Agosto, tempo di vacanze: autunno stai lontano. Parole d’ordine: smaltire le tossine accumulate sul posto di lavoro; stress da boss, stress da colleghi, stress da utenti, stress da stress. Liberarsi dalle inibizioni: se non ce la sentiamo di fare del naturismo almeno indossare il tanga, ridere a squarciagola, parlare liberamente come fossimo all’estero dove nessuno ci capisce. Lasciarsi il lavoro alle spalle: partire, andare altrove, lontano, dimenticare…

Poveri illusi che siamo…
Settembre, tempo di rientro, è già arrivato. Si preannuncia surrettiziamente. La prima strizzata d’occhio ce la fa a metà agosto quando improvvisamente nei negozi appare l’uva, segno precursore dell’incipiente autunno e della fine delle nostre vacanze. Ma non ne vogliamo sapere. Vietato comprarla, perché mangiare l’uva sarebbe come abdicare, accogliere l’autunno e tutto quel che ne consegue in noi stessi. Passiamo diritto e rieccoci dentro l’estate!

A poco a poco, senza dare nell’occhio, vengono le altre pugnalate. Parola d’ordine: rimuovere. Le giornate si sono accorciate! Rimuovere. Le pesche e i meloni non hanno più lo stesso sapore! Rimuovere. Il mare è increspato e il cielo si è rannuvolato. Rimuovere. Ma i segnali che le nostre vacanze stanno volgendo alla fine si moltiplicano, si accumulano minacciosi nel nostro cielo. Nei supermercati appaiono le montagne di dizionari e di diari in offerta, vicino, in bella evidenza la scritta “Back to school”. Cerchiamo disperatamente una polo, o una camicia a maniche corte, ma niente da fare, non se ne trovano più perché ormai i negozi di vestiario le hanno sostituite con i capi autunnali. All’improvviso, quando meno ce l’aspettiamo, la madre di tutte le pugnalate alle spalle: per strada, casualmente incontriamo un collega…

Li esecriamo questi segnali! Abbiamo trascorso appena dieci giorni delle nostre vacanze estive e il nostro lavoro ci ha già riacciuffati. Non riusciamo più a divertirci come all’inizio. A poco a poco il nostro sorriso si è spento. I nostri occhi non riflettono più i raggi del sole. La gioia ha fatto largo alla tristezza. Siamo diventati pallidi come la morte. Tutto questo ha un nome: ansia da rientro o, se preferiamo l’inglese, post vacation blues. Se ne accorgono i nostri famigliari, poi gli amici. Siamo arrivati alla fine delle nostre tanto desiderate vacanze e giustamente ci siamo arresi.

Puntuale come la morte, arriva il primo giorno di lavoro a cui ci consegniamo già cadaveri. Poi una cosa attrae il nostro sguardo: appeso al muro, un calendario con i suoi sabati liberi, le domeniche, i ponti, le prossime vacanze. E senza accorgercene abbiamo ricominciato a contare i giorni.

 

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