Senz’altro vi ricordate quella canzone di Georges Brassens, tradotta e cantata anche in italiano da Fabrizio De André, nella quale un paio di versi recitano «qualche delitto senza pretese / abbiamo anche noi qui in paese…». Beh, proprio scimmiottando quei versi potremmo dire anche noi «qualche fumetto senza pretese abbiamo anche noi qui in paese», facendo però i dovuti distinguo. Perché se mi riferisco ai fumetti incentrati sul personaggio di Magdala, li potremmo anche definire “senza pretese”, ma non nel senso dei contenuti bensì nella loro modestia di presentazione. Infatti Magdala è presente senza fastidiosi strombazzamenti, ma con correttezza e un filino di ironia, nella descrizione riscontrabile in Rete, tramite la quale sono principalmente diffusi i suoi volumi, oltre che attraverso le librerie, beninteso. E il «qui in paese» della canzone di Georges Brassens va inteso in senso metaforico, in quanto riferito a Firenze: della quale sarebbe superfluo vantare i capolavori e lo splendore sotto parecchi punti vista, però sul piano della produzione fumettistica fa la figura del “paese”, essendo più modesta rispetto alle grandi centrali produttive del fumetto, come Milano o Roma. Cosa c’entra il fumetto? C’entra perché c’è un autore appunto di fumetti, Andrea Romoli, un compassato ed elegante conversatore, una persona ormai matura che ne fa parecchi e da parecchi anni, il quale abita appunto nella città capoluogo della Toscana.

Superata questa lunga premessa metaforica, “arriviamo al dunque”: intendo qui spendere due parole su questa divertente serie di fumetti che hanno come protagonista Magdala, oltre che sul suo “papà” fiorentino Andrea Romoli, senza trascurare alcune cose che lo riguardano anche in campi diversi.

Infanzia povera eppure felice
Sottolineavo più sopra che Andrea Romoli è un piacevole conversatore e persona ormai matura. In effetti, è nato a Firenze il 3 dicembre 1944: anni difficili per l’intera l’Italia, ormai impegnata da anni nella Seconda guerra mondiale, responsabile di un immiserimento economico, di immensi danni materiali e di perdite umane. Anche Firenze fu gravemente provata da un conflitto così disastroso; addirittura – come altre città italiane – bersaglio di bombardamenti che ne fiaccarono il tessuto sociale e ne distrussero opere monumentali. Questo è il “clima” nel quale Andrea Romoli era nato e in cui si trovò a vivere i suoi primi anni. «La mia infanzia – lui ricorda ancora oggi – si svolse in un paese sofferente per la povertà e la distruzione: ricordo ancora i ponti distrutti e le rovine nelle strade». Insomma, la situazione famigliare non era certo agiata, specie perché il padre era un artista e, come ben si sa, i tempi bui come quelli di una guerra confinano gli artisti a condizioni di ristrettezza. Eppure – riconosce Romoli – «la mia infanzia è stata relativamente felice, a dispetto delle difficoltà economiche dei miei genitori. I giochi disponibili per me e mio fratello maggiore Marco erano essenzialmente carta, colori, matite, forbici, colla, fantasia e creatività. E nonostante le difficoltà economiche, c’erano da una parte la dedizione di mia madre, Daisy, la quale sapeva disegnare e conosceva l’Italiano, il Tedesco, il Francese, lo Spagnolo e l’Inglese; e per di più la professione di mio padre». Ciò fu determinante per i due bambini, in particolare per il piccolo Andrea, figlio di un artista con la passione per la pittura, la scultura, la scienza, la filosofia, la musica classica e i buoni libri. In sostanza, una personalità abbastanza eminente tra i fiorentini del tempo, vale a dire Mario Romoli, conosciuto soprattutto come pittore ma in realtà attivo anche in altri settori. Date queste premesse, è stato naturale per Andrea sviluppare nella propria vita un senso artistico: “e non solo”, bisognerebbe aggiungere. Ma per comprendere meglio certi aspetti della sua personalità è opportuno aprire un’ampia parentesi proprio sul padre, Mario Romoli: una persona di talento e di cultura, che gli amici definivano “vulcanico”.

