione delle riviste satiriche di Renato Simoni, che erano il Bagaglino di quei tempi. Dall’8 al 13 marzo 1912 il fecondo trio mette in scena al teatro Chiarella di Torino Cose dell’altro mondo, pure questa recitata e danzata da studenti (qui sono addirittura 140). In tre atti e quattro quadri vengono satireggiati Giolitti (Cirano di Dronerac), il capo dei socialisti Filippo Turati (Sturati), Il letterato Francesco Pastonchi (Panfresco Panfronchi), il librettista di opere Arrigo Boito (Arrigo Arboito), il commediografo Sem Benelli (Ben Semelli). Ma personaggi guida sono le celebrità defunte, provenienti  dall’”altro mondo”, che tornano provvisoriamente a vivere scontrandosi con le celebrità attuali. Dante Alighieri, per esempio, finiva con il fare da maggiordomo a Gabriele D’Annunzio, scoprendone le meschinità come il plagio delle opere letterarie altrui, saccheggiate a suo vantaggio dallo spregiudicato letterato di inizio secolo.

“Quando a D’Annunzio scrissi: avrei bisogno/di un’ode sul Brasile: figlio caro/ -Ei rispose- manda del danaro/ Che l’ode mia magnifica sarà !/ Io dieci mila lire/ Gli mandai lesto lesto/ Perché facesse presto/ L’ode promessa – a partorire./ Ma l’ode non veniva…/ Già un anno era passato/ Ebbi un’altra missiva:/ Mandami un auto “porto pagato”/ Così l’ode divina/ con la benzina – s’infiammerà !// Spedito ho l’automobile al poeta/ Ma dopo un mese ei volle altro denaro/ Io lo mandai scrivendo: “Figlio caro/ L’ode assai bella deve essere già !”/ Pensai che se la lira/ Sua si fosse guasta/ Tra tutte le mie lire/ Ei forse un’altra – ne avrà trovata. L’ode non venne…. basta !/ Gridai – Mi turlupina…./ Riman la Capponcina/ Senza indugiare mettiamola all’asta !/ Perciò sono venuto/ Lira e liuto – si venderà”.

La Capponcina era la lussuosa villa di D’Annunzio, presso Prato.

Ma il grande successo verrà per Oxilia e Camasio con Addio giovinezza, che ha debuttato nel 1911, e negli anni seguenti viene portata in tournée in tutta Italia con crescente fortuna. Oxilia ha idealizzato la vita degli studenti che abitano in camere d’affitto con pochissimi soldi in tasca.

BAISTROCCHI E OXILIA, VITE PARALLELE DI DUE GOLIARDI
Gli attori di “Addio Giovinezza” nel 1940, a sinistra Maria Denis, Adriano Rimoldi, Carlo Campanini, Carlo Minello, Bianca della Corte


Uno studente di medicina, Mario, si innamora di Dorina, figlia della affittacamere e “caterinetta”, cioè apprendista sarta. L’amore romantico dura fino alla laurea. Mario deve lasciare Dorina perché diventerà medico condotto, e con lei dà l’addio alla propria gioventù. Questa vicenda era già stata narrata nel 1902 dal tedesco Meyer Foerster, che aveva descritto l’amore e la forzata separazione di un principe con la figlia di un oste nella città universitaria di Heidelberg, il titolo era appunto Il Principe studente. Come fu per questa piéce, Addio giovinezza verrà trasformata in operetta dal maestro Pietri nel 1915, poi in film nel 1913, 1927, 1940 e in sceneggiati televisivi nel dopoguerra. Vittorio Gassmann debuttò nel teatro nel 1942 proprio interpretando il personaggio di Mario.

BAISTROCCHI E OXILIA, VITE PARALLELE DI DUE GOLIARDI
Dal film “Addio Giovinezza”. Scena del battesimo delle matricole nel cortile dell’università di Torino in via Po

La coppia Oxilia-Camasio si fa conoscere anche con la commedia La zingara, ma nel 1913 Camasio muore prematuramente, e l’ultima commedia, La donna allo specchio, Oxilia la scriverà da solo. Non ne fa altre perché viene assorbito dal cinema (muto e in bianco e nero), che a Torino ha in quegli anni la sua Hollywood italiana per merito del produttore Ambrosio. Come regista dirige otto film tra il 1913 e il 1915, tra questi Il cadavere vivente, Il velo di Iside, Sangue blu, Rapsodia satanica.

Intanto, nell’estate del 1914 è scoppiata la Prima guerra mondiale. L’Italia è incerta della sua entrata in campo e bisogna scegliere tra un’alleanza con Austria e Germania o con Francia e Inghilterra. Ma nel paese si fa largo il movimento irredentista, che vuole la guerra contro l’Austria per la riunione alla madrepatria di Trento e Trieste. Di questa opinione si fa interprete furbescamente Gabriele D’Annunzio, in quel tempo “esiliato” dall’Italia per debiti. Con una serie di discorsi pubblici incita alla discesa in campo dell’Italia contro l’Impero austro-ungarico, come compimento del risorgimento.