Mario Romoli (Firenze, 10 luglio 1908 – 21 giugno 1978) fu un artista fiorentino di una certa fama nel Novecento, specie per l’esecuzione di importanti opere pubbliche: per esempio, la pittura murale nella stazione di Santa Maria Novella a Firenze, realizzata nel 1936; gli affreschi della Banca Toscana in via Por Santa Maria; quelli dell’ex Caffè Torricelli e le decorazioni del Caffè Doney a Roma; ma soprattutto il grande affresco fiorentino di Piazza della Calza a Porta Romana, eseguito nel 1954. Il quale merita un cenno più approfondito.

Mario Romoli (1908-1978), padre di Andrea: grande affresco di Piazza della Calza a Porta Romana, Firenze (1954)

Il padre, artista esemplare
Nel 1953 il sindaco Giorgio La Pira e il grande storico dell’Arte Piero Bargellini indissero un concorso per un affresco che doveva sostituirne uno seicentesco deteriorato: il bando prescriveva la celebrazione della vita artistica di Firenze e fu vincente l’idea di Mario Romoli, il cui affresco si può ancora oggi ammirare sulla facciata del palazzo a Porta Romana. Intitolato «La vita di Firenze nei secoli», l’affresco sfrutta la circostanza di una finestra presente al centro della parete che divide la superficie in due aree distinte ed è così costituito: a sinistra Romoli ha ritratto personaggi del Medio Evo e Rinascimento, ossia Dante, Giotto, Masaccio, Leonardo, Lorenzo il Magnifico e altri; alla destra ci sono i ritratti di artisti fra i più significativi della Firenze a lui contemporanea, quali li considerava Romoli: Rosai, Papini, Primo Conti e lui stesso e altri. Infine, nello spazio soprastante la finestra-divisorio ci sono due figure femminili sedute: una nobildonna fiorentina (o forse una Madonna) di fronte a una sorta di sua corrispondente moderna. Potremmo dire che questo affresco è oggi la presenza più quotidiana (e in tale prospettiva la più importante) di Mario Romoli nella sua città.

Al di là di queste e altre opere pubbliche, Mario Romoli ha avuto una intensa produzione personale, realizzando numerose pitture su tela e parecchi disegni, dalle nature morte ai paesaggi toscani, e poi ritratti, oltre a quadri fortemente simbolici. Ma oltre che pittore, si è dedicato allo studio della filosofia, oltre a produrre anche invenzioni tecnologico-scientifiche.

Si comprende dunque che genere di personalità singolare fosse, in quanto appassionato alle molteplici espressioni dell’intelligenza dell’uomo e della sua creatività, dall’arte alla letteratura, dalla filosofia alla scienza, sempre attratto dai misteri dell’universo. Nella sua visione umanistica, era evidente la sua passione per il genio di Leonardo da Vinci.

In effetti, egli ha sistematicamente affiancato alla sua attività artistica ricerche di sapore e interesse scientifico e tecnico. È già del 1931, quando lui era appena ventitreenne, il progetto di uno “Statoreattore”; e risale agli anni Cinquanta un sistema di freni aerodinamici per gli aerei a reazione Vampire De Havilland.
Nelle sue ricerche non mancano esperimenti sul cinema tridimensionale, “3 D”, e perfino l’idea risalente ai primi anni Sessanta di un airbag per motociclisti. Ancora, negli ultimi anni della sua vita ha avuto l’idea di un “Motore rotativo a combustione interna”, realizzato in più prototipi: l’ultimo, funzionante, è stato donato al Consiglio Nazionale delle Ricerche. Interessi extra-artistici coltivati dunque per tutta la vita. Da cui «la chiave di questo mondo d’indagine, talvolta onirica e surreale, ma sempre mossa da un interesse e una curiosità genuini», consistente in un corpus di quaranta anni di scritti sui vari argomenti d’interesse (artistico, storico e scientifico), amorosamente raccolto dal figlio Marco e pubblicato a cura del noto studioso romano di storia dell’arte Claudio Strinati.

Eppure, lo stesso figlio Marco ha scritto: «Quella di Mario Romoli è stata una vita difficile, con l’ottenimento di alcune, poche soddisfazioni ma soprattutto molte delusioni e difficoltà economiche». Dovute anche al fatto che egli, sempre nelle parole del figlio Marco, «è stato un artista scomodo e un personaggio ferocemente intransigente e polemico, severo nei confronti di molti critici e avverso alle leggi che sempre più dominano il mercato dell’arte».

A tali “avarizie” del destino ha sentito il dovere di riparare il Comune di Rufina. Dove, per iniziativa e impegno del Sindaco che ha coinvolto la Soprintendenza di Firenze, è stata realizzata una mostra permanente delle sue attività, un museo che rappresenta un riconoscimento importante, sia pure postumo, della sua opera. Il museo è stato inaugurato il 21 settembre 2013 nella Villa di Poggio Reale alla Rufina, aperto al pubblico, che così si può rendere conto delle singolarità di questo artista fiorentino. Il quale fu anche un inquieto e profondo indagatore, la cui produzione artistica ha seguito un continuo sviluppo di ricerca, con modalità figurative e astratte, perché lui considerava l’arte una forma di astrazione.

“Specchio dei mondi”, Andrea Romoli

Una articolata attività
È quindi ovvio che per Andrea Romoli, crescere in un ambiente del genere fu quanto mai stimolante, sia sul piano artistico sia su quello tecnico. In effetti, pur avendo disegnato “da sempre”, è sul piano tecnico che si sono indirizzati i suoi studi: nel 1973 si è laureato in fisica, e il suo primo lavoro è stato in qualità di progettista di sistemi ottici per applicazioni spaziali: un settore nel quale ha lavorato poi nella stessa direzione per oltre trent’anni, presso una grossa azienda del settore aerospaziale, collezionando anche numerosi riconoscimenti che gli hanno dato una certa notorietà in ambito mondiale nello specifico settore, ossia come esperto di ottica strumentale e fisiologica. Dopo essere andato in pensione nel 2008, ha lavorato per 3 anni all’Istituto Nazionale di Ottica e per altri 3 presso un’altra grossa azienda.

Ma una volta definitivamente in pensione, ha concentrato il suo interesse verso l’hobby coltivato fin da piccolo, quello del fumetto. Va precisato però che già nel 1978, nel tempo libero concessogli dalla professione di fisico, aveva pubblicato il fumetto di fantascienza, Fuga su Issar, ispiratore di una serie di cartoni animati TV intitolata Spaceship Sagittarius realizzata in Giappone dalla Nippon Animation Co.Ltd. Una serie che va avanti da trent’anni, ormai costituita da 77 episodi di mezz’ora ciascuno e diffusi in molti Paesi, europei e non, ma tuttora sorprendentemente ignoti e ignorati in Italia. Se non fosse stato per un premio assegnatogli il 17 luglio 2016, Romoli sarebbe la personificazione di quel detto latino che recita “nemo profeta in patria”. Il riconoscimento gli è stato attribuito dal Cartoon Club di Rimini, una prestigiosa istituzione nel campo specifico, ed è costituito da una targa che recita: «A Andrea Romoli, per la qualità della sua intera opera nel settore del fumetto e del cinema d’animazione».

Veniamo dunque alla produzione effettivamente accessibile di Andrea Romoli, quella “cartacea”, ossia dei suoi volumi (davvero numerosi, come si può constatare entrando nel suo sito web www.apdromolicomics.com). Come abbiamo visto, egli era entrato da molti anni nel mondo dei fumetti, ma, un po’ a causa della crisi di mercato e un po’ per la mancanza di tempo dovuta al suo lavoro di fisico, lo aveva trascurato per diversi anni. Si aggiunga che aveva avuto dapprima grosse difficoltà con un editore disonesto, che in seguito aveva perso parecchio denaro a causa della lentezza della macchina giudiziaria, e infine che era andato incontro ad altre disavventure con piccoli editori. Tutto ciò lo aveva disgustato al punto da abbandonare il fumetto. Ma nel 2015 ha constatato che si può anche fare a meno dell’editoria “ufficiale”. Ha cioè scoperto il procedimento “Youcanprint”, con il quale può permettersi di pubblicare le proprie opere con spesa contenuta, sicché ha posto mano a una propria cospicua produzione, diffondendola attraverso Amazon o negli store Mondadori, Feltrinelli e altri analoghi.