Il discorso guerresco di Gabriele D’Annunzio all’inaugurazione del monumento ai mille a Quarto


Ai primi di maggio del 1915 D’Annunzio inaugura il monumento sul punto d’imbarco dei garibaldini a Quarto (statue orribili, con un Garibaldi nudo e obeso, più i garibaldini e la vittoria alata che sembrano usciti da un girone infernale dantesco), ed esalta l’infatuazione bellica con roboanti parole. Purtroppo gli studenti abboccano all’inganno e Mario Baistrocchi come presidente dell’Agu, risponde subito al poeta dichiarando che la gioventù è pronta a combattere. Lui e molti altri studenti si arruolano volontari subito dopo la dichiarazione di guerra del 24 maggio. Baistrocchi, volendo essere un vero combattente, passa dai genieri ai granatieri e partecipa alla guerra di trincea, durante la quale viene ferito e merita la medaglia di bronzo più la promozione a tenente.

Nino Oxilia non apprezza D’Annunzio, come abbiamo visto nella rivista Cose dell’altro mondo. Nella sua ultima raccolta di poesie, Gli Orti, si riferisce al poeta “immaginifico” con compatimento: “Esalta in voli pindarici/ ariete e daga e scudo/ ma gli fan male a cena/ i pomodori con i cetrioli/ madonna mia che pena/ se l’uomo dotto camminasse nudo!”.

Da buon patriota, Oxilia si arruola pure lui e diventa ufficiale di artiglieria. Gli stati maggiori non gli affidano comandi di truppe, ma sfruttando le sue capacità gli fanno produrre film documentari e propagandistici sul funzionamento dei corpi militari e delle navi da guerra. Poca di questa pelliccola è rimasta oggi nelle cineteche del Ministero della difesa, ma la tecnica della ripresa e del racconto per immagini è ancor oggi ammirevole.

Da sinistra: Mario Baistrocchi e Nino Oxilia sul fronte della Grande guerra


Alla fine di ottobre del 1917 l’esercito italiano subisce un grave rovescio con la rottura del fronte a Caporetto e l’obbligata ritirata sul fiume Piave. Mario Baistrocchi si trova sull’altopiano della Bainsizza presso Gorizia. Riceve l’ordine di resistere e contrattaccare a oltranza, questo esegue fino al 31 ottobre, quando lui e buona parte dei suoi uomini vengono uccisi. Il sacrificio non è inutile, poiché la terza armata italiana ha così il tempo di disimpegnarsi, ritirarsi in ordine e rischierarsi sul Piave pronta a resistere e fermare l’invasore.

Oxilia chiede e ottiene un posto in prima linea. Comanda le batterie che sul monte Tomba, uno dei contrafforti del monte Grappa, contrastano l’avanzata dei “cacciatori del Wurttemberg”, corpo d’assalto tedesco comandato da un capitano che diventerà famoso: Erwin Rommel. Lo sbarramento riesce, i tedeschi non potranno dilagare nella pianura trevigiana e il monte Grappa resisterà a ogni successivo assalto, ma il 18 novembre 1917 il pezzo comandato da Oxilia salta in aria con i suoi artiglieri. Non si sa se fu centrato da una bomba nemica o esplose per troppo sparare.

Mario Baistrocchi viene insignito della medaglia d’argento alla memoria, e l’università di Genova gli concede la laurea postuma in giurisprudenza che non aveva fatto in tempo a prendere. Nel dopoguerra un altro geniale organizzatore dello spettacolo goliardico, Luca Ciurlo, vorrà intitolare la nuova compagnia studentesca proprio a Mario Baistrocchi, ed è ancora la stessa compagine che oggi rinnova i fasti della rivista studentesca.

Nino Oxilia merita pure la sua decorazione d’argento alla memoria. Nel 1929 inizia a Torino una grande stagione di rivista goliardica, la compagnia è intitolata a Camasio e Oxilia, ed è guidata da Ovidio Borgondo “Cavur” con autori quali Nizza e Morbelli, famosi poi per il radiodramma I quattro moschettieri e le figurine del feroce Saladino, e Norberto Bobbio, filosofo, ideologo e senatore a vita.

Un giorno del 1939 “Cavur” recita durante la rivista Giovanotti in aula un ricordo degli studenti caduti: Ogni goliardo ridiventa un prode/ e corre volontario alla frontiera/ Si immola il nostro eroe Nino Oxilia/ Dolcemente si eleva verso sera/ su dall’acqua un aureola soave:/ luce dei prodi morti in riva al Piave.

In camerino troverà un biglietto, non di un’ammiratrice ma della sorella di Oxilia che ringrazia dell’onore reso alla memoria del fratello. “Cavur” per il resto della sua vita asserirà di tenere caro quel messaggio più che un premio Oscar.



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