Fumetti a gogo
Oggi, editorialmente, “il fiorentino” Romoli opera su tre direttrici, vale a dire che lavora su tre filoni.

La serie Altri Mondi, nella quale figurano i volumi Avventura su Efesto (il precursore della serie, ma oggi esaurito e introvabile), Fuga su Issar, L’ultima Fortezza, Il demone di Azul e Crab Nebula, Lo specchio dei mondi. Il fatto notevole di questi volumi a fumetti è che essi sono “nati” già negli scorsi anni Ottanta e hanno poi dato luogo (a partire da Fuga su Issar) a una trasposizione nella serie fantascientifica Spaceship Sagittarius, le animazioni giapponesi di cui già si è fatto cenno più sopra (“Sagittario” era il nome dell’astronave di Toppe, Giraffo e Rana, gli animali antropomorfizzati protagonisti delle avventure).

Una serie di libri illustrati, il cui target riguarda preferibilmente i bambini. In realtà, poiché lo stile di disegno è ricercato, colto e cromaticamente molto gradevole, questi sono volumi che possono essere gustati anche da lettori adulti. Anche su questi esiste ampia documentazione nel sopra citato sito web.

Infine la serie Magdala, della quale parleremo un po’ più diffusamente, specie perché lo scrivente è soprattutto un critico di fumetti e nutre particolare simpatia per questa collana, molto aderente ai “princìpi” fumettistici.

Romoli aveva creato un primo volume di Magdala già dal 1993, ma poi le difficoltà editoriali accennate più sopra l’avevano indotto ad abbandonarla, almeno temporaneamente. Infatti, una volta scoperto nel 2015 il procedimento «Youcanprint», l’ha subito ripresa, creandone in pochi anni un ciclo di 5 volumi (e un sesto è in programma per il Lucca Comics and Games di novembre 2017). Sono volumi razionalmente strutturati, in sei episodi autoconclusivi di sei tavole, con episodi collegati l’uno all’altro, e in un’intera avventura. Volumi, in sostanza, costituiti da tavole dense di eventi e personaggi, fitti di immagini caricaturali e formicolanti di fatterelli godibili. La saga è composta finora da cinque volumi: Magdala, La mia migliore amica, La cassa sbagliata, Area 666 e La notte di Halloween.

Ecco un sintetico profilo del personaggio: Magdala è una gatta umanizzata o, come dice l’autore stesso, una ragazza gattizzata. A dire il vero, è un fatto riconosciuto che tutti i personaggi di Romoli sono degli animali antropomorfi, quasi che il loro fosse una specie di mondo alternativo a quello disneyano, benché – a differenza di quello – pur essendo fantasioso possiede solidi risvolti realistici, per nulla ammiccanti al “grazioso”. Ciononostante, le avventure di Magdala sono caratterizzate da un gradevole côté umoristico, grottesco e tendenzialmente paradossale.

Il primo volume è molto particolareggiato. Magdala si presenta fin dal suo esordio fornita di un caratterino “che te lo raccomando”… Già fin dalle prime pagine trova in un fustino di detersivo un buono omaggio per una crociera. Indovinate dove? Sull’Isola Barnard del pianeta Titano, dove vive parecchie vicende un po’ fantasy e un po’ parafrasi di eventi terrestri. Sono facili da immaginare le avventure mirabolanti che ne conseguono. Benché stonatissima, si guadagna da vivere cantando in un saloon per minatori, ma dopo un continuo susseguirsi di disavventure, sempre all’insegna del sensazionale, riesce a metter di nuovo piede sulla Terra.

 

Il secondo volume è fondamentale in tutta la sua vicenda. Dopo un burrascoso incontro con un’altra sua simile, Melissa Brown, in seguito le due ragazze-gatto divengono amiche per la pelle. A legarle è soprattutto la complementarità dei caratteri: mentre Magdala è un po’ ingenua e pigra, Melissa invece è di carattere opposto, dinamica, tutta pepe, un vero ciclone. Questo rapporto è la premessa per vicende esplosive. Alla loro prima avventura, imbarcate per una crociera sul piroscafo Titania, si trovano dopo pochi giorni naufraghe. Approdano alle isole Sfortunate, dominio dello scienziato pazzo dottor Kornelius, il cui scopo nella vita è di estrarre un materiale dalle proprietà iettatorie, lo Sfortunio. Con conseguenze di un certo calibro per le due ragazze.

Macchu-Picchu e l’Amazzonia sono lo sfondo del terzo volume. Le due amiche ci sono arrivate dopo essersi imbattute in un traffico d’armi e, chiuse in una cassa, scaricate nell’oceano. Liberatesi, raggiungono il Perù e fanno arrestare i trafficanti. Finalmente riescono poi a tornare a casa.

Il quarto volume, Area 666, è una parodia del mito degli ufologi, la famosa Area 51. Incontrano due gemelle mezzo aliene, Selene e Dafne, quasi una speculare coppia di Magdala e Melissa, le quali le trascinano in un’avventura interplanetaria. Dopo concitate vicende riescono ancora una volta a tornare sulla Terra.

Ancora più paradossali le vicende del quinto volume, La notte di Halloween. Qui le due amiche vengono coinvolte in paurose peripezie coerenti con il famoso evento del titolo. Partecipano a una festa nel tenebroso turrito castello del conte Brancula, vengono coinvolte in una macabra danza degli scheletri e in altre prove orripilanti e fatti surreali e finiscono addirittura sotto processo. Ma se la cavano ancora una volta per il rotto della cuffia, grazie a una efficace arringa – ma quanto costosa! – dell’avvocato Volponi. Questo è dunque il “destino” delle due amiche: andare incontro ad avventure immancabilmente all’insegna del sensazionale. E questo è quanto sistematicamente succede nel corso di tutti i volumi.

Per concludere
Come si può facilmente intuire, nei suoi fumetti Romoli non manca né di fantasia né di un ruvido, grottesco umorismo. Sul piano esecutivo, il suo disegno è molto minuzioso e ricco di dettagli: abbigliamenti particolareggiati, sfondi descrittivi e pignoli, marchingegni nient’affatto approssimativi e anzi meticolosamente illustrati, ambientazioni e paesaggi saporosamente realistici.

Tutto ciò, in una solida e per nulla monotona composizione della tavola, fondamentalmente classica ma con guizzi di fantasia: per esempio, non infrequenti sono le vignette rotonde, per rompere la sequenza monocorde di quelle classicamente quadrate o rettangolari; le quali a loro volta sono in qualche caso di dimensione variabile. Peraltro, se sul piano stilistico Romoli è ligio a una struttura classica della tavola, sul piano esecutivo è aperto a esperienze innovative e a tecniche avanzate, dimostrando un’apertura di orizzonti che gli proviene dalla sua formazione tecnico-scientifica. Sul suo lavoro, afferma lui stesso: «Uso ancora carta, penne, pennelli, aerografo e colori per realizzare i miei fumetti, uso il computer per fare le scansioni e piccole correzioni con photoshop. Ora ho cambiato tecnica: eseguo le scansioni ad alta risoluzione e applico i colori su fotocopie ingrandite, in carta pesante. Questo era un processo molto dispendioso negli scorsi anni Ottanta-Novanta, ma ora è ottimale».

I libri di Romoli sono molto più spassosi da leggere che sentirli raccontare, e per il momento le proposte di lettura sono già abbastanza ricche: i suoi fumetti, infatti, non lesinano testo, didascalie (modernamente poche ed essenziali) e balloon molto “chiacchierati”. E per questa volta chiudiamo qui, anche se – come direbbe forse la stessa Magdala sarcasticamente, facendo il verso al motto delle banconote americane – «in trash we trust»

